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Autore: _DriZzle_    05/08/2012    2 recensioni
Nel cortile della scuola c'era un'altalena rotta.
Il sedile penzolava a poca distanza dal suolo e dondolava tristemente al vento che scuoteva l'unica delle due catene di ferro leggermente arrugginito che rimaneva ancora coraggiosamente appigliata al palo in alto.
In realtà c'era un altro sedile che, per quanto malconcio, era ancora possibile utilizzare; ma nessuno andava mai su quell'altalena.
Tutti i bambini preferivano fare la fila a due a due con gli amichetti per potersi poi dondolare insieme sulle altre che avevano ancora entrambi i sedili.
Solo un bambino utilizzava testardamente quell'altalena.
Un bambino con ricci neri e occhi chiari, che non pareva affatto dispiaciuto di stare da solo, senza la compagnia di nessuno.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi, prima storia che pubblico e la prima in assoluto che scrivo su Sherlock. Che dirvi... Non ho bene idea di dove andremo a parare. So che non è molto rassicurante, ma è così. So che non sarà una SherlockxJhon (e così probabilmente mi sono giocata quelle quattro visite che avrei potuto avere, forse) ma più che altro una storia che vuole fare un po' di luce anche sul passato del detective. Perchè insomma, ve lo immaginate uno come Sherlock a scuola? xD L'andamento temporale non sarà lineare, infatti si parte da un flashback. Almeno questo ve lo posso dire, (solo perchè ho già scritto l'altro capitolo xD). Per il resto tutto può cambiare, compresi gli avvertimenti. Diciamo che ho messo il rating arancione per pararmi il culo perchè mi conosco e so che sono una brutta persona. xD Anche l'OOC l'ho messo per eccesso di zelo, perchè cercherò di essere abbastanza fedele alla MIA idea dell'originale ma, con un freak come Sherlock, non sei mai certa di essere completamente IC. Ora vi lascio che ho sproloquiato abbastanza. Scusate eventuali errori e commentate, anche solo per dire che volete linciarmi. Ma spero di no xD. In ogni caso, from now on "the game is on."

..a strange boy, a redheaded girl and a broken swing... 


