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Autore: Broken_88    28/07/2012    3 recensioni
Harper Davis è una donna particolare, con un lavoro particolare in una città particolare. Joshua Moore è un uomo tranquillo, con una figlia da crescere e un lavoro importante, catapultato nella strana cittadina...
Harper allungò la mano versò l'uomo e sorrise "Sono Harper Davis comunque."
Joshua sorrise stringendola "Io sono Joshua Moore."
"Benvenuto a Serenidad Joshua Moore."
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Disclaimer

Disclaimer: Questa storia è di pura fantasia, ogni riferimento a cose, persone o situazioni realmente esistenti è puramente casuale. Essendo totalmente originale, vi preghiamo di non copiare, grazie. Buona lettura da StillAnotherBrokenDream e Robigna88 (Broken_88)


 

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CAPITOLO I

 

 

Haper Davis si sistemò i capelli davanti allo specchio vicino alla porta di ingresso. Li lisciò poco con le mani seguendone la lunghezza, quindi non ci mise poi molto. Da quando aveva deciso di tagliarli corti si sentiva più fresca e più ordinata in ogni momento del giorno, se c'era umidità non si arruffavano e nei giorni più caldi poteva persino lavarli e lasciarli asciugare al sole ed in un'ora al massimo erano asciutti. Certo questo la faceva andare incontro a frequenti mal di collo e di testa ma non le importava, aveva sempre adorato l'idea che si asciugassero coccolati dai caldi raggi del sole.

Si ricordò aprendo la porta di casa e richiudendosela alle spalle, quando da piccola sua nonna intrecciava i suoi capelli ancora umidi e la faceva sedere su una sedia in giardino convincendola del fatto che chiusi nella fitta treccia e travolti dal caldo del sole si sarebbero asciugati formando dei bellissimi ricci. Delle onde più che altro.

Si, Harper adorava i suoi capelli, adorava i capelli in generale, per questo vendeva parrucche.

Il suo negozio dal nome bizzarro e simpatico, Love is in the hair, era l'unico negozio di parrucche presente nella piccola cittadina di Serenidad nel sud del Texas. All'inizio, il giorno dell'inaugurazione, Harper aveva regalato ad ogni cittadino che vi aveva partecipato una parrucca, ma quel giorno in pochi avevano partecipato alla sua emozione.

Col passare del tempo però la voce si era sparsa e anche chi aveva bellissimi capelli ogni tanto si recava da lei chiedendo qualcosa di diverso ed originale, solo per il gusto di sentirsi qualcun altro per un giorno, o per una romantica notte all'insegna dello "spezziamo la monotonia".

Lei adorava chi comprava le parrucche solo per il gusto di farlo, si divertiva a colorarle dei colori più strani ed era felice quando un cliente tornava per la seconda o la terza volta, ma il motivo per cui aveva aperto quel negozio era un motivo più profondo che custodiva dentro il cuore e che faceva parte dell'anima di quell'edificio di media grandezza pieno zeppo di capelli di ogni colore.

Salì in auto sorridendo e si allacciò la cintura, poi puntò gli occhi nello specchietto retrovisore e fece marcia indietro per uscire dal vialetto.

Era solita recarsi al lavoro in sella ad una bici rossa con un piccolo cestino di paglia all'interno del quale poggiava la sua borsa, ma quel giorno il cielo era grigio sopra Serenidad, prometteva pioggia e così la macchina le era sembrata la scelta migliore.

Si rese conto che, visto che l'inverno si avvicinava, forse era il caso di accantonare la bicicletta fino alla prossima primavera, ma accantonò il pensiero ricordandosi di quanto le piacesse pedalare contro il freddo stretta nel suo cappotto e nei suoi guanti e di quanto fosse piacevole evitare il traffico passando accanto ad automobilisti nevrotici fermi al semaforo rosso.

Raggiunse il negozio in pochi minuti e scese dall'auto.

Prese la sua borsa e la parrucca che aveva finito di preparare a casa la sera prima.

Le capitava spesso di portarsi il lavoro a casa e non le dispiaceva affatto, viveva da sola e non era un'amante del pc così la sera se non c'era niente da guardare in Tv si metteva volentieri a lavorare nel suo piccolo laboratorio.

Quella parrucca era un ordine urgente di una ragazza per il suo addio al nubilato. Voleva vestirsi da Jessica Rabbit e le serviva assolutamente una parrucca rosso magma intenso.

Harper l'aveva considerata una richiesta bizzarra, perchè vestirsi da cartone animato al proprio addio al nubilato? Ma non erano affari suoi e non le importava, doveva solo soddisfare la richiesta e divertirsi come le succedeva sempre.

E anche questa volta aveva fatto un buon lavoro, era certa che Alice, la ragazza che le aveva commissionato la parrucca, sarebbe rimasta soddisfatta. Rovistò nella tasca destra del suo cappotto e trovò le chiavi della saracinesca.

«Buongiorno signorina Davis.» la salutò Frank, il meccanico che lavorava dall'altro lato della strada.

