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Autore: Noona    06/08/2012    6 recensioni
Erano all' incirca le 6 di pomeriggio quando Sara smise di messaggiare con le sue amiche (Shawol anche loro) perché erano impegnate a fare altro.
Allora decise di dedicarsi a un po di riposo. Si distese a letto, prese le cuffiette nere del cellulare e cominciò ad ascoltare le canzoni che scorrevano.
Lei sorrideva, sorrideva molto. Ma in quel momento quel sorriso storto per colpa del palato leggermente deformato, si stava sbiadendo.
La ragazza avvertiva forti battiti al cuore, troppo forti. E capì.
Ma finse che fosse tutto ok e lasciò perdere. Poi sentì le narici umide. Si asciugò distrattamente con una mano, quando se ne accorse.
Sangue.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Era una ragazza come tutte le altre.
Una ragazza di 14 anni, compiuti da poco più di una settimana. Era felice in quei giorni. Andava ovunque solo per mostrare la sua nuova acconciatura dal colore insolito e si divertiva a guardare le faccie scioccate della gente che la guardava a bocca aperta. E rideva, insieme alla sua inseparabile cugina, poco più grande di lei.
Erano cresciute insieme e si consideravano sorelle.
Quella sera, la ragazza, era nuovamente uscita con la cugina per il quartiere di fianco a quello in cui abitavano loro due, insieme ad altre amiche.
Ma quella sera, Sara (questo era il nome della ragazza) aveva optato per il paio di scarpe sbagliato e, nonostante fossero in piena estate, quella sera aveva piovuto e Sara era molto freddolosa. Quindi decise di malavoglia di telefonare la mamma e tornare a casa.
***
Era arrivato il giorno della partenza della cugina di Sara, Elena, che sarebbe stata via per una settimana, con la compagnia teatrale di cui faceva parte e in cui si impegnava con tutta se stessa.
Quel giorno Sara non riuscì a salutare la adorata amica Elena, perché partita troppo presto.
Dopo pranzo, Sara aveva intenzione di mettersi a scrivere, ma non amando la scrittura manuale e non potendo usare il suo pc perché in punizione per la bocciatura a scuola, si accontentò di messaggiare con le sue amiche lontane, mentre ascoltava le meravigliose canzoni del suo gruppo preferito. Gli SHINee.
Li amava. Con tutto il cuore.
Li conosceva da poco. Ma ne era follemente innamorata.
Erano la sua fonte di vita. Con loro sorrideva, piangeva, gridava, si scatenava, si ribellava, si arrabbiava, impazziva, rideva.
Si emozionava.
***
Erano all' incirca le 6 di pomeriggio quando Sara smise di messaggiare con le sue amiche (Shawol anche loro) perché erano impegnate a fare altro.
Allora decise di dedicarsi a un po di riposo. Si distese a letto, prese le cuffiette nere del cellulare e cominciò ad ascoltare le canzoni che scorrevano.
Lei sorrideva, sorrideva molto. Ma in quel momento quel sorriso storto per colpa del palato leggermente deformato, si stava sbiadendo.
La ragazza avvertiva forti battiti al cuore, troppo forti. E capì.
Ma finse che fosse tutto ok e lasciò perdere. Poi sentì le narici umide. Si asciugò distrattamente con una mano, quando se ne accorse.
Sangue.
Corse in bagno e si fermò davanti al lavandino, aprì l‘acqua fredda e tentò di fermare l‘emorragia, ma niente.
Dopo tossì. Una volta. Due. Tre.
Sputò.
Sangue.
Chiuse di corsa il rubinetto e si spostò sul water, chiamando a gran voce la madre che accorse velocemente, preoccupata.
Sara stava vomitando. E stava vomitando sangue.
Piangeva, mentre la madre terrorizzata cerchò di soccorrere la figlia. Ma inutilmente.
Lei vomitava. Continuava a sputare sangue dalla bocca. Poi si fermò.
La madre ne fu felicissima. Ma questo fu per poco.
Sara si accasciò a terra, in ginocchio. Poi sdraiata.
E perse i sensi.
La madre ancora più terrorizzata cercò di rinvenire il fragile ed esile corpicino della figlia. Pallida, fredda. Sembrava morta.
Si affrettò a chiamare un' ambulanza. Sapeva già cosa fosse successo alla ragazza.
***
In poco tempo, la piccola Sara, fu ricoverata d‘urgenza in ospedale, nel reparto cardiologico.
Sara soffriva di una particolare e rara malattia. Epistassi arteriale cronica.
Questa malattia la perseguitava dall' età di 5 anni, in cui ebbe il primo attacco di epistassi e venne ricoverata.
