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Autore: malumgranatum    05/08/2012    1 recensioni
"L’ormai moribondo Impero Orientale era sul punto di collassare. I turchi avevano invaso la maggior parte dei territori che una volta erano parte dell’Impero; adesso solo Costantinopoli e poche altre città resistevano alla loro avanzata."
Warning: Angst e una Grecia non totalmente IC
Un ringraziamento particolare va a Matryoshka per la disponibilità mostrata a revisionare questa mia storia. Ogni errore rimasto è da addebitare unicamente a me.
Mi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate di questo mio contributo, quindi non siate (come me) timidi, scrivete pure!
Un ultimo consiglio: se possibile, leggete questa storia ascoltando nel contempo la colonna sonora di "Kingdom of Heaven" (potete facilmente trovarla su YouTube)!
Buona lettura (lo spero)!
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Grecia/Heracles Karpusi, Turchia/Sadiq Adnan
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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ELATE NA THN PARETAI
 

 “Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani.”
Costantino XI Paleologo, notte del 28 maggio 1453

 
Costantinopoli, anno del Signore 1453.

Quell’anno la Pasqua venne celebrata sommessamente, niente a che vedere con il passato, quando gioiosi cittadini commemoravano la vittoria di Cristo sulla morte. Adesso non c’era niente da celebrare: l’ormai moribondo Impero Orientale era sul punto di collassare. I turchi avevano invaso la maggior parte dei territori che una volta erano parte dell’Impero; adesso solo Costantinopoli e poche altre città resistevano alla loro avanzata. Nonostante gli sforzi del precedente imperatore di convincere le altre potenze europee ad aiutarlo, perché i turchi erano loro nemici comuni, il pover’uomo ritornò a Costantinopoli senza aver ottenuto molto, dopo essere stato compatito e confortato dalle corti straniere. Quell’uomo, l’erede di Cesare, non era niente di più che Re dei Greci ai loro occhi, solamente l’ombra dei passati grandi imperatori che avevano conquistato quasi l’intero mondo conosciuto; adesso le altre nazioni erano molto più potenti e avevano i loro problemi da risolvere.

Vecchie profezie e cattivi presagi annunciarono la caduta di Costantinopoli. Nessuno, neanche la Santa Vergine, avrebbe potuto salvare quella città già condannata. Eppure gli abitanti e quei pochi stranieri che erano venuti ad aiutarli, non vollero arrendersi e cominciarono a rinforzare le mura, preparandosi per l’imminente attacco.

Il Lunedì dell’Angelo vennero avvistate le prime truppe. Qualche giorno dopo l’intera armata, guidata dal sultano, arrivò di fronte alle mura della città. La battaglia iniziò. I cittadini resistettero ai terribili assalti, alle innumerevoli cannonate; non solo uomini, ma anche donne e chierici parteciparono attivamente alla difesa della città, facendo la guardia e riparando le mura, guidati dal loro coraggioso imperatore, fiduciosi che Dio li avrebbe protetti.

Sfortunatamente, tre mesi dopo l’inizio dell’assedio, i turchi riuscirono a penetrare nella città e, mille anni dopo Roma, anche Costantinopoli soccombette. La vecchia capitale imperiale era ora dominio turco, la vecchia luna veniva rimpiazzata da una nuova: era iniziata una nuova era.
 
******

Turchia stava passeggiando per le vie della città. Attorno a lui era il caos e nell’aria echeggiavano delle urla. La sua gente non si stava dimostrando clemente nei confronti dei cittadini, ma dopo quella lunga attesa avevano bisogno di sfogarsi e la prospettiva del bottino infiammava i loro animi. Molti innocenti erano stati prima derubati e poi uccisi, donne violentate, bambini resi prigionieri; le case e le chiese vennero saccheggiate e distrutte, tante reliquie perdute per sempre.

