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Autore: Selene Silver    04/08/2012    4 recensioni
[Post The Children's Crusade] [Tommy centric, vago Tommy/Kate e Teddy/Billy]
Il pugno del fratello lo colpì nella spalla, mentre si avviavano insieme lungo l'argine, due figure speculari con le mani infilate nelle tasche, quello coi capelli d'argento che camminava un po' più veloce dell'altro, un po' più veloce di quanto non fosse necessario.

Come sempre.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pas si simple.*

 

(As in an empty station.*)

Era una vecchia stazione abbandonata. I raggi di sole passavano attraverso le finestre incrostate di polvere in impalpabili nastri d'oro opaco. 
Tommy fece del suo meglio per non respirare.
Se socchiudeva gli occhi, gli pareva di vedere, oltre la porta di vetro sporco che dava sui binari vuoti, sagome di treni passare alla massima velocità consentita dai loro grossi, goffi corpi di metallo. E l'associazione mentale gli portò a sentire, quasi fisicamente, il rombo delle ruote sulle rotaie.
Aprì la porta di vetro, anche quella sporca e mezza ricoperta da un manifesto di carta stracciato - forse l'orario delle prossime partenze…? - e si ritrovò sulla banchina ricoperta di sabbia. Scintillava sotto il sole del primo mattino. Le rotaie erano ricoperte di ruggine e c'era edera dappertutto, verde scuro quand'era all'ombra, marrone e arancio dov'era esposta alla luce.
C'erano foglie secche sparse fra la sabbia, alcune dovevano essere lì dallo scorso autunno; sembravano così incredibilmente fragili, così incredibilmente vecchie. Quando ne sfiorò una con la punta della scarpa, questa si disfece con un sussurro quasi inaudibile.
Avanzò a piccoli passi, finché non arrivò al punto in cui anche la pietra grigia e rugosa della banchina non venne colpita dai raggi del sole. Tommy rimase nell'ombra, continuando a respirare piano anche se ormai non c'era più pericolo d'inalare polvere. 
Gli sembrava che l'intera costruzione fosse fragile quanto quelle foglie autunnali. Se avesse fatto troppo rumore, queste si sarebbero dissolte in una nuvola di polvere argentea, brillante sotto il sole.
L'edera avvoltolata intorno alle rotaie, alle colonne dov'erano appesi i numeri di plastica dei binari, alle panchine di legno mezzo marcito, era l'unica cosa che teneva quel posto ancora insieme.
C'era un silenzio assurdo, utopico; anche se prima gli era parso di udire il passaggio di un treno, ora persino la sua fantasia non trovava modo di riempirlo. L'unico suono che riusciva a percepire - ma forse stava immaginando anche quello; oppure, molto semplicemente, era rimasto intrappolato dentro la sua testa come una mosca in un barattolo - era quello del vento.
La sabbia si mosse leggermente, come se vi fosse passato sopra un serpente, andando a ricoprirgli la punta delle scalcinate scarpe da ginnastica bianche. Altre foglie si sbriciolarono, delicatissimi sussurri d'angoscia, d'addio, mentre diventavano altra sabbia.
Sabbia.
La nuca gli formicolava, e improvvisamente gli parve che il silenzio fosse un'entità solida, che lentamente gli s'infilava nei polmoni, come un blob malvagio di quelli dei fumetti. 
Il silenzio gli premeva i timpani dentro le orecchie e l'aria dentro la gola, e sembrava prendere forza man mano che lui continuava a tentare di non respirare, che rimaneva nell'ombra, con i raggi di sole che a malapena riuscivano ad illuminargli la punta delle dita.
Chissà perché, aveva teso le braccia in avanti. Chissà perché, poi, i suoi piedi iniziarono a portarlo nella luce.
Il silenzio aveva iniziato a stringergli la gola, come un brutto presentimento. La sabbia emise un fruscio, come una minaccia sussurrata nel cuore della notte.
Sabbia. Sabbia come in un deserto.
Tommy saltò giù dalla banchina e atterrò sulle rotaie roventi di sole. Ebbe quasi paura che la suola di gomma delle sue scarpe si sarebbe sciolta, se fosse rimasto fermo.
Il tonfo che il suo salto aveva provocato sembrò indispettire il silenzio, e la sabbia sibilò di nuovo. C'era un serpente nascosto là sotto, ne era sicuro. Se si fosse fermato, quello l'avrebbe raggiunto, viscido e velenoso.
Il respiro gli fermò nella gola, come catturato da un lazo, come se quella sabbia - quel deserto - gli fosse entrata dentro. Il sudore gli scese come un rivoletto freddo lungo la colonna vertebrale.
Non voglio.
Tommy iniziò a correre, ed il suono del vento divenne un grido, divenne una tempesta, mentre la sabbia vorticava ormai sola nel suo silenzio sulla banchina.
Un giorno lì non sarebbe rimasto altro che deserto.

