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Autore: sadik _A    30/07/2012    2 recensioni
Tutti noi crediamo che l'amore sia il sentimento più bello e sincero del mondo.
Ne siamo affascinati, nel vederlo nei film, o negli occhi delle persone che conosciamo.
Sognamo tutti di avere una storia d'amore duratura come quella dei nostri nonni, o dei nostri genitori..perchè crediamo che quello sia l'amore vero, infinito, puro.
Ma che cosa succerebbe se l'amore che tanto sognamo e che tanto stimiamo, in realtà non fosse amore ma desiderio di stabilità, e se l'ammirazione per qualcuno fosse in realtà un amore proibito del quale non potere parlare con nessuno?
Cosa succederebbe se fossimo così tanto prese da quell'amore, ma altrettanto spaventate?
Se lo vorremmo vivere a tutti i costi apertamente, e invece dobbiamo viverlo segretamente??
Cosa succederebbe se bruciaste di passione per un amore impossibile, che voi credevate fosse solo una cosa fisica, ma che in realtà non lo era mai stata??
E se contemporaneamente provaste amore anche per qualcuno senza la quale non immaginereste la vostra vita?
Questa è la storia di Arianna, sedicenne alle prese con i primi amori e le prime confusioni sentimentali.
Volete sapere cosa succede?
Leggete e lo scoprirete.
Le recensioni sono ben gradite.
Genere: Erotico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Quella mattina, mi alzai con la convinzione che sarebbe stato il giorno più perfetto di tutta la mia vita. Era la giornata che precedeva quella dell'ultima partita di campionato, e credevo che niente e nessuno avrebbero potuto distruggerla o rovinarla.
Mi alzai velocemente dal letto e dopo aver fatto una doccia rilassante, passai un'ora a pettinare i miei biondi capelli davanti allo specchio. Cento passate di pettine, solo così sarei riuscita a renderli perfettamente lisci, come piacevano a me, e al mio ragazzo, Mark. Poi mi vestii, indossando la solita divisa scolastica, verde e nera, a scacchi, e rimettendomi davanti allo specchio, truccai i miei stupendi occhi verde smeraldo, con un po' di ombretto verde chiaro, e tanto eye-liner e mascara nero, sulle ciglia, per poi mettere il mio tanto amato rossetto color rosso vermiglio, sulle labbra carnose che mi ritrovavo.
Non appena Mark venne a prendermi, andammo insieme a scuola, dove tutti i miei compagni, mi davano l'in bocca al lupo per la partita che avrei giocato il giorno dopo, che era domenica, e che non c'era scuola. Finita la scuola, alle tre del pomeriggio, tornai a casa, nella mia stupenda villetta, dove mia madre Cassandra, mi aspettava assieme al suo fidanzato. I miei genitori si erano separati da diversi anni, esattamente quando io avevo 3 anni, ed entrambi adesso si erano rifatti una vita con due persone abbastanza simpatiche. Il mio patrigno, Michele, era un uomo tanto bello quanto perfetto, ed ero contenta di averlo conosciuto, soprattutto dato il fatto che non mi aveva mai fatto mancare niente in questa vita, anche se non riuscivo a chiamarlo “papà”, avendo già il mio. Mio padre, Luca, si era risposato quando io avevo 6 anni, con un'altra donna, Anna Laura che aveva già una figlia, Beatrice, e che era diventata automaticamente mia sorella, o sorellastra, anche se non lo  eravamo di sangue. Mia madre e il mio patrigno invece non avevano avuto altri figli, ma non perchè non li volessero, ma perchè lui non poteva averne.
-Ari, come è andata a scuola?- mi chiese mamma non appena rientrai in casa.
-Normale, mà.- risposi io, sorridendole a pieno.
-Michi, dov'è?- chiesi cercando il mio patrigno.
-E' andato a fare la doccia.- mi rispose lei.
Io salii in camera, e mi cambiai, dopo essermi vestita, scesi in cucina, e mi ritrovai faccia a faccia con il mio patrigno, che mi portò ad allenarmi in giardino.
Dopo ore di allenamento, mi riposai, e dopo aver fatto la doccia, chiamai il mio ragazzo per uscire.
Io e Mark stavamo insieme da quattro mesi esatti. Lui era il capitano della squadra maschile di calcio, mentre io ero quella della squadra femminile, e tra un calcio e l'altro tra noi era scoccato l'amore. O per lo meno, era quello che credevo fino a quel momento.
Io e Mark, andammo in un nuovo lido-discoteca del paese, il Cala Azul, e lì, prendemmo un tavolo per due. Ordinammo pizze e birre, e non appena finimmo, ci mettemmo a ballare in pista.