Più tardi li avrebbe fermati, ma adesso era più interessato a raggiungere l’Hagia Sophia, l’anima della città. Vagava per le strade. Davvero Costantinopoli era ormai decadente, molti gli edifici abbandonati e in alcuni punti la vegetazione aveva preso il sopravvento. La stessa città che nel passato aveva sorpassato in splendore Roma, scalzandola dal titolo di capitale imperiale, era adesso niente più che l’ombra della sua gloria passata, esausta, spenta.

Nonostante tutto, quando Turchia raggiunse la sua destinazione, la Sapienza di Dio si mostrò in tutta la sua magnificenza, svettando sulla zona, intimidendo con la sua imponenza, anche dopo la precedente distruzione. Mani devote avevano curato le cicatrici provocate dagli stessi cristiani che in Terra Santa avevano lottato per la gloria di Cristo e la vittoria contro gli infedeli, eppure, pieni di cupidigia, avevano attaccato e conquistato la città, spogliandola delle sue ricchezze e delle preziose reliquie.

Quando penetrò nel luogo sacro, il turco venne circondato dal silenzio e dall’odore d’incenso; serenità e pace contrastavano con la confusione proveniente da fuori. Le tessere dei mosaici, inondate di luce, illuminavano la navata, creando un’atmosfera dorata e surreale. Dall’alto, Cristo benediceva la sua gente tormentata, il suo sguardo calmo prometteva loro una serena vita ultraterrena, una ricompensa per i dolori presenti.
Oro, marmi preziosi e porfidi rendevano la chiesa un ricco scrigno, l’ultimo grande tesoro di Costantinopoli.

Abbassando lo sguardo, Turchia notò una piccola figura acquattata addosso all’altare e, dopo averla osservata con più attenzione, si rese conto che si trattava di un bambino. Sentendosi scoperto, il ragazzino si alzò; vestito in abiti imperiali e ornato di gioielli, lì stava Grecia.

*****

Molti anni addietro.

“Mi aspetto che tu ci serva lealmente.”
Turchia abbassò la testa, sperando che sarebbe bastato come consenso. Non avrebbe giurato fedeltà a nessuno, nessuno lo avrebbe controllato, sarebbe rimasto libero. Ma se lottare per quella donna lo avrebbe reso più forte, allora lui…
“Proteggerò i confini.”
“Sarà meglio che tu lo faccia. Mi aspetto molto da te e dalla tua gente. Non permetterò nessun errore.” Dannazione, quella donna era davvero autoritaria. La prima volta che la vide, aveva pensato che fosse molto bella, attraente e regale, eppure i suoi occhi erano così freddi. Sopravvivendo a tante difficoltà, aveva perso la sua spontaneità; il suo sguardo era distante come quello delle bellissime statue di cui andava tanto fiera.

La statua ritornò umana non appena una serva le porse un neonato e, solo per un istante, sorrise dolcemente al bimbo.
“Questo è il mio erede, colui che condivide il nome con il grande dio Heracles” i chierici presenti nella sala velocemente si fecero il segno della croce, guardando sconvolti la loro signora che, noncurante della sua affermazione blasfema, semplicemente continuò a parlare “Il mio erede, mio figlio sorpasserà chiunque sia venuto prima di lui, persino i suoi stessi genitori. Egli diventerà il più grande dei grandi.”

Un bambino, un moccioso. Sadiq dubitava che quel piccolo insetto potesse diventare forte, figurarsi che potesse superare il padre; l’uomo che Turchia per tanto tempo aveva ammirato, colui che, venuto dall’Ovest, aveva conquistato e sottomesso così tante terre. Il turco aveva provato qualcosa come ammirazione nei confronti del conquistatore del mondo, così, sin da piccolo, aveva sognato di costruire un suo proprio impero, grande e duraturo. Quando quell’uomo cadde, Sadiq si era sentito come vuoto; quello dunque era il destino di un conquistatore: debole e tradito. Bene, se quella era stata la fine di quell’uomo, questo non significava che sarebbe stata anche la sua. L’impero turco era destinato a vivere in eterno.

Il bambino lo stava adesso osservando con grande curiosità, Turchia lo squadrò a sua volta e il piccolo, spaventato, scoppiò a piangere rumorosamente.

Mocciosi.

