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Autore: Il Cavaliere Nero    01/08/2012    3 recensioni
'L'amore è una calamita che entra in azione quando il tuo esterno è la copia dell'interno di un'altra persona. Solo incastrandoti con lei ti sentirai completo.'
Clarissa e Roberto: l'amore è questione di chimica o desiderio di ricongiungersi alla metà della nostra anima ospitata nel corpo d'un altro?
Estratto dal prologo:
"Era solo questo, il motivo per cui c’ero andato a letto: lei era indubbiamente una ragazza molto bella, m’aveva attratto ed io m’ero voluto distrarre.
Mi presi del gioco di quel termine: ‘Distrarre, dal latino devertere, cioè allontanare, deviare.’
Che cosa mi suggeriva la mia mente? Che avevo voluto allontanare la riflessione? Deviare l’attenzione da ciò che mi preoccupava?
Sciocchezze, avevo solamente voluto divertirmi un po’.
‘Già, divertirmi.’ Mi consolai, eppure non potei non ricordare che, nell’opinione di Pascal, il divertissement era, letteralmente, l’atto del devertere: la volontà inconscia d’allontanarsi dalla paura, di distrarsi dal mondo, estraniarsi dai problemi."
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Blu di mare in tempesta


Piccola nota prima di iniziare la lettura: il paragrafo in grassetto e corsivo indica un flashback.