La piccola aveva dei tagli, degli squarci nelle arterie da cui usciva il sangue, che si accumulava poi nello stomaco e/o nei polmoni.
Lei aveva sempre saputo convivere con questa malattia, che in realtà si manifestava molto raramente. Solo quando quei tagli nelle vene si riaprivano.
I medici la stavano visitando, per assicurarsi che stesse in condizioni da poter sopportare l‘attacco senza intervenire chirurgicamente.
La povera mamma di Sara era in sala d‘attesa a pregare che la sua adorata figlia, il suo piccolo, prezioso e delicato gioiello stesse bene.
***
Sara era nella sua nuova stanza, nel suo nuovo letto. In ospedale. Una stanza piccola, con solo due letti, tra cui il suo. Le pareti bianche erano tinte per metà di un verdino sbiadito con alcune piccole crepe agli spigoli del soffitto. Nel letto di fronte a lei c‘era un ragazzo, più o meno della stessa età di Sara, intento a giocare con la console nera che aveva tra le mani.
Si voltò. Di fianco al letto del ragazzo vi era una donna, abbastanza giovane e somigliante al ragazzo, intenta a sfogliare una rivista.
Di fianco a lei, la mamma. La sua adorata mamma, con gli occhi lucidi coperti da quegli occhiali da vista tondi e sbilenchi. Un‘asticella rotta, tenuta su da tre giri di nastro adesivo e un vetro un po ammaccato.
Sorrideva.
-Ciao mamma ...-
-Sara, piccola mia, come ti senti?-
-Bene mamma ... un po fiacca, ma sto bene.-
-Tieni, ti ho portato il cellulare, così parli un po con le amiche.-
-Grazie mamma ...-
La mamma si alzò, diede un bacio sulla fronte della figlia e uscì dalla stanza.
Sara sapeva. Sapeva cosa doveva fare la mamma.
E non era molto felice.
Sapeva che a breve suo padre sarebbe arrivato in ospedale e avrebbe urlato come un pazzo e questo era il peggior pensiero che aveva ...
-Epistassi cronica eh?- la voce del ragazzo si rivolse al corpicino disteso su quel letto.
-Mh? ... ciao anche a te.-
-Hehe, scusa. Io sono Davide. E tu sei ...?-
-Stanca ... hahaha! Scherzo. Mi chiamo Sara, piacere.-
-Sono stato poco fine, mi dispiace-
- ... scommetto che non sei di Foggia, vero?-
-Co ... come l‘hai capito?!-
-Qui è raro che unn ragazzo chieda scusa per una cosa del genere. Comunque non importa, è tutto ok.-
-Quanti anni hai?-
-14. Li ho fatti ... due giovedì fa.-
-Haha! Auguri! Io 15 e ... non so dirti il conto, ma li ho fatti mese scorso.-
-Hahaha! Bene!-
-Senti ... comunque per la storia dell' epistassi...-
-Si. Ce l‘ho. Erano due anni che non mi veniva un attacco ... tu? Perché sei qui?-
-La stessa cosa ... mi hanno operato un paio di mesi fa, solo che la cicatrice si è riaperta e sono tornato qui due settimane fa.-
-Oh ... capisco.-
***
Quella sera, molto tardi, Sara era ancora sveglia e aveva ancora quel cellulare tra le mani e scriveva, scriveva tanto con le sue amiche, a cui aveva raccontato l‘accaduto e l‘avevano sostenuta ed incoraggiata, dicendo che presto sarebbe tornata a casa più sana di un pesce.
Nel letto di fronte, Davide alle prese con la sua console, faceva luce, insieme al cellulare di Sara, a tutta la stanza che era buia.
D‘un tratto, Sara, si accorse degli occhi del ragazzo che si puntavano su di lei.
-Ciao Davvy-
-Ehi, Sasa-
-A che giochi?-
-Allo stalker-
- ... eh?!-
-Ti sto stalkerando con gli occhi.-
Sara scoppiò a ridere, cercando di non svegliare la mamma che dormiva su una brandina di fianco a lei.
Rise anche Davide, che poco dopo si alzò e si diresse verso di lei, sedendosi sul suo letto.
Sara si sollevò e si mise seduta a gambe incrociate sul letto.
-Ehi, senti una cosa ... i capelli sono naturali?-
-Ah, no. Li ho tinti il 18, in onore di un ragazzo e come regalo del mio compleanno-
-Aspetta ... quel ragazzo è forse coreano e ballerino degli SHINee?-
-Tu ... conosci gli SHINee?!-
-Li conosci anche tu?!-
-SI!-
I due si abbracciarono. Sara non conosceva nessuno nella sua città che conosceva quel gruppo.
