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Autore: Luz_98    01/08/2012    0 recensioni
piccola storiella d'amore inventata da me.
concerto dei Tokio Hotel, serata normalissima, o almeno così credevo fini a quando Tom non mi ha fatto chiamare per andare nel suo camerino. è successo tutto in così poco tempo che non riesco neanche a spiegarlo.
Tra amori, gelosie, matrimoni e cambiamenti, una storiella romantica, ma comica... preparatevi a leggerla!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi qua, ancora a pensare a lui … sono ormai quattro mesi che sono fan dei famosissimi Tokio Hotel. Mi chiamo Valentina e ho tredici anni, io sono una delle tante, una fan innamorata persa di lui, sì, di Tom Kaulitz. Lui è il sogno impossibile di molte ragazze. Comunque, ritorniamo a noi … era una fresca sera di Giugno, quando mi ritrovai a pensare a quella sera, quella magnifica serata con il Sexgott. Ero lì, davanti all’Allianz Forum di Assago, stavo aspettando l’apertura dei cancelli. Ormai mancavano solo tre ore all’inizio del concerto dei Tokio Hotel e speravo di prendere i posti migliori. I miei genitori erano lì al mio fianco e loro non erano al corrente di tutto quello che faceva Tom dopo i concerti. Quando aprirono i cancelli, si scatenò l’inferno e io riuscii a prendere i posti sotto al palco. Il concerto fu strepitoso e, alla fine, Saki si avvicinò a me e mi disse:”Signorina, Tom mi ha detto che l’aspetta nel camerino”. Io rimasi ferma e in silenzio e mia madre mi disse:”Dai Vale, vai! Non preoccuparti!”. Io seguii il bodyguard che mi condusse fino al camerino del Sexgott e Lui mi aprì la porta. Entrai titubante e mi invitò a sedermi davanti a lui. Ero terrorizzata, sapevo cosa cercava dalle ragazze. Dopo dieci interminabili minuti di silenzio mi disse:”Ehi, ciao! Bhe … di certo sai chi sono e perderei solo del tempo se mi presentassi, hehe!”. Io non sapevo cosa rispondere, d’altronde oltre all’emozione di trovarmi davanti a lui c’era la paura, paura che volesse farmi sua. Poi mi decisi a parlare:”Ehm … ciao … sono Valentina e ho tredici anni …”. Tom rimase di sasso appena dissi la mia età. Mi rispose:”Sei piccolina, stai tranquilla, non ti farò niente. Non ho mai toccato una ragazzina della tua età e so che hai paura”. Era strano, mi sentivo più a mio agio dopo quello che mi aveva detto. Gli sorrisi imbarazzata e gli dissi:”Grazie, mi hai fatto passare la paura … sai, non è da tutti i giorni trovarsi in un camerino insieme al Sexgott più famoso della Germania!”. Tom si avvicinò a me, mi prese le mani e mi sussurrò.”Lo so, ma se dovessi stare con te, tu non saresti una delle tante. Sei carina e dolce. Sei in buone mani (anche se non sono moooolto sicura xD!). Avvicinati, non ti succederà niente”. Mi sorrise e io mi avvicinai a lui. Non credevo molto alle sue parole, ma nei suoi occhi vedevo che era innocente. Avevo ancora un po’ di paura, lui era più grande di me, aveva ventidue anni, mentre io ne avevo solo tredici. Lo amavo, ma lui non ricambiava questo sentimento. I nostri visi si trovavano a pochi centimetri l’uno dall’altro quando Tom appoggiò le sue labbra sulle mie. Dopo qualche secondo si staccò e mi chiese:”Come mai non mi hai fermato??” io gli risposi:”Non volevo, volevo toccare le tue labbra e sentire il tuo piercing. Io ti sogno ogni notte, sogno di essere tua anche se sono terrorizzata dall’idea … non so se tu puoi capirmi dato che le ragazze le prendi solo per una notte (-.-“)!”. Lui rimase a bocca aperta a quelle parole e io aggiunsi.”Baciami!”. Tom non ci pensò su due volte, si avvicinò sempre di più fino a farmi sentire il suo respiro e, ad un tratto, le sue labbra erano sulle mie. Vedendo che non opponevo resistenza trasformò quel semplice bacio a stampo in un bacio passionale. Eravamo lì, da soli in quel camerino. Poteva succedere di tutto quella notte quando, sul più bello, entrò Saki seguito dai miei genitori. Quando Tom se ne accorse si assunse le colpe. Mi prese tra le sue braccia muscolose e disse:”è stata colpa mia, lei non centra assolutamente niente! Non volevo, ma è successo.”