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Autore: Silentdreamer    02/08/2012    0 recensioni
"Finalmente questi 58esimi Hunger Games stanno per prendere il via. Cosa ci riserveranno quest'anno gli strateghi?" la voce di Caesar Flickerman rimbomba nei teleschermi di tutta Panem "Ma cosa più importante quale spettacolo i tributi di quest'anno ci offriranno? Tristezza? Violenza? Amore? O una patetica rappresentazione da scuola? I sessanta secondi sono partiti, tra poco avremo tutte le risposte che cerchiamo..."
Il cuore di Violet sembrava uscirle dal petto, nessun rumore o voce giungeva dall'esterno dell'Arena, era quella la colonna sonora dei suoi Hunger Games, nessun rumore solo il suo battito che la spingeva ad andare avanti...quel battito che le faceva pensare all'unico modo per tornare a casa: rendere la sua colonna sonora l'unica in tutta l'Arena...
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Caesar Flickerman, Claudius Templesmith, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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-Violet...Violet!- mi sentii scuotere -su coraggio Violet è ora di alzarsi!- una voce calda cercava in tutti i modi di farmi svegliare.
-Va via!- dissi voltandomi dall'altra parte e coprendomi con quel po' di coperta che avevo.
-Violet Karter se non scendi subito da quel letto rimpiangerai di non essere andata a questa Mietitura!- eccola lì, la parolina magica...Mietitura...aprii lentamente un occhi e mi guardai attorno sconsolata, mia madre non amava ricorrere a questi trucchetti, ma sapeva che odiavo terribilmente quella parola e soprattutto cosa quella parola comportasse.
-Papà?-borbottai guardandomi attorno con aria ancora dubitante cercando mia amdre che continauva a correre da una stanza all'altra cercando dei vestiti decenti da farmi indossare.
-Sta perfezionando il treno che porterà i tributi a Capitol- disse aggiungendo un sorrisino molto tirato, ogni anno era sempre la stessa storia, parlava dei tributi come se la cosa non dovesse toccare anche a me. Avevo solo sedici anni, quindi nel caso quest'anno non fossi stata scelta avrei avuto altri due anni per poter avere l"onore" di essere un tributo. Mia amdre era costantemente dell'idea "facciamo finta di nulla e non ci succederà mai niente!". Aveva una stranissima concezione della vita, come se si fosse dimenticata da dove proveniva, solo grazie a mio padre era riuscita a fare il salto di qualità, passare dall'essere un'umile figlia di un operaio che nella sua vita non fa altro che costruire treni nel distretto 6 a moglie di un giovanissimo e amatissimo ingegnere che è visto di buon occhio da Capitol City tanto da collaborare con loro, un privilegio che era concesso veramente a pochi.
-Forza coraggio vatti a lavare su!- mia madre riprese a ciarlare in maniera veloce e mi spinse verso la porta del bagno, dove trovai la tinozza piena e mia madre senza troppe cerimonie mi spinse dentro e iniziò a grattarmi in maniera  abbastanza violenta la schiena.
-Chissà quale famiglia verrà distrutta quest'anno?- ecco che inizia la solita tiritera, una voglia incredibile di dirle che anche io da quattro anni a questa parte avevo la possibilità di essere sorteggiata, che solo perchè ero figlia di Colin Karter non significava che il mio nome non venisse sorteggiato.
-Dove sono le donne di casa?- la voce di mio padre rimbombò per tutta casa, senza farmelo ripetere due volte, uscii dall'acqua infila l'accappatoio e mi fiondai tra le braccia di mio padre. Aveva il viso stanco, era pallido, dopo essermi staccata da un interminabile abbraccio notai che le occhiaie erano molto più profonde ed evidenti di quando l'avevo visto l'ultima volta. Il suo sgaurdo era pieno di dispiacere e quando intercettò il mio sguardo delle lacrime gli bagnarono il volto.
-Papà?- chiesi aggrottando la fronte, ma lui non rispose continuò a guardarmi, mentre mi madre sbiancò di colpo quando lo vide guardarmi in quel modo. Cosa mi stavano nascondendo?
-Violet non doveva andare a finire così...scusami...dovevi restare fuori da questa faccenda...- furono queste le parole che mio padre sbiascicò, non capii molto cosa volesse dire anche perchè mia madre lo interruppe subito.
-Colin coraggio devi prepararti i Pacificatori non saranno gentili da aspettarti anche quest'anno!- dissi con un tono di voce che sfiorava l'isterismo.
Rimasi davanti alla porta immbile nel mio accappatoio, un'orribile sensazione mi pervase, una sensazione di morte. Mille domande viaggiavano a più non posso nella mia testa, un caos incredibile. 