°°°

Un giorno avrebbe trasformato in sabbia fine a sfuggirgli fra le dita tutto quel posto. Sarebbe diventato nient'altro che polvere, che avrebbe cercato di non respirare per non soffocarci.
Intanto rimaneva sdraiato con la testa premuta contro una parete fredda, in attesa che quelli arrivassero e cercassero dentro di lui, con le loro mani di lattice e i loro aghi affilati - dolore, dolore intenso e affilato e corrosivo - il segreto che lo rendeva troppo veloce per non rendersi conto di quanto l'esistente fosse corruttibile, ed un secondo un'eternità.

Poi la parete dove aveva appoggiato la testa esplose e lui fu libero di correre di nuovo come il vento, di urlare ed esplodere, di avere qualcosa a riempirgli gli occhi, le viscere, quel pezzo di carne che aveva dimenticato fosse un cuore.

°°°

(But I will not weep for those dying days.*)

Per favore, non andatevene.
Per favore, non lasciatemi. Non voglio restare solo.
«Non ho intenzione di affrontare tutto questo da solo.»
Ma un giorno sei costretto a fermarti; qualcuno ti afferra per le spalle, t'immobilizza, ti fa sedere, ti dice che il momento di correre è passato. Ti dice che puoi tirare il fiato, adesso.
“Non c'è più bisogno che tu corra.”
L'aria è ferma e calda, come una coperta troppo stretta. Calda e secca, come la cappa che vibra sopra un deserto.
Ma correre è quello che sono.
Velocità. Vento. Tonfo regolare di scarpe che impattano per terra. Finché non lo senti neanche più.
“Quello che sei non è scappare, però.”
A Tommy scappare è sempre venuto facile. Questo non vuol dire che gli sia mai piaciuto.
“Adesso hai un posto dove stare, no?”
“Kate, ho paura.” Non posso fare tutto questo da solo.
“Non se ne andrà nessuno, Tommy.”
“Ma Cassie e la Visione…“
Lei trattenne il fiato. “Non se ne andrà più nessuno.” Uno sguardo aperto, occhi asciutti. “Credimi, Tommy.” Fidati.
Lui smise di correre.

°°°

(We're insane but not alone.*)

Era sotto un ponte, umido di muschio e dell'acqua fetida del fiume. Lo sciabordio contro le pareti aveva un suono viscido. Non c'era vento e l'acqua sembrava petrolio appiccicoso contro la suola delle sue scarpe. Tranne che non era appiccicoso.
“Tommy, perché sei voluto venire qui?“ La voce di Billy sembrava preoccupata, appena più sottile del solito.
Lui si strinse nelle spalle. “Mi ricorda un po' il posto dove vivevo.” Ricorda: odore fetido e solitudine. Il fiato che fatica a ritornargli nei polmoni dopo una corsa troppo lunga, troppo veloce. Non voglio tornare indietro. Non tornerò mai più indietro. “E tu, perché sei venuto con me?”
Billy ride. “Pensavo stessimo andando incontro a Teddy. È agli allenamenti serali di basket.”
Tommy sbuffò, piano, tentando di non far trapelare il divertimento.
“Andiamo, Tom?”
“Cos'è, il tuo stupido ragazzo non sa più tornare a casa da solo? Si è dimenticato la strada?”
Il pugno del fratello lo colpì nella spalla, mentre si avviavano insieme lungo l'argine, due figure speculari con le mani infilate nelle tasche, quello coi capelli d'argento che camminava un po' più veloce dell'altro, un po' più veloce di quanto non fosse necessario.
Come sempre.

