Salve a tutti!! Per chi ancora non mi conoscesse, io sono Alice. *si presenta imbarazzata* Ok, probabilmente vivete anche senza sapere il mio nome, ma avevo bisogno di un'introduzione che desse il via alla mia parlantina (?) Scommetto che vi ho già fatto passare la voglia di leggere, vero? *lacrimuccia* Prima che cominci a sclerare seriamente, ci tengo a precisare che i personaggi non mi appartengono (ma è questione di poco perchè ho in progetto una fuga in Corea per rapirli. Ovviamente, quando saranno qui in Italia, organizzerò un party e sarete tutti i benvenuti *lo dice convinta*), e di conseguenza tutto ciò che leggerete è solo il frutto della mia immaginazione da sclerata incallita. Credo di aver già fatto abbastanza la scema, quindi vi lascio alla lettura! Spero possa essere di vostro gradimento! ;) Le recensioni (positive o negative che siano) sono più che ben accette (Nb: sono innocua e non cannibale, non vi succederà niente,xD.) Ok,avevo detto di aver già detto abbastanza scemate, ma è più forte di me. Buona Lettura!! Kisses, Alice...
_Prologo_
Crystal non
amava particolarmente andare a scuola,
ma, come sempre si sentiva ripetere, era l’unico suo dovere e
per questo doveva
rispettarlo. Così frequentava l’ultimo anno,
nonché terzo, delle Scuole
Superiori.
Non era
né la ragazza più popolare
dell’istituto, né
la secchiona di turno. Diciamo che rientrava nella categoria
“normale”, per
così dire, ovvero faceva parte di coloro che non venivano
considerati
minimamente, in quanto privi di doti particolari, che si trattasse di
bellezza
sovraumana o intelligenza fuori dal comune e chi più ne ha
più ne metta.
Ma la cosa non
le dispiaceva affatto, anzi, amava
passare indiscreta tra la folla che si accalcava nei corridoi della
scuola ai
cambi dell’ora o durante l’intervallo.
Crystal era una
ragazza semplice e alla mano, la sua
famiglia aveva origini europee, più precisamente tedesche e
italiane. I capelli
erano castano chiaro e ondulati, con qualche riflesso dorato
all’altezza delle
scapole.
I suoi
lineamenti richiamavano molto quelli
infantili da tanto che erano delicati e rotondi, e, come se non
bastasse, le
lentiggini le ricoprivano il naso all’insù che si
ritrovava, dandole un aspetto
da eterna bambina.
Le labbra
carnose si incurvavano quasi sempre in un
sorriso aperto e gentile, segno inconfutabile della sua
solarità perenne. Anche
i suoi occhi color nocciola ridevano spesso, dando un tocco in
più a
quell’allegria contagiosa di cui era la protagonista.
Anche quel
dannato giorno era andata a scuola, ed in
quel momento stava tornando a casa dopo un’intensa mattinata
dedicata allo
studio.
Si
fermò al semaforo, aspettando che scattasse quel
benedetto verde, dandole così il via libero per proseguire
il tragitto. Quando
ciò avvenne, partì con qualche attimo di ritardo,
e, senza alcun preavviso,
sentì qualcosa urtare la sua ruota posteriore.
Quello che
successe dopo fu praticamente
inevitabile. La ragazza perse la presa sul manubrio e di conseguenza
anche
l’equilibrio, cercò di recuperare il controllo
della bicicletta ma non ottenne
nessun risultato. Senza quasi rendersene conto cadde
sull’asfalto con la bici
addosso.
Un dolore
lancinante si impossessò della sua testa, e,se
avesse avuto il fiato necessario, probabilmente avrebbe gridato con
tutto quello
che aveva in corpo, ma il respiro era diventato irregolare, rendendole
impossibile persino sussurrare.
La vista le si
annebbiò in poco tempo, tutto intorno
a lei cominciò a divenire sempre più sfocato,
fino a rendere tutto buio.
Ora
vedeva solo il nulla e sentiva terribilmente freddo. Ciò
voleva significare
solo una cosa…o stava morendo o stava semplicemente perdendo
i sensi.
Simultaneamente,
il suo tamponatore, una volta
accortosi del danno che aveva appena fatto, inchiodò con la
macchina al semaforo,
provocando una reazione a catena dietro di sé e il suono dei
clacson tutto
intorno.
