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Autore: cri86    06/08/2012    0 recensioni
In una giornata tranquilla a Storybrooke si incrociano i destini di due persone che vivono lì da sempre, eppure non si conoscono. E di colpo è come se il mondo fosse crollato intorno a loro. Ma se non è stato il caso a far incontrare Duke e Hope, cos'altro può averli guidati l'uno verso l'altra nel labirinto di una vita senza magia?
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Where nothing never hurts again

I - L'incontro

Duke Faydden è un uomo estremamente sicuro di sé, uno che sa dove vuole arrivare e non si ferma davanti a nulla pur di raggiungere i suoi scopi. Un uomo, anche, che non conviene ostacolare. Ovviamente, nessuno dotato di un minimo di buonsenso si sognerebbe mai di ostacolarlo; infatti, malgrado i suoi modi eleganti e il vocabolario ricercato incutano un certo rispetto, a volte si ha come l’impressione che basti un battito di ciglia perché i suoi occhi (di uno strano colore a metà fra l’azzurro e il verde) diventino improvvisamente crudeli. No, decisamente gli altri abitanti di Storybrooke si guardano bene dal suscitare l’ira di quell’uomo, che di mestiere fa l’assistente sociale ma nell’opinione comune sarebbe stato un ottimo sceriffo o un esattore delle tasse.

Quel giorno, mentre esce di casa e si chiude la porta alle spalle, Duke non sospetta minimamente che le cose, per lui, cambieranno prima di quanto creda.

E’ una giornata tranquilla, uguale a tutte le altre che l’hanno preceduta. Nelle intenzioni dell’uomo, sarebbe probabilmente identica anche a quelle che seguiranno. Quel giorno, prima di andare in ufficio, deve passare a casa del sindaco Mills per un veloce controllo. Al pensiero, non riesce a trattenere un ghigno beffardo che per un attimo gli incurva le labbra. Duke sa benissimo che la donna detesta le sue visite per assicurarsi che il piccolo Henry, il bambino che ha adottato, si trovi bene con lei e stia crescendo in un ambiente adeguato; la considera una mancanza di rispetto. Be’, tanto piacere. Deve ancora nascere il sindaco che possa intimidire lui, e se è diventato assistente sociale non è stato certo facendosi mettere il piede in testa dalle famiglie. Il benessere dei piccoli sfortunati a cui Duke deve provvedere è la sua preoccupazione principale; nel suo lavoro, è il migliore. Tutto il resto invece non lo riguarda, e alle proteste di aspiranti genitori completamente inadatti all’affidamento ha sempre risposto con un sopracciglio alzato e una scrollata di spalle.

Ma c’è dell’altro. Duke si diverte a giocare con le persone arroganti e superbe come un gatto farebbe con un topo; le illude, le inganna avvolgendole in un falso senso di sicurezza e poi, glaciale, pronuncia il suo giudizio. Che il più delle volte, al più delle orecchie, suona come una condanna, tanto è pronunciato con gelida ferocia. Il suo lavoro è anche quello, in fondo.

Durante l’ultimo controllo a casa Mills, è quasi riuscito a far perdere le staffe a quella donna altezzosa, che sembra camminare tre spanne sopra tutti gli altri. Lei lo ha accolto con freddezza e gli ha fatto notare che era in ritardo, lamentandosi di aver rimandato un’importante riunione di lavoro per essere presente all’ispezione. Duke le ha chiesto ironicamente se gliel'abbia detto l'orologio (come se fosse possibile!) e, prima che potesse rispondere, ha liquidato le sue lamentele osservando che un figlio viene prima di una poltrona. Non era forse stata lei a giurare, al momento dell'adozione, che avrebbe anteposto il bambino ai suoi impegni? Quel che e' detto e' detto, le ha ricordato con gelida calma l'assistente sociale. La reazione della donna è stata impagabile; prima è sbiancata, poi è diventata paonazza. Duke ha persino creduto che si sarebbe messa a balbettare dall’ira.

Non appena raggiunge il cancello della signorile dimora del sindaco, l’assistente comincia a notare le prime avvisaglie di qualcosa di insolito. Il cancello non è chiuso come al solito e, attraverso lo spiraglio, Duke vede una donna dai capelli scuri inginocchiata accanto a una siepe. Sulle prime, crede che sia Regina Mills. Il piccolo Henry, che ha solo tre anni, si sporge barcollando in punta di piedi per vedere quello che la donna gli mostra; la pagina di un blocco per appunti su cui è scarabocchiato qualcosa.

