Disclaimer: Ovviamente io non conosco i My chem quindi tutto quello scritto qui sopra è pura invenzione della mia tetolina bacata, di loro ci sono solo alcuni pezzi di varie canzoni. ^_^
Bhe...fatemi sapere che ne pensate ;)
Just the beginning
Mi osservo allo specchio
mentre la mia personal shopper continua a
starmi appiccicata guardandomi desolata.
- Avevo detto scarpe Manolo Blanick…ok? Hai mai visto un paio
di Blanick, Christina?- dico guardandola velocemente,
giusto il tempo di notare il suo sguardo desolato.
- Sì, ma…vede io…- comincia farfugliando.
- Bene allora dovresti sapere che queste
sono Prada- dico fissandola.
- Mi dispiace …io…avevo precisato che..- agito una mano e subito smette di farfugliare.
- Lascia stare, andranno bene lo stesso-
mi guarda stupita, io trattengo un sorrisetto.
Sto solo recitando, infondo. Come sempre. A
volte mi chiedo a che serva tutta questa
superficialità che mi circonda, ma ho finito per abituarmici
e comportarmi da perfetta diva, almeno i giornali non conosceranno la vera me,
non riusciranno a rubare o parlare della mia vera vita, nonostante tutto
continuo ad avere la sensazione di non c’entrare nulla con questo mondo. Il mio cellulare squilla, distraendomi dai pensieri, osservo
lo schermo: è Jake, il mio manager.
- Sì?- rispondo annoiata.
- Ciao Evangeline,
ho una novità per te-
mi dice, con un finto entusiasmo.
- Ti ascolto- dico sistemandomi l’ombretto
con un dito.
- Senti è un ottimo colpo: dovresti girare
un video musicale per una band, si prospetta qualcosa di molto teatrale e
quindi una grande attrice come te sarebbe…divina- dice
con la sua voce un po’ effeminata.
- Quanto mi danno?- chiedo, sperando in
realtà che non sia uno di quei soliti video dove c’è una stupida ragazzina che
si struscia addosso ad un rapper grassone e rozzo.
- Emh…non ho
parlato col loro manager, volevo sapere se per te andrebbe bene, poi li potrei
contattare io, non si possono rifiutare-
- Umh... chi è la
band?- chiedo curiosa.
- Sono i – all’improvviso non sento più
nulla.
- Jake? Hai visto
un paio di tette e ti sei imbambolato?- chiedo ironica. Nessuna risposta.
Osservo lo schermo spento: dannazione, ho la batteria completamente scarica.
Fa niente. Prendo il palmare e mando una mail a Jake dicendo che ne
discuteremo più tardi.
- L’autista è arrivato- mi informa Christina
facendo capolino dalla porta.
Infilo gli occhiali da sole Chanel, nonostante fuori piova, prendo la mia borsa Gucci e mi infilo il cappotto, alla porta mi volto verso
Christina per salutarla, ma lei si sbriga a passarmi un ombrello…wow, devo
essere il suo incubo. Lo apro mentre esco e vorrei
tanto che fosse una difesa da quelle centinaia di flash, oltre che dalla
pioggia. Sorrido forzatamente: oggi non è proprio giornata, spero solo non mi
richiedano interviste, non sono in vena.
Salgo nella mercedes
dai finestrini oscurati, sbattendo la porta dietro di me. E sembra quasi notte
rispetto al fascio di luce artificiale trasmessa dai flash di poco fa.
- Sai dove andare vero?- chiedo a Ryan, l’autista.
- Studi di Coming Soon, certo- annuisco guardandolo, so che mi osserva dallo
specchietto retrovisore. Osservo il cielo grigio e pesante e mi ci sento
tremendamente in sintonia, le nuvole si riflettono sul tremulo specchio
scivoloso che è diventato l’asfalto bagnato.
- Si è più fatto sentire?- mi chiede Ryan. Triste: l’unico ad essere più o meno un mio amico è
il mio autista.
- Andrew? No,
figurati…e la cosa che più mi fa incazzare è che non
posso nemmeno biasimarlo per essere stato a letto con quella troia dato che non
sono mai a casa, spero solo che i giornali non ne parlino troppo- rispondo,
mentre mi tornano alla mente le immagini del mio ormai ex ragazzo a letto con
una moretta qualsiasi. Sospiro. E’ la regola: quando la carriera va alla grande,
la vita privata è un disastro. Per non parlare del non-rapporto coi miei. Con
mio padre soprattutto, da quando…
- Stasera sei libera?- mi chiede Ryan riportandomi alla realtà.