I minuti passavano e io ero sempre lì, mia madre finalmente si ricordò di me e strattonandomi mi portò in camera e mi iniziò a vestire visto che io ero in una sorta di trance. 
Lentamente girai la testa verso il vestito che anche l'anno scorso avevo indossato, ma mia madre in fretta e furia lo prese e lo buttò in un angolo della stanza.
-Quest'anno saremo davvero eleganti!- disse con la voce che le si spezzò a metà frase -Non possiamo essere lo zimbello di Panem no? E poi quelli vestiti meglio non vengo mai estratti!- ecco i soliti stupidi discorsi che faceva mia madre. Voleva vestirmi elegantemente affinchè quelli di Capitol mi prendessero a cuore e non mi mandassero nell'Arena? Quell'anno sarebbe stato tutto diverso, era successo qualcosa e per la prima volta in tutta la mia vita mia amdre mi stava preparando come se io fossi già un tributo.
-Coraggio indossa questo- rovistò per bene nel mio armadio e mi diede uno dei vestiti più belli che avevo, lo usavo solo per le rappresentazioni pubbliche in cui mio padre si prendeva qualche onoreficenza da quelli di Capitol City, pieno di pizzi ma abbastanza semplice, sulla tonalità di grigio chiaro, con le maniche a tre quarti un po' stropicciate, per la parte del busto cadeva morbido un po' gonfio per poi stringersi e arricciarsi al livello del mio vitino esile per poi cadere ampio fino al di sotto del ginocchio, era di un ottimo tessuto. Lo infilai senza dire niente e mia madre blaterando, quando una frase mi colpì: -Sai perchè i tributi del 1 e 2 distretto vincono? Non sono solo bravi a combattere ma hanno anche gusto negli abiti, quest'anno tu non dovrai essere da meno!- la guardai cercando di capire perchè da impossibile tributo tutto d'un tratto ero diventata un tributo a tutti gli effetti.
-Cosa ha combianto papà?- chiesi con un tremolìo nella voce.
-Niente- disse cercando di non scoppiare in lacrime -solo che il lavoro non è stato completato come Capitol voleva- disse zittendomi e lasciandomi sedere davanti allo specchio della mia stanza.
-Oggi usiamo un po' di trucco va bene?- quelle parole mi colpirono in pieno petto. I trucchi erano una cosa costosissima e mi amadre lo usava solo nelle cene importanti, che ormai erano diventate più uniche che rare. Fu in quel momento in cui sancii che quell'anno io ero non un possibile tributo, ma quasi certamente ero "il" tributo femminile del distretto 6. Il mio volto rifelsso nello specchio cambiò radicalmente. I miei occhi verdi si incupirono, il mio volto si fece teso tirato, la notte che avevo passato insonne iniziava a farsi vedere, avevo le stesse occhiaie di mio padre ora, lo stesso viso scavato, dietro di me mia madre cercava di raccogliere i miei lunghi capelli corvini, ma le mani le tremavano troppo.
-Lascia stare una coda andrà più che bene- sorrisi cercando di confortarla, annuii e scappò via, l'ultima cosa che vidi era una lacrima lungo la sua guancia. Delicatamente presi il pettine e iniziai a pettinare i mie capelli. Era impossibile che per uno sgarro io il mio nome accidentalmente venisse estratto da quell'urna contenente altre migliaia di nomi! Si prima vi era stata qualche episodio in cui nemici di Capitol o figli di vincitori di passati Hunger Games venissero eletti, ma questo era solo per chi, per quanto riguardava qualche sgarro commesso verso Capitol, aveva combianto qualcosa di veramente grave! Mio padre non aveva potuto commettere nulla di tutto ciò!
-Ancora lì sei?- la voce di mio padre tuonò alle mie spalle, era già pronto e il suo tono di voce non era mai stato così severo.
-Ho fatto!- dissi legando i capelli i una coda perfetta, poco dopo comparve mia madre con la sua minuscola scatolina di trucchi e tirò fuori della polverina che iniziò a mettere sul mio viso.
-La cipria quest'anno a Capitol è molto di moda- disse continuando a mettere un sottile di strato di quella...cipria...sul mio volto e poi finì il trucco con un sottile velo di matita sull'occhio, prima di allora non mi ero mai truccata, nonostante non fossimo una famiglia povera, il costo dei trucchi andava anche oltre le nostra possibilità.
-Sbrigatevi!- urlò mio padre e uscì sbattendo in maniera violenta la porta, subito mia madre corse in fuori dalla mia camera e nel giro di una frazione di secondo era tornata con uno strano oggetto in mano, un fermaglio particolare con una sirena disegnata sopra.
