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Autore: bacinaru    04/08/2012    5 recensioni
"Alzò gli occhi al cielo azzurro e per un attimo fugace, si chiese se lassù fosse rimasto qualcuno, se ci fosse ancora un Paradiso da qualche parte o se fosse rimasto solo l’Inferno ad attenderli. Forse non avrebbe ottenuto nemmeno quello, in quanto erano stati infedeli a Lucifero. Possibilmente si sarebbero solo dissolti nel nulla, come polvere nel vento. Castiel rise, con la gola che faceva troppo male. Gli sarebbe piaciuto diventare polvere, così da poter volare lontano, risentire addosso l’ebrezza del vento, fingere di avere ancora un paio di ali sulla schiena. "
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Titolo: If I die you can take my hand.
Fandom: Supernatural
Personaggio: Castiel, Dean
Rating: Arancione.
Avvertimenti: Oneshot
Set/Prompt: Armi - Pistola
Disclaimer: I personaggi descritti non mi appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro.
Note: Il titolo è preso dall'omonimo di questo video, ma non conosco il titolo della canzone, e la storia si svolge nella 5x04, solo poco prima che Dean incontri Lucifer!Sam =) Buona lettura!
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Voglio che immagini il colore del cielo, ma a occhi chiusi.

{Paulo Coelho}





Ogni centimetro del suo corpo stava bruciando, ma era un dolore torbido che Castiel percepiva appena. Immaginava che quello fosse almeno in parte colpa della perdita di sangue. Il resto sarebbe potuto essere dovuto alla droga. Di solito non prendeva mai alcunché prima di una qualsiasi missione, ma quella più che una missione era stato un attacco kamikaze e quindi non si sentiva per niente in colpa ad averne preveduto l’esito finale e ad essersi attrezzato di conseguenza. Almeno adesso avrebbe avuto una morte indolore. Certo, sempre se non si fosse trasformato in un maledetto croatoan prima. Era una prospettiva poco piacevole e se le sue braccia non fossero inutilizzabili, si sarebbe sparato un colpo in testa da solo.
Inspirò profondamente, mentre poggiava piano la testa sul muro alle sue spalle, l’unico appoggio che gli impediva di cadere a terra in mezzo a quel mucchio di cadaveri. Poco distante da lui giaceva anche il corpo di Risa, privo di vita. Con lei i croatoans non erano stati tanto clementi e l’avevano praticamente fatta a pezzi. Che lui fosse vivo, forse era dovuto al fatto che dentro di sé conservava ancora un po’ della sua Grazia, della sua essenza. Poteva non essere più un angelo, ma non era nemmeno un essere umano, perché era abbastanza sicuro che gli uomini non fossero più in grado di pensare dopo tutto quel sangue andato perduto. Castiel non era nulla di definibile, era un ibrido, un morto tra i vivi, un’inutile carcassa che si trascinava dietro l’ombra di un uomo.
Alzò gli occhi al cielo azzurro e per un attimo fugace, si chiese se lassù fosse rimasto qualcuno, se ci fosse ancora un Paradiso da qualche parte o se fosse rimasto solo l’Inferno ad attenderli. Forse non avrebbe ottenuto nemmeno quello, in quanto erano stati infedeli a Lucifero. Possibilmente si sarebbero solo dissolti nel nulla, come polvere nel vento. Castiel rise, con la gola che faceva troppo male. Gli sarebbe piaciuto diventare polvere, così da poter volare lontano, risentire addosso l’ebrezza del vento, fingere di avere ancora un paio di ali sulla schiena. Socchiuse le palpebre, come la luce del sole gli colpì le iridi chiare. C’era stato un tempo che era stato in grado di guardare il sole senza battere ciglio e ammirare una delle più belle opere d’arti di suo Padre, una stella così luminosa e calda da paragonarsi anche alla grazia di un angelo.
Il torpore stava lentamente avendo la meglio. Castiel si chiese distrattamente quanto tempo il corpo di un ex angelo non del tutto umano avrebbe impiegato ancora a lasciare andare la sua anima, a liberarla dalla prigione di quelle membra stanche e insanguinate.
Strano, morire non lo spaventava affatto. In realtà, uno strano sollievo gli stava solleticando il petto alla prospettiva di mettere fine a tutto. Anche Castiel era stanco, stanco di lottare, stanco di dare, perché in fondo aveva già dato tutto, persino se stesso.
L’unico rimpianto che poteva avere era quello di morire da solo. Avrebbe almeno voluto che Dean fosse lì, ma probabilmente lui era già morto.
All’improvviso, gli parve di sentire la sua voce. Non pensava di aver preso allucinogeni, forse era colpa della perdita di sangue.
“Cass?! Cass!”
Dean gli apparve davanti agli occhi, del tutto illeso e con uno sguardo preoccupato, così vivo che Castiel capì subito chi aveva di fronte.
“Ciao, Dean”. Quasi non si accorse di aver fatto l’imitazione perfetta del vecchio Castiel, quello che aveva ancora una scopa infilata su per il culo. Però sorrise, perché era contento di vedere Dean, anche se non era il Dean del suo tempo. In realtà, il passato di Dean era molto più simile a Dean di quanto non lo fosse stato il suo Dean negli ultimi tempi. Accidenti, il nome di Dean ripetuto così tante volte nella sua testa gli stava facendo venire un’emicrania.
