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Autore: Lulanz    31/07/2012    0 recensioni
I personaggi - Alia-Veena Elban e Frarn Alas - sono quelli del GdR di Star Wars a cui io e Franz giochiamo. Lei è la figlia del Senatore di Sastria (pianeta inventato da me) e lui è un ex-Padawan. La storia si svolge due anni dopo l'Ordine 66. Keelan è un altro Jedi sopravvissuto all'Ordine e Aneirin la sua compagna, una mercante twi'lek.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'aria mattutina di Sastria era fresca, odorosa di foglie verdi e umidità. Sotto gli alberi alti chilometri aleggiava una nebbiolina appena accennata, che rendeva tutto leggermente sfuocato alla vista. I bambini, comunque, non se ne preoccupavano.

Allineati a una quindicina di metri di distanza da lei, cinque bambini scrutavano Frarn, i cui capelli rossi quasi brillavano in mezzo ai toni verdi e bruni della foresta sastriana. Alia-Veena trattenne un sorriso. La voce del giovane Jedi le giungeva un po' ovattata, mentre questi spiegava, con la calma che lo contraddistingueva e che a volte tanto la irritava, gli esercizi del giorno.

Con un'improvvisa virata di pensieri, Alia-Veena rabbrividì. Quando pensava alle possibili ripercussioni di quanto avevano organizzato su Sastria, non poteva evitare di sentirsi gelare. L'Impero era ovunque e le voci della presenza di Frarn e Keelan non si erano potute reprimere del tutto. Era semplicemente stato impossibile. La loro parte nel salvataggio di Sastria era stata troppo rilevante per nascondere la presenza dei due Jedi. Certo, l'avere un unico spazioporto sul pianeta era un grosso vantaggio nel controllare la fuoriuscita di informazioni... ma non era una certezza. Non c'erano mai certezze.

Calmando i propri pensieri e la propria mente con uno sforzo di volontà, cercò di concentrarsi sulla lezione lei stessa.

«...importanza quello che vedete. I vostri occhi possono essere ingannati, le vostre orecchie possono essere ingannate, così come tutti gli altri sensi... ma non si può ingannare la Forza.» La tranquilla sicurezza della voce tenorile la fece sorridere con amarezza. In tutta onestà, non riusciva a ricordare di aver mai provato una simile calma. Frarn faceva sempre sembrare la cosa molto semplice. Lascia il passato dietro di te. Accetta ciò che è stato, non combatterlo.

Alcune cose, però, dovevano essere combattute. A volte, il passato era una scheggia di cristallo conficcata dove non riuscivi a vederla. Facile, per lui. Non aveva visto ciò che aveva visto lei.

Alia-Veena contemplò il proprio stato d'animo con un misto di rassegnazione e rabbia. Paura, rancore, rimorso, invidia. Possibile che non ci fosse modo di cambiare le cose? Possibile che fosse incatenata dal passato nei soliti comportamenti distruttivi? Eppure erano l'unica cosa che le desse un po' di sollievo. Combattere il dolore con altro dolore, la rabbia con altra rabbia. Un trucco che le aveva fatto passare più situazioni di quante una ragazza di vent'anni avrebbe dovuto. Ma l'aveva tenuta anche in vita. Sospirò.

Davanti a lei, Frarn stava scrutando i bambini, attento. Con calma, come se avesse sempre saputo che lei era lì, si voltò. Alia-Veena incontrò il suo sguardo alzando il mento. Sono sempre qui, pensò. Ti seguo. Ma non mi hai domata, non puoi farlo. Lui sorrise, probabilmente senza immaginare cosa stava pensando, poi si volse nuovamente verso i bambini.

Lui era paziente. Era sempre paziente. La trattava come si trattano gli animali feriti. Voce gentile, mani ferme, la consapevolezza che potrebbero mordere. Alia-Veena sapeva che faceva bene. Lei sapeva mordere. Aveva veleno, come i garref. Sapeva dove mordere, quali nervi toccare, come far male. Ogni tanto lo faceva. Giusto per ricordarglielo. Perché non dimenticasse che lei non apparteneva a nessuno.

«Usi le parole come un bisturi.»

L'aveva detto suo padre, una volta. Lo ricordava bene, lei e Rabe avevano 15 anni all'epoca. Povera piccola Rabe, non capiva quasi mai cosa stesse succedendo. A volte Alia-Veena pensava che la stupidità di sua sorella fosse una benedizione, una gentilezza che il Creatore le aveva fatto, per impedirle di soffrire troppo.

Via anche quel pensiero. I bambini ridevano per qualcosa che lei non aveva sentito e lei non trattenne un sorriso. I bambini le piacevano. Le sarebbe piaciuto averne, ma la sterilità era il suo dolore segreto. Se lo teneva stretto in un angolo del cuore e della mente, avvolgendolo strato dopo strato con la rassegnazione. Facevano così i molluschi, no? Era certa che prima o poi ne sarebbe uscita una perla o... qualcosa di buono. Non ci pensava mai, comunque. Per scelta. Non voleva lasciarselo sfuggire per sbaglio. Specialmente non con Frarn.

Chino in avanti, mani sulle ginocchia, lui stava ascoltando uno dei bambini. La posizione metteva in risalto un posteriore degno di nota che Alia-Veena non disdegnava mai di rimirare. Perché avrebbe dovuto, dopotutto? Mettere Frarn in imbarazzo era uno dei suoi passatempi preferiti. Nonostante fosse piuttosto facile.