Mark, si allontanò per un attimo, per andare al bagno, mentre io continuavo a ballare, ed esattamente in quell'istante, un ragazzo mi sbattè contro.
-Ehi, stai attento!- gli urlai, mentre mi toccavo la spalla, nel punto esatto dove mi era venuto addosso.
-Scusa.- mi disse lui, guardandomi negli occhi.
Era un ragazzo bellissimo, anzi più che ragazzo, era un uomo. Aveva si e no, una trentina d'anni, capelli neri sparati in aria, occhi marroni, e un sorriso smagliante.
-La prossima volta stia più attento.- risposi io.
Poi Mark ritornò e riprendemmo a ballare. Poi ce ne tornammo a casa, e l'indomani, ci ritrovammo a scuola, per la finale di campionato.
Tre secondi dopo il fischio d'inizio, la nostra squadra le “Serpi Smeralde”, aveva subito un goal dalla squadra avversaria le “Pantere Rosse”. Ma non appena il mister mi mise in campo, segnai subito 2 goal nel primo tempo e altri 2 nel secondo, che ci fece aggiudicare la finale, per 4 a 1. la vittoria del campionato, era stato il regalo per il nostro mister, che dopo anni e anni di allenamento, aveva deciso di andare in pensione. Il nuovo allenatore sarebbe arrivato lunedì mattina a scuola, e il preside ce lo avrebbe presentato dopo le lezioni.
Dopo la vittoria, la mia squadra e quella dei maschi, andammo a festeggiare, e ci ubriacammo, anche se più che ubriaca, io ero brilla, dato che solo la vodka aveva strani effetti sul mio corpo e sulla mia mente. La birra non sarebbe mai riuscita a stordirmi così tanto da perdere il senno, come succedeva ad ogni ragazzo che bevesse più di dieci bicchieri di birra. Mark era uno di questi, ma fortunatamente ero io che guidavo quella sera. Lo portai a casa e poi tornai con la sua macchina nella mia. Me ne andai a dormire e l'indomani, a scuola, seguii tutte le lezioni come se fosse il primo giorno. Finite, il preside ci riunì tutti in giardino, e lì ci presentò il nuovo allenatore.
-Ragazzi e ragazze lui è Nick Rigalski, il vostro nuovo allenatore.-
Io stavo parlando con Mark, e lo stringevo dalla mano, quando improvvisamente mi voltai,e lo vidi.
Era l'uomo che avevo incontrato la sera prima in discoteca. Lui mi riconobbe e mi sorrise a trentadue denti.
Il preside e l'allenatore se ne andarono, probabilmente per far vedere tutta la scuola al nuovo insegnante, mentre io e le mie compagne di squadra, parlavamo del nuovo coach.
-Non è troppo figo?!- affermò la mia compagna Betty, centrocampista provetta, fissando me e le altre dieci ragazze, con i suoi occhi nocciola.
-Assolutamente!- risposero in coro le tre gemelle dai capelli rossi e gli occhi azzurri, Ginny, Lilly e Maddy.
-Ma, a me non piace poi molto.- risposi io con aria indifferente.
-Vabbè Ari, te hai il ragazzo più figo della scuola, quindi è ovvio che non ti piaccia nessun altro oltre lui!- affermò poi Carolina, la più simpatica del gruppo. Simpatica è un eufemismo, dato che tutte la odiamo in squadra.
-Ah, ah, ah!- affermai ironica fissando Carolina. Lei aveva da sempre avuto una cotta per Mark, ma lui dopo averla rifiutata per stare con me, ha provocato la sua ira nei miei confronti e la mia verso di lei.
-Ari, però dai, Caro ha ragione. Mark è davvero figo! Non ha niente da invidiare al nuovo coach!- affermò poi Federica, l'altra attaccante della squadra, nonché mia migliore amica.
Mi voltai a guardare la squadra maschile che si stava allenando, e fissai Mark.
In effetti era davvero un gran bel ragazzo. I suoi capelli biondi, lunghi fino a sopra le orecchie erano dei bellissimi e perfettissimi boccoli ondulati, come quelli che avevano la maggior parte dei surfisti australiani. I suoi occhi erano grandi e profondi, di un azzurro mare bello tanto quanto quello dell'oceano, e le labbra grandi e succose, da baciare ogni qualvolta te le ritrovavi davanti.
Sorrisi, compiaciuta di possedere tutto quel ben di Dio, e poi ripresi a parlare con le mie amiche del nuovo coach.