-Era di una lontanissima parente- disse accennando un sorrisino-è una sirena, proviene dal distretto 4, non si sa come è pervenuta a lei, ma è un bel portafortuna no?-  tramite i piccoli dentini lo infilò tra i miei capelli e l'elastico che teneva la mia coda.
-Questa cosa non mi comporterà problemi nei giochi vero?- chiesi a mia madre lanciandole uno sguardo disperato.
-Non è il tuo momento-disse fredda -non estrarranno il tuo nome Violet- il tono della voce lasciava trasparire tutt'altro.
Mi alzai e senza dire una parola mi avviai verso la porta. Chiusi gli occhi quando appoggiai la mano sulla maniglia, mi voltai verso la mia casa e la guardai, come se quella fosse l'ultima volta, con una lieve pressione abbassai la maniglia mentre un raggio di luce colpiva una parte del mio volto, chiusi di nuovo gli occhi e respirai quell'aria polverosa, quell'odore così di casa... Mi voltai e con passo rapido mi fiondai all'esterno, scocchiusi gli occhi a causa di forti raggi di sole, una strana calma aleggiava tra le strade del mio Distretto, nella zona dove abitavo io di solito il rumore del ferro battuto e  i fischi dei treni erano diventati parte della melodia quotidiana, i carretti nuovi che uscivano dalle nostre fabbriche occupavano gran parte delle strade, ma oggi nulla...niente ingombrava le strade, niente via vai, nessuna azione che potesse lasciar trasparire l'importanza del mio distretto, quello dei trasporti, una lugubre calma aleggiava tra le case, tra i binari che segnavano profondi solchi lungo le strade, molto spesso capitavano "incidenti" ovvero treni che non dovevano passare a quell'ora passavno e tranciavano persone, strappavano loro la vita o ciò per cui vivevano, con passo lento mi avviai verso la piazza principale, spaevo che a qeull'ora la piazza era gremita di persone, allontanai dalla mia testa l'idea di imboccare la strada principale quindi decisi di tagliare per i vicoletti, a ogni passo sentivo porte cigolare e aprirsi, sbattere violentemente, pianto di neonati e di persone adulte, grida di disperazione. Ecco qeullo che voleva Capitol, lo spettacolo che solo noi dei Distretti potevano offrire. Non mi era mai stato permesso di fare amicizia con qualcuno del mio Distretto, raramente mi era concesso di mettere il naso fuori dalla porta, la Mietitura era l'unica occasione in cui poteva camminare libera per le strade del Distretto, dovevo sempre mantenere un atteggiamento impeccabile poichè mio padre doveva mantenere ottimi rapporti con quelli di Capitol e quindi qualsiasi cosa facessi poteva minare questo rapporto idilliaco!
Mi blocco.
Solo un passo...un unico passo che mi divideva dalla possibilità di rimanere per sempre nell'ombra oppure stringere i denti e andare incontro al mio destino...solo un passo per potermi trovare tra i giovani del mio Distretto, racchiusi nei recinti come bestiame, rimasi nell'ombra mi piaceva osservare i momenti in cui tutto sarebbe cambiato, fare una sorte di dipinto nella mia testa di quell'attimo che non sarebbe più tornato, io non sarei più tornata.
I Pacificatori erano pronti in posizione qualora qualcuno cercasse di scappare, con passo lento decisi di farmi forza e di mostrami alla luce del sole, lentamente mi misi in fila attendendo il momento in cui mi avrebbero bucato il dito per far scendere un goccia di sangue. Arrivai di fronte a una signora dall'aria austera che mi porse la mano senza guardare il mio volto, feci lo stesso con lei le porsi la mano, mi sentii punzecchiare e il mio dito fu premuto con violenza contro un foglio di carta ruvida, subito la donna mollò la presa e io tirai la mano a me, macchiando un pochino il vestito all'altezza tra il colletto di pizzo e un parte di stoffa.
Mia madre mi avrebbe uccisa!
Fui dirottata verso il punto di raccolta di qeulli della mia età, tutti ragazzi gracilini, alcuni guardavano altri con occhi di stupore, altri con occhi pieni di terrore. Io ero apatica, non provavo sensazioni in quel momento, non mi accorsi enanche quando al cerimonia iniziò effettivamente.
Una donna con una stranissima capigliatura sulla tonalità del grigio topo iniziò a fare il solito monotono discorso, alzai lo sgaurdo verso il palco, di solito mio padre era seduto lì, accanto al sindaco, la sedia che di solito era occupata da lui non c'era, una fitta d'ansia colpì il mio stomaco, vicino al sindaco c'era una donna. la vincitrice della 53esima edizione degli Hunger Games, da quando era tornata a casa si era data alla morfamina, era lei la mentore, scossi la testa, in che mani eravano? Nelle mani di un che era perennemente strafatta...come poteva portare alla vittoria dei ragazzini?