°°°

Il freddo del gelato al limone sembrava arrivargli dalla bocca fino al cervello. Chinò il collo all'indietro e lo appoggiò sullo schienale della poltroncina. Kate al suo fianco rideva con Teddy di qualcosa che Billy aveva detto.
Tommy voltò appena la testa e guardò fuori dalla vetrata del bar, il cielo terso sopra New York. Per un attimo gli parve di vedere una lunga scia infuocata a contrasto contro l'azzurro - la Torcia…? - ma poi scomparve senza lasciare traccia.
Appoggiò la guancia contro il pugno, il gomito piegato contro il piano di formica del tavolo, mentre il ginocchio di Kate andava quasi per sbaglio a posarsi contro il suo, e rimase lì.
Tommy sorrise, ed il formicolio sulla sua nuca corricorricorricomeilventopiùveloce si trasformò in nient'altro che il freddo del gelato.

“Com'è questa nuova vita?” chiese Kate, il cielo sopra di loro già scuro, mentre seguivano le sagome di Teddy e Billy, di poco davanti a loro. Il rumore del traffico quasi copriva la sua voce.
“Dimmelo tu. Anche tu ti starai abituando, no?” le fece un sorriso storto.
“Mmmh…” Kate si mordicchiò il labbro inferiore. “Potrei dirti noiosa, ma tu prenderesti la palla al balzo, no?“
“Dipende,” mentì.
“Però, in realtà, non è noiosa. Direi… un giusto bilancio fra tormento e serenità.”
Tommy sbatté le palpebre. "Wow, questo era… profondo.”
Kate rise e gli diede una spinta leggera, lasciando scivolare le dita lungo il suo braccio quando lui scattò via con un ghigno. Lei si girò verso di lui, ancora sorridendo, gli occhi brillanti.
Tommy si passò rapidamente la lingua sulle labbra e tornò a guardare davanti a sé - adesso Billy aveva la mano infilata nella tasca posteriore dei pantaloni di Teddy e, se lo conosceva abbastanza bene, Teddy stava arrossendo. “Uhm,” tentò, ma come dirle che pensava che avesse ragione senza forzare troppo le probabilità a far pendere la bilancia verso l'imbarazzo ed il silenzio?
La sua lingua era già pronta a scattare in un disordinato blabla senza senso - tutto era meglio che quel silenzio pieno di cose che vorresti dire ma non le dici perché potrebbero finire male - ma poi, come le prime gocce di pioggia autunnale che iniziano a picchiettare sull'asfalto di New York, liberandola dal caldo opprimente della sua estate piena di smog, sentì il tocco leggero della mano di Kate; prima sul polso coperto dal cotone verde della sua felpa, poi pelle ruvida contro il dorso della sua mano, poi dita sottili avvolte attorno alle sue.
Le gettò uno sguardo con la coda dell'occhio, ma Kate non sembrava diversa dal solito, se non per un sorriso appena formato all'angolo delle sue labbra piene. In fondo, lei non s'imbarazzava facilmente, no? E neanche Tommy.
Non era sicuro di esserne capace, anche se era un gesto così, piccolo, così stupido, ma strinse le dita attorno a quelle di lei, con cautela.
Un giusto bilancio fra tormento e serenità.

°°°

(Get over your hill and see what you find there.*)

Fermarsi non era poi così male, in fondo. Non se aveva qualcuno che, di tanto in tanto, gli tenesse la mano. Qualcuno che lo ascoltasse lamentarsi di una vita normale. Qualcuno che gli lasciasse usare il volante per giocare a Mario Kart quando metteva su il broncio.
E poi, se il supercattivo arrandom del mese lo costringeva ad uno scatto improvviso, e il vento tornava a turbinare nelle sue orecchie, insieme al sibilo delle frecce di Hawkeye, ai tonfi dei pugni di Hulkling, e alle esplosioni della magia di Wiccan, be', chi era Speed per lamentarsi?



Io volevo scrivere una Teddy/Billy, da brava slasher coi neuroni fusi perché finalmente ha un pairing canon, ma Tommy, come al solito, ha fatto da cockblock.
(Eli è a Scottsdale, da bravo bambino, e io mi sono accorta di shippare Tommy & Kate quasi per caso - diciamo che mi convincono già un po' di più di Eli & Kate, perché quella che fra loro due potrebbe essere scambiata come 'attrazione' o 'tensione sessuale' per me è solo testosterone dilagante. Perché sì, Kate fucking Bishop ha più testosterone di qualunque ragazzo a questo mondo, oh!.
Poi Tommy è uno di quei personaggi che all'inizio mi lasciano indifferente, tipo "oh, ok, tu stai lì", e poi finiscono per lasciarmi tutta "baaah no baby noo come here you need a hug".)
  
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