“Nel week-end il ripasso potrebbe essere possibile…” ipotizzò Clarissa, rimuginando sugli argomenti che sarebbero stati oggetto d’esame.
La lezione era appena terminata, e tutti gli studenti universitari s’apprestavano ad uscire dall’aula: tuttavia la giovane dai capelli ricci raccolti in una sportiva coda di cavallo rimaneva seduta, cercando di riordinare gli appunti appena presi.
“Io devo riuscirci in un solo giorno! Domenica pomeriggio ho le prove di teatro…” rispose Pamela, prima ad essersi alzata in piedi ma ancora ferma al fianco dell’amica.
“Io non capisco ancora perché tu voglia seguire questo corso…” le lanciò un’occhiata mentre inseriva tutti i fogli in un raccoglitore viola. “Non ha nulla a che vedere con i tuoi interessi…”
“Ma tra i Maestri del Sospetto* è annoverato anche Freud! Lo sai che mi piace!” esclamò Pamela, infiammandosi subito: quello era il loro punto debole sin dai tempi del liceo.
Le due ragazze erano state di compagne di scuola e, sebbene molto diverse sia caratterialmente che fisicamente, avevano stretto subito amicizia: scelta la stessa università, avevano cercato di mantenere vivo il rapporto, uscendo insieme quando potevano; i loro interessi però spesso divergevano e nella filosofia non erano mai d’accordo.
“Tu hai reminiscenze del liceo…Freud …” iniziò Clarissa, ma fu interrotta subito dalla giovane dai capelli castani:
“Lo so che a te non piace, e da anni. Però la sua analisi dell’inconscio…non è affascinante?”
“Freud riduce tutto al sesso. E quel poco che dice di interessante, l’ha ripreso dai filosofi greci…” provò a sostenere, incerta se proseguire o no con la sua argomentazione: temeva che Pamela si offendesse.
“Mah…a te piace Platone, quindi è naturale che lo rivedi un po’ dappertutto…” aveva la lingua lunga, Pamela “…ma secondo me lui l’ha revisionato. E poi secondo me ha ragione a credere che il sesso sia importante…insomma, quando vedi un uomo cos’è la prima cosa a cui pensi? Io mi chiedo come sia…in una relazione…”
Clarissa scoppiò a ridere: “Lo so, tu non sei cambiata affatto da allora.”
Ed ignorò la replica dell’amica: “Anche gli uomini, sono certa che pensino a quello quando vedono una donna per la prima volta…” per scherzare:
“ E scommetto…” Aveva finalmente finito di sistemare gli appunti, quindi li depositò in una larga borsa verde scuro e se la mise su una spalla. Dopo aver raggiunto la stessa altezza dell’amica, la punzecchiò: “…che quando pensi a Freud, pensi al teatro…”
“Certo. Freud ha analizzato interessanti meccanismi dell’inconscio, che sono poi stati studiati e riproposti in molti spettacoli…” ma sulle sue labbra spuntava un sorriso malizioso.
“Mi correggo: intendevo dire che pensi agli attori di teatro…” insinuò Clarissa, consapevole che l’amica aveva un debole per le chiacchiere futili e disinteressate. Dopo un po’, parlare di filosofia, o di letteratura, la annoiava, nonostante fosse perfettamente capace di sostenere –ma pochi minuti, e per citazioni- una discussione di quel genere.
Pamela sospirò: “Perché mi ci fai pensare? Lo sai che mi piace tantissimo…L’altro giorno sono arrivata in ritardo, lui stava già provando alcune scene. Nel frattempo, i ragazzi delle quinte provavano le luci…lui era lì, sotto il riflettore…era bellissimo, Clarissa, credimi!!”
“E’ per questo che non ci pensi nemmeno a saltare per una volta le prove, e studiare in vista dell’esame, domenica…”
“Oh, se lo possono scordare! Io devo anche vivere! No, le prove non le salto…io adoro il teatro!”
Era vero, dopotutto. Pamela aveva sempre avuto quella passione, anche al liceo aveva frequentato un corso e se la cavava discretamente.
Al contrario a Clarissa non piaceva più di tanto, o meglio: non le piaceva recitare, in quanto provava disagio soltanto all’idea di affrontare un lungo monologo, sotto una luce fortissima, di fronte a una platea. Ma i concetti e le idee degli autori, quelli sì che li trovava interessanti: per questa ragione, e poiché nutriva forti sentimenti per Pamela, non era mai stata assente alle sue prime.
Non era mai stata assente a nessun suo spettacolo, in realtà.
Continuando a chiacchierare, erano giunte al bar dell’università, come di consueto: anche quando non frequentavano lo stesso corso d’esame, si incontravano lì ad ogni pausa o momento vuoto e spesso facevano colazione insieme. Presero posto al loro solito tavolo, accanto all’enorme porta a vetri che dava sull’esterno.
“Non c’è nessun altro di carino che abbia attirato la tua attenzione?” le domandò Clarissa, dopo aver fatto cenno al ragazzo dietro al bancone che entrambe prendevano il solito.
Pamela sbuffò: “Lo so che ti sta antipatico. Ma è in assoluto il più sexy lì dentro! Se lo vedessi…anche se, probabilmente, non saresti oggettiva.”
Aveva ragione, in effetti; sia da lei che altre ragazze aveva sentito parlare di questo fantomatico attore, ed il giudizio era univoco: occhi profondi del mare in tempesta, capelli d’oro fulgido, fisico scolpito nel marmo e attitudine dell’ape in cerca del polline. Qualunque fiore gli andava bene: quel tipo, per quanto bello, era un dongiovanni da strapazzo che con le donne voleva solo divertirsi, una storia seria non gli interessava, anzi lo ripugnava.
Una ragazza particolarmente pettegola, Giulia, le aveva rivelato un giorno che raramente quell’adone usciva due volte con la stessa donna: una volta ottenuto quello che voleva, continuava in altri ambienti la sua indagine di mercato.
La risposta di Pamela, quando Clarissa gliel’aveva riferito, era stata: “Beh, perché cambiare l’olio ad una macchina a noleggio?” e poi era scoppiata a ridere “Cerca di capirmi, lui mi piace, non è una cosa razionale…ho sentito dire anche io, e da diverse ragazze, che è un tipo piuttosto libertino…ma l’attrazione non si controlla, no?”
Poteva darsi; ma Clarissa riteneva necessario mantenere in qualunque situazione un pizzico di ragione. Le sbandate, in amore o nel lavoro, erano pericolose: perché volersi cacciare nei guai con le proprie mani?
Comunque, non si preoccupava più di tanto: Pamela non si era mai innamorata, le sue erano sempre cotte passeggere, dettate più dall’aspetto fisico che dal carattere. Forse, uscire soltanto una volta con lui e ricevere il trattamento completo per poi dirgli addio, non le sarebbe neppure dispiaciuto. Ma visto che già da alcune settimane i due si erano conosciuti e lui non aveva provato mai ad avvicinarsi, Clarissa sospettava che non fosse il suo ideale di preda: Pamela era una ragazza normale, come lei del resto. Occhi chiari, capelli castani corti –li avevi sempre invidiati! Non le piacevano le sue ribelli ciocche rosse-, solo un paio di chili di troppo che potevano essere nascosti facilmente da una camicia un po’ larga, che infatti indossava spesso.
Il cameriere portò loro le ordinazioni, poi dovette affrettarsi a rispondere al cenno di altri clienti:
“Un succo d’albicocca e un caffè, arrivano!” sentenziò, sgusciando via dopo aver poggiato lo scontrino sul tavolo.
“Lo dovresti vedere…” proseguì lei “Perché non vieni alle prove…?”
“Questa domenica debbo studiare. E poi non ci tengo a vederlo…” bevve un sorso di succo di frutta “Al limite, se ci tieni, verrò a vedere te!” sentenziò, ma la ragazza non rispose.
“Dai, non ti offendere! Prometto che martedì vengo, sei contenta?”
Tanto avrebbe dato l’esame lunedì mattina.
“Non credo sarà più necessario…” le confidò, un sorriso che le illuminava il volto “Senza farti notare, voltati. Lì: davanti al bancone, vicino al ragazzo con il pizzetto…è lui, è Patrizio!!”

