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Autore: dreamrauhl    29/07/2012    6 recensioni
one-shot. contiene vari spoiler, i nomi sono gli stessi del libro e la loro personalità riguardo alla descrizione dell'autrice è restata invariata.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salutai con un lieve cenno della mano la mia coinquilina, aprii la porta e uscii all'esterno.
Feci pochi passi lungo il viale che portava al cancello quando mi ricordai di aver scordato la borsetta in bagno, accanto a dove mi ero acconciata i capelli in una semplice coda alta legata da un elastico abbinato al vestito color porpora.
Bussai due volte alla porta finché Kate non mi aprì con aria interrogativa, ma ero in ritardo, quindi non mi dilungai in alcuna spiegazione e mi affrettai a raggiungere il bagno, recuperando la pochette e salutando nuovamente la mia amica dandole un bacio sulla guancia mentre il suo sguardo pensieroso cercava di comprendere ciò che stava accadendo e chiudendomi la porta alle spalle.
Aprii il cancello e cercai di muovermi con tutta la grazia possibile nonostante indossassi tacchi vertiginosi che mi impedivano di muovermi normalmente.
Feci il giro della macchina, aprendo la portiera ed entrando dal lato passeggero.
Era una macchina sportiva nera, potrei giurare che fosse una fra le migliori e sicure sul mercato.
Mi sedetti sul soffice sedile in pelle con una disinvoltura che sorprese me per prima e in secondo luogo Christian, il giovane ragazzo che guidava l'auto.
Era alto, con un corpo scolpito e con gli occhi grigi, un ciuffo sbarazzino gli ricadeva sul volto e un sorriso sensuale che gli illuminava il viso abbronzato.
Chi l'avrebbe mai detto che un tale spettacolo fosse il mio fidanzato? Io no di certo, se fossi stata un'altra persona e mi fossi vista così, vicino a quel ragazzo, avrei scosso la testa con aria incredula chiedendomi cosa avesse fatto quella ragazza per stare con un tipo così, così... divino.
Sorrisi al solo pensiero, a quanto fortunata fossi ad aver conosciuto una persona così.
«Cos'hai da sorridere, Miss Steele?», mi chiese voltandosi verso di me un'istante per poi guardare nuovamente la strada.
«Nulla, pensavo», risposi cercando di restare sul vago.
«A me non la racconti, piccola! A cosa pensavi per sorridere così?»
Il mio volto, in mezzo secondo, divenne quasi dello stesso colore del mio vestito porpora. Aveva un effetto meraviglioso su di me, gli appartenevo completamente.
Abbozzai per la seconda volta un sorriso, lo guardai a lungo e mi decisi a vuotare il sacco. «A te, stavo pensando a te», risposi con la voce ferma ma roca, non riuscendo a nascondere l'evidente emozione.
«Allora pensami sempre piccola, il tuo sorriso è lo spettacolo migliore che io abbia mai visto»
Sorrisi imbarazzata. Nonostante stessimo insieme da ormai sei mesi ancora non mi ero abituata a tutti quei complimenti.
Mi appoggiò una mano sul ginocchio, sulla gamba nuda, accarezzandomi dolcemente la coscia.
Un fremito mi percorse la schiena, il mio corpo bramava il suo contatto.
«Stasera ci divertiremo», disse improvvisamente cambiando discorso.
«Dove mi porti?», dissi con gli occhi luccicanti di un bambino, il giorno di Natale, in attesa di scartare i regali.
«Sorpresa», annunciò trionfante.
Odiavo le sorprese, ma ero pronta a fare un'eccezione per lui.
A dire il vero, con lui ero sempre stata pronta, sia a lasciarmi andare che a sorvolare ciò che non amavo, a oltrepassare i miei limiti pur di restare con lui.
Sbuffai, fingendo uno sguardo contrariato. Il mio finto broncio tradì subito la mia espressione non appena Christian si girò a guardarmi negli occhi e io scoppiai in una fragorosa risata.
«Cosa ci trovi di così divertente, Miss Steele?», mi disse, lo sguardo cupo e la bocca serrata.
Oh merda”, pensai, “non l'avrò mica fatto arrabbiare?”