****

Beh, il marmocchio era… rimasto tale, magari era diventato più grande, ma rimaneva comunque patetico nella sua debolezza.

Nel frattempo, Heracles osservava quell’uomo alto e barbuto, che gli ricordava suo padre; quel padre che ricordava con difficoltà, sempre lontano, impegnato a proteggersi dagli attacchi di quei maledetti barbari. Mentre sua madre, fintantoché era rimasta in vita, non lo aveva mai lasciato. Era stata una donna forte, coraggiosa e indipendente nel passato. Molti l’avevano desiderata e tentato di conquistarla, solo il padre di Heracles era riuscito realmente a vincere quella donna così risoluta. Ma, nonostante ne fosse divenuto il compagno, quell’uomo aveva continuato a corteggiare altre donne che gli diedero dei figli. Eppure, quando si trovò in difficoltà, non esitò a dividere con lei il suo potere, affidandole una parte del suo potere. Anche dopo la scomparsa di suo padre, sua madre aveva continuato a regnare su quei territori, ma stava iniziando ad indebolirsi. Quando i Crociati la violarono, fu lasciata denudata, fragile, quasi priva di forze. L’attacco di Turchia era stato il colpo decisivo; giorno dopo giorno, sua madre andava spegnendosi, troppo esausta per reagire. Prima di andarsene, maledicendo il suo destino, aveva affidato suo figlio e i suoi sudditi alla spada di Costantino e alla misericordia di Dio.

Heracles si trovava nella Chiesa quando l’armata nemica era penetrata nella città. La notte precedente l’intera città si era recata lì a pregare e, in quell’occasione, Cattolici e Ortodossi avevano pregato insieme, dimenticando per una volta le loro vane dispute, esaudendo anche solo per quella notte uno dei desideri dell’imperatore. Heracles vide il suo sovrano motivare la gente. Loro, discendenti dei guerrieri Greci e Romani, dovevano difendere la città dagli infedeli. Lo sguardo di ognuno era adesso diretto verso Heracles, avrebbero mostrato al loro principe la loro determinazione, ci sarebbe ancora stato un futuro per loro.

Dopo la messa, Costantino nuovamente assicurò che avrebbe promesso il suo principe, come aveva giurato a sua madre. Prima di andarsene, chiese al ragazzino di rimanere nella Chiesa, la parte più sicura della città. Quella fu l’ultima volta che vide il suo imperatore. Fu come se sua madre fosse morta una seconda volta e, nuovamente, lui non era stato in grado di fare niente, era solo un bambino inerme. 

Adesso quel barbaro infedele aveva osato invadere non solo la capitale di sua madre, ma persino quel luogo così sacro.

L’uomo sogghignò “Pensavo che Vostra Altezza sarebbe stato ad attendermi nel suo lussuoso palazzo.”
Mentre parlava, si avvicinò al ragazzino, piazzandosi di fronte a lui.
Dopo averlo esaminato attentamente, sorrise sarcasticamente “Sai, porpora e oro sono per i re, non per i marmocchi. Beh, adesso che ci penso, non sono fatti neanche per i re, non per il tuo almeno.”