Duke inarca leggermente le sopracciglia. Deve ammettere che la scena è piuttosto tenera, ma si discosta troppo da quelle che erano le sue… diciamo “previsioni”. E’ difficile che Duke sbagli a giudicare una persona, e nel caso del sindaco Mills non ha avuto dubbi; la donna fa del suo meglio, ma è troppo possessiva, deve sempre avere ogni cosa sotto controllo. E adesso, vederla calata improvvisamente nella parte della madre dolce e amorevole che insegna al figlio a disegnare...

Lentamente, Duke si avvicina alla coppia, facendo scricchiolare la ghiaia sotto le suole delle costose scarpe che indossa. Il bimbo è ancora tutto assorto a contemplare il suo disegno, ma in quel momento la donna alza gli occhi e Duke può finalmente vederla in volto.

E improvvisamente è come se il mondo stesse crollando.

Non è Regina Mills. Non le assomiglia per nulla. I capelli, raccolti in uno chignon, in realtà sono lunghi e molto più scuri, quasi color ardesia. L’ovale del viso è delicato, le guance sono così morbide da sembrare pesche, la pelle ha lo stesso colore dell’alabastro, le labbra piene sono appena dischiuse. E’ giovanissima, non può avere più di vent’anni. Ma la cosa che più di ogni altra colpisce Duke, inchiodandolo al viottolo, sono i bellissimi occhi della ragazza; grandi, sgranati, di un color verde giada che per un attimo gli ricorda un prato cosparso di primule bianche.

Per una frazione di secondo, l’assistente sociale smette persino di respirare.

Poi la giovane si alza con un movimento fluido, scompiglia i capelli di Henry e gli lascia il disegno che tanto gli è piaciuto. Il piccolo è al settimo cielo mentre lei si dirige verso l’uscita, sorridendo timidamente a Duke nel momento in cui gli passa accanto.

“Salve”, mormora in un soffio.

Duke può solo ricambiare quel saluto con un rigido cenno del capo. Non riesce a levarle gli occhi di dosso… ma tantomeno sa spiegarsi perché lo colpisca tanto. La giovane donna lo ha quasi superato quando, improvvisamente, Duke ritrova la voce e le chiede: “Mi scusi, ma noi ci conosciamo?”

Perplessa, lei si volta a guardarlo più attentamente. Gli occhi, quei due pozzi verde chiaro, si socchiudono appena.

“No, non mi sembra.” Torna leggermente sui suoi passi e gli tende una mano. “Mi chiamo Hope Quinnrith.”

Per un attimo, solo per un attimo, Duke è tentato di portarsi quella mano dalla pelle di seta alle labbra. Invece la prende nella sua e la stringe appena. “Duke Faydden, lieto di conoscerla. Ha detto Quinnrith?” Solleva un sopracciglio. “La pittrice, per caso?”

Lei lo ricompensa con un sorriso luminoso che gli mozza di nuovo il respiro. “Sì, sono proprio io”, ammette, arrossendo leggermente. Con le guance illuminate da quel tenue rossore, è ancora più bella.

“Ho visto alcuni dei suoi quadri, sul giornale. Sono impressionanti.”

“Nel senso che ho fatto un buon lavoro?”, chiede la giovane donna, sorpresa da quell’aggettivo insolito e incerta su come interpretare l’espressione impassibile dell’uomo impeccabilmente vestito di bianco che le sta di fronte.

“Questo dovrebbe dirlo lei a me”, ribatte Duke. “Io non me ne intendo granché di tecniche pittoriche e cose del genere…”, prosegue, facendo un gesto vago con la mano. “Però posso dirle che i suoi quadri hanno un vigore e un’espressività fuori dal comune.”

Lei lo ascolta affascinata.

“Le emozioni che trasmettono con l’uso del colore, col gioco delle luci e delle ombre, degli spazi pieni e dei vuoti…”, prosegue Duke, nello stesso tono calmo e tranquillo. “E’ come se dietro ogni suo quadro si celasse uno specchio. O un cristallo in cui vediamo riflessi noi stessi, con tutte le nostre speranze, le debolezze, i desideri e…”, la sua voce ha un impercettibile fremito, “… i sogni.”