Scacciai quel pensiero dalla mia mente, mentre fissavo la strada con gli occhi sbarrati, inquieta.
Lo vidi con la coda dell'occhio abbozzare un sorriso e tirai un sospiro di sollievo.
Oh, per fortuna.”
«Fregata!», disse dandomi una pacca sulla spalla piuttosto amichevole e non adatta al nostro rapporto - fidanzato e fidanzata -.
«Mi hai fatto spaventare, pensavo ti fossi arrabbiato con me... di nuovo». Pronunciai le ultime due parole con il cuore in gola e il respiro strozzato, quando mi balenò in mente l'ultima volta che lo avevo fatto infervorare.
Mi aveva tirato una sberla piuttosto forte, l'occhio mi era diventato nero e non riuscivo a muovere la mascella. Ancora oggi non riesco a capire il motivo di tutta la sua ira, o cosa l'abbia scatenata, ma sono decisa a capire il motivo del suo modo di porsi piuttosto violento e aggressivo.
Non lo metto in dubbio, è un bravo ragazzo. Buono, gentile, dolce, ma a volte è fin troppo aggressivo e manesco. E in questo sono decisa ad aiutarlo a cambiare.
Mi massaggio la guancia pur sapendo che stavolta non c'è nessun livido, ma la tentazione di sapere che sto bene è troppo forte e non riesco ad evitare quel gesto.
Christian si gira con sguardo preoccupato, la mascella che si serra. Deglutisce.
«Non succederà mai più, te l'ho detto», disse con voce roca.
Voltai prima lo sguardo guardando fuori dal finestrino poi cautamente mi girai verso di lui. Non volevo incontrare i suoi occhi, temevo fossero rosso sangue come quella sera, colmi di rabbia e odio.
Forse più nei suoi confronti che nei tuoi”, si affrettò ad aggiungere la mia vocina interiore. Decisi di non darle ascolto, non avevo bisogno di giustificazioni. Non potevo tornare indietro ed evitare che accadesse, dovevo convivere con quel ricordo che si presenta costante nei miei incubi.
Gli rivolsi timidamente un sorriso, come a rassicurarlo.
Subito lo vidi svoltare verso un'area di sosta, mettendo la freccia.
«Stai bene?», mi chiese torturandosi nervosamente le mani non appena accostato.
«», è tutto ciò che riesco a dire in risposta mentre mi mordo il labbro inferiore.
«Ana, te l'ho detto mille volte. Non morderti il labbro, sai che effetto mi fa»
«Sì, lo so. Lo sto facendo apposta»
La mia dea interiore stava ballando la conga divertita, compiaciuta dell'effetto che aveva su quell'uomo dalla prima volta che mi aveva vista entrare nel suo studio per l'intervista al giornale studentesco.
«Non lo fare più», mi ammonì.
«E' qui che ti sbagli mio caro: io faccio quello che voglio, che tu sia d'accordo o meno. Sono grande e vaccinata e posso decidere da sola. Di certo non ho bisogno del tuo consenso per mordermi il labbro o per fare la sfacciata con te. Non sono abituata a sottostare agli ordini, Mr Grey», dissi sicura.
Un brivido di paura mi percorse la schiena. Avrebbe potuto arrabbiarsi e picchiarmi, di nuovo.
No, non lo farà”, intervenne la mia vocina interiore, “l'ultima volta che l'ha fatto l'hai lasciato. Ha capito quanto ci tiene a te e non ripeterà lo sbaglio due volte se rifarlo significa perderti”.
Lui, perdere una come me. Assurdo! Ancora non potevo crederci che quest'uomo così bello, così intelligente, così ammirato, così voluto dalle donne, avesse perso la testa per una come me.
Forse è solo perché somigli a sua madre e sai quello che vuole fare con te”, commentò la mia vocina interiore sarcastica.
Scacciai quel pensiero indesiderato dalla mia testa e guardai fuori, le braccia incrociate sul petto e il labbro inferiore fra i denti.