. I miei rimasero immobili e non trovarono risposta a delle parole così dolci appena uscite dalla bocca del Sexgott tanto che io mi voltai e gli sussurrai in un orecchio:”Sei cambiato così in fretta, che ti è successo??” lui mi rispose in un modo dolce, quasi fosse il mio fidanzato:”Tu mi hai cambiato, non sono mai stato nel mio camerino con una ragazzina come te. Non voglio farti niente perché so che i tuoi si arrabbierebbero con te. Ora lascia fare a me, è stata solo colpa mia!”. Mi fecero uscire dalla stanza e dopo un quarto d’ora mio padre uscì e mi disse:”Sembra un bravo ragazzo, ha detto che vuole passare una notte con il gruppo e con te, ci vediamo domani, OK??”. Io non sapevo cosa rispondere e quindi emisi un gridolino soffocato dall’entusiasmo. Quando se ne furono andati Tom mi tirò a se e mi disse:”Non farò niente che tu non voglia fare.”. Mentre stavamo ritornando in albergo Georg bisbigliò qualcosa al Sexgott, ma io non riuscii a capire niente. Bill si avvicinò a me e mi disse:”Stai attenta a mio fratello, potrebbe ingannarti molto facilmente! Lui è il Sexgott di fama internazionale e non può perdere la sua reputazione per una ragazzina come te.”. Quelle parole mi fecero pensare e quando arrivammo nella camera (che casualità era proprio la 483!) io mi sedetti sul letto e iniziai a piangere senza motivo. Tom si avvicinò a me, mi abbracciò dolcemente e mi disse:”Ehi, cosa c’è?? È stato Bill, vero??” Io lo guardai e in silenzio annuii. Tom mi disse:”Calmati ora, mettiti pure comoda, io dormirò sul divanetto”. Lo guardai, sorrisi e gli dissi.”Non mi da fastidio che tu dorma insieme a me, l’importante è che tu tenga le mani a posto.”. Accettò queste condizioni ridendo e io mi addormentai fra le sue braccia. Era tutto così strano … mi sembrava di essere in un sogno! Verso le due di notte mi alzai e notai che mi stava guardando e mi stava accarezzando. Incuriosita gli chiesi:”Tom, come mai non dormi??” lui mi rispose:”Mi sono svegliato di soprassalto, avevo sentito dei rumori e quindi sono venuto più vicino a te. Se però vuoi stare da sola mi sposto ^.^!”. Era molto dolce, in fondo era un bravo ragazzo. Con tutta la tranquillità del mondo gli dissi:”No, per favore, non lasciarmi!”. Mi girai e gli diedi un bacio. Lui ricambiò il gesto e mi fece sdraiare. Non so il perché ma lui era in boxer e io indossavo la sua maglietta XXL! Poi si staccò e iniziò a baciarmi il collo. Io lo guardai preoccupata, non volevo andare oltre. Mi vide e capì che non volevo. Quindi si sedette al mio fianco e mi abbracciò calorosamente. Il giorno seguente ricevetti un SMS, era mia madre che diceva che per motivi di lavoro non sarebbero potuti venire a prendermi. Alla sera andammo ad una festa e Tom bevve troppo. Il tasso di alchool ingerito era superiore al solito. Non si reggeva in piedi e io lo dovetti accompagnare fino in camera. Iniziò a delirare e a dire cose senza senso. Lo feci sdraiare sul letto, feci per andare in bagno, ma lui mi tirò a se e iniziò a baciarmi. La paura era ritornata, forse non se n’era mai andata. Dopo qualche minuto si riprese e mi abbracciò dicendo:”Stai calma, non ti succederà niente, perché non voglio che succeda niente. Lo so, sono ubriaco, ma ho la mente fresca!”. Mi misi a ridere e ci addormentammo entrambi abbracciati. No, non poteva essere lui! Di solito tratta le ragazze come degli oggetti! Strano che per due notti di seguito non c’era neanche una groupie di turno! Il giorno seguente Tom non voleva alzarsi dal letto, gli faceva male la testa, quindi pensai di lasciarlo dormire ancora un po’ e decisi di andare in bagno. In pochi secondi mi resi conto che la porta era rotta, e si poteva aprire solo dall’esterno, così decisi di non chiudermi dentro. Mi spogliai e entrai nel box doccia. Dopo una mezz’oretta uscì e mi trovai di fronte al Sexgott, che fece il “banalissimo” errore di chiudere la porta. Volevo urlargli dietro, ma qualcosa mi disse di non farlo. Presi subito un asciugamano e mi coprii. Mi fissava con la bocca spalancata e gli dissi ridendo:”Che c’è?? Non hai mai visto una ragazza che si fa la doccia??”