§§§

“Sei in ritardo, come al solito!” sbuffò Roberto, andando incontro al suo amico. “Non dirmi che hai perso tempo a…”
Ma Patrizio lo interruppe: “Oh, finiscila! Tanto le prove sono state rimandate a domenica, cosa ci incontriamo a fare?”
“Beh, visto che ci siamo prendiamoci un caffè. Ti pare?”
Patrizio e Roberto erano buoni amici: il primo si occupava delle musiche e delle luci dietro le quinte, il secondo recitava invece sopra il palcoscenico. Si erano conosciuti in quell’ambiente da pochi mesi, ma avevano legato subito: uscivano insieme a caccia di ragazze, con la differenza che Patrizio voleva solo divertirsi per un paio d’ore, mentre Roberto non si sarebbe tirato indietro di fronte all’opportunità di una storia seria, se avesse incontrato la ragazze giusta; certo, tuttavia, non avrebbe disprezzato neppure qualche ora di diletto, se fosse capitata l’occasione. Solitamente, tuttavia, si limitava ad aiutare il suo amico a far conquiste: Patrizio amava definirlo come la sua spalla.
“Ed io dovrei andare in giro con te? Perché non ti tagli quella ridicola barba? Sembri un poveraccio.” Lo canzonò, iniziando però a incamminarsi verso il bar dell’università.
“E’ un pizzetto, e mi piace.” Sentenziò Roberto, sbuffando: una ciocca di capelli neri gli ricadde sopra l’occhio destro.
“Quando la smetterai di…” ma, per la seconda volta, il biondo non lo fece finire: “Ci credo che non trovi una donna.”
Sentenziò, varcando la soglia del locale per poi raggiungere il bancone ed appoggiarvi un braccio. Si guardò intorno, facendo cenno al cameriere: “Un succo d’albicocca e un caffè, per favore!”
“Piantala. Sei tu che ne trovi troppe! Guarda là, ad esempio: la ragazza alle tue spalle già ti fissa…”
“Ah, sì?” Patrizio non si voltò neppure, ma un sorriso sicuro si dipinse sul suo volto “Descrivimela.”
“E’ carina…ha i capelli rossi, legati in una coda di cavallo alta…e, mh…mi sembra abbia un bel fisico…”
Patrizio s’abbandonò ad una risatina: “Sembrerebbe più il tuo tipo, Bobbo…”
Si passò una mano fra i capelli scrutando fugacemente il suo stesso volto riflesso sul bancone, poi si voltò repentino, incrociando lo sguardo di quella ragazza.
-Occhi nocciola…- notò, compiacendosi del sussulto che la giovane aveva avuto quando era stata colta a fissarlo.
“Patrizio, ciao!” si sentì chiamare ad alta voce, quindi rivolse l’attenzione alla ragazza che era seduta accanto a lei.
“Oh, Pamela.” La riconobbe, ricambiando con un occhietto il suo cenno di saluto.
“Hai visto?” sussurrò la ragazza a Clarissa, senza farsi sentire dai due amici: “Si ricorda come mi chiamo!” squittì.
“Evviva…” le rispose lei, con tono piatto ed ironico.
In un batter d’occhio s’era accostato alle due giovani e Roberto l’aveva seguito. Salutò anche lui la giovane sedicente attrice con gentilezza, riservando poi un sorriso alla rossa.
“Lei è Clarissa, una mia amica. Clarissa, ti presento Patrizio e Roberto.”
“Ciao, Clarissa!” la salutò Roberto, stringendole la mano “E’ un piacere.”
“Il piacere è mio!” rispose lei cordiale. Pamela non gliene aveva mai parlato, ma sembrava simpatico: gli occhi scuri comunicavano gioia, ed il sorriso gentile senso d’equilibrio.
“Patrizio.” Le sorrise l’altro, imitando i gesti dell’amico, ma lanciando un’occhiata alle sue gambe ed al suo seno.
“Clarissa.” Replicò, scrutandolo.
-Il famoso Patrizio…-pensò, esaminandolo da capo a piedi mentre ancora tratteneva la sua mano: pantaloni eleganti e neri, camicia scura leggermente sbottonata, capelli biondi volutamente scompigliati tra le cui ciocche era possibile scorgere di tanto in tanto qualche riflesso castano chiaro.
Indubbiamente, un bel tipo.
Clarissa lanciò uno sguardo a Pamela che, esaltata, domandava:
“Vi fermate un po’ con noi?”