Un calcio. Sadiq non avvertì dolore. Come se il calcio di un bambino potesse fargli qualcosa! Il suo corpo avvertì semplicemente la pressione. Comunque non poté evitare uno sguardo sconvolto, fisso sul moccioso che aveva osato tentare di fargli del male e adesso lo guardava con occhi pieni di sfida.
La rabbia si diffuse sullo sguardo di Turchia. Afferrò Heracles per i capelli, guadagnando un urlo rumoroso che ruppe il religioso silenzio. Adesso si trovava faccia a faccia con il ragazzino. “Ascolta attentamente marmocchio, non me ne frega un cazzo di chi sia tu o di chi fossero i tuoi vecchi. Per me tu sei solo un insetto fastidioso; quindi stai attento o finirò per schiacciarti.”
Nel frattempo il bambino tentava di liberarsi, il che era molto difficile, quell’uomo era davvero forte.
“Lasciami andare! Lasciami! Sporco barbaro!”
La stretta ai capelli si rafforzò; gli occhi di Heracles luccicavano di lacrime per il dolore, eppure il ragazzino tentava di sfidare con lo sguardo il suo opponente.
“Io? Barbaro? Non tacciate di barbarie quelli che rompono accordi, tradiscono, saccheggiano, violentano, distruggono e massacrano? Coloro che non sono civilizzati? A quanto ricordo, moccioso, il tuo vecchio ha fatto tutto questo e la tua mammina non era certo migliore di lui.”
Sentendo questo, Grecia tentò di colpirlo nuovamente, ma l’uomo evitò facilmente il piccolo piede e, senza preoccuparsi di fare a pezzi la “reputazione” la famiglia del marmocchio, continuò il suo discorso.
“I tuoi genitori pensavano di essere superiori, come dei, e per questo credevano di essere immortali. La loro superbia li ha portati alla rovina, così alla fine non sono stati neanche in grado di proteggere sé stessi, figurarsi i loro figli. È loro la colpa se adesso un ragazzino come te deve occuparsi di tutto da solo. Neanche il tuo imperatore è stato capace di difenderti. Prenditela con la tua famiglia, moccioso, sono stati loro a condannarti: ti hanno lasciato solo.”
Heracles rimase immobile, non riuscì a replicare; tutto ciò che aveva detto quell’uomo era vero. Era solo e non sapeva cosa fare. Se solo Costantino fosse stato al suo fianco. Aveva promesso che sarebbe accorso ogni volta che Grecia avrebbe avuto bisogno di aiuto. Dove era adesso? Lo aveva veramente abbandonato? Era ferito? Morto?
Vedendo che il bambino si era calmato, la stretta ai capelli si allentò, così da permettere a Grecia di liberarsi: la testa gli faceva malissimo e gli occhi gli bruciavano. Voleva semplicemente comportarsi come un qualunque bambino. Voleva piangere, chiedere della sua mamma, eppure non era normale, non era nemmeno un vero bambino. Sin dalla nascita, era stato trattato come qualcosa di speciale. Le sue nobili origini lo rendevano un principe, ricoperto di tesori. Era diverso dai suoi fratellastri, le cui madri erano sconosciute: il classicismo non scorreva nelle loro vene e per questo erano considerati mezzosangue, bastardi.
Heracles era sempre stato circondato da cortigiani che lo glorificavano, invidiavano il suo rango; era ormai abituato ai loro elogi pieni di ipocrisia.
Ma adesso quest’uomo lo stava trattando come un ragazzino qualunque e non un dono degli dei: Grecia non sapeva cosa fare. Forse tornare nelle sue terre era la scelta migliore; forse esisteva ancora la possibilità di buttare fuori Turchia dai territori di sua madre; forse questa volta i suoi fratelli lo avrebbero aiutato. Doveva tornare adesso.

“Allora, visto che hai vinto, non hai più bisogno di me. Tornerò nelle mie terre.”
“Come se potessi permettere ad un moccioso irritante come te di tornare nei suoi territori, tra la sua gente” ringhiò il turco. Heracles lo folgorò con lo sguardo, mentre Sadiq continuò “E comunque, se anche ti dessi l’opportunità di andare via, dove andresti? Atene adesso appartiene ai tuoi parenti italiani. Può la Grecia essere se stessa senza la sua preziosa capitale? Atena deve essere sicuramente adirata con voi greci. I suoi preziosi cittadini l’hanno cacciata via e, in più, la sua casa è stata trasformata in un tempio cristiano. Li avete traditi e adesso i vostri dei vi stanno maledicendo. Non avete paura della loro rabbia? O forse la vostra nuova fede è forte abbastanza da proteggervi da loro? Sicuramente non vi ha protetti da me, né ha protetto tua madre dai tuoi parenti.”
Questo era troppo. Come osava dire questo? Quell’uomo non sapeva nulla, non poteva comprendere cosa…
“Resterai con me.” aggiunse Sadiq.
“Cosa?!”
“Sei sordo, moccioso? Ho detto che starai con me. Pensaci bene, non hai dove andare. Vivrai con me e verrai addestrato per servirmi.”
“MAI!” l’espressione del greco divenne dura.
“Diventerai un marmocchio ben educato, remissivo e fedele. Dovrai lottare duramente per ottenere il mio benvolere. Se ci riuscirai, vivrai abbastanza da crescere. Ma se mi scontenterai, verrai punito così duramente che mi supplicherai di ucciderti. Ricorda solamente questo, moccioso, disubbidiscimi, sbaglia e il tuo popolo pagherà assieme a te.”
Quel dannato turco lo stava minacciando; Heracles era sicuro che Sadiq avrebbe mantenuto la sua promessa e non voleva che il suo popolo soffrisse ancora di più. Non aveva scelta.
“Verrò con te.”
Turchia sogghignò “Pare proprio che, dopotutto, tu sia un moccioso saggio.”
Heracles abbassò lo sguardo, gli occhi gonfi di lacrime, ma determinato a non lasciarle cadere.