Nel cortile della scuola c'era un'altalena rotta.
Il sedile penzolava a poca distanza dal suolo e dondolava tristemente al vento che scuoteva l'unica delle due catene di ferro leggermente arrugginito che rimaneva ancora coraggiosamente appigliata al palo in alto.
In realtà c'era un altro sedile che, per quanto malconcio, era ancora possibile utilizzare; ma nessuno andava mai su quell'altalena.
Tutti i bambini preferivano fare la fila a due a due con gli amichetti per potersi poi dondolare insieme sulle altre che avevano ancora entrambi i sedili.
Solo un bambino utilizzava testardamente quell'altalena.
Un bambino con ricci neri e occhi chiari, che non pareva affatto dispiaciuto di stare da solo, senza la compagnia di nessuno.
Anzi, sembrava quasi che sbeffeggiasse silenziosamente quegli sciocchi compagni di scuola che facevano la fila per tutto l'intervallo per salire sull'altalena con gli amichetti.
A volte alla maestra era apparso di vedere addirittura un beffardo sorriso distendergli le labbra, quando, alla fine dell'intervallo, molti non avevano nemmeno potuto salirci, sull'altalena.
Lui invece, appena suonava l'intervallo, si avviava con tutta calma verso il cortile, lanciando occhiataccie ai compagni che, correndo per accaparrarsi un buon posto in fila, lo spintonavano o gli pestavano i piedi.
Arrivato, zitto, zitto, osservando tutti senza però rivolgere la parola a nessuno, si sedeva sul sedile rosso di ferro scheggiato e iniziava a dondolarsi dolcemente, senza sollevare troppa polvere a causa di un eccessiva pressione per darsi una spinta.
Seduto sull'altalena il bambino guardava, osservava e sembrava analizzasse avidamente tutto ciò che aveva intorno: il cielo, le nuvole, gli altri bambini, perfino le maestre e, a volte, addirittura, cosa sorprendente per un bambino di nemmeno sei anni, cacciava un libro fuori da chissà dove e pareva leggesse.
Ma non libri per bambini: piccoli, sottili e colorati, ma veri e propri mattoni rilegati in pelle, con immagini di atomi e provette o ancor peggio, di ossa umane in copertina.
Quella mattina, ad esempio, leggeva un libro che si intitolava “L'Arte di Leggere le Orme” ma a dire il vero, non sembrava riuscire a concentrarsi molto nella lettura; alzava gli occhi dalle pagine ad intervalli regolari e sembrava volesse incenerire gli altri bambini che stavano facendo più baccano del solito.
Ovviamente lui sapeva il motivo.
Quel giorno era arrivata a scuola una nuova bambina, accompagnata da una grande macchina nera (una Ford piuttosto malandata) e scortata da un vecchio signore serioso in frac nero scolorito e liso dall'utilizzo eccessivo.
Il bambino aveva notato subito l'incredibile contrasto che c'era tra quella grigia figura scolorita, alta e greve, e la piccola testa rossa che quasi gli saltellava accanto, sporcandosi le scarpette di pelle marroni e scuotendo una gonnellina a fiori dalla stoffa piuttosto grezza.
Al bambino non era sembrata poi molto diversa da tutte le altre bambine che frequentavano la sua scuola e che lo irritavano con le loro risatine acute e le loro ottuse vocine che parlavano sempre di bambole o presunti fidanzati.
Non riusciva quindi a capire tutto quest'entusiasmo per una bambina che sembrava perfettamente uguale alle altre; questa per lui non era altro che l'ennesima prova della stupidità dei suoi compagni.
Ad un certo punto vide, con un certo orrore e uno strano senso di disagio, la suddetta bambina girarsi dalla sua parte e fissarlo, attentamente.
Dopo un minuto di attenta osservazione, la vide congedarsi con un sorriso dalle sue compagne e avviarsi verso di lui, sempre con lo sguardo fisso nel suo.
Il bambino si meravigliò.
Del resto glielo diceva sempre anche sua madre che il suo sguardo metteva non poco a disagio e che era maleducato fissare la gente in quel modo.
Ma la bambina non sembrava farci molto caso, anzi; ricambiava l'occhiata con altrettanta attenzione e con una certa curiosità.
Si fermò alla distanza approssimativa di sette passi e mezzo, cosa che gli consentiva di dondolarsi ancora leggermente sull'altalena.
Ora che era vicino poté osservare meglio i capelli rossi sottili e leggermente mossi, gli occhi piccoli di un nocciola molto chiaro, la pelle di una sfumatura piuttosto scura per un'inglese e, soprattutto, la pessima qualità dei suoi vestiti.

-Ciao.-

Aveva una voce abbastanza acuta ma, grazie al cielo, non fastidiosa come quella delle sue coetanee.
Il bambino si limitò ad aggrottare un sopracciglio ma non rispose al saluto.
La bambina, dal canto suo, non sembrò così turbata.

-Io sono Grace. Tu come ti chiami?-

-Sherlock Holmes.-

Lo disse scandendo bene tutte le sillabe. Come per precisarne bene la pronuncia e l'intonazione, come se volesse insegnarle come pronunciarlo correttamente.
Anche la bambina allora aggrottò un sopracciglio, ma si limitò a chiedere:

-E come mai sei qui da solo, Sherlock Holmes?-

-Leggevo.-

-Cosa?-

Questa volta fu Sherlock ad essere piuttosto sorpreso; nessuno sconcerto nella sua voce, niente nell'espressione del suo viso sembrava suggerire stupore per il fatto che lui fosse già in grado di leggere.
Nessuna stupida insinuazione al fatto che facesse solo finta di saper leggere per sembrare più intelligente.
Niente.
Solo una semplice domanda sul titolo.
Sherlock chiuse il libro, mettendo l'indice tra le pagine per tenere il segno e glielo mostrò.

-“L'Arte di Leggere le Orme”.... Mmmm, no mai letto.-

-Perché sai leggere?-

La domanda suonò beffarda quasi di sfida. Tanto che ci fu uno strano momento di silenzio in cui il vociare degli altri bambini in lontananza, i cigolii delle catene e il soffio del vento tra l'erba sembrarono amplificarsi.

-Si, certo.-

Rispose la bambina, semplicemente.