§§§


-Ma guarda che mi tocca fare…- si lamentò mentalmente, aggiustandosi i capelli attraverso il riflesso nello specchietto retrovisore della sua automobile.
Patrizio aveva insistito per offrire loro la colazione dopo aver chiacchierato insieme per circa una mezz’ora, prevalentemente del teatro.
“Per ringraziarvi della compagnia!” si era giustificato.
L’aveva rivisto il martedì seguente, quando era andata, come promesso, ad assistere alle prove: lì aveva trovato anche Roberto. Le aveva spiegato come mixare una canzone e quali angolazioni fossero le migliori per riflettere la luce in modo da esaltare il personaggio sulla scena e lei aveva appreso subito i trucchi, curiosa e brillante d’attenzione.
L’esame era andato, come di consueto, bene: il professore non aveva esitato a segnare trenta sul suo libretto, complimentandosi con lei per il percorso sino ad allora svolto; Pamela non poteva dirsi altrettanto meritevole, il suo voto era stato venticinque. Ma i giorni seguenti era stata sempre impegnata in teatro, a causa di alcuni problemi di scenografia, e quindi era comunque soddisfatta: Freud l’aveva studiato ed ogni giorno vedeva Patrizio. Erano stati però quegli stessi problemi di scenografia a condurre Clarissa lì, una settimana dopo.
Scese dalla macchina, correndo verso l’entrata del teatro con una borsetta a farle da un ombrello sotto la pioggia scrosciante di quel giorno: immediatamente venne investita da un odore forte di colori a tempera, e un caldo che le fece rimpiangere d’aver indossato un montgomery tanto pesante.
“Cla!” la salutò Giulia, andandole incontro “Grazie per essere venuta!” sorrise, prendendola per mano e conducendola tra i primi posti della platea.
Era una giovane simpatica, anche se non troppo riservata: l’aveva conosciuta durante una festa a casa di Pamela. Era lei, solitamente, a rivelarle i pettegoli più scottanti sul biondo.
“Figurati, il prossimo esame è ancora lontano, e con questa pioggia sarei rimasta in casa a poltrire…” le assicurò, sorridendole. “Pamela?”
“Sta provando l’ultima scena!” le indicò la castana sul palco, la maglia bianca larga che le lasciava nuda una spalla eburnea.
“E’ una fortuna che tu abbia deciso d’aiutarci. Siamo pochissimi, è un periodaccio: tutti a casa a recuperare pagine e pagine di libri mai aperti, per ridare esami che hanno fallito in pieno. E con questa scusa, della scenografia non si occupa nessuno.” Le confidò la castana attraente, guardandosi intorno.
Clarissa non tardò a capire che cercava Patrizio: era andata a letto con lui, una volta, glielo aveva confidato lei stessa. E le aveva anche detto che non se la cavava affatto male, che era straordinariamente passionale.
“Però io non credo d’essere in grado di assistervi i in questo. L’avevo già detto anche a Pamela, io posso aiutarvi a mettere in ordine o cercare e riunire tutti i pezzi, poi ad assemblare è meglio che ci pensiate voi. Non vorrei vi crollasse addosso tutto ancor prima di cominciare a recitare!” ammiccò, quando una voce alle sue spalle la raggiunse:
“La scenografia non è solo questo. Puoi anche aiutarci con le musiche da scegliere, le posizioni da segnare, i momenti in cui porre le pause…siamo praticamente a zero, Clarissa.”
Si voltò per ritrovarsi faccia a faccia con Roberto: attraverso il pizzetto, scorse che le sorrideva felice.
“E non potremmo mai ringraziarti abbastanza per essere venuta fin qui ad aiutarci, senza essere neppure parte del gruppo.” Lei sorrise di rimando, ma lui si incupì: “Non…non…” s’affrettò ad aggiungere “…Che tu non sia parte del nostro gruppo, tu sei la benvenuta, non sei un’estranea! Nel senso che…non sei iscritta, non reciti…”
La rossa ridacchiò, avvicinandosi a lui:
“Quel che è detto, è detto!” Si finse offesa un momento, per poi scoppiare a ridere: “Figurati! Ho capito cosa intendevi!”
“Peccato…” aggiunse lui, incrociando le braccia “Volevo offrirti una birra per scusarmi della gaffe…”
“Cla!” le posò una mano sulla spalla Pamela, interrompendo quel colloquio “Eccoti!”
Non le diede neppure il tempo di contraccambiare il saluto, che l’afferrò per il polso, tirandola verso le quinte “ Mi servi un attimo!”
“E-ehy!” si dimenò lei, ma senza risultato; in un breve frangente si ritrovò in bagno, con l’amica che le chiedeva di riagganciarle il gancetto del reggiseno.
“Si è slacciato mentre provavo! Pensa se Patrizio se ne fosse accorto, che vergogna!”
“Ti sembra il modo?” ignorò l’affermazione, accettando comunque di fare quel favore alla giovane. “Vengo qui ad aiutarti, a sgobbare…! E quasi non mi saluti.”
“Non dire sciocchezze!” la rimbeccò lei, passando una mano tra i capelli corti “Vuoi davvero farmi credere d’essere venuta qui per me?”
“E per chi altri?” domandò lei, ma la voce era stranamente acuta.
“Per Roberto. Ho visto che hai dei suoi sms in memoria…vi siete sentiti da quel giorno che sei venuta qui a vedermi, eh, furbetta!” le diede di gomito, improvvisandosi detective. “E lui ti ha invitato a uscire…”
“Ma che dici?” negò lei, poggiando la mano sulla chiave per aprire la serratura. “Ci siamo soltanto scambiati i numeri di cellulare.”
“Oh, andiamo! Vuole offrirti una birra…” cantilenò, dandole un pizzicotto sul braccio “E poi, una birra tira un limoncello…un limoncello tira un Gin! A Roberto piace il Gin! Ed ecco là che sei a casa sua…”
“Non dire sciocchezze!” rise Clarissa, aprendo la porta del bagno. “Roberto non è Patrizio!”
“Questo è poco ma sicuro.” Convenne il biondo, comparso improvvisamente alle loro spalle: indossava un paio di jeans strappati ed una camicia bianca, il volto era illuminato da un sorrisetto sfacciato.
“Vi chiedete chi sia il vero uomo?” schernì, gli occhi che guizzavano vivaci “La risposta è presto detta. Ma non so quanto possa interessarvi, visto ciò che fate…In due al bagno, con quale gioco vi divertivate?”
“Mi stava soltanto tenendo la porta, pervertito!” rise Pamela, dandogli una lieve spinta sul petto.
“Mhm…” mugugnò, ma in volto mostrava ancora quel sorriso a mezza bocca, quell’espressione di superiorità.
“Se sai che era un gioco, devi esserne esperto…” si lasciò sfuggire Clarissa, portando le mani in tasca. Ma chi si credeva di essere?
Patrizio strabuzzò gli occhi, e il suo sguardo fu attraversato per un istante da una strana luce.
Poi tornò a sorridere; aprì la bocca per replicare, ma alle loro spalle comparve Roberto.
“Andiamo? Hai mostrato a Clarissa i dintorni?”
Il seduttore si morse un labbro, riducendosi al silenzio; rivolse gli occhi al pavimento, poi li sollevò nuovamente verso la giovane donna.
“No.” Replicò, il blu degli occhi che brillava “Ma rimedio subito, vieni…”
“Non è necessario, non preoccuparti.” S’affrettò a dire, frugando nella borsa poiché il suo cellulare squillava “Non perdiamo tempo, se avrò bisogno chiederò.”
E mentre tutti tornavano in sala, lesse l’sms che Pamela le aveva appena spedito di nascosto; era una vecchia abitudine di Clarissa quella di mandare messaggi anche a persone vicine per comunicare pensieri improvvisi, ma talvolta anche la sua amica ne rimaneva contagiata.