«Buongiorno a lei» rispose. Era un uomo simpatico, sulla cinquantina, con pochi capelli e qualche chilo di troppo. Era sempre gentile con lei, spesso l'aiutava ad aprire e a chiudere la saracinesca. Infatti si precipitò a sollevarla al suo posto.

«Non ce n'era bisogno, ma la ringrazio.»

L'uomo sorrise bonariamente. «Ma si figuri, per me non è niente e lei potrebbe farsi male.»

Il motivo della sua gentilezza era semplice e un po' triste. Frank Mallory aveva una figlia più o meno dell'età di Harper, ma era scappata di casa molti anni prima, facendo perdere le sue tracce. I suoi genitori non sapevano nemmeno se fosse viva o meno, ma non si rassegnavano all'idea di averla persa.

Lo ringraziò ancora e si salutarono. Harper aprì la porta del suo negozio ed entrò, accolta dallo scampanellio prodotto dai piccoli campanelli appesi sopra l'uscio.

Erano un regalo di una cliente di origini indiane. Sua figlia, Roseline, colpita da una grave malattia al seno a soli diciassette anni era stata costretta ad affrontare diverse sedute di chemioterapia e per questo aveva perso tutti i suoi bellissimi capelli castano cioccolato.

La prima volta che Harper le aveva incontrare, Roseline portava in testa un grande fazzoletto di seta verde e negli occhi l'imbarazzo di apparire tanto grande nonostante la sua giovane età. Le aveva chiesto una parrucca che le stesse bene, che non le prudesse e che sembrasse naturale. Dopodichè aveva aggiunto che nonostante sapesse di dover ringraziare per il solo fatto di essere ancora viva, doverla indossare le creava imbarazzo, ma non farlo gliene creava ancora di più.

Harper ci aveva messo giorni a trovare le giuste tonalità di colore da mixare insieme per raggiungere un risultato quasi uguale al suo colore naturale, e al ritiro, Roseline era così felice e sorridente che qualche giorno dopo la madre le aveva portato un sacchetto confezionato da lei stessa.

Dentro Harper ci aveva trovato quei campanellini ed un biglietto che le augurava ogni bene.

Sorrise, come ogni mattina a quel suono, perchè era il suono di alcuni campanellini ma anche della risata soddisfatta di una cliente e di quella felice di una madre che si sentiva impotente.

Il suo lavoro sapeva offrirle diverse sfumature e diverse gioie ed Harper aveva imparato ad apprezzarle tutte.

Accese le luci e poggiò la borsa dietro il bancone. Poi sistemò su un manichino la parrucca rossa destinata ad Alice ed iniziò a pettinarla seguendone le forme ad onda che aveva sapientemente creato con una piastra per capelli e due flaconi di lacca.

Guardò l'orologio a muro, segnava le otto e quindici e se Alice era davvero puntuale come aveva detto di essere, sarebbe arrivata fra circa quindici minuti.

Nel frattempo mise un cd nel lettore, amava accogliere i clienti con un sottofondo musicale. Una soave musica celtica riempì il negozio, abbassò poco il volume e sospirò chiudendo gli occhi. Era davvero rilassante e al tempo stesso le metteva allegria. I minuti iniziarono a passare e dopo quasi mezz'ora, Alice arrivò praticamente di corsa, spalancando la porta e facendo trillare furiosi i campanelli.

«Scusami! So di aver detto che sarei passata alle otto e trenta ma la giornata è cominciata male, ho bucato una ruota!» si giustificò ansimando.

Harper le sorrise. «Non preoccuparti, non dovevo andare da nessuna parte. Ma sei venuta a piedi?»

Alice annuì. «Ho lasciato la macchina a 5 isolati da qui, quindi devo anche chiamare un carro attrezzi per recuperarla! Credimi, è iniziata proprio male.»

L'altra le si avvicinò. «Mi dispiace, dopo lo chiamiamo da qui e chiamiamo anche un taxi. Non puoi stancarti, stasera c'è la tua festa! E a proposito, non appena ti sei ripresa un po', proviamo la parrucca, vuoi?»

Harper trattava tutti come se fossero vecchi amici, e Alice non faceva eccezione, anche se era la seconda volta che la vedeva in vita sua.

La giovane trasse un profondo respiro e sorrise. «Sono pronta» poi guardò la parrucca indossata dal manichino. «È quella?» disse indicandola.

«Sì! È proprio quella, vieni che la proviamo.»

Alice saltellò come bambina di fronte ad una nuova bambola, segno che già il solo vederla la rendeva felice.

«Oh ma è meravigliosa...» sussurrò come in estasi. «Voglio indossarla subito.»

Harper sorrise e la fece accomodare su uno sgabello davanti ad uno specchio ovale contornato di piccole lucine. Gliela sistemò per bene sul capo, imprigionando i suoi capelli neri a caschetto sotto e lisciò le ultime ciocche accarezzandole con la punta della dita. Poi le sorrise gentile «Ti sta benissimo.» le disse spostandosi di lato.

Gli occhi di Alice brillarono di una strana luce, accarezzò la parrucca rossa avvicinandosi di più allo specchio e girando poco il capo per guardarla da ogni angolazione. «È perfetta Harper, sei stata bravissima. È esattamente come la volevo.» le disse.

