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Autore: Yoru Sougiya    31/07/2012    3 recensioni
Voleva lottare, fare a pezzi qualcuno, ma non aveva nessuno da sfidare.
Sbadigliando uscì dalla sala del Trono e, ignorando le guardie che si inchinavano al suo passaggio, si diresse nella sua camera da letto.
La sua vita era maledettamente noiosa.
AU, ambientazione Medievale/Fantasy.
[GrimmIchi][AU]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: When will loneliness be over?
Fandom: Bleach
Personaggi: Grimmjow Jaegerjaques, Ichigo Kurosaki
Pairing(s): GrimmIchi
Parte: 1
Rating: PG15
Genere: Angst, Sentimentale.
Avvertimenti: AU, Shounen-ai.
Riassunto: Voleva lottare, fare a pezzi qualcuno, ma non aveva nessuno da sfidare. Sbadigliando uscì dalla sala del Trono e, ignorando le guardie che si inchinavano al suo passaggio, si diresse nella sua camera da letto. La sua vita era fottutamente noiosa.
Note: Fic ambientata in un universo medievale/fantasy. Sarà una long fic, MOLTO long. Il mio sogno sarebbe farla in totale di 15 capitoli XD ma forse saranno di meno, o forse di più. Comunque i numeri sono questi. Ho tante, tante idee per questa fic, quindi andrà avanti per un bel po'. Spero piaccia a qualcuno, perché a me sta divertendo molto scriverla ;W; (Sono riuscita a postare il primo capitolo per il compleanno di Grimmjow! Yeah!)


When will loneliness be over?
Why can't we see that when we bleed we bleed the same?

 
C’era una volta,

è così, che dovrebbe iniziare questa storia. Perché si parla di re, di cavalieri, di guerrieri valorosi e di grandiose battaglie. Questa storia inizierebbe così, se fosse una fiaba.

Ma non lo è.

Questa è semplicemente una storia, di un Re, della sua Solitudine e di come questa fu spazzata via da un semplice ragazzo.

Il suo nome era Ichigo Kurosaki e riuscì a cambiare le sorti di un regno intero.
 

 
Carnage

«In quanti si sono iscritti al torneo questa volta, Yylfordt?»

«Siamo arrivati a cento partecipanti, Sire. Visto che è stato dichiarato esplicitamente che voi non parteciperete, si sono iscritti in molti».

«Pensi seriamente che non parteciperò al torneo? A un torneo in mio onore?»

«Ma Sire, abbiamo già dichiarato così ufficialmente! Non possiamo rimangiarci tutto, inoltre se voi partecipaste…»

«Se io partecipassi cosa? Quei codardi si ritirerebbero? Governo un Regno di codardi, Yylfordt? È questo che mi stai dicendo?»

«Sire, voi non avete perso un duello in tutta la vostra vita, anche il guerriero più valoroso…»

«Un guerriero valoroso in quanto tale non scappa davanti alla morte! Combatte fino alla fine, anche se non ci sono speranze!»

«Voi avete ragione, ma…»

«Ah! Lasciami in pace. Questo discorso mi sta facendo venire il voltastomaco. Sparisci dalla mia vista».

Grimmjow osservò il suo consigliere, uno dei tanti, lasciare la stanza.

Possibile che nessuno lo capisse? Lui amava combattere. Era tutta la sua vita. Ma era troppo forte, la sua maledizione era questa. Non aveva mai trovato un avversario degno. Quindi ormai chiunque si rifiutava di combattere con lui.

Aveva anche provato a far istruire al combattimento alcuni schiavi, ma niente. Non avevano la minima voglia di combattere, e lottare contro qualcuno che non ha spirito combattivo o non combattere affatto era sostanzialmente la stessa cosa.

Non era passato molto da quando Yylfordt aveva lasciato la stanza che un altro suo consigliere, Shawlong, entrò ansimante.

«Cosa ti succede Shawlong?» chiese Grimmjow in tono pungente «Non capita spesso di vederti così sconvolto».