‘ Roberto non è Patrizio, hai detto! Quindi già difendi, già conosci Roberto! Interessante…’



Lavorarono sino a tarda sera, quando finalmente la pioggia cessò. La maggior parte degli attori presenti, allora, addusse la scusa di voler approfittare di quella sosta per tornare a casa, poiché ricorrevano ai mezzi pubblici ed erano sprovvisti di veicoli propri; naturalmente nessuno poté replicare, ed in sala rimasero solo le due amiche, Giulia e i ragazzi.
Ognuno aveva mansioni diverse, ma tutti si trovavano nella stessa sala, perciò chiacchierarono molto: inaspettatamente, stavano bene insieme.
-Se le cose procedono così bene, potremmo organizzare un’uscita a quattro!- fu il pensiero di Pamela, al settimo cielo, mentre arrotolava un cartellone con l’aiuto di Giulia. Roberto, invece, riponeva un sassofono lucido nella custodia.
“Suoni il sax?” domandò, incuriosita, la rossa: quando era piccola si era interessata al pianoforte, ma presto aveva interrotto a causa dei vari impegni scolastici, e poi non aveva mai preso effettive lezioni.
“E’ mio.” S’intromise Patrizio, emergendo dalle quinte con degli scatoloni tra le braccia: erano colmi di oggetti e fogli, eppure li sorreggeva come fossero piume.
“Oh…” Clarissa ammutolì, sorpresa: non credeva che a un ragazzo del genere piacesse la musica. Forse la usava solamente per conquistare le sue amanti…
“Allora, forse sarebbe meglio anche per noi andare…” tentennò Giulia, rivolgendosi a Roberto e Pamela “Neppure noi abbiamo l’automobile…”
“Io sto in moto…” asserì Roberto, storcendo la bocca “Posso dare uno strappo a una di voi, ma se ricomincia a piovere, vi avviso, è come stare a piedi.”
“Sbrighiamoci, allora!” accettò al volo la castana, ricordandosi poi di Pamela “Non ti spiace, vero, se…?”
“Fate pure. Non dispiacerà certo a me se vai con Roberto…” insinuò, lanciando un’occhiata maliziosa a Clarissa, che tentò di fingersi ignara.
“Però anche io torno in autobus…non è che potresti finire tu di spazzare, e poi chiudere il cancello? Ti lasciamo le chiavi…”
Clarissa sospirò.
“E va bene…ma solo perché mi sento in colpa ad andarmene via da sola in macchina!” acconsentì. Avrebbe dato loro un passaggio volentieri, ma i suoi genitori erano fuori e lei avrebbe rincasato da sua sorella e da suo cognato. La ringraziarono di buon grado, afferrando i cappotti:
“Il prossimo biglietto del cinema lo pago io!” ammiccò Pamela, schioccandole un bacio sulla guancia.
-Figuriamoci…-
Non era mai successo.
“Tu hai la macchina, Patrizio? O ti porto in moto?” si rivolse all’amico, estraendo le chiavi dalla tasca dei pantaloni.
“Cosa, e io?” esclamò Giulia, pronta a battersi per quel posto in sella.
“Sono in macchina.” Rispose, tuttavia aggiunse “Ma resto anche io. Devo finire di impacchettare questi…” indicò gli scatoloni reperiti in magazzino “Altrimenti quando li trasporteremo da una parte all’altra, ci daranno guai.” Gli ammiccò.
“Oh, d’accordo.” Rispose Roberto, eppure non sembrava troppo convinto. Gli riservò un’occhiata piuttosto strana, poi si rivolse alle giovani: “Su andiamo, ragazze…”
In pochi istanti Patrizio e Clarissa rimasero soli.
La ragazza non ne gioì troppo: l’idea che nutriva di lui non era delle migliori, e conoscerlo le aveva soltanto fornito ulteriori argomentazioni a supporto della sua tesi negativa. Tuttavia, tutto sembrò filare liscio; i due continuarono a parlare in generale, fin quando lui non esordì con una domanda piuttosto personale:
“Mi sembra d’aver capito che studi filosofia, vero?”
Lei annuì: “Ho fatto anche qualche esame di letteratura. E tu?”
Lui scrollò le spalle.
-Oh, giusto! Il seduttore non ama parlare di sé…- Lo schernì mentalmente, ironica.
Pensò che la conversazione fosse conclusa, ma si sbagliava. Presto sopraggiunse un’altra richiesta:
“Vuoi che ti suoni qualcosa?”
“Prego?” battè le palpebre: ma che intenzioni aveva?
Sorrise: “Con il sax.”
“Non ti disturbare.” Replicò, riponendo la scopa contro la parete e dirigendosi verso la poltrona
su cui aveva poggiato il cappotto. Non le piaceva affatto la piega che stava prendendo la discussione: i toni erano palesemente cambiati, l’atmosfera mutata.
Meglio andare via.
“Non ti piace la musica? Suono bene, sai...”
“Non sarei capace di giudicare.” S’infilò il soprabito, desiderosa di raggiungere il prima possibile la sua macchina: una strana ansia l’aveva sorpresa, causandole una fastidiosa sensazione allo stomaco.
Meglio andare via.
“Ti insegno io…” il tono di voce era suadente, caldo.
Meglio andare via.
Afferrò la borsa e fece per salutarlo, quando due mani si posarono sulle sue spalle:
“Ti insegno quello che vuoi…” e fece per avvicinarsi alla sua bocca.