“Cass! Resta con me, andiamo!” Dean si agitava un po’ troppo e lo stava guardando con disperazione, catalogando le sue ferite e diventando sempre più consapevole della situazione. Non c’era salvezza per Castiel e lui neanche la voleva. Dean era morto, Lucifero aveva vinto, non aveva più uno scopo da perseguire, quindi perché continuare a vivere?
“Dean, smettila di agitarti o ti vomito addosso”. Castiel chiuse gli occhi per un attimo, traendo un lungo respiro per respingere la nausea. Aprire le palpebre, poi, era stato un po’ più difficile.
Dean smise di agitarsi, per sua fortuna, ma adesso restava lì a fissarlo, non sapendo cosa fare e colpevole fin dentro l’anima. Si stava dando la colpa per qualcosa che non aveva ancora fatto, tipico di lui.
“Sto una meraviglia, Dean. Come mai sei ancora qui? Zaccaria non si è fatto vedere per riportare il tuo bel culo nel passato?”
Lo sguardo di Dean si ampliò un po’ per la sorpresa, non ancora abituato al suo nuovo modo di esprimersi.
All’improvviso, un dolore più forte gli tolse il respiro, lasciandolo piegare in avanti. Non potendo usare le mani, sarebbe caduto per terra se Dean non lo avesse afferrato e sistemato tra le proprie braccia.
“Dovrei… dovrei portarti al campo”.
Lo disse in un sussurro, non credendoci nemmeno lui.
Castiel respirava a fatica, ben conscio che il dolore che provava era dovuto solo in parte alle sue ferite. Si stava trasformando e sarebbe divenuto un tritacarne come il resto dell’umanità e avrebbe mangiato un povero superstite, forse un bambino. Non poteva permetterlo. Se doveva morire, allora sarebbe morto con la sua umanità, o almeno quella che gli restava.
Lasciò cadere la testa nell’incavo del collo di Dean, inspirando a fondo il suo profumo. Sapeva di sapone e polvere da sparo, ma non poteva sentire il tanfo metallico del sangue che aveva da tempo impregnato la giacca del suo Dean. Era meglio così, però. C’era già abbastanza sangue sulla sua tomba.
Dean tremava appena, quasi poteva avvertire la sua colpa, il dolore che celava nel cuore, alla prospettiva di affrontare cose troppo grandi per lui. Dopotutto, chi avrebbe mai voluto sentirsi raccontare un futuro del genere?
“Dean, puoi tenermi la mano se muoio.” Castiel cercò di alleggerire l’atmosfera con una mezza risata, mentre davanti a sé tutto diventava più sfocato, una macchia di colore indistinto. A lui pareva di vedere solo il grigio, però. Rise ancora più forte, con la gola che grattava in protesta.
Parlare stava diventando più difficile e lui si sentiva sempre più debole. Solo che anche il veleno dei croats stava diventando più forte e non poteva rischiare. Dean sembrò quasi intuire le sue intenzioni, tanto che strinse un po’ più forte la presa su di lui, il suo respiro forte nelle orecchie di Castiel. Avrebbe voluto aiutare, Dean, ma non poteva.
“Dean, la pistola…” Sussurrò stanco, sia mentalmente che fisicamente. Voleva solo dormire, lasciarsi andare a quel torpore così invitante, ma sembrava che il suo corpo lo stesse punendo, costringendolo a vivere fino al suo ultimo respiro.
“Cass… non posso… non…” Dean cercò di protestare, consapevole della giusta cosa da fare, ma non per questo pronto ad accettarla. Castiel non capiva cosa lo trattenesse. Lui non era nemmeno più lo stesso Cass che quel Dean conosceva, aveva talmente perso se stesso che il cacciatore avrebbe dovuto vederlo solo come un'altra vita da salvare o, in questo caso, una povera anima cui dare sollievo. Strinse la presa sulla sua giaccia, facendo forza su se stesso per alzare gli occhi e incontrare lo sguardo spaventato di Dean. Non ci fu bisogno di parole per convincerlo, bastò solo mostrargli quanto in quegli occhi azzurri non fosse rimasto più nulla da dare al mondo, quanto il compito di Castiel fosse ormai concluso.
Senza abbandonare la presa su di lui, Dean allungò un braccio verso la pistola che Castiel aveva lasciato cadere a terra quando si era accasciato al muro. Era una pistola vecchia, gliela aveva data Dean stesso, la prima volta che gli aveva insegnato a sparare. Era quasi poetico che fosse proprio quella pistola a donargli la morte.
Castiel sospirò stanco, poggiando di nuovo la testa contro la spalla di Dean. Si chiese per un attimo cosa sarebbe successo dopo il colpo. Sarebbe tornato in Paradiso? Gli sarebbe piaciuto tornare a casa, per quanto vuota questa potesse essere al momento.
“Credi che tornerò a casa?” Chiese in un sussurrò appena udibile, ma Dean non fece fatica a capirlo. Lo strinse ancora più a sé, come se cercasse di trattenerlo laggiù, nonostante ciò che stava per fare.
“Voglio che immagini il colore del cielo, ma ad occhi chiusi”. Dean chinò il capo fino a seppellire le labbra nei suoi capelli, mentre metteva un dito sul grilletto. Castiel, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì al sicuro. Chiuse gli occhi e immaginò il verde del prato, l’azzurro del cielo e i colori accesi di un aquilone. Era tornato a casa.
E quando Dean premette il grilletto, Castiel morì con il sorriso sulle labbra.





  
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