Lui arrivò pochi istanti dopo e ci disse di fargli vedere cosa sapevamo fare. Come ogni coach che avesse allenato le Serpi Smeralde, rimase stupito dalla mia bravura, e come ogni altro coach, decise di farmi fare degli allenamenti extra che sarebbero iniziati l'indomani.
Io e Mark ce ne andammo insieme a casa, come ogni giorno, e non appena fummo davanti al portone di casa mia, ci salutammo.
-Arianna, vieni qui.- mi disse poi, mentre stavo per andarmene via.
-Che succede Mark?- domandai preoccupata.
Ma lui non si preoccupò nemmeno di rispondere. Poggiò dolcemente le sue labbra sopra quelle mie e poi mi fissò.
-Era ora!- affermai sorridente io.
Insomma, stavamo insieme da quattro mesi, e ancora non mi aveva nemmeno baciata per suggellare quel nostro legame.
Lo presi dal collo, e lo baciai anche io, stavolta usando anche la lingua.
-A domani, piccola.- mi disse guardandomi con gli occhi dolci.
-A domani baby- gli risposi io, con altrettanti occhi.
Rientrai in casa, e i miei genitori, mi fissavano entusiasti. Amavano Mark, e speravano tanto che tra me e lui nascesse qualcosa di serio. La mattina dopo a scuola, avevo l'allenamento speciale con il coach, alle 7 del mattino.
Mi presentai lì, ma avevo male al collo, perchè avevo dormito tutta storta. Il coach se ne accorse e decise di farmi un massaggio.
Sentivo le sue mani passarmi sul collo. Erano delicate e grezze al tempo stesso. I suoi pollici disegnavano delle linee perfettamente dritte mentre mettevano a posto i muscoli spostati del mio collo, mentre i palmi e le dita delle mani, mi solleticavano le spalle.
-Va meglio, Arianna?- mi domandò, senza smettere di massaggiare.
-Si coach, grazie- risposi io, rilassata al massimo.
-Ti fa male qualcos'altro oltre il collo?- domandò poi continuando a disegnare piccole linee con i pollici.
-In effetti no..- risposi, assolutamente sincera.
-Allora vai a fare un po' di stretching, così cominciamo l'allenamento..-
-Agli ordini!- risposi bella squillante.
Mi posizionai davanti a lui e cominciai a stiracchiare le gambe, seduta per terra. Poi mi alzai in piedi e feci lo stesso con le braccia, poi con la schiena, e infine feci qualche addominale.
-Stai sbagliando la postura.- mi disse avvicinandosi.
Mi prese dalla vita, e improvvisamente sentii dei brividi pervadermi in quel punto.
Si mise davanti a me, e mi tenne ferma dalle punte dei piedi, poi mi disse di fare cinquanta serie di addominali, ed io obbedii. In effetti sentivo di più gli effetti, e i muscoli dell'addome mi parvero più laboriosi del solito.
Poi feci una serie di addominali all'indietro, per poi passare alle flessioni. Il coach mi seguiva di passo in passo, e non appena mi vide sfinita, decise di darmi lo stop.
-Ok, può bastare per adesso. Ci rivediamo alla fine delle lezioni.- disse poi abbozzando quel suo sorriso così unico e perfetto.
-A dopo coach!- dissi io semplicemente.
Andai nello spogliatoio a fare la doccia, prima di andare a seguire le lezioni di matematica.
Nella pausa pranzo, raggiunsi il mio ragazzo e me lo sbaciucchiai tutto, davanti agli occhi invidiosi di Carolina, e quelli sognanti delle mie compagne di squadra.
-Come è andato l'allenamento con il nuovo coach?- mi domandò Mark puntando i suoi occhioni blu sui miei occhietti verdi.
-Bene. Mi ha fatto fare un riscaldamento ottimo. Ho sentito tutti i muscoli lavorare.- risposi accarezzandogli una guancia con la mano destra.
-Ottimo. Anche a me piace. È un bravo allenatore.- affermò lui, prendendomi la mano e baciandola dolcemente.
Ci sorridemmo a vicenda e poi ci sedemmo a mangiare le nostre insalate di pomodoro e carotine, seguite da una piccola cotoletta di pollo, per poi tornarcene a lezione di Filosofia.
