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Autore: Hime__    30/07/2012    6 recensioni
Dieci drabble Reituki.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Deidcata, come sempre, alla donna della mia vita.
Grazie di sopportarmi ogni santo giorno.
 
 
 
 
 
 
Descrizione.
 
Più e più volte, alle loro prime uscite, si era ritrovato a spiare – discretamente, mantenendo sempre un certo contegno – Ryo.
Lo osservava e per ogni dettaglio aveva pronta un’osservazione diversa.
Il suo busto, magro, la forma dei suoi occhi, insolita, le sue dita affusolate.
La prima volta che fecero l’amore, però, non riuscì a formulare commenti di alcun tipo.
 
Ossigeno.
 
Più ci pensava, meno ne arrivava a capo.
Per lui, ogni persona importante rappresentava qualcosa.
Ma Takanori.
Bhè, Takanori rimaneva un’interrogativa costante.
Lo fissava mentre dormiva placido al suo fianco, lo guardava alzare e abbassare le spalle minute ad ogni respiro che prendeva.
Ecco, Takanori era il suo ossigeno.
Poi ci ripensò, mettendosi a sedere sul letto, come se improvvisamente tutta la questione fosse divenuta la cosa più banale del mondo.
Che te ne fai dell’ossigeno se non puoi vivere?
 
Ritiro.
 
Palco. Luci. Grida. Brividi. Pelle d’oca.
Cuore che pulsa nelle orecchie.
Ryo – anzi no, Reita – si avvicina al vocalist per sentirsi più forte, più carico di quanto non sia già.
Ma un momento, Uruha ha fatto prima. Lo sta abbracciando.
Con un’alzata di sopracciglio molto chic, Reita fa dietrofront, per tornare da dove era venuto, sorridendo.
Non è geloso, perché quello sul palco non è il suo ragazzo, il suo Takanori.
È semplicemente Ruki, felice come ogni volta che la sua pelle viene illuminata da i fari e ripresa dalle telecamere.
 
Suddivisione.
 
In amore e in guerra, tutto è lecito! o almeno questo era quello che Takanori ricordava di quello stupidissimo proverbio che veniva ripetuto fino alla nausea nei film.
Bene, in questo caso avrebbe usato l’amore per vincere la guerra.
Lentamente, baciò la schiena del suo ragazzo, che in quel momento gli dava le spalle, facendogli venire la pelle d’oca.
Contemporaneamente accarezzando ogni centimetro del corpo dell’altro, come meglio poteva.
Quando il biondo stava per voltarsi, diede uno strattone deciso alle coperte.
- Stanotte queste le tengo io. – decretò, girandosi dall’altra parte con un ghigno.
 
Fumare.
 
Era quasi una settimana che non toccava una sigaretta.
Si sentiva orgoglioso, d’altronde l’aveva sempre saputo che il fumo faceva male. Inoltre, era troppo costoso.
Però il pacchetto di sigarette che stava esanime sul tavolino sembrava guardarlo, chiamarlo e sfidarlo, al pari di una bella donna che sottointende inviti poco candidi.
Si alzò, lentamente.
Arrivò fino al pacchetto, lo prese in mano, fissandolo per qualche secondo.
Poi, con il piede, aprì il secchio dell’immondizia e ce lo gettò dentro.
- Che cazzo fai? – si sentì rimproverare.
- Ho smesso di fumare, lo sai. –
- Sei scemo? Le sigarette costano! – borbottò Takanori, riafferrando il pacchetto dal sacco nero e accendendosene una, tanto per.
 
Ordine.
 
Quella volta si era davvero incazzato, come una bestia.
Come, come poteva essere possibile che per vestirsi Ryo aveva bisogno di mettere in disordine il suo armadio, quello del suo ragazzo e a momenti quello della vecchia vicina di casa, lasciando ogni maglietta girata al rovescio, scarpe sparse ovunque e mutande seminate come le briciole di pane di Pollicino.
Quando però se lo ritrovò sulla porta di casa, un mazzo di rose in mano e uno di scuse in bocca, si limitò a fissarlo come uno che aveva perso ogni speranza.
- Ryo, il biglietto è attaccato al contrario. –
 
 
Calcio.
 
Una volta, quando entrambi frequentavano ancora il liceo, a Takanori venne voglia di andare a vedere una partita nella quale giocava anche Ryo.
A metà del primo tempo, il bassista cadde e si prese una brutta distorsione alla gamba.
La squadra dove giocavano sia lui che Kouyou perse.
Da allora, ogni volta che c’è la partita di calcio importante per il suo ragazzo, Takanori è costretto a passare la serata da solo o a casa di Yutaka, perché per tutti porta sfortuna alle partite.
- Vabbè, alla fine non sono così interessanti eh.. –
 
 
Responsabilità.
 
Ryo non amava assumersi responsabilità.
Sin da piccolo scaricava tutto sulla sorella maggiore.
A scuola, non aveva mai cercato di diventare rappresentante di classe.
E in un’eventuale band, non voleva saperne di fare il leader.
Odiava scegliere le squadre per giocare a calcio.
La prima volta che si assunse una responsabilità, una colpa, non era la sua.
L’aveva fatto per salvare Takanori da quel mondo fin troppo orrendo per lui.
 
Imposizione.
 
Quando gli domandava se ‘per cortesia, mi porteresti una sigaretta?’ o se, con gentilezza gli chiedeva di aiutarlo a lavare i piatti o a pulire casa, o ancora se poteva gentilmente alzare un dito qualsiasi per aiutarlo a preparare la cena, lui trovava il modo di rifiutarsi e farla franca.
- Dammi un bacio. – ordinò una volta, senza traccia di gentilezza o cortesia nella voce.
Da quel momento capì che se voleva veramente far fare qualcosa a Ryo avrebbe dovuto imporsi e comandarglielo da vero dittatore.
 
Collegamento.
Era una giornata di dicembre freddissima, fuori fioccava come non mai, ma entrambi sapevano che sarebbero riusciti ad arrivare a lavoro come sempre.
Così si avviarono per poter prendere la metro.
- Come sai che sono quello giusto? –
- Lo so. –
- Come? –
- Bhè, vedi, Ryo – sussurrò, tirando un filo del maglione fino a farlo diventare abbastanza lungo.
Poi spezzò il filo con un gesto secco.
Prese la mano del fidanzato tra le sue, più piccole e calde, e legò il filo al suo mignolo sottile, per poi fare lo stesso con il suo dito.
- Noi due siamo collegati dal filo rosso del destino. – 
  
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