-Bias?-
-Taemin, sono ballerino come lui. Tu?-
-Key! Sono alla moda e perfetta come lui- disse vantandosi Sara.
-E sei anche bianca come lui-
-Ehi!-
-Hahaha! È vero! Sei un fantasma-
-Ora ti picchio, sà?-
-Ehi, ti va di scendere in cortile?-
-Che?! Adesso?!-
-Si. Dai vieni.-
-E come faccio?! Non mi reggo sulle gambe.-
-Ti porto io.-
-Come mi porti tu?-
-Sulle spalle! Dai ti prego.-
- ... e va bene. Ma vedi di non farmi cadere!-
-Evvai!-
Il ragazzo prese Sara sulla schiena e, in silenzio, uscirono dalla stanza di ospedale. Scesero di corsa le scale ed uscirono dalla struttura. Raggiungendo finalmente quell‘enorme cortile.
Sara era felice. Il cielo stellato sopra le loro teste era splendido. Pur vivendo in campagna, lontano dalle luci della città, Sara non vedeva spesso il cielo di notte e non ricordava che fosse così bello.
I due si sistemarono su una panchina, col naso all' insù a guardare le stelle.
Lei era felice. Lui era felice. Ma nessuno dei due sapeva che quella notte, sarebbe stata l‘ultima volta in cui Sara avrebbe potuto vedere il cielo da così vicino quasi da toccarlo.
Però, Sara, non era davvero felice. Perché non era Lui che voleva ci fosse di fianco a lei. La persona che voleva era lontana, forse troppo, era ... quella persona era ...
***
-Buongiorno dormigliona!-
Giovanni. Era l‘infermiere che si occupava di Sara. Era andato a svegliarla per sapere se e quanto avesse vomitato la piccola il giorno prima e per chiederle se avesse allergie a determinate sostanze.
Il medico voleva tentare di curare Sara con delle pillole molto particolari. Che servivano aad espellere il sangue ogni qual volta si accumulasse negli organi vitali.
Sara si accorse della mancanza di Davide nel suo letto.
-E Davide? Dov‘è?-
-L‘hanno dimesso oggi. Ti ha lasciato questo bigliettino-
“Ciao Bummie, mi mandano via. Rimettiti presto. Tvb. Annyeong!“
Sara sorrise. Come gli era venuto di chiamarla Bummie?!
Sapeva che non si sarebbero più rivisti, ma era felice di aver costruito dei ricordi con lui.
***
Passarono tre giorni e Sara non migliorava. La mamma era poco presente per via della nonna che era ricoverata in una struttura per anziani.
Sara era spesso da sola in ospedale, scortata sulla sedia a rotelle solo per fare trasfusioni di sangue, in quanto ne perdeva in grosse quantità.
La sua unica consolazione erano le sue amiche e la musica. SHINee a palla e chat con le ragazze.
Durante quei giorni nessuno, amici o parenti, era venuto a trovare la piccola Sara.
Ma non si sentiva sola. Aveva le amiche, la mamma ... aveva la musica.
Era quella che le dava la forza. La forza di resistere.
Sara sognava di crescere e di andare in Corea con le sue amiche e vivere lì. Sognava di fare migliaia di provini alla S.M. Town fino all' esaurimento. Sognava di andare ad un concerto. Il Loro concerto.
E doveva resistere. Doveva mettercela tutta per riprendersi, andarsene da quell‘ospedale e fare in modo che quel sogno si realizzasse.
***
Il medico chiamò la madre di Sara in disparte, per darle una brutta notizia.
Purtroppo la malattia di Sara poteva essere curata solo chirurgicamente, ma il corpo della piccola non poteva reggere il peso dell' anestesia, ne tanto meno quello dell' operazione.
La ragazza sarebbe morta.
La povera mamma non ppteva crederci. Pianse moltissimo, non sapendo che la figlia aveva sentito tutto. Sapeva ... che sarebbe stata ancora per poco in quel mondo.
Sara non pianse. No. Anche se avrebbe voluto.
Pianse quando litigò col padre, pianse quando il suo adorato cagnetto si fece male ad una zampa, pianse quando scoprì di essere innamorata di qualcuno che sapeva che non avrebbe mai potuto ricambiarla, pianse quando litigò con la cugina.
Ma in quel momento non pianse.
No. Lei era furiosa. Furiosa con se stessa. Si rimproverava. Si chiedeva perché dovesse morire proprio in quel momento. Non era riuscita a realizzare nemmeno uno dei suoi sogni, non poteva andarssene così. E poi pensava alle sue amiche, a sua madre, alla cugina. Non le avrebbe più riviste e loro avrebbero sofferto.