§§§

La vibrazione della sveglia gli fece aprire gli occhi; si distese per staccarla ed il lenzuolo gli scoprì il torace nudo. Quindi si riaccasciò senza grazia sul materasso, volgendosi alla sua amante, ancora addormentata: il seno era ancora coperto, ma le bellissime gambe abbronzate erano alla mercé dei suoi occhi.
Le sei e un quarto.
Si mise a sedere lentamente, recuperando la camicia scura ed indossandola, pur lasciandola aperta; controllando ancora una volta che la giovane donna non si fosse destata, si chiuse in bagno.
Poggiò i pantaloni sul lavabo, aprendo il getto dell’acqua per farsi una doccia; ma prima contemplò il suo riflesso nello specchio: si passò una mano sul torace, fiero.
Lanciò dunque un sorriso all’uomo biondo che gli sorrideva dal vetro, poi s’insinuò sotto il getto d’acqua.
Notò sulla piccola bacheca in marmo alcuni flaconi di bagnoschiuma e ne cercò uno che potesse garbargli: la sua scelta ricadde infine su una fragranza al muschio.
E mentre la schiuma gli scorreva sul corpo d’atleta, i pensieri volarono alla sera precedente:
-Che strana ragazza…- pensò, oscillando la testa.
L’aveva rifiutato. E questo non capitava troppo spesso.
Ripercorse con la mente il suo corpo, ben impresso nella mente: aveva decisamente un bel fisico, nonché un bel caratterino! S’era divertito a punzecchiarla, lei non aveva taciuto mai; le donne, solitamente, rispondevano alle sue frecciate i primi minuti, ma quando la situazione si scaldava divenivano improvvisamente silenziose, permettendo che alle parole si sostituissero sorrisi lascivi e arrendevoli al suo fascino. In questo modo, si sentiva a suo perfetto agio con loro, era lui a detenere le redini della situazione.
Lei invece non aveva ceduto neppure per un attimo e, anche se per breve tempo, s’era percepito destabilizzato, privo d’equilibrio, al suo fianco.
La sua bocca s’allargò in un sorriso divertito, allorché due mani gli circondarono il petto e una voce gli sussurrò all’orecchio:
“Non mi hai svegliata…”
Il rifiuto di Clarissa non l’aveva depresso, tutt’altro: aveva innescato nel suo ego un tale sentimento di rivalsa da recarsi in un locale che sapeva essere frequentato dalla bionda: era consapevole di piacerle. E quella notte non l’aveva rifiutata.
“Volevo lasciarti dormire, Charlene.” Le rispose senza neppure voltarsi; il corpo era oramai pulito e l’acqua aveva spazzato via ogni traccia di sapone.
“Ma io volevo augurarti il buongiorno, tesoro…” gli baciò il collo, massaggiandogli la pancia.
Patrizio rimase immobile, riflettendo un po’: erano le sei e un quarto, una mezz’oretta gli rimaneva…
Repentino come un cacciatore tra le fronde che solleva il fucile e colpisce, in un solo istante, la gazzella, così il giovane attore prese la ragazza per i fianchi, trascinandola su di lui.
“Buongiorno, Charlene…” le soffiò sulle labbra prima di rubarle un bacio.
L’acqua continuò a scorrere, bollente, sue corpi nudi dei due amanti.

§§§

“Ma che fai??” si voltò Clarissa, aumentando la distanza tra loro.
Patrizio allargò le braccia, sollevando le sopracciglia: “Cosa fai tu!” la rimbeccò.
“Non era un segnale? Un messaggio?”
“Di cosa parli?” domandò, stringendosi i lembi del cappotto attorno al corpo: quando aveva percepito il contatto delle sue mani le era preso un colpo!
“Sei voluta rimanere qui con me da sola! Tra voi ragazze questo non significa…non vuoi venire a letto con me?!”
Clarissa strabuzzò gli occhi: parlava sul serio o era solo la tattica più insulsa e patetica mai attuata per rimorchiare una donna? E quello doveva essere il grande tombeur de femmes?