«Sono i ribelli di quel piccolo villaggio a Sud. Hanno iniziato un’offensiva contro il nostro avamposto».

«E quindi?»

Nessuno poteva niente contro il suo esercito. Erano pur sempre guerrieri scelti da lui in persona.

«Non esiste ancora la persona che possa mettere in difficoltà i nostri soldati e lo sai. Sono solo un gruppo di contadini bifolchi che si rifiutano di pagare i loro tributi. Ordina che non abbiano pietà,    questa volta devono capire che non ho la pazienza né la voglia di far perdere ai miei uomini energie contro di loro. Stiamo combattendo una guerra sui confini orientali, Shawlong, preoccupati di quella».

«Sire, non mi sarei mai permesso di disturbarla per una semplice rivolta. Il problema è che stiamo avendo ingenti perdite. Sembra che questa volta i ribelli di Karakura si siano organizzati».

Per la prima volta l’espressione annoiata sparì dal volto del Re.

«Questo cosa vorrebbe dire?»

«Purtroppo i rapporti che abbiamo ricevuto non sono molto dettagliati. Sembra vi sia un gruppo ristretto di persone attorno alle quali gli abitanti del villaggio si sono riuniti. Sono loro che hanno organizzato l’offensiva».

«Si fottano queste stronzate» sbottò Grimmjow «Un esercito, anche il più piccolo, ha bisogno di un capo. Non mi importa se dovete cercare in tutti i buchi di questo maledetto Regno. Portatemi quel bastardo ancora vivo».

Shawlong si inchinò davanti al Re, facendo capire che aveva recepito l’ordine e lasciò la sala.

Grimmjow si accasciò sul suo trono.

Voleva lottare, fare a pezzi qualcuno, ma non aveva nessuno da sfidare.

Sbadigliando uscì dalla sala del Trono e, ignorando le guardie che si inchinavano al suo passaggio, si diresse nella sua camera da letto.

La sua vita era fottutamente noiosa.
 

Due settimane dopo
 
Faceva caldo, troppo.

A Grimmjow non piaceva il caldo e ancora di meno gli piaceva stare all’aperto durante le giornate afose. Ma era nato d’estate e il torneo in suo onore ovviamente non poteva non svolgersi nel giorno del suo compleanno. Almeno aveva la fortuna di poter stare riparato all’ombra del palco reale.

Guardò annoiato tutto il torneo, che altro non era che un branco di rammolliti che lottavano uno contro l’altro, finché uno di questi non fu dichiarato vincitore. A quel punto, senza attendere oltre si alzò e fece per rientrare al fresco del suo palazzo, quando venne fermato da Shawlong.

Questi fece un lieve inchino e aspettò che il Re, che stava scendendo le scale del palco reale, gli concedesse il permesso di parlare, cosa che fece con  un distratto gesto della mano.

«Sire, i nostri uomini hanno catturato dei ribelli del villaggio di Karakura».

«Non vedo come la cosa possa interessarmi. Avevo chiaramente detto non mi interessava di nessuno se non del loro capo, tutti gli altri ammazzateli e basta» disse Grimmjow guardando annoiato il suo consigliere.

«Questa volta è diverso. Abbiamo un’informazione piuttosto attendibile che conferma che i due uomini catturati sono piuttosto vicini a quello che riteniamo essere il loro capo. Per questo io stesso ho dato l’ordine di non ucciderli e di portarli qui» Shawlong fissò per qualche istante il re, poi si affrettò a concludere la frase «So bene che questo va contro i vostri di ordini, e me ne prendo la piena responsabilità, ma ho pensato che, prima di tutto, avreste preferito parlare con costoro di persona e poi ad ogni modo sono delle ottime esche. Molto probabilmente verranno a cercare di liberarli, o per lo meno a cercare di trattare per la loro vita, se sono persone così importanti».

Grimmjow fissò severamente Shawlong per qualche istante, poi fece un profondo sospiro e infine parlò.

