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Autore: Ai_Sellie    28/07/2012    2 recensioni
Castiel sta cominciando ad imparare cosa significa comunicare davvero.
"Possiamo tenerlo?"
Rileggi quelle due parole in croce una quantità indecente di volte, prima che il tuo cervello cominci a riprendere a ragionare in maniera perlomeno decente.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Storia scritta per il prompt "Possiamo tenerlo?" di sidhedcv per la V Notte Bianca di maridichallenge.
Collegata alle sue sorelline "(Say) A little prayer" e "These lines of lightning mean we're never alone". 。◕‿◕。

Betata dalla gentilissima hikaruryu. ♥
Warnings: Crack. Fluff. Pre-slash.



Castiel sta cominciando ad imparare cosa significa comunicare davvero.
Ha ancora le dimensioni di una tazzina da caffè e dato che il fottutissimo motivo per il quale è ridotto in quello stato non sembra voler saltare fuori nemmeno dopo un mese – un mese, cazzo! Non qualche giorno o una settimana – di ricerche estenuanti, vi siete trovati costretti a trovare una soluzione per sopperire almeno al problema della mancanza di voce da parte di Cas.
Non che quando era ad altezza normale parlasse molto di più, ma l’unica cosa che sembra essere in grado di fare al momento è richiedere abbracci a gesti e dato che finivi con l’accontentarlo praticamente sempre non ti sembrava il caso di continuare così ancora a lungo. Se non altro per tentare di conservare quel briciolo di dignità che nonostante tutto ti rimane.
Quel nerd di tuo fratello ha proposto di spiegare all’angelo di scrivere su un pezzo di carta tutte le volte che avesse voluto comunicarvi qualcosa e tu hai accettato perché ti è sembrata un’idea fattibile e non avevate alternative, comunque.
Hai passato il resto del pomeriggio a sfilare mine da matite usate rubate un po’ qua e là e a spezzettarle in frammenti sufficientemente piccoli perché Castiel potesse tenerli in mano, sotto lo sguardo divertito di tuo fratello, che ha abilmente finto tutto il tempo di essere troppo impegnato a fare ricerche per aiutarti.
L’idea ha avuto un discreto successo e si è rivelata tutto sommato carina, ma non ha comunque risolto il problema delle richieste di Castiel. Su dieci comunicazioni che il minuscolo angelo vi scrive in media al giorno, in otto il messaggio è sempre lo stesso: “Potresti abbracciarmi?”
Sam riesce ancora a ridere ogni volta e tu vorresti ucciderlo, per questo.
Sbuffi imbarazzato e, deglutendo, appallottoli l’ennesimo “Potresti abbracciarmi?” della giornata, fingendo di non sentirti un mostro mentre lanci il pezzo di carta nel cestino e senti gli occhi blu di Cas trapassarti la nuca.
« Sono impegnato, adesso » ti senti quasi in dovere di spiegargli senza incrociare il suo sguardo, anche se non dovresti – andiamo, sei un cacciatore, non una fottuta balia! In quale assurdo contratto divino che non ricordi di aver mai firmato c’è scritto che hai il dovere di passare metà delle tue giornate ad abbracciare un angelo bisognoso d’affetto?
Torni a sfogliare distrattamente il tomo polveroso che Sam ti ha piantato davanti alla faccia prima di uscire per fare qualche domanda in giro, in merito alle misteriose sparizioni su cui state indagando in questi giorni.
Sbadigli senza preoccuparti di coprirti la bocca con una mano e ti stiracchi i muscoli della schiena.
Continui a sentire lo sguardo di Castiel bruciarti addosso come se ti si fosse cucito sotto pelle ed, anche se ancora un po’ imbarazzato, allunghi un braccio sul tavolo, fingendo disinteresse.
Apri bene il palmo ed aspetti che Cas ci si sieda sopra come fa sempre quando gli neghi un abbraccio.
L’angelo ti fissa la mano per qualche secondo, facendoti inspiegabilmente pizzicare la pelle, poi senti il leggerissimo suono dei suoi passi allontanarsi e quando sollevi gli occhi Castiel è già sceso dal tavolo, lasciandosi scivolare giù dai pezzi di corda consumati che siete stati costretti ad attaccare un po’ dappertutto in casa di Bobby per garantirgli un minimo di spostamenti.
Inarchi un sopracciglio, confuso, ma poi scrolli le spalle e torni a fingere di leggere.
Passa forse una mezz’ora abbondante, prima che tu ti renda effettivamente conto che Castiel non è ancora tornato.
Ti guardi intorno.
« Cas? »
Lui ovviamente non risponde, ma non lo senti nemmeno battere su qualcosa come usa fare di solito per farti capire dov’è.