La mia rabbia svanì quando mi accorsi che eravamo già arrivati alla lista dei vincitori delle passate edizioni, chiusi gli occhi come se fossi in un profondo e religioso silenzio per questi eroi, invece iniziai a pensare a tutt'altro, odiavo quei momenti, per me erano tutti soli degli assassini! Strinsi forte i denti. In lontananza sentii l'inno di Capitol, era l'ora del video, sgranai gli occhi, ma cosa avevo da perdere ora? Secondo i miei genitori ero già condannata, nessun Pacificatore mi avrebbe obbligato a guardare quel video, a gioire per la disfatta del Distretto 13, niente mi avrebbe permesso di guadagnare la salvezza, la certezza di ritornare nella mia casetta, nel mio letto sgangherato che più e più volte mia madre aveva voluto cambiare, ma io mi ero sempre opposta.
-Passiamo al sorteggio del tibuto femminile!- trillò la donna dalla strana acconciatura.
Sobbalzai. Avevo passato una cerimonia intera persa tra i miei pensieri! Se mi avessero chiesto l'esatto ordine delle azioni che avevano compiuto avrei risposto semplicemente con una scena muta.
Il ticchettare delle scarpe della donna era parecchio fastidioso, sentii il fruscìo dei fogli tra le sue mani...chiusi gli occhi...ricominciò il rumore di tacchi...la sua camminata sembrò infinita...finalmente raggiunse il centro del palco, picchiettò sul microfono come per paura che nessuno udisse chi sarebbe stato il tributo femminile di quell'anno, soprattutto come se nessuno dei cittadini di Capitol non lo sapesse già.
Silenzio.
-Violet Karter!- una lacrima sancì come il rintocco di una campana la mia morte certa.
Avanzai senza alzare lo sguardo, senza guardare i volti stupefatti delle persone attorno a me, certamente i più piccoli non sapevano neanche che aspetto avessi, subiuto i Pacificatori mi raggiunsero e dopo aver tolto ogni possibilità di fuga micondussero al palco, la donna mi lanciò uno sguardo di dispiacere immenso, prestai attenzione alla sua capigliatura, era un'esatta riproduzione di una ferrovia con tanto di doppia fila di binari.
Mi voltai con aria sconvolta verso il pubblico, forse ero più sconvolta per la capigliatura della donna che della mia estrazione. In cuor mio lo sapevo. Ciò che mio padre aveva fatto era stato troppo per poter essere accettato da Capitol.
Mi scervellai così tanto nel pensare cosa avesse combinato che non mi accorsi che un ragazzino stava salendo sul palco.
Un'altra fitta allo stomaco.
Era il figlio minore dell'aiutante di mio padre. Non ricordavo nè il suo nome nè il cognome. L'unica certezza che avevo era che lui era troppo piccolo, doveva avere si e no dodici anni, si incamminò triste con il volto rigato dalle lacrime, appena salì gli ultimi gradini mi lanciò uno sguardo disperato.
Non lo guardai, ripresi a fissare il vuoto davanti a me.
-Signore e signori ecco a voi i tributi del Distretto 6!- la voce della donna con la stazione ferroviaria in testa mi perforò i timpani.
Silenzio.
Un urlo lacerò tutta quella calma... tutti si voltarono in quella direzione...una donna stava correndo verso l'unico punto vuoto della piazza...la riconobbi, un'altra fitta dritta in pieno petto questa volta, era mia madre; più lontano un uomo era accasciato a terra in una pozza di sangue. Cercai di mettere a fuoco, un'altra improvvisa fitta, conoscevo quella figura gettata a terra, lasciata morire nel proprio sangue. Sicuramente questa cosa non era stata mandata in diretta e verrà sicuramente tagliata. Era stato tutto programmato. Tornai a guardare la figura incredula mentre le lacrime avevano iniziato a bagnarmi il volto. Riconoscevo il corpo di quell'uomo.
Io conoscevo quell'uomo.
-Papà...- sussurrai prima di essere trascinata via.




_______
Angolino
Bene...ho deciso di buttarmi in questa nuova storia prendendo spunto da un gdr in cui partecipo.
Questa sarebbe la storia della mamma del mio personaggio.
Spero di non aver scritto castronerie e che la storia possa piacervi :) Sarei contente anche di un vostro commentino solo per saper cosa ne pensate :)

P.s. Ho modificato il capitolo visto che la prima stesura non mi ha proprio convinto...detto questo...buona lettura!! ^^

 -Silentdreamer-
   
 
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