«Sono custoditi nella prigione? Portami da loro».

La prigione del Regno era un edificio non molto distante dal castello del re, ma era completamente autonomo, fortificato e circondato da un ampio fossato, come la più tradizionale delle fortezze. Doveva essere inaccessibile, ma soprattutto, una volta entrati non c’era modo di uscire, questo perché coloro che ospitava erano i più grandi criminali del Regno.

Le guardie furono sorprese di vedere entrare il Re in persona, accompagnato solo da uno dei suoi consiglieri, ma ad ogni modo mascherarono bene il loro stupore, profondendosi in plateali inchini.

Grimmjow si limitò a seguire Shawlong nel piano inferiore della prigione, scavato sotto terra, dove non c’erano finestre e le guardie erano ben più numerose che nel resto delle altre zone della fortezza. Era un ambiente claustrofobico e l’unica luce proveniva dalle torce accese sulle pareti.

Finalmente Shawlong si fermò alla fine di un tortuoso corridoio, sfilò una torcia da uno dei sostegni della parete e illuminò due celle, una posta di fronte all’altra.

«Sono qui» disse a Grimmjow.

Questi si avvicinò lentamente a Shawlong e guardò all’interno delle due celle, voltandosi prima verso quella a sinistra e poi verso quella a destra.

Nella prima a restituirgli lo sguardo era un ragazzo che doveva avere all’incirca la sua stessa età, aveva una grande messa di capelli rossi, lungi e lisci, sparsi sul volto, che in parte gli coprivano gli occhi. Nonostante questo però, era ben consapevole che l’uomo stava sostenendo senza problemi il suo sguardo indagatore.

A destra invece c’era un ragazzo ancora più giovane, i lisci capelli neri gli incorniciavano il viso perfettamente ovale, sul naso dritto erano posti un paio di occhiali. Questo ragazzo però non ricambiava il suo sguardo, ma scrutava il buio davanti a sé. L’espressione corrucciata del suo volto però faceva capire che non stava semplicemente fissando il vuoto, ma probabilmente era immerso in una qualche profonda riflessione.

«Beh, sapete chi avete di fronte?» chiese infine Shawlong, evidentemente contrariato dal fratto che nessuno dei due prigionieri aveva fatto alcun cenno di onore verso quello che era il loro sovrano.

«Ha una corona in testa, certo che sappiamo chi è» rispose il ragazzo nella cella sulla sinistra, quello con i capelli rossi.

«Allora saluta il tuo Re, come si deve!» tuonò Shawlong.

«Oh, ti prego. Risparmiaci la pantomima, Shawlong» interloquì Grimmjow, che da sempre aveva trovato i modi del suo consigliere troppo pomposi, e di certo in una situazione del genere servivano a poco «Puoi lasciarci soli? Aspettami all’inizio del corridoio davanti le scale, ok?»

Shawlong lanciò un’occhiata preoccupata al Re, ma non poteva non obbedire a quello che era, sebbene posto in maniera abbastanza diplomatica, un ordine. Quindi passò a Grimmjow la torcia e si avviò lungo il corridoio, lasciandolo solo, davanti le due celle.

«Allora, tu con la testa rossa, visto che sai chi sono io, perché non mi dici chi diavolo sei tu? Come ti chiami?»

Il ragazzo per tutta risposta si girò a guardare davanti a sé, esattamente come stava facendo il moro nell’altra cella.

«Oh, andiamo, il gioco del silenzio non vi porterà a niente. Potrò non sapere i vostri nomi, ma so chi siete e soprattutto a chi siete vicino ed è proprio questo il motivo per cui avete ancora la testa attaccata al collo. Quindi, se volete continuare a vivere, parlate».

Nessuna risposta. Grimmjow sbuffò esasperato, non che si aspettasse niente di diverso, da quelli che dovevano essere tra i più importanti esponenti della fazione dei ribelli di Karakura, e i più vicini al loro capo.