« Cas? » ripeti, vagamente preoccupato.
Controlli sotto al tavolo della cucina e a quello del salotto, ma niente.
« Cas, dove sei? Andiamo, non ti sarai mica offeso, spero ».
Sbuffi.
« Cas! » urli nuovamente, questa volta sì, decisamente preoccupato.
Stai attraversando il salotto diretto nella tua camera da letto, dov’è sistemata la tazza in cui dorme, quando, chissà come, riesci a distinguere il beige del suo trench tra i cuscini del divano.
« Cas? » lo chiami per l’ennesima volta, avvicinandoti.
Lui alza gli occhi e ti guarda.
Per una manciata di secondi hai l’impressione che abbia chinato la testa, come se si sentisse in colpa per averti fatto preoccupare – è così minuscolo che fai ancora un po’ di fatica a decifrare bene i suoi comportamenti – ma poi distoglie lo sguardo e torna a posarlo al suo fianco.
La macchia scura che all’inizio avevi scambiato per semplice sporco si rivela essere uno scarafaggio che si sta avvicinando a Cas fin troppo velocemente.
Scatti in avanti senza pensare, per afferrarlo e portarlo in salvo, ma Castiel allunga un braccio e lo… accarezza?
Ti blocchi, sconvolto.
Ma che diavolo…?
All’angelo, come al solito, basta un’occhiata per leggerti dentro; o più semplicemente intuisce tutto dalla tua espressione.
Scivola giù dal cuscino, sul pavimento e lo scarafaggio, con tua grande sorpresa, lo segue come fosse un cagnolino.
Sgrani gli occhi, sempre più allucinato.
Castiel si arrampica sul pezzo di spago legato al bordo del tavolino e tu segui con lo sguardo l’insetto fare altrettanto, oramai convinto di avere le allucinazioni.
Cas sposta qualche matita che gli è d’intralcio facendola rotolare sul pavimento e recupera da dentro il tappo di una penna uno dei pezzi di mine che gli avete sparso per tutta la casa.
Vista la necessità di dover scrivere lettere praticamente grandi quanto lui perché tu sia in grado di leggerle, lentamente e con un po’ di fatica comincia a scrivere sul foglio.
Quando finisce, torna a guardarti e semplicemente aspetta.
“Possiamo tenerlo?”
Rileggi quelle due parole in croce una quantità indecente di volte, prima che il tuo cervello cominci a riprendere a ragionare in maniera perlomeno decente.
Un brivido gelido ti cola lungo la schiena.
« Cosa? » provi a domandare, giusto per fingere che la tua vita non sia andata definitivamente a puttane.
Deglutisci.
« Cosa dovremmo tenere? »
Cas sposta gli occhi sullo scarafaggio e quando questi gli si avvicina, lo accarezza nuovamente sulla testa.
Questa volta non riesci proprio a trattenerti dal rabbrividire, disgustato.
« No! » sbraiti infine, forse con un po’ troppa enfasi. « Cioè, è uno scarafaggio. Che schifo! »
Castiel indurisce lo sguardo per chissà quale motivo, cercando così di rimproverarti – è pur sempre alto cinque centimetri scarsi, che diamine! – e tu senti la risata isterica tornare a pruderti in gola, proprio come il giorno in cui ti sei svegliato e lo hai trovato così.
« Ma che te ne vuoi fare di uno scarafaggio, poi? »
L’angelo inclina la testa di lato, pensieroso.
Quando fa per chinarsi e cominciare a scriverti la risposta, lo blocchi.
« No, no, no, non credo di volerlo sapere. Sai che ti dico: fa’ quello che ti pare, non mi interessa. Tienilo pure. Chiamalo Balthy o Sammy o qualunque altro nome imbarazzante ».
Ti sfreghi una mano sulla bocca, vagamente isterico, mentre fai dietrofront per tornare in cucina, puntando ad almeno tre delle birre ghiacciate che ci sono in frigorifero.
Appena superata la soglia, però, torni indietro.
« Sia chiaro che se vuoi portartelo anche a lett- nella tazza, non voglio ritrovarmelo sul cuscino alla mattina, capito? Non voglio avere niente a che fare con quel coso! »
Quando, una manciata d’ore più tardi, Sam torna a casa con la cena e ti sorprende semi appisolato davanti alla tv con Castiel comodamente addormentato nel palmo della tua mano e lo scarafaggio tra le braccia come fosse un cucciolo, scoppia a ridere così forte che se non fossi Dean Winchester ammetteresti di essere avvampato come una mocciosa.
Gli scagli contro il cuscino con tutta la forza che hai, mancandolo di un pelo.
Sam ancora ride mentre trova rifugio in cucina e comincia ad apparecchiare per tre.
« Stronzo » gli urli contro dal salotto.
C’è di buono che almeno ti sei risparmiato l’imbarazzante discorso sul perché quel determinato scarafaggio non può essere schiacciato.
  
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