-Non ci credo.- rispose Sherlock -Non hai nemmeno cinque anni.-

-Infatti ne ho quattro e mezzo.- rispose Grace sorridendo.

-Allora come fai a saper leggere?-

-Non lo so... Ma so farlo.-

-Davvero? Quanti libri hai letto?-

-Beh, tanti.-

-Tanti? A quattro anni e mezzo hai letto già tanti libri?- fece Sherlock scettico.

-Si ma non tutti da sola. Alcuni me li hanno letti mamma e papà.-

-Ah si? E quali libri hai letto?-

-Beh principalmente favole, fiabe, classici... Ma anche qualche opera teatrale, ora che ci penso.-

-Quindi sai leggere.-

-Si... Mettimi alla prova.-

Sherlock la guardò abbastanza scandalizzato. Lei sembrava serena e sicura di se, lui d'altro canto moriva un po' dalla curiosità, un po' dalla voglia di intaccare la sua sicurezza.
Guardandola di traverso, andò ad una delle prime pagine del libro, anzi proprio l'inizio dell'introduzione, e le indicò il primo rigo.
La bambina si sporse oltre la sua spalla per riuscire a leggere, e Sherlock sentì il suo profumo.
Non riusciva a definirlo. Ma era molto buono.

“Non c'è alcun ramo delle scienze investigative così poco praticato, eppure tanto importante, qual'è l'arte d'interpretare le orme.” *

Grace articolò le parole chiaramente, con calma ma senza difficoltà alcuna e poi sorridendo sorniona si voltò verso Sherlock e gli disse:

-Visto? So leggere. Avresti anche potuto scegliere un pezzo più difficile, comunque.-

Colto sul fatto Sherlock fece uno strano colpetto di tosse ed arrossì leggermente.

Cosa strana perché di solito lui non s'imbarazzava mai.

-Quindi... Sai leggere.- constatò più per cambiare discorso che per necessità.

-Evidentemente.-

-E leggi fiabe e favole?-

-Principalmente.-

Sherlock scoppiò in una risatina di scherno.

-Che c'è? Perché ridi?- fece Grace quasi offesa.

-Ma perché le favole sono così stupide. Sono inutili. Non hanno utilità nella realtà.-

-Non è vero.-

-Certo che è vero.-

-Ah, davvero? E allora tu che leggi mister so tutto?-

-Libri di chimica, di fisica, di biologia. Di scienza. Di cose utili. Di cose che mi serviranno.-

Disse Sherlock tutto orgoglioso.

-Saranno anche utili, ma sono noiosi.-

-Non sono noiosi.... Per chi li capisce, ovviamente.-

Grace a quel punto gonfiò le Guancie e incrociò le braccia al petto, offesa.

-Beh anche le favole sono utili, se le capisci.-

Sherlock allora aprì la bocca per replicare qualcosa ma, purtroppo o per fortuna, la campanella che annunciava la fine dell'intervallo suonò e le insegnanti iniziarono a radunare i bambini per ricondurre nelle classi.

I due bambini si guardarono sorpresi, chiedendosi coma mai fossero volati così veloci quei quaranta minuti.

-Mi sa che dobbiamo andare.- fece notare Grace.

Sherlock allora si alzò svogliatamente dall'altalena e, con il libro sotto il braccio, si incamminò verso il centro del cortile, mentre Grace tentava di tenergli dietro.

-Hey, nemmeno saluti?- disse picchiettandogli due dita sulla spalla.

-A cosa serve? Tanto ci vediamo domani.-

Grace, guardò fisso negli occhi di Sherlock, non sapendo se arrabbiarsi per la sua maleducazione o essere contenta perché in un certo senso le stava facendo capire di essere disponibile a stare ancora insieme a lei domani.

Decise di mediare tra le due.

-Beh, che significa? Ci si saluta comunque. Anche se ci vediamo domani.-

Sherlock decise di non rispondere a quest'ultima provocazione e la congedò con uno sguardo, prima di mettersi in fila con i suoi compagni di classe, lasciando Grace da sola nel bel mezzo del cortile.





*Come forse molti di voi avranno notato, questa è una citazione dal canone di Sherlock Holmes originale. Ringrazio Doyle per la gentile concessione. xD

  
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