“Ah… be’, se lo dice lei”, ribatte Hope, con una risatina nervosa. “Ha l’aria di intendersene.”

“Sono un assistente sociale.” Il volto di lui non cambia espressione. “Avrà sentito dire, signorina Quinnrith, che i bambini si esprimono attraverso il disegno. Chi fa questo mestiere finisce per sviluppare una certa sensibilità per questo genere di messaggi reconditi.”

“Un occhio clinico, se vogliamo.”

Elegantemente, Duke china il capo come farebbe un nobile d’altri tempi. Hope è un po’ spiazzata da quel gesto. “Io preferisco chiamarla deformazione professionale.” Quando alza di nuovo lo sguardo sulla bella pittrice, l’uomo ha socchiuso leggermente gli occhi magnetici. “E adesso sta lavorando a qualcosa?”

“Veramente sì”, risponde lei, con un timido sorriso. Si guarda intorno e aggiunge: “Magari un giorno può venire a vedere gli altri miei lavori, se le fa piacere. Casa mia non è molto lontana, a due isolati da qui”, spiega, indicandogli col dito il quartiere dove abita.

Prima che Duke possa rispondere, al primo piano della villetta del sindaco una finestra sbatte con impazienza. Regina Mills deve essersi accorta di avere ospiti.

“Sarà meglio che vada”, dice Hope, riponendo il blocco nel capace borsone che porta al fianco. “Piacere di averla conosciuta, signor Faydden.”

“Il piacere è mio.”

Duke rimane a guardarla allontanarsi, e per un attimo si chiede che aspetto avrebbe con i capelli sciolti sulle spalle e un lungo abito che le svolazzi intorno nel vento. D’un tratto, come riscuotendosi, le urla dietro: “Il suo nuovo lavoro... cosa raffigura?”

Lei si volta indietro. Ha l’aria distratta, probabilmente il suo pensiero è già volato al dipinto incompleto che l’aspetta a casa. “Hmm? Oh, sarà un paesaggio”, risponde. “Un labirinto. Buon giornata!”

Lo saluta con un cenno della mano, e lui la segue con lo sguardo finché non scompare in mezzo alla folla. Prova una stranissima sensazione che non sa descrivere; un misto di smarrimento, confusione e rimpianto. C’è anche qualcosa di simile alla rabbia. E qualcos’altro che gli fa inarcare le sopracciglia.

Poi, mentre sta per dirigersi verso la porta d’ingresso – dove Regina Mills lo aspetta con un’aria più trucida del solito – Henry guarda in su, verso di lui, e gli rivolge un sorriso sdentato.

“Vola!”, esclama con la sua vocetta dolce e squillante.

L’assistente sociale rimane un attimo interdetto. Poi sorride e lo prende in braccio, ben sapendo che alla donna sotto il portico staranno già fumando le orecchie.

“Cosa c’è, Henry? Che cosa mi vuoi dire?”, chiede dolcemente al bambino.

“Guadda!”, esclama contento il piccolo, porgendogli il disegno che gli ha dato la pittrice. Duke gli lancia un'occhiata e non può fare a meno di sentire un brivido corrergli lungo la schiena.

Sul foglio, buttato giù velocemente con pochi tratti, ma comunque chiaramente riconoscibile, è raffigurato un barbagianni che spicca il volo.



Be', eccomi qua... è il mio primo tentativo di scrivere qualcosa su questo telefilm, spero che vi piaccia! Avete capito tutti con cos'è il crossover che ho immaginato, vero? :) So che non è una "favola" canonica tipo Cappuccetto Rosso & co ma il mondo è pur sempre quello della fantasia, quindi mi sono detta perché no? Ho immaginato un futuro dove loro due finivano a regnare insieme, venivano contattati dagli altri personaggi del mondo delle fiabe al momento critico e quindi si ritrovano come tutti gli altri a non ricordare il loro passato. Oltretutto sono così "diversi" caratterialmente e professionalmente che non si conoscono, non hanno mai avuto modo d'incontrarsi... fino ad ora.

La storia non è una oneshot, ho in mente altri due capitoli, anche se mi ci vorrà un po' per scriverli (è un periodo piuttosto impegnato). Vedremo cos'altro succederà la prossima volta che questi due si incontrano...

Ciao!

  
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