- Sì, per fortuna, a meno che non salti
fuori qualcosa, ho dormito forse 5 ore in 3 giorni, sono distrutta.- sospiro.
- Bhe allora
rilassati…agli studi di Coming Soon
che farai?-
- Una breve intervista e sarò ospite ad un
programma per parlare del nuovo film, cose di routine, insomma- dico con un
sorriso amaro – Sai, se solo potessi tornare indietro non firmerei mai quel
dannato contratto- dico sospirando.
- Hey, tutti
vorrebbero la tua vita…hai 23 anni, sei una delle attrici più brave e belle,
una villa stupenda a Los Angeles…che vuoi di più?-
- Una vita, Ryan…una
vera vita…ormai tutto ruota attorno al cinema, alle
telecamere, recitare è diventata la mia vita, letteralmente… Per esempio:
secondo te che faccio nel tempo libero?- sbuffa facendo una risatina.
- Bha…non
saprei…vedi le amiche, fai shopping, visite in centri di bellezza, relax…- e
come immaginavo, non ne azzecca nemmeno una.
I miei mi hanno ripetuto per anni che avevo
tutto il potere di scegliere, ho solo sbagliato opzione.
Già, ma avevo solo 15 anni e i fotografi, i
vestiti gratis, le telecamere sembravano un sogno, essere al centro
dell’attenzione era fantastico. Non pensavo che non avrei più avuto una vita
privata, se non fingendo in quella pubblica, così mi sono costruita un vero e
proprio personaggio, infondo recitare è il mio lavoro, l’unica cosa per cui continuo ad apparire sugli schermi e accettare film
su film è che amo il mio lavoro, dopotutto.
Ryan accende la radio, dove
passano le solite canzoncine fatte soltanto per vendere e che io odio. Dopo
circa mezz’ora si ferma all’improvviso davanti a un grande edificio
mentre i freni fischiano leggeri. Spegne il motore guardandomi.
- Non smonti?- chiede con un sorrisetto.
- Sì,sì…- dico
annoiata – Uff, non vedo l’ora di finire questa
intervista…almeno dopo sarò libera-
- Già, se scendi di qui forse…- sbuffo –
Sorridi- mi dice lui, me lo ricorda, perché ormai non è più una cosa spontanea,
è solo un dovere, un ornamento a tutto il resto. Scendo, ma per fortuna non c’è
nessun fotografo. Entro camminando veloce negli studi osservando le segretarie
che si interrompono per osservarmi, a loro sorrido davvero: con le persone
sincere non ho bisogno di fingere, peccato che col mio lavoro ne incontri
davvero poche. Sento una di loro pronunciare il mio nome in una cornetta:
probabilmente ha avvisato il mio arrivo. Infatti, poco dopo, una donna sulla
quarantina decisamente rifatta, scende dalle scale sorridendomi.
- Oh signorina Evangeline
è un piacere averla qui- dice con una voce mielosa, dandomi due baci sulle
guance – Mi segua- lo faccio, dopo averle sorriso
velocemente. Odio tutti questi convenevoli.
Mi ritrovo in un camerino illuminato da un
sacco di luci al neon che annullano completamente i veri colori, la mia
carnagione chiara sembra quasi spettrale, così che i miei capelli rosso scuro
risaltano ancora di più, i miei occhi verdi vertono sull’azzurro: adoro il
fatto che cambino con la luce.
- Possiamo fare qui l’intervista se non le
dispiace- dice, poi sembra riscuotersi – Non mi sono ancora presentata, che
stupida- dice con una risatina nervosa: scommetto che c’è un capo pronto a
rimproverarla per questo, perciò stringo calorosamente la mano che mi tende,
cercando di rassicurarla – Sono Alexandra Mcgregor-
- Piacere…- dico sorridendo lievemente: per
un attimo sembra quasi reale, ma subito torna ad essere la tipica giornalista-
macchinetta pronta a sparare una domanda dopo l’altra. E io rispondo ancora e
ancora: sul lavoro, sul presunto amore che i giornali mi attribuiscono con una
persona che non so nemmeno chi sia, sul prossimo film. E la cosa triste è che
le mie parole diventeranno solo due o tre pagine di giornale corredate da qualche foto gigante che mi scatteranno dopo.