“Bene, ho l’impressione che resterò qui ancora per molto” sorrise ironicamente Turchia “Ti dispiacerebbe mostrarmi le bellezze della città? Essendo il principe le conoscerai a fondo.”
Sadiq si voltò e iniziò ad avanzare verso il grande portale; Heracles era rimasto indietro e fissava la sua schiena. Non sentendo i passi dell’altro, Turchia si fermò.
“Sto aspettando, moccioso.” sibilò minacciosamente.
Grecia strinse i pugni, ma obbedì.
Avrebbe mostrato al turco che non era un ragazzino patetico ma coraggioso e determinato. La battaglia era persa, ma avrebbe resistito. L’uomo pretendeva che vivesse con lui? Bene, Heracles ne avrebbe tratto vantaggio, cercando di scoprire le debolezze del suo nemico, cosicché, un giorno, lo avrebbe sconfitto e buttato fuori dalle terre di sua madre. Ci sarebbe riuscito, lo avrebbe fatto in onore dei suoi genitori e per salvare la dignità della sua gente.
Raggiunse Sadiq che sorrise.
“Bravo, cagnolino.”
 
*****
Poco dopo essersi allontanati, i soldati turchi occuparono la basilica.
Lasciando l’Hagia Sophia, Heracles non sapeva che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto la chiesa.
 
Molto tempo è passato da quel giorno fatidico, eppure qualcuno ancora aspetta il momento in cui l’ultimo imperatore si risveglierà dal suo sonno centenario e, assieme al suo amato principe, libererà la capitale perduta.
 

“Giacché è chiaro che desideri la guerra più della pace, poiché non riesco a soddisfarti né con le mie affermazioni di sincerità o con la mia solerzia nel giurarti fedeltà, allora sia fatto come tu desideri. Adesso mi volterò e volgerò il mio sguardo solo a Dio. Se è Suo desiderio che tu conquisti la città, chi potrebbe opporsi? Se dovesse inculcarti un desiderio di pace, non potrei che esserne felicissimo. In ogni modo ti svincolo da tutti i tuoi giuramenti e trattati fatti con me e, chiudendo le porte della mia capitale, difenderò il mio popolo fino all’ultima goccia del mio sangue. Possa tu regnare in serenità finché il Giusto, il Dio Supremo, ci chiamerà entrambi dinnanzi al Suo Tribunale.”
Costantino XI al sultano Maometto II

 
 