La professoressa quella mattina ci spiegò di come Schopenauer vedeva il mondo. Egli diceva che il mondo era visto come rappresentazione, e che la rappresentazione aveva due aspetti essenziali per se. Il Soggetto e l’Oggetto. Diceva che questi due aspetti esistevano solamente all’interno della rappresentazione, come parti di essa e che l’oggetto non poteva esistere senza il soggetto e viceversa. Ed in effetti è cosi più o meno nel mondo, secondo me. Dopo la fine della lezione di filosofia, avevo un altro allenamento speciale con il professor Rigalski. Gli allenamenti ufficiali della squadra erano dal martedì al sabato, dopo scuola, ma io avevo anche quelli speciali il lunedì, come anche Mark, essendo i migliori del team. Era anche per questo che io e Mark ci eravamo innamorati così tanto. Passavamo il più del tempo, oltre che ad allenarci, a parlare dei nostri interessi, e dopo aver scoperto di avere troppe cose in comune, abbiamo deciso di fidanzarci.
Alle 15 esatte, mi ritrovai nel campo di calcetto, situato nel giardino della scuola, ma il coach non c'era ancora. Allora decisi di allenarmi da sola, e cominciai a fare qualche passaggio e qualche tiro in porta. Mentre correvo sul campo, il coach, apparve improvvisamente, e mi diede qualche suggerimento.
-Chiudi di più il ginocchio sinistro quando corri, e stendi di più quello destro per dare una spinta maggiore. Avanti prova..-
Ascoltai le sue indicazioni, e corsi molto più veloce del solito. Poi il coach, decise di fare una sfida corpo a corpo. Mark arrivò poco dopo per le lezioni speciali, e il coach lo mise in porta per respingere i miei attacchi. La porta era il suo ruolo, quindi gli sarebbe venuto piuttosto facile parare i miei tiri.
Il coach, teneva palla, e mi dribblò, cosi tanto facilmente, che Mark nemmeno si accorse del goal che gli aveva segnato.
Sia io che lui infatti, restammo paralizzati da quell'azione da parte del coach.
-Lei è un grande!- gli urlammo con gli occhi pieni di adulazione.
Lui ci fece allenare ancora, per altre due ore, poi mandò entrambi a fare la doccia. Usciti dalle docce, io e Mark ci incamminammo abbracciati verso il campetto, e salutammo il coach. Poi lui andò a prendere la sua moto, e mi lasciò lì con lui. Il coach, si mise davanti a me con la palla al piede.
-Avanti, prova a prendermela- mi ordinò poi.
Io lo fissai, e mi misi davanti a lui, allungando un piede in cerca del pallone, ma lui fu più veloce di me e si scansò con tanto di pallone.
Il mio ego femminile, combattivo e ribelle, si alterò, e cominciai di nuovo a correre per cercare di prendere quel pallone, che doveva diventare mio a tutti i costi.
Quando mi parai abbastanza vicina a lui, andai in scivolata, e ci riuscii. Avevo preso il pallone, ma avevo anche fatto fallo, perchè il coach, cadde in terra.
Io mi rialzai dalla mia scivolata, e allungai una mano verso di lui, per aiutarlo a rialzarsi, ma non appena lo feci, lui mi fece cadere a terra, sopra di lui.
Riuscivo a sentire muoversi la sua pancia, in profondi e lenti respiri, e sentivo le sue mani stringere forti le mie braccia. Provavo dei brividi incomprensibili, stando in quella posizione con il coach.
I nostri occhi si fissavano imperterriti, e io riuscivo a sentire qualcosa dentro di me, ma non riuscivo a comprendere cosa fosse. Avevo dei pensieri imminenti che non riuscivo nemmeno a capire perchè fossero entrati nella mia mente, e soprattutto perchè proprio in quel momento lì.
-Hai fatto fallo in questo modo, lo sai, vero Arianna?- mi disse poi lui, riportandomi alla realtà.
-Si, mi scusi, coach..- replicai, guardandolo fugacemente per non perdermi di nuovo dentro ai suoi occhi.
-Domani lavoreremo su questo. Adesso vai che Mark ti aspetta- mi disse poi.
Io salutai il coach con un semplice gesto della mano, e poi mi avviai verso la moto di Mark, che mi riaccompagnò a casa, come ogni giorno, e poi andai dritta in camera.
Lì, pensai a quello che era successo qualche minuto prima con l'allenatore. Il nostro guardarci in modo così strano e profondo. Il suo sfiorarmi e il mio provare brividi intensi. Perchè nel pensare a lui mi sentivo così? In fondo lo conoscevo da un giorno soltanto, e non sapevo nemmeno che tipo di persona fosse, quanti anni avesse, ne tantomeno se fosse impegnato o libero. Ma anche se non conoscevo niente di lui, questo non mi impediva di pensarlo in una maniera subdola e perversa. Stavo sognando di fare sesso con lui nelle docce degli spogliatoi, ed esattamente in quell'istante mia madre mi chiamò per la cena. Scesi insieme a lei, e mi sedetti al tavolo assieme a lei e a Michele.