. Mi sorrise e fece un passo verso di me leccandosi quel maledetto piercing che aveva al labbro. Io d’istinto indietreggiai solo che mi ritrovai con le spalle al muro. Ero in una bruttissima situazione. Non mi piaceva per niente il modo in cui mi guardava. Si avvicinò ancora di più e le lacrime iniziarono a uscire. Volevo essere con lui, ma non in quel momento. Avrei tanto desiderato di non essere la prescelta dopo quel maledetto concerto. Era così dolce con me, ma certo, era solo una trappola per farmi sua, potevo arrivarci da sola! Eravamo a pochi centimetri l’uno dall’altro, lui si girò, mi abbracciò e si mise a piangere. Lo abbracciai più forte e non mi accorsi che l’asciugamano era finito per terra. Quando me ne accorsi diventai bordeaux tanto che lui si scusò e mi aiutò a rimettermi a posto. Mi guardò negli occhi e mi disse:”Scusami tanto se sono entrato in bagno e se ho chiuso la porta, mi ero dimenticato che fosse rotta! Scusami se ti ho messo a disagio, di solito le ragazze con cui sto sono più grandi di te e sono pronte a tutto.” Era diventato rosso per la vergogna. Lo abbracciai e gli dissi che poteva stare tranquillo. Mi disse che non c’erano concerti e quindi saremmo dovuti restare in hotel tutto il giorno. Durante la mattinata parlammo e lui mi diede gli spartiti di Zoom into me (canzone che tra l’altro adoravo!). Nel pomeriggio venne giù il diluvio universale e cantammo insieme Monsoon mentre Bill metteva il broncio e faceva finta di non ascoltarci. Avevamo mangiato troppo a mezzogiorno così decidemmo di non cenare. Ero lì fra le sue braccia quando andò in bagno e tornò con addosso solo un paio di boxer. Lo guardai a bocca aperta. Era un dio greco in persona. Questo era certo, faceva caldo. Dopo un po’ mi tolse la maglietta, lo guardai sconcertata e lui iniziò a baciarmi il collo. Era così bello e la sua pelle era calda. Ero rigida, non riuscivo a lasciarmi andare. Si avvicinò al mio orecchio e mi disse:”Tranquilla piccola, non farò niente che tu non voglia. Stai calma, dai rilassati, non ti farei mai del male.” Annuii e mi lasciai andare sotto di lui. Volevo toglierlo da sopra di me, ma avevo paura che si potesse ribellare, quindi lo lasciai fare. Sentii un brivido lungo la schiena. Ero di nuovo immobile, anche perché non potevo muovermi. Non ce la facevo più, non volevo. Sapevo benissimo cosa cercava. Ad un certo punto si fermò e mi disse:”Qualcosa che non va piccola?? Dimmelo, se vuoi che mi fermi la smetto!” Non risposi, volevo che continuasse a baciarmi, ma non volevo che andasse oltre. Sentivo il cuore a mille, poi quando mi slacciò la cintura non capii più niente. Ero semplicemente terrorizzata. Non poteva essere, Bill aveva ragione, io sono solo una delle tante. Lo lasciai fare, tanto che senso aveva fermarlo?? Prima o poi mi avrebbe fatta sua, o sbaglio?? Quando si accorse di quel che stava facendo si fermò, mi abbracciò e mi chiese:”Va tutto bene?? Sei tesissima. Calmati, non volevo metterti ansia o fretta, la smetto subito.” Era dolcissimo, dopo dieci abbondanti minuti che eravamo abbracciati si leccò il piercing maliziosamente e si accorse che era eccitato. Mi scappò una risatina e lui iniziò a farmi il solletico. Tutta la tensione era scomparsa, ora eravamo lì che giocavamo beatamente. Giocando, per sbaglio gli tirai un calcio e lui rimase a terra. Mi scusai e gli chiesi cosa potessi fare. Mi disse di andare a prendere del ghiaccio. Andai a prenderlo e mi rifugiai in bagno chiudendo la porta! Me n’ero dimenticata! E ora come uscivo da lì?? Potevo chiamare Tom, l’unico problema era che era disteso a terra. Quindi presi il cellulare dalla tasca e chiamai David, il produttore dei Tokio Hotel. Venne lì di corsa, mi tirò fuori dal bagno e gli spiegammo cos’era successo. Quando Dada se ne andò io e il signor Kaulitz ci guardammo in faccia e iniziammo a ridere. Dopo pochi secondi iniziò a rincorrermi per tutta la stanza e guarda caso finimmo in bagno. Fatto sta che mi spiaccicò sopra la porta e quest’ultima si chiuse dietro di noi. Ci guardammo e dicemmo in coro un no che ci sentirono pure quelli dell’ultimo piano. Cinque minuti insieme nel bagno, mi squillò il cellulare, era mia madre. Guardai l’orologio ed erano solo le nove di sera. Volevano fare una videochiamata, il computer era in bagno (non so spiegarmi il perché), però non era il caso che vedessero Tom in quella condizione. Fortunatamente in bagno c’erano ancora i suoi vestiti, si rivestì e io accesi il portatile. Facemmo la video chat e gli raccontai tutto (o quasi) quello che stavo facendo in quei giorni. Il Sexgott si mise a ridere e mi baciò non curandosi del fatto che la webcam fosse ancora accesa e che i miei genitori potevano vederci.
  
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