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Autore: La Mutaforma    02/08/2012    0 recensioni
Si sedette nella sabbia, e improvvisamente fu silenzio.
Il mare non parlava, pur continuando a muoversi con poche onde mosse dal vento che si infrangevano stancamente sulla battigia.
Poggiò la testa alle ginocchia, e improvvisamente tutto fu poco importante.
Rimasugli di un'estate che volge al termine, come schiuma sulle onde.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Saluta il mare, perché questa potrebbe essere l’ultima volta che lo vedi.

 

Camminando a piedi scalzi nella sabbia, saltellando tra sassi, conchiglie e cocci di vetro, la spiaggia sembrava molto più piccola di quanto si sarebbe immaginato guardandola dalla finestra.

Si chinò a terra per sollevarsi la piega dei jeans imbrattati di rena e raccolse un sassolino bianco, rigirandoselo tra le dita.

Lei era qualche metro più avanti, coi capelli buttati sulla schiena, il capo chino e i pugni stretti.

Camminava sul bagnasciuga, ad annegare il bruciore del suo malessere, e il mare spazzava via le sue orme con la sua solita monotona monotonia.

La guardò, consapevole di non avere il coraggio di avvicinarsi, di parlare, di dire qualcosa che si fosse rivelato veramente utile.

Potremmo stare insieme e confortarci a vicenda, pur rimanendo nella nostra solitudine. Potremmo essere sole insieme.

Che assurdità, si disse lei, lanciando lontano il suo sassolino che il mare non tardò ad inghiottire come inghiottisce ogni cosa.

L’amore, la vita, persino il dolore stesso.

Forse era questo il motivo per cui non bastava osservando dal balcone, il mare, quando si sedeva sul parapetto bianco e lei la rimproverava perché avrebbe potuto cadere.

Era per questo che erano lì, sulla spiaggia, quando era troppo tardi per rimpiangere i giorni passati.

Quando era troppo presto per piangere la sua imminente partenza.

 

Da qualche parte, in quello stesso mare, la nave la stava aspettando.

La chiamava, a gran voce. Con uno sbuffo di fumo nero che ogni giorno tingeva il cielo dopo il tramonto.

No, quella era la notte. E basta.

Oppure il pensiero che un altro giorno era passato e che anche stavolta non avrebbe potuto fare niente per riaverlo indietro.

Tutto sembrava riuscire ad ingrigire anche il sorriso più bello che potesse fare.

 

Si sedette nella sabbia, e improvvisamente fu silenzio.

Il mare non parlava, pur continuando a muoversi con poche onde mosse dal vento che si infrangevano stancamente sulla battigia.

Poggiò la testa alle ginocchia, e improvvisamente tutto fu poco importante.

 

Ognuno merita la propria solitudine. Ognuno merita di assaporarla in silenzio, chiudendo gli occhi, e guardando indietro.

Sì, perché al passato si vede solo con gli occhi chiusi. E per quanto si fosse promessa mille volte di non guardarsi più indietro, non poteva fare a meno di fermarsi e pensare a tante, troppe cose che in quel momento sembravano poco importanti.

Quel che più avvelenava la sua esistenza era l’incapacità di distinguere tra tante cose di poca importanza, quelle che contavano davvero.

 

Forse non esistono cose che importano davvero, e basta.

Sua madre la raggiunse a piccoli passi e le poggiò una mano sulla spalla, riconoscendo in quegli occhi uno sguardo che aveva visto troppe volte.

-Ti dispiace partire?-

In fondo, non esistevano cose davvero importanti. Solo belle prospettive, che coloravano i suoi tramonti su quel mare che non la conosceva.

-No- rispose lei semplicemente, pur non credendoci davvero.

Riprese le infradito tra le mani e riattraversò la spiaggia a grandi passi, pensando che in fondo quel momento, in quel momento, era la cosa più importante di tutte.

   
 
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