Avrebbe dovuto mandarlo via da sé. Lontano. Ferirlo una volta, abbastanza per farlo allontanare, e poi chiudere la faccenda. Lo sapeva. Gli avrebbe fatto male, ovviamente. Ma AliaVeena aveva appreso una lezione difficile. Sapeva che non si muore di dolore. Che per quanto si possa star male, si guarisce, volenti o meno. A volte anche contro la propria stessa volontà. E lui aveva una missione. Uno scopo più grande.

Ma era egoista. Frarn era per lei croce e delizia. La sua vicinanza era dolorosa, sì... La costringeva a guardarsi dentro, ad ammettere cose che non voleva ammettere, ad accettare, ad ammorbidirsi. Era troppo. Stare vicino a Frarn era come avere aghi nei nervi. E allo stesso tempo, per quanto non sembrasse molto sensato nemmeno a lei, le dava sollievo. Allentava la tensione interiore, rilasciava nervi contratti e muscoli tesi. Era come respirare dopo una lunga apnea.

Era terrificante.

Era conscia che la sua vita non fosse stata propriamente normale. Non, almeno, da quel giorno in cui, bambina di sei anni, aveva trovato sua madre impiccata nella propria stanza. E anche dopo, nulla era stato normale. Vernas non era stato normale. L'aveva amato con tutta la forza dei suoi undici anni, in un modo che ora poteva riconoscere come adulto. Sicuramente troppo per la loro età. E Darren, a diciassette anni, che invece non l'aveva amata per niente, mentre lei sì, come una cretina. E poi gli altri, tanti, troppi. Sempre quella disperata necessità di avere qualcosa che non riusciva a trovare. Interezza, felicità, calma... non ricordava neppure lei cosa cercasse esattamente. La cosa davvero spaventosa era che Frarn le dava la sensazione di essere proprio la cosa che aveva cercato tanto a lungo.

E ora che l'aveva a portata di mano... non era davvero sicura di volerla. Richiedeva troppo.

La risata di Frarn rimescolò quei pensieri, mentre lui aiutava una bambina a rimettersi in piedi. Un ciuffo rosso era praticamente dritto al centro della testa, un'antenna color rame che i bambini stavano indicando. Frarn cercò di lisciarlo un paio di volte, poi sbuffò, rinunciando.

Alia-Veena si appoggiò alla corteccia dell'albero alle proprie spalle. Aveva sempre accettato senza opporre resistenza le contraddizioni della propria vita. Desiderare allo stesso tempo solitudine e presenza non le era mai sembrato così assurdo, tutto sommato. Sapeva bene di essere una persona danneggiata. Anche Keelan lo era, l'aveva riconosciuto subito. Ed Aneirin. Per quanto le fosse affezionata, sapeva riconoscere i danni. Tutti loro erano danneggiati, tre anime frammentate che andavano alla deriva. E in mezzo a loro, con quella sua specie di... purezza da cucciolo di ferf... Frarn. Tranquillo e sereno nella sua integrità interiore. Come facesse era una specie di mistero per tutti loro. Specialmente per lei, per la verità. La semplice presenza di lui richiedeva di accettare una verità: che non esistessero ferite permanenti. Che non esistessero cicatrici incancellabili. Tutto ciò che Alia-Veena sapeva era che c'erano ferite incurabili, che sanguinavano per anni. E lui le richiedeva, con il suo semplice esserci, di cancellare questa consapevolezza. E per questo, lei...

«Alia?» La voce interruppe bruscamente i suoi pensieri. Chino di fronte a lei, Frarn sorrideva, interrogativo. «Che fai qui?» Ignorando la sua mano tesa, Alia si alzò, spolverando con le mani il retro dei pantaloni.

«Che c'è, non posso vedere la scuola che io finanzio?» rispose, inarcando le sopracciglia.

«No, non volevo dire questo!», rispose lui, scuotendo il capo. «Ero solo... sorpreso, ecco.» Alia-Veena fece spallucce, cercando di calmare il vortice emotivo che le cadeva addosso ogni volta che erano vicini. Rancore, amore, rabbia, gioia, paura. Tutti assieme, come un fantastico sandwich stratificato di emozioni. Lui la stava scrutando, le sopracciglia leggermente aggrottate, gli occhi verdi fissi su di lei. Stava riflettendo. Era meglio che si sbrigasse a trovare una valida risposta.

«Sai», fece quindi sottovoce, posando una mano sul suo petto e lasciandola scivolare verso il basso in un modo decisamente ambiguo, «c'è un posticino piuttosto comodo qui nei dintorni e mi chiedevo se... ti andasse di visitarlo.» I bambini si stavano allontanando, salutandolo a voce alta. Frarn si schiarì la voce, i pensieri evidentemente rimandati, se non cancellati, e si voltò, salutandoli a sua volta. «...allora?» Frarn deglutì.

«Credo che... sì. Mi piacerebbe molto, sì.» Alia-Veena sorrise, con una punta di amarezza. Non era colpa sua, era lei particolarmente brava a distrarlo. Ne era conscia. Con una miriade di cose diverse che avrebbe voluto dirgli incastrate nella gola, lo prese per mano.

«Andiamo, allora.»

  
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