E lei non voleva. Non voleva che gli altri soffrissero per causa sua. Non voleva che soffrissero e basta.
Da quella volta non parlò più con le sue amiche, non dovevano saperlo. Avrebbero saputo che Sara era stanca di loro e avrebbe tagliato definitivamente ogni tipo di contatto con loro. Non avrebbero sofferto poi tanto. Avrebbero creduto che fosse ancora viva e questo le andava bene.
Usò il cellulare solo ed esclusivamente per ascoltare la musica.
Non smetteva mai di ascoltarla. Voleva potersi ricordare di quelle cinque meravigliose voci anche sotto terra. Non voleva ... dimenticare.
Sara era molto affezionata ai ricordi. Per questo scriveva molto riguardo al suo passato, ai bei momento. Per questo fotografava qualsiasi cosa, per questo ritraeva chiunque nei suoi disegni.
Nemmeno di notte staccava quelle cuffiette nere. Aveva paura. Paura di dimenticare. Paura ... di essere dimenticata.
Spesso riguardava le foto sul cellulare e sorrideva, ripensando al giorno in cui andò ad Aversa, per incontrare di persona per la prima volta le sue amiche lontane. Sorrise nel ricordare le battutacce stupide che faceva e a cui non rideva nessuno. Sorrise ripensando alla prima, unica e stupida litigata che fece con una delle sue amiche lontane. Sorrise ripensando ai pianti mentre ascoltava Better e si ricordava che quelle parole le avevano scritte le sue amiche lontane sulla lavagna di scuola solo per lei.
Quei ricordi. Era sicura che non li avrebbe mai persi. Nemmeno dopo la morte.
***
I giorni passavano, il cellulare squillava, Sara vomitava.
Sapeva che mancava molto poco. Che presto sarebbe tutto finito.
Il padre veniva tutti i giorni da lei, da Sara, per paura di perderla.
Sara era in bagno, seduta sulla sua sedia a rotelle, poggiata con una mano all' asta della flebo e con il viso rivolto verso il water. Stava vomitando di nuovo.
Poco dopo la portarono a letto. Era debole, stanca, senza nemmeno il fiato per respirare. Le erano cresciuti e la ricrescita nera sotto la tinta rosso acceso era ormai visibile.
Pur essendo senza forze, chiese alla mamma di porgerle il cellulare e le cuffiette.
Ricominciò a sentire la musica. Era Jojo, la sua canzone preferita. E sorrise nel sentirla.
Si sentiva sempre più debole, il cuore batteva a fatica.
Better. Quella canzone non era la sua preferita, ma scatenava in lei centinaia di ricordi.
“Davvero mi sono ridotta a questo? È davvero la fine? ... chissà ... magari un giorno, il più lontano possibile, vi vedrò ... con le ali dietro la schiena. E sorriderete. Quei vostri cinque meravigliosi sorrisi. E quel giorno sarò felice. Come lo sono adesso ... mentre vi sento. State cantando ... solo per me. E siete felici ... perché vi sento. Un giorno ... so che i miei sogni si avvereranno ... ma io non lo saprò. Dio. Se davvero esisti ... perdonami se non ho mai creduto in te ... ma tu chiedo una cosa sola ... fa in modo che nessuno dei miei amici ... nessuno dei miei cari soffra... ti prego ... e ... non farmi mai dimenticare.“
***
E così si concluse un sogno. Un sogno che non si sarebbe mai potuto avverare.
Sara chiuse gli occhi. E non li riaprì più.
Quel piccolo corpicino pallido e freddo non si mosse più.
Quel cuore che era pieno di dolore e d‘amore smise per sempre di battere. Ma quel viso ... non smise mai di sorridere.
 
 
~End~




Note d'autrice: Salve a tutti lettori e lettrici! Dunque, questa one shot l'ho scritta un pò di giorni fa. La storia è basata su avvenimenti reali. Mi è successo esattamente questo. Le descrizioni delle persone, gli ambienti, i personaggi (tranne i nomi) sono tutte reali. Fino alla notte sotto le stelle. Da lì in poi ho voluto fare un finale tragico. Non era un bel periodo.
Comunque (sto parlando troppo ewe) spero di essere riuscita ad emozionarvi e che non vi abbia annoiato. Presto ricomincerò a scrivere i capitoli per 'La sorella di 5 Angeli' che ho abbandonato xD scusatemi. Ok, ora mi dileguo nel mio tugurio di scrittura e mi metto all'opera! Ciaoooo!
  
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