«Ana, ne abbiamo già parlato. Io non voglio controllarti, non voglio che sia di te una Sottomessa. Voglio amarti, voglio darti tutto ciò che ho per farti stare bene. Voglio realizzare i tuoi sogni, ti darei il mondo solo per vederti sorridere. Non ho voglia di litigare con te, sai quanto sto male al solo pensiero»
«Nemmeno io voglio litigare», mi affrettai a rispondere, «ma non voglio che mi tratti come una bambina. Il Christian Grey Maniaco del Controllo mi rende nervosa, mi fa stare in soggezione. Io ho paura di quella parte di te, lo vuoi capire? Dopo quello che mi hai fatto...»
«Ehi. Ti ho promesso che non lo farò più. Io ti amo, Ana. La tua sicurezza e la tua salute sono le mie priorità. Non sopporterei che ti accadesse qualcosa...»
«Lo so», dissi convinta mentre la rabbia abbandonava il mio corpo, «anche io mi sentirei morire se ti succedesse qualcosa»
Mi spostò lentamente una ciocca che era sfuggita alla coda dietro all'orecchio, accarezzandomi la guancia e seguendo il contorno del viso, mentre spingevo la testa contro la sua mano.
Il suo tocco era una scossa di adrenalina per il mio corpo. Sussultai emettendo un gemito soffocato. Non volevo dargli quella soddisfazione. Sapeva benissimo cosa significasse il suo tocco per me.
Si può giocare in due allo stesso gioco”, mi ricordò la mia vocina interiore.
«Ho la sensazione che arriveremo tardi se ti distrai ancora», dissi spostando la testa e allontanando la sua mano da me.
«Lo penso anche io, Miss Steele», disse capendo il mio gioco.
Porca miseria, è sempre un passo avanti quell'uomo”, commentò la mia dea interiore accasciandosi a terra e cercando un modo per rialzarsi, “tienigli testa”.
«Dove mi porterai?», dissi piegando la testa di lato com'era solito fare lui.
«Non te lo dirò Miss Steele, è una sorpresa»
Annuii rassegnata, consapevole che a quel gioco stavamo giocando entrambi e che io volevo vincere ad ogni costo.
Detti inizio al mio piano: Anastasia Rose Steele in modalità provocatrice.
Alzai la mano lentamente, spostandola verso di lui e appoggiandola sulla sua coscia mentre guidava attento, con gli occhi sull'autostrada. Cominciai ad accarezzarla lentamente, su e giù, su e giù... senza diminuire il ritmo, ma avvicinandomi sempre più alla sua erezione.
«Anastasia, devo guidare, non possiamo fare tardi stavolta», disse piano, trattenendo un gemito, «e poi ti ricordo che stiamo giocando in due a questo gioco», continuò abbozzando un sorriso divertito e strizzandomi l'occhiolino.
Maledizione! Come poteva essere così maledettamente sexy?
Sorrisi compiaciuta. Non serviva una replica per farmi luccicare gli occhi e far riprendere vita alla mia dea interiore che ricominciava a ballare la conga.
Anastasia Steele 1 – Christian Grey 0.
L'attesa mi stava consumando piano piano, volevo quell'uomo mio e allo stesso tempo volevo sapere di che cosa si trattava la sorpresa.
«Manca molto?», chiesi dopo una ventina di minuti.
«Non proprio»
Allora decisi di abbandonarmi al sedile di pelle, appoggiando la testa dov'era più comodo e socchiudendo gli occhi mentre l'auto sportiva nera sfrecciava per le strade di Seattle, diretta chissà dove, abbandonandomi ai miei pensieri e ai miei sogni più tormentati, dove un Christian più violento mi sferrava non una, ma numerose sberle, prima in faccia e poi nel resto del corpo.
«Siamo arrivati», mi disse accarezzandomi i capelli e scuotendomi tenendomi le spalle con entrambe le mani.
Il suo tocco mi fece sussultare e la paura m'invase il corpo mentre cacciavo un urlo soffocato dalla mano che mi affrettai a porre davanti alla bocca.
«Tutto bene?», mi chiese. Io annuii, “ora che ci sei sì che sto bene”.
Ci avviammo mano nella mano verso l'aereoporto.
Credevo ci avviassimo al check-in, invece passammo per un corridoio secondario, uscendo da una porta grande e bianca e trovando davanti uno spazio immenso: la pista. Ed eccolo lì, il suo jet privato.