«Mi fa piacere.»

«Le mie amiche moriranno di invidia quando la vedranno.»

Harper rise e sospirò afferrando una scatola da un cassetto sotto un piccolo scaffale «Sei tu la sposa, devi essere la più bella e la più esplosiva questa sera.»

La ragazza annuì alzandosi «Si, sono d'accordo e con questa parrucca il successo è assicurato. Grazie mille davvero.»

Harper Davis adorava il suo lavoro, perchè adorava le persone e ogni persona le offriva un'esperienza diversa ogni volta che entrava lì dentro. Alice per esempio, le aveva fatto comprendere che anche se non aveva senso vestirsi da cartone animato al proprio addio al nubilato, era divertente farlo.

«Togliamola adesso.» le disse avvicinandosi a lei «Te la sistemo in una scatola.»

Alice annuì e la lasciò fare il suo lavoro mentre si guardava intorno curiosa come una bimba in una scatola di caramelle.

«Il tuo negozio è davvero originale, non ne ho mai visto uno simile.» le disse accarezzando una lunga coda di cavallo bionda.

«Si, è un po' particolare, ma credo che sia questa la sua forza e poi mi rispecchia perfettamente.» rispose Harper tagliando gli eccessi di nastro rosso da sopra la scatola.

«Lo credo anche io sai, e credo anche che tornerò presto.»

Harper sorrise raggiungendola, le porse la scatola e scosse poco il capo «Me lo auguro, ma mi auguro che non tornerai per un altro addio al nubilato, significherebbe che la prima volta non è andata come volevi.»

Alice rise di gusto e seguì Harper fino alla cassa, rimanendo però dall'altra parte del bancone.

Pagò la parrucca e chiese ad Harper di chiamarle un taxi ed un carro attrezzi. E dopo qualche minuto, mentre il taxi la allontanava dal negozio, Harper si ritrovò a sorridere pensando a quanto fosse bizzarra la gente.

Ritornò dentro e guardò la sua agenda. Decise che aveva bisogno di un caffè, così tirò fuori il cartello "Torno subito", chiuse la porta con un giro di chiave e raggiunse il cafè lì accanto stringendosi addosso la giacchetta di cotone nero.

Più si avvicinava al cafè più i suoi profumi l'avvolgevano. Ciambelle calde, cupcakes, cappuccini e caffè...alcuni dei profumi più strepitosi che esistevano.

Durante il tragitto salutò un altro paio di persone, a Serenidad bastava incontrarsi una volta per salutarsi sempre.

Arrivò al cafè ed entrò. Non era molto affollato, forse perchè era ancora tutto sommato presto. Si avvicinò al bancone e sorrise alla ragazza dall'altra parte. «Ciao Sally»

L'altra ricambiò il saluto mentre preparava un latte macchiato per un signore di una certa età. «Ciao Harper, come va?»

Lei si strinse nelle spalle. «Oh al solito, non posso lamentarmi. E qui come va?»

Sally la imitò alzando le spalle «Bene direi, ancora pochi clienti ma molti stanno ancora dormendo. Beati loro. Cosa prendi?»

Harper si mordicchiò un labbro. «Uhm...un caffè lungo con una spruzzata di latte, per favore.»

«Arriva» rispose la barista servendo il tipo accanto ad Harper, che la stava osservando in modo strano. Aveva più o meno sessantacinque anni, una giacca pesante e un berretto calcato in testa. Si era accorta che la stava osservando ma voleva far finta di niente.

Finchè non fu lui a parlarle. «Mi scusi signorina» iniziò a bassa voce. «Lei ha quel negozio di parrucche, vero?»

Harper la guardò e sorrise. «Sì sono io, posso aiutarla?»

L'uomo annuì. «Lo spero proprio. Mi dica...fa anche parrucche da uomo? Non devono essere bellissime, purchè coprano...i buchi.»

Lei sollevò un sopracciglio, non le capitava spesso di ricevere ordini per parrucche da uomo ma non era così raro. «Sì certo, ne produco anche per uomo, sia lunghe che corte. Gliene serve una?»

«Decisamente sì» rispose serio. «Sto diventando calvo e se d'inverno posso portare un berretto, d'estate è impossibile!»

Sally si era girata di spalle per non farsi vedere mentre ridacchiava. Harper invece non ci trovava nulla di divertente, era solo un uomo che non voleva accettare la sua calvizie e meritava tutto il rispetto possibile.

«La capisco signore, venga nel mio negozio quando vuole così ne parliamo. Ora devo andare, l'aspetto!»

L'uomo la ringraziò e prendendo il suo caffè si avvicinò alla cassa.

Harper prese il suo bicchiere di carta, salutò Sally e andò a pagare il suo caffè con una spruzzata di latte.

Uscì dal cafè e sorseggiando dal suo bicchiere si incamminò verso il suo negozio. L'aria era fresca e il cielo minacciava ancora pioggia, ma tutto sommato era una bella giornata.

   
 
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