-Allora, conosciuto il nuovo coach?- mi domandò quest'ultimo, prima di dare un morso al suo caviale.
-Si- risposi io, semplicemente.
-E come ti sembra?-
-E' un buon allenatore..- risposi io, di poche parole.
Mangiai un boccone della mia cotoletta di pollo, e poi me ne andai in camera.
Mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi, per addormentarmi, ma non appena li chiusi, la faccia del coach mi apparve, bella e sorridente, come l'avevo conosciuta.
In quell'esatto istante, sentii delle vampate pervadermi in tutto il corpo. Il cuore mi batteva all'impazzata. Le mani mi sudavano. E dentro di me, mi sentivo bruciare. Non avevo mai provato una cosa del genere per nessuno. Ne tantomeno per Mark. Che cosa mi stava succedendo? Per quale motivo, lui, era al centro dei miei pensieri? Quello, era il posto di Mark, non il suo. Dovevo capire. Dovevo capire all'istante il perchè di quei pensieri. E l'indomani, lo avrei scoperto di sicuro, dato che avevo allenamento con il coach Rigalski per tutto il pomeriggio.
Non appena suonò la sveglia, indossai la divisa, feci colazione, e mi feci trovare davanti al portone da Mark, che come ogni mattina mi passava a prendere per andare a scuola insieme. Lui salutò mia madre, e mise in moto la sua Harley Davidson, per avviarci a scuola, parcheggiarla nei posti privati per i membri della squadra di calcio, ed entrare a lezione di filosofia, che quel giorno avremmo avuto per cinque ore consecutive. Dopo ce ne andammo a pranzo, poi a seguire per due ore la lezione di storia medievale, e alle tre in punto ci ritrovammo tutti agli allenamenti di calcio. Le mie compagne di squadra erano più distratte che mai. Il coach oggi aveva messo pantaloncini e canotta strettissime per allenare, e questo, era causa di distrazione per loro, e soprattutto per me, che mi mordevo il labbro di sotto, fissandolo.
Dopo cinque ore di allenamento, il coach mandò tutti a fare la doccia, ma io, gli dissi che volevo fare un'altra ora di allenamento, e lui annuì felice per quella mia scelta. Non appena tutti se ne andarono, rimanemmo da soli, e lui mi fece allenare come il giorno precedente. Facendo attenzione a non commettere alcun tipo di fallo, gli rubai palla, e lo marcai stretta, e lui mi sorrideva felice. Poi entrambi stanchi, per il duro lavoro, ce ne andammo a fare le docce. Lui nello spogliatoio maschile e io in quello femminile. Ma non appena il coach entrò nella doccia, io apparii lì dentro e richiusi la porta dietro me.
-Salve coach.- gli dissi fissando il suo corpo perfetto, mentre l'acqua gli cadeva addosso disegnando delle piccole goccioline su di sé.
-Che ci fai qui, Arianna?!- domandò lui stranito e scioccato nel vedermi.
-Non lo immagina?- domandai avvicinandomi e accarezzandogli il petto.
-Non è una buona idea, e lo sai!- mi disse alzando un po' il tono della voce.
Io lo fissai e mi avvicinai di più. Misi la mano destra sopra la parte destra del muro della doccia e la mano sinistra la poggiai su quella sinistra, intrappolandolo.
-Arianna, che stai facendo?!- domandò poi un po' preoccupato.
-Coach, io sto solo seguendo il mio istinto..- risposi semplicemente, avvicinando la mia bocca a un centimetro dalla sua, e guardandolo fisso negli occhi.
-Il tuo istinto si sbaglia!- mi disse poi deciso.
Io guardai verso il basso e sorrisi.
-La sua parte di sotto, non dice lo stesso, coach..- sghignazzai divertita nel vederlo eccitato al massimo.
-Beh.. quella non conta..-
-Oh, invece si..- affermai poi io, abbassandomi e cominciando a leccargli il pene, per poi risalire lentamente verso il petto, e poi verso il mento del coach, che non appena venne sfiorato dalla mia lingua, si morse un labbro, dando così conferma alla mia sicurezza, che anche lui volesse quello che io ero andata a fare. Ci guardavamo entrambi pieni di voglia l'uno dell'altra, mentre l'acqua cadeva sopra i nostri corpi. Il coach si mordeva il labbro all'infinito, mentre io lo squadravo dalla testa ai piedi, ansiosa di saltargli addosso.

   
 
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