Oh, Christian”, pensai, “tutto questo solo per me?”
Sorrisi e provai l'istinto di abbracciarmi, come per congratularmi con me stessa della mia fortuna.
Mi prese in braccio caricandomi in spalla, senza dirmi niente.
«Christian! Mettimi giù!», urlai con tono autoritario ma estremamente divertita.
«Shhh», disse lui dandomi una pacca sul sedere.
«Te la farò pagare!», dissi urlando e scoppiando in una sonora risata.
«Come vuole, Miss Steele», mi provocò.
Mi fece appoggiare i piedi a terra. Prese una mascherina dalla tasca della giacca e mi coprì gli occhi, spostandomi la testa di lato e baciandomi la gola.
«Oh, Ana», cominciò mentre le sue labbra toccavano la mia pelle, «sei mia»
Feci cenno di sì col capo, ma lui voleva di più. «Tua», risposi riflettendo per la prima volta a quella parola.
Sì, io ero sua. Lo ero sin da quando ci eravamo conosciuti, da quando mi aveva stregata con il suo sguardo, da quando per la prima volta avevo visto quegli occhi grigi, all'apparenza felici ma vuoti.
«Che buon profumo», dissi mentre mi teneva per mano guidandomi all'interno del jet.
Lo sentii sorridere sul mio collo mentre la sua mano stringeva più forte la mia.
Lentamente, mi sfilò la mascherina.
Oh!”, rimasi sbalordita.
«Tu volevi una relazione cuori e fiori, se non ricordo male», annuii, «quindi, dato che ora tu possiedi il mio cuore, qui ci sono i fiori»
«Oh, Christian! Ti amo», dissi gettandomi addosso a lui e affondando la testa sul suo petto, inspirando a pieno il suo odore, l'odore di Christian, quello che più amavo.
Dopo avermi accarezzato i capelli e datomi un bacio sulla fronte, si staccò dalla mia stretta, estraendo dalla tasca interna della sua giacca una scatolina blu rilegata con un nastro bianco.
«Anastasia Steele, io ti amo. Penso di aver cominciato ad amarti quella sera che, dopo aver scopato», disse soffermandosi sull'ultima parola con enfasi, «ti ho guardata dormire per ore, desiderando passare la mia vita accanto a te.Non eri la ragazza che volevo per una sola notte, eri la ragazza che volevo accanto tutta la vita. Volevo amarti, voglio amarti, e vorrò amarti per sempre, Ana. Voglio passare ogni mio giorno al tuo fianco, adorandoti e amandoti, regalandoti il mondo se è ciò che vuoi»
«Io voglio solo te, Christian Grey», dissi con voce roca, trattenendo a stento le lacrime.
«Anastasia Rose Steele, vuoi sposarmi?», disse inginocchiandosi davanti a me tenendo fra le mani tremanti un anello con un diamante incastonato in una montatura d'oro.
Il mio cuore ebbe un sussulto alla sua vista, alla vista di quell'uomo così innamorato di me e io così innamorata di lui.
«Sì, lo voglio», risposi d'impulso cercando di capire se era questa la scelta giusta per me.
Sì, lo era. Io lo amavo e lui amava me. Lui voleva passare la sua vita al mio fianco e io lo stesso. Avremo pian piano imparato ad amarci l'uno con l'altro, a trovare un compromesso fra le nostre due vite così diverse tra loro.
Mi sorrise timidamente, era raro vedere Christian Grey emozionato.
«Voglio fare l'amore con te», disse abbassando lentamente la cerniera del vestito porpora che indossavo mentre il mio corpo fremeva al suo contatto.
Mi lasciai abbandonare al suo tocco, completamente in estasi e schiava delle mie emozioni.
Quella sera feci l'amore con l'uomo più bello e desiderato di tutta Seattle, con l'uomo con cui avrei condiviso tutto il resto della mia vita.
Lo amavo e non c'era sensazione più bella di fare l'amore - e non solo una scopata -, con l'uomo che amavo. E per di più, a diecimila piedi da terra. Questa sì che era una prima volta, stavolta per entrambi.

 

  
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