«Bene» disse infine incrociando le braccia sul petto «Sarò il più chiaro possibile allora. La vostra vita ha valore solo ed esclusivamente se aprite le vostra fottuta bocca. Se non lo fate tanto meglio, la feccia come voi la faccio ammazzare con piacere. Quindi che parliate o no, io vi terrò qui in vita per una settimana, diciamo. Anche se non dite niente, sarete comunque delle utili esche e magari i vostri amici verranno per cercare di salvarvi, così poi ammazzerò anche loro insieme a voi. A meno che anche loro, come me, non pensino che la vita di gente come voi non valga un cazzo, magari non si scomoderanno nemmeno a venire».

Grimmjow notò con piacere che non appena finì di pronunciare quelle parole entrambi voltarono di scatto la testa verso di lui, probabilmente spinti da un’irrefrenabile voglia di rispondergli per le rime, ma alla fine comunque riuscirono a calmarsi e nessuno dei due disse niente.

Dopo una bassa risata il re continuò a parlare.

«Dopo questa settimana, se nessuno dei vostri amici abboccherà all’amo e se voi ancora vi ostinerete a far finta di non avere la voce, vi farò tagliare le teste e mi assicurerò che il vostro capo le abbia in una bella confezione regalo. In questo modo mi aiuterete a fargli capire un semplice concetto: io sono il Re. Nessuno, mai, deve osare pensare di avere anche solo la più piccola possibilità di vittoria contro di me».

Detto questo Grimmjow se ne andò, raggiungendo Shawlong che lo aspettava dove gli era stato detto.

«Non torturateli, ma se tra una settimana ancora non parlano tagliategli le teste e rispeditele a quel villaggio di merda dal quale vengono» disse Grimmjow al suo consigliere, prima di superarlo e di avviarsi da solo verso l’uscita della prigione per poi tornare al suo castello.

 
Quando Grimmjow riuscì a raggiungere la sua stanza da letto era ormai notte fonda, quindi decise di mettersi a letto e di scrollarsi di dosso quanto prima la stanchezza accumulata durante il giorno.

Si tolse la corona dalla testa e guardò il suo riflesso nello specchio. Odiava come quel pezzo di ferro gli appiattiva i capelli, che altrimenti sarebbero stati nient’altro che una confusa e indomabile massa azzurra. Colui che gli restituiva lo sguardo poi non era altro che un ragazzo stanco e annoiato. Le occhiaie sotto i suoi, altrimenti vivaci, occhi blu la dicevano già abbastanza lunga.

Grimmjow si buttò, a torso nudo sul suo enorme letto, e rimase diverso tempo a fissare il soffitto della stanza, immerso nel buio più totale, in attesa che il sonno arrivasse.
Si stava proprio per addormentare quando probabilmente nient’altro se non l’istinto, gli fece spalancare gli occhi, giusto in tempo per percepire il movimento di qualcosa che gli stava venendo addosso. Schivò all’ultimo secondo, quella che realizzò essere una spada. Rotolò con una capriola sul pavimento, in direzione della sua di spada, che lasciava sempre nelle vicinanze e la afferrò appena in tempo per bloccare un secondo fendente. Erano colpi ben assestati, che emanavano intento di uccidere, non solo di ferire. Ma se la potenza c’era, mancavano di velocità.

Nonostante il buio riuscì a parare tutti i colpi sferrati dal misterioso assalitore, che però più attaccava, più si faceva insidioso. Grimmjow nel giro di pochi istanti si ritrovò coinvolto in un combattimento che, per la prima volta dopo anni e anni, si stava veramente godendo con tutto se stesso. Certo, ancora non erano alla pari, ma l’assalitore migliorava sempre di più nel giro di pochi istanti, probabilmente era quel tipo di combattente che tanto più l’avversario è forte tanto più combatte seriamente.

Un sorriso ferino apparve sul volto del Re, ma proprio in quell’istante le porte della stanza si spalancarono.

«Sire!!!»