Lo fissò negli occhi, cercando di leggere nel blu oceano una scintilla di menzogna, ma niente: il suo sguardo ardeva di sincerità.
“Che caduta di stile!” sentenziò ad alta voce, corrugando la fronte. Tutti i suoi muscoli si rilassarono nel momento in cui comprese d’avere davanti un cretino.
“Cosa?” reagì lui.
No, non un cretino; soltanto uno sbruffone, abituato ad essere al centro delle attenzioni del mondo femminile, incapace di concepire che un esemplare della suddetta categoria non provasse attrazione sessuale nei suoi confronti. Beh, forse fino ad allora non gli era mai capitato: ma era giunto il momento capisse che non poteva possedere tutte le donne. E lei era una di queste, forse la prima. Bene, meglio!
“Sei stato tu a voler rimanere solo con me! Io ho solo accettato di fare un favore a Pamela!” gli spiegò, scrollando violentemente le spalle. “Sono qui per spazzare.”
“Sei rimasta per spazzare? Non per…” ma, fortunatamente, lo interruppe prima che quell’assonanza di parole divenisse pericolosa:
“Non fare giochi di parole stupidi.” Lo ammonì.
Lui sorrise di rimando, grattandosi la testa: “Mi piace la tua lingua. Anche prima, mi hai tenuto testa.”
“Non ho intenzione di cogliere il doppio senso della tua frase.” Lo avvisò, sospirando.
Sospirò anche lui: “Quindi…non vuoi fare sesso con me?”
“No!” s’affrettò a rispondere, corrucciata. “NO!”
Lui sembrò titubare:
“Ah.” Replicò dopo un lungo silenzio, mordendosi un labbro.
“La cosa ti stupisce così tanto?” lo prese in giro.
Lui assottigliò gli occhi, come se stesse riflettendo; poi un lampo di consapevolezza gli attraversò la mente: “Oh!!” realizzò.
“ Oh…cosa?” gli chiese.
-Quale altra sciocchezza partorirà ora la sua mente malata?-
“Roberto non è Patrizio!” ripeté le parole udite quel pomeriggio, come rappresentassero la password di qualche importante sistema segreto. “E poi, Pamela…Non dispiacerà certo a me se Giulia va con Roberto…”
“Ma cosa…?”
“Ti piace Roberto!” l’additò, come un investigatore che incastra il colpevole.
“Ma cosa vai blaterando?” mosse concitatamente le mani e il viso.
“Ti piace Roberto!” disse per la seconda volta, ridendo.
“No che non mi piace!” negò, poggiando il bacino ad una poltrona.
Lui continuò a scrutarla, un sorrisetto divertito sulla faccia mentre annuiva da solo.
“Quel giorno al bar fissavi lui, non me…” borbottò tra sé e sé. Quindi le diede le spalle, facendo per allontanarsi da lei.
“Glielo…glielo dirai?” la voce di Clarissa gli giunse lontana, quasi l’avesse sussurrato.
Si voltò, rivelando un’espressione stupita. Lei lo guardò negli occhi, seria.
Si fissarono per un lungo istante.
“Nah…” le sorrise malizioso “A patto che tu non gli dica che io c’ho provato con te. Ho una nomina di zero fallimenti da difendere!”
La rossa scosse la testa.
“Bene.” Sentenziò Patrizio, afferrando la scopa che lei aveva poggiato pochi minuti prima contro il muro.
“E ora che fai?” chiese, seccata. Quel ragazzo era davvero strano!
“Spazzo.”
“E perché mai?”
“Abbiamo detto a quei tre che saremmo rimasti per spazzare e impacchettare la roba. Gli scatoloni li ho chiusi tutti, ma il pavimento è sporco…dobbiamo fare questo favore a Pamela o no? Tu te ne stai andando, qualcuno deve pur finire il lavoro.” Indicò con un cenno del capo il montgomery che aveva indossato.
-Si…si comporta come non fosse successo niente!-constatò, osservandolo come fosse matto –Incredibile, non fa una piega!-
Ciononostante, si sentì in colpa al pensiero di andar via e lasciare tutto il lavoro a lui.
Si sfilò il cappotto, poggiandolo nuovamente su una poltrona.
“Prendo lo straccio…” gli comunicò, avviandosi verso il magazzino “Ma tu sei un pazzo!” ci tenne ad aggiungere.