Qualche piccola nota (siete liberi di skippare direttamente ai fatti storici, risparmiandovi le mie noiosissime considerazioni :’D)
Questa storia è nata per caso. Non so se qualcuno/a di voi conosce il kink meme. Beh, bighellonavo (si parla di qualcosa come due anni fa, ormai), dando un’occhiata ai vari prompt, finché mi trovai di fronte ad una richiesta anon di scrivere una fan fiction avente come tema base la caduta di Costantinopoli del 1453. Tra me e me mi dissi che sarebbe stato interessante leggere una storia su questo argomento ma (ahimè) il tempo passava e nessuno si decideva a postar la minima cosa e così ebbi la (malaugurata) idea di mettermi io stessa al lavoro. Passai qualcosa come 4-5 mesi a far ricerche storiche (perché, benché di natura pigra, quando qualcosa concerne la Storia, divento Miss Pignola) e alla fine la pubblicai in inglese su varie community livejournal e, in seguito, su fan fiction.net (che mi ha devastato la grafica, ammucchiando i paragrafi e creando un bel casino). Quindi, come avrete facilmente desunto, questa che avete appena letto è la traduzione (quasi fedele) italiana della mia fic. Ho cambiato giusto qualche parola o il senso di qualche frase; in realtà, il cambiamento più grosso è la citazione che dà inizio al tutto. Nella versione originale era un hadith del profeta Maometto: “Voi conquisterete Kustantiniyya. Salute al principe e al popolo che riporteranno questo successo!” Poi però ha preso il sopravvento l’amore che ho sviluppato per Costantino XI e nella versione ita ho trascritto una frase tratta dal suo (presunto, il condizionale è d’obbligo) discorso fatto in Santa Sofia la notte di Pasqua del 1453. Il discorso è stato riportato (magari anche un po’ abbellito, chissà) dal vescovo di Lesbo, Leonardo di Chio, in una lettera a papa Niccolò V.
 
Per chi non ha pazienza: potete iniziare a leggere da qui :D
Ecco a voi qualche piccola notarella storica che, spero, possa aiutarvi ad approfondire e/o comprendere alcuni punti che magari mi sono limitata ad accennare, senza approfondire (altrimenti diventava una tesina di storia bizantina).
Mi sento in dovere di sottolineare il fatto che, nel limite delle mie possibilità ho seguito i fatti come si sono svolti (o come si dice si siano svolti), ma è capitato che io abbia dovuto “piegare” (brutta parola) la Storia per adattarla alla mia necessità. Un esempio è dato dal ruolo degli Italiani. I nostri compatrioti, che a tratti potrebbero sembrare un po’ degli “antagonisti”, in realtà ebbero un ruolo non da poco nella difesa della città. Si trattava per lo più di genovesi (partner economici dell’Impero), ma erano presenti anche non pochi Veneziani (che pure avevano avuto dei momenti di scontro, vedi sotto, con i bizantini) e molto probabilmente qualche altro italiano proveniente da varie parti della penisola. Quei nostri connazionali che decisero di rimanere nonostante tutto, aiutarono la popolazione nelle opere di fortificazione e nella difesa diretta della città, meritandosi l’apprezzamento di tutti e, in primis, dell’imperatore. Italiano e, più precisamente, genovese era anche Giovanni Giustiniani Longo, fedele generale di Costantino. Assieme all’imperatore, Giustiniani lottò coraggiosamente, resistendo agli attacchi dei nemici. Costantino si fidava ciecamente di quest’uomo e, alla fine della celebre messa, ci tenne a ringraziarlo per la sua fedeltà alla loro causa, nonostante lui, in quanto genovese, fosse uno straniero. In seguito alla disfatta, Giustiniani riuscì a raggiungere Chio, dove morì a causa delle ferite riportate in battaglia. Stando, però, ad una diversa versione dei fatti, nella calca dei combattimenti, Giustiniani venne sfiorato (o comunque colpito lievemente) da un colpo; lo shock di essere stato quasi sul punto di morire lo colpì così tanto da indurlo a fuggire e indebolire, con la sua assenza, la già fragile difesa della città.

- Mentre gli Europei chiamavano l’imperatore bizantino “re dei Greci”, i Bizantini lo chiamavano Imperatore dei Romani poiché il titolo comportava un certo prestigio e gloria per il loro stato. Durante l’occupazione ottomana, i Greci continuarono a chiamare sé stessi “Romeos” e fu solo dopo la Guerra d’indipendenza greca (1821-1832) che il nome “Elleni” iniziò a prendere il sopravvento su quello vecchio.