Le guardie di istanza fuori dalla sua camera avevano evidentemente sentito il rumore delle spade che si incrociavano ed erano accorsi immediatamente, non sapendo minimamente cosa avevano appena interrotto.

La stanza venne subito illuminata e Grimmjow fu finalmente in grado di vedere il suo assalitore.

Le guardie gli tenevano la testa bassa, quindi non poteva vedergli il volto. Ciò che aveva davanti era una massa di irti capelli arancioni, incredibilmente arancioni, ma dopotutto lui, con i suoi capelli azzurri, era l’ultimo che poteva giudicare.

Il ragazzo era qualche centimetro più basso di lui, di corporatura snella, ma allo stesso tempo muscoloso. I vestiti logori facevano capire che era stato in viaggio tutto il giorno, e forse anche di più. Ansimava furiosamente, Grimmjow sapeva che se l’avessero lasciato andare gli si sarebbe scagliato contro nuovamente, anzi forse con ancora più vigore, nonostante la spada gli fosse stata tolta dalle mani. Quel ragazzo voleva ucciderlo e l’avrebbe fatto anche a mani nude.

«Chi sei?» chiese infine Grimmjow, nonostante sapesse già la risposta a quella domanda, ma doveva esserne certo.

Ma anche questo ragazzo non sembrava aver voglia di parlare.

«Allora?» incalzò Grimmjow scrutando il giovane.

«Il tuo sovrano ti ha fatto una domanda!» tuonò una delle guardie che teneva il ragazzo, tirandogli i capelli e forzandolo ad alzare la testa.

Finalmente Grimmjow vide il viso del suo aggressore e si ritrovò a pensare irrazionalmente, che era uno dei più bei volti che avesse mai visto.

Il viso era allungato, il naso era lungo e dritto, con la punta appena all’insù, le labbra, sebbene serrate in una smorfia di dolore e di disprezzo erano rosse e piene, sulle guance aveva delle lentiggini appena accennate. Ma quello che più lo colpì furono gli occhi, di un marrone caldo e intenso. Il ragazzo sosteneva lo sguardo del re senza problemi, anzi, Grimmjow poteva leggere nella sua espressione un esplicito sentimento di sfida, ancora chiaramente presente. Quel ragazzino aveva spirito combattivo da vendere. Si chiese, per un istante, come doveva essere lo sguardo di quel ragazzo, senza quel’espressione glaciale che gli stava rivolgendo. Quegli occhi, senza tutto quel rancore, dovevano essere in grado di trapassarti l’anima.

Non appena si scrollò da questo pensiero assurdo un altro, se possibile ancora più incredibile, gli passò per la testa. Anzi, era più che altro una sensazione. Quel viso gli era familiare.

Grimmjow si chinò appena, il suo volto alla stessa altezza di quella del suo assalitore.

«Ehi ragazzino» disse in un tono di voce più basso e meno autoritario rispetto a quello che aveva usato precedentemente «io e te non ci siamo già visti da qualche parte?»

Per tutta risposta, il ragazzo gli sputò dritto in faccia.

Una delle guardie che lo avevano immobilizzato allora, senza esitare, lo colpì dritto allo stomaco, facendolo accasciare su se stesso, anche se nessun verso di dolore uscì dalla bocca del giovane.

«Sire, lo facciamo giustiziare immediatamente?» chiese un’altra guardia.

«No» rispose Grimmjow pulendosi la faccia con il dorso della mano, mentre sogghignava tra sé e sé «rinchiudetelo nelle segrete del castello. Non nella prigione, mi raccomando. Lo voglio sotto il mio stesso tetto. E sorvegliatelo a vista, giorno e notte, ventiquattrore su ventiquattro. Intesi?»

Le guardie si scambiarono uno sguardo perplesso, evidentemente si aspettavano un ordine di condanna a morte, ma annuirono comunque senza esitazioni.

«Ah, e non alzate un dito su di lui, mi raccomando» il ghigno ferale ricomparve sul suo volto.

«È la mia preda».

   
 
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