§§§

Il suono del cellulare gli giunse alle orecchie nonostante il rumore scrosciante dell’acqua.
“Scusa, amore.” si staccò da lei, uscendo gocciolante dalla doccia per rispondere alla chiamata.
“Bobbo!” esclamò, tenendo il cellulare in punta di dita mentre con l’altra mano tentava d’afferrare un asciugamano.
Charlene chiuse il getto dell’acqua, facendogli segno che si sarebbe vestita mentre usciva dal bagno.
“Allora?” domandò l’amico dall’altro capo del telefono.
“Allora cosa?” gli fece eco lui, tirando un lieve calcio contro la porta perché si chiudesse.
“Fai il finto tonto? Com’è andata la nottata?”
“Eri anche tu a quell’assurdo locale, ieri sera?” dedusse Patrizio, riferendosi al pub in cui aveva incontrato Charlene.
“…quale locale? Sei andato con due donne, stanotte? Io sto parlando di Clarissa!” gli ricordò Roberto.
“Non sei rimasto da solo con lei perché…?”
“Oh, Clarissa.” S’infilò i pantaloni, tenendo il cellulare tra la spalla e la guancia. “No, non è successo niente tra noi.” Gli rivelò
Dal ricevitore giunse una voce interrogativa e perplessa: “Perché mai?”
Patrizio sorrise, malizioso, ripensando al dialogo avuto con la rossa.
“Vuoi davvero saperlo?”


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Precisazioni:
*1. I maestri del sospetto: E’ un saggio del 1965 di Ricoeur, di cui non ricordo esattamente il titolo. Dovrebbe essere all’incirca “Interpretazione. Saggio su Freud”, ma in realtà tra quelli che Ricoeur definisce Maestri del Sospetto sono presenti anche Marx e Nietzsche.


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Note dell’autrice: Bene, ecco il primo capitolo! E’ più dialogico di quanto avessi previsto, in realtà XD Però purtroppo era necessario per stabilire bene i ruoli di ciascun personaggio: diciamo che questo è più un esordio, un iniziale equilibrio che si spezza e da inizio alla narrazione, come il più tradizionale degli schemi romanzeschi XD Spero non sia risultato troppo noioso, o prolisso…e che qualcuno sia riuscito a giungere sino alla fine! :D
Sarò ben lieta di rispondere a qualunque interrogativo circa la storia.
Ringrazio tanto coloro che hanno letto questi due aggiornamenti e ancora di più un GRAZIE SPECIALE va a coloro che hanno recensito. Ricevere un commento è sempre fonte di grande gioia per me!
Quindi grazie a Dear Juliet, Roxina, e Rob.
Al secondo capitolo!
Cavy










   
 
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