- Poiché i Bizantini avevano abbandonato militarmente i Crociati in varie occasioni e si intrattennero apertamente in accordi diplomatici con i nemici, i rapporti tra i Latini della Prima, Seconda e Terza Crociata erano passati da tesi ad essere apertamente ostili. Inoltre, nel 1182, a Costantinopoli, un gran numero di mercanti veneziani e altri Latini venne attaccato, deportato o, peggio, massacrato. Così, il 12 aprile 1204, i Crociati saccheggiarono selvaggiamente Costantinopoliper tre giorni. In questo frangente, molte opere antiche e medievali romane e greche vennero trafugate o distrutte. Nonostante i giuramenti prestati e la minaccia di scomunica, i Crociati violarono sistematicamente le chiese della città, distruggendo, rovinando o rubando tutto ciò che si trovavano tra le mani; niente venne risparmiato. L’impero venne suddiviso tra Venezia e i leader crociati e venne stabilito l’Impero Latino di Costantinopoli. I Veneziani fondarono inoltre il Ducato dell’Arcipelago nel mar Egeo. Nel frattempo, i rifugiati bizantini fondarono i loro stati successori, i più importanti dei quali furono l’Impero di Nicea, l’Impero di Trebisonda e il Despotato d’Epiro. Costantinopoli venne riconquistata dai Greci nicei nel 1261.
Durante una processione, l’Odigitria, un’icona rappresentante la Vergine Maria, realizzata secondo la leggenda dall’evangelista Luca, cadde giù e nessuno fu in grado di rialzarla. Inoltre una misteriosa nebbia avvolse l’intera città nonostante si fosse in maggio. Secondo una vecchia “profezia”, la città sarebbe caduta in un giorno di nebbia. Ovviamente nessuno si aspettava che, in pieno maggio, potesse “realizzarsi” tale presagio.

- Si dice che quando il sultano Maometto II entrò nella città, chiese come mai nella facciata di molte case fosse stata dipinta una mezza luna. Gli spiegarono che, sin dal 340 aC, anno in cui Filippo II il Macedone non era riuscito a conquistare Bisanzio, la mezza luna era stata eletta simbolo della città. Stando ad una diversa versione, invece, quel simbolo era stato scelto in tempi antichi per onorare Artemide, dea della luna (e di molte altre cose). Fatto sta che al sultano piacque molto quel simbolo tanto da spingerlo a farlo suo con l’aggiunta di una stella. Ancora oggi la mezza luna e la stella sono presenti nella bandiera turca.

- Fu l’imperatore Manuele II Paleologo, padre di Costantino, a viaggiare di corte in corte per chiedere ai sovrani occidentale contro i Turchi Ottomani. Giovanni VIII, figlio e successore di Manuele, tentò di ottenere l’aiuto dell’Occidente promettendo di unificare le chiese Cattolica e Ortodossa, ma i greci cristiani, in maggioranza ortodossi, erano contrari a questa decisione, pensando che persino il dominio turco era preferibile alla sottomissione al Papa.
Costantino XI Paleologo, fratello dell’imperatore Giovanni, fu l’ultimo Imperatore Romano regnante ed è considerato, ancora oggi, un eroe nazionale in Grecia. Morì difendendo la sua città e il suo popolo e, in seguito, alcuni soldati turchi dichiararono di aver ritrovato il suo corpo: il cadavere venne decapitato e la testa esposta come ammonimento. Altri sostengono che i Turchi non riuscirono mai ad identificare il corpo (Costantino, infatti, dopo che ebbe abbandonato il vessillo imperiale per correre incontro al suo destino, non era in niente diverso da qualunque altro soldato) e che, con molta probabilità, l’ultimo imperatore venne seppellito in una fossa comune assieme a tanti dei suoi soldati. Secondo una leggenda, un angelo salvò l’imperatore, lo trasformò in una statua di marmo che piazzò sottoterra nei pressi della Porta Aurea in attesa di ritornare in vita nel momento in cui la Grecia avrà più bisogno di lui.

Riguardo al titolo
Quando il sultano chiese all’imperatore di consegnargli la città, il coraggioso sovrano rispose:

Elate na thn paretai: vieni a prendertela
 
 
 
 
 
  
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