Fregandosene, scese di fretta dal veicolo, lasciando addirittura la portiera aperta e la chiave inserita, per raggiungere la ragazza che aveva visto cadere a causa sua. Così raggirò velocemente l'auto e la vista che gli si presentò di fronte gli fece raggelare il sangue nelle vene.
Il suo battito
cardiaco
accelerò al ritmo con il suo respiro che si faceva sempre
più corto, mandandolo
nel panico più totale, mentre l’angoscia saliva a
più non posso.
Si
inginocchiò accanto alla ragazza priva di sensi,
spostando la bicicletta dal suo corpo, mentre una folla si stava
formando
intorno a loro.
-“Qualcuno
chiami i soccorsi!” gridò il ragazzo,
prendendosela con i guardoni che se ne stavano lì con le
mani in mano a fissare
la scena.
Vide
più persone afferrare il cellulare e avviare
una chiamata, così tornò a controllare le
condizioni della “vittima”.
Aveva una ferita
non troppo profonda sulla fronte,
dalla quale fuoriusciva ancora del sangue che si accumulava su quello
già
secco. I capelli erano appiccicati al suo volto, così
JunHyung le scostò
qualche ciocca per esaminare meglio i danni.
Non ne capiva
niente di tagli o pronto soccorso, ma
gli sembrava di capire che la situazione non era delle meglio.
Controllò il suo
respiro, per vedere se era ancora viva, e, con suo sollievo, si accorse
che il
suo petto continuava ad innalzarsi ad intervalli abbastanza regolari.
Senza pensare,
si tolse la maglietta che indossava
per cercare di limitare la fuoriuscita del sangue, tamponando
leggermente la
ferita e rimanendo così in canottiera.
Le
afferrò la testa, appoggiandola sulle proprie
gambe, in modo da tenerla un po’ rialzata. Rimase in quella
posizione finché
non arrivarono i soccorsi e…la polizia.
Cristo!
Da quando aveva visto quella ragazza cadere dalla bicicletta, la
preoccupazione
lo aveva investito con tanta velocità da fargli dimenticare
che la colpa era
sua e, probabilmente, sarebbe potuto finire nei guai.
In quel momento
si avvicinarono due uomini con una
barella, pronti a prendere la ragazza. Ma, nello stesso istante, furono
raggiunti anche da due poliziotti che cominciarono subito a fargli
domande
sull’avvenuto.
-“Scusate
non capisco nessuna delle vostre domande.”
ed era vero, era confuso e non riusciva a cogliere il senso delle loro
parole.
“Vi dispiacerebbe seguirmi in ospedale per interrogarmi? Mi
sento in dovere di
andare con quella ragazza.”
I due uomini in
divisa annuirono comprensivi con un
cenno del capo, ma lo guardarono fino a che non salì
definitivamente
sull’ambulanza.
-“Posso
venire anche io?” domandò, prima che i
volontari chiudessero gli sportelli posteriori.
-“E tu
saresti?” chiese a sua volta uno di loro.
-“Sono
il ragazzo che l’ha tamponata e l’ha soccorsa
aspettando il vostro arrivo.” disse.
-“Non
dovresti essere con la polizia?” continuò
l’altro, assumendo un espressione contrariata.
-“Hanno
acconsentito ad interrogarmi in ospedale
affinché potessi accompagnare la ragazza.”
-“D’accordo,
allora sali.”
JunHyung non se
lo fece ripetere due volte e con una
specie di balzo salì sull’ambulanza per poi
sistemarsi in un angolo.
Improvvisamente si ricordò di aver lasciato la macchina in
mezzo alla strada e
si maledisse mentalmente, ma, in quel momento, aveva altri problemi per
la
testa. Forse, ci avrebbe pensato la polizia alla sua auto,
altrimenti…
pazienza.
Lungo tutto il
tragitto non poté fare a meno di
fissare quella ragazza che, tutto sommato, non aveva la più
pallida idea di chi
fosse. Era completamento devastato dal senso di colpa. Se avesse
aspettato un
attimo prima di partire e avesse prestato più attenzione a
chi aveva di fianco
a quest’ora non sarebbe stato lì.
-“Come
sono le sue condizioni?” chiese.
-“Non
troppo gravi, ma nemmeno buone. Ha un taglio abbastanza
profondo sulla fronte, potrebbe aver subito una commozione cerebrale e
temo che
abbia un braccio rotto, per non parlare di qualche contusione
nell’intera parte
destra del corpo, ovvero quella dell’impatto.”
-“Ce
la farà?” domandò ancora, in preda
all’ansia.
-“Ma
certo! Non è sul punto di morte se è questo che
vuole sapere, quindi si tranquillizzi, altrimenti avremo un paziente in
più.”
JunHyung trasse
un sospiro di sollievo, ma era
ancora in pena per quella povera ragazza, così si mise ad
ascoltare ciò che si
stavano dicendo i volontari.
-“Una
volta arrivati in ospedale dovremmo contattare
un suo familiare o qualunque persona a lei vicina per avvertire
dell’incidente.
Potresti guardare se nelle tasche ha un cellulare o un
portafoglio?”
Li
osservò mentre cercavano un oggetto necessario da
cui trarre informazioni sulla ragazza, e notò che trovarono
entrambe le cose da
loro citate.
-“Lei
la conosceva?” si sentì domandare.
Così
alzo il volto per rivolgere la propria
attenzione su colui che gli aveva appena rivolto la parola.
-“No,
è la prima volta che la vedo.” rispose
prontamente.
Nel
suo tono di voce era ben percepibile un velo di tristezza. Non
sopportava
l’idea di aver fatto del male ad una ragazza. Aveva
paura… e si stava lasciando
controllare da essa, sprofondando nel timore più totale.
Inutile
dire che i sensi di colpa lo stavano ancora torturando, costringendolo
a fare
respiri profondi per non cedere ad una crisi di panico.
Fu questione di
un altro paio di minuti e
raggiunsero la loro destinazione. La ragazza fu portata via sotto lo
sguardo
devastato di JunHyung, il quale aspettò pazientemente,
nell’atrio
dell’ospedale, l’arrivo dei poliziotti che lo
avrebbero interrogato.
Quando
quest’ultimi arrivarono, non si persero in
chiacchiere ed andarono subito dritti al dunque.
-“Credo
sia più opportuno se ci segue in sede per
l’interrogatorio.” lo informò quello che
sembrava avere più esperienza sul
campo, vista anche la certa età che dimostrava.
-“D’accordo.”
acconsentì il giovane ragazzo, infilandosi
le mani nelle tasche e seguendo i due uomini fino alla loro macchina.
All’apparenza
poteva facilmente sembrare
strafottente. Ogni cosa in lui pareva richiamare su di sé
quell’etichetta.
Il
suo modo di vestire, con jeans strappati o pantaloni larghi e maglie
appariscenti. Per non parlare degli occhiali da sole che gli coprivano
mezzo
volto, nascondendo i suoi occhi, e che metteva anche quando non vi era
alcun
bisogno, o dei
giacchetti di pelle che
indossava in rare occasioni ma che amava.
La
sua camminata quasi strascicata, ma sicuramente decisa.
Le
posizioni che assumeva ogni qualvolta che si fermava, con le braccia
incrociate
al petto o il peso tutto su una gamba.
L’espressione
sicura di sé e fiera che indossava sempre, e gli dava
un’aria di apparente
superiorità.
Le
sue labbra che, regolarmente, si stendevano in un sorriso malizioso ed
arrogante.
Ma
c’era un elemento che stonava in tutto il contesto
circostante…i suoi occhi. Se
si osservavano bene si poteva notare, senza difficoltà, che
celavano verità
devastanti. Lo si poteva capire dall’intensità
dello sguardo e dalla luce
malinconica che vi viveva quotidianamente.
Mai
avrebbe permesso a qualcuno di vedere la sua debolezza. Mai.
A
suo parere, però, quel giorno aveva vacillato parecchio.
Si
era visto il suo lato più sensibile, si erano percepite le
sue paure e i suoi
timori. Non poteva permettere che ciò accadesse di nuovo, ma
dubitava che
avrebbe resistito a lungo.
Ciononostante
era sempre rispettoso verso il prossimo e, a differenza di come
suggeriva il
suo aspetto, non era mai andato contro alla legge, fino ad ora, o
compiuto atti
illegali. Non aveva nemmeno mai provato a fumare, e non si era mai
ubriacato.
Voleva
solo apparire forte emotivamente, per impedire che gli venisse fatto di
nuovo
del male. Ma, dentro, era solo un ragazzo fragile che cercava forza
nelle cose
materiali.
“L’apparenza
inganna…”
non c’era frase più azzeccata per descriverlo.