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Autore: Little Dreaming Writer    06/08/2012    10 recensioni
| Prussia x Ungheria x Austria | Romantico / Triste / Sentimentale |
| AU / Triangolo / (Forse leggermente) OOC | Accenni Shinsei Roma x Chibitalia |
Prima Long/Non-Così-Long (?) che pubblico su Hetalia.
L’ispirazione mi è venuta ascoltando “The Last Night” di Skillet.
Spero vi piaccia.
Se Roderich dovesse chiedere ad Elizabeta di sposarlo?
E se la giovane, incerta e –in parte- spaventata da questa proposta, dovesse chiedere consiglio a Gilbert sul da farsi?
E se dopo un’accesa discussione la ragazza decidesse di accettare la proposta del pianista per ripicca nei confronti dell’albino?
Cosa farebbe allora Gilbert, per convincerla che è la scelta sbagliata?
[cit. dal Prologo: Si lasciò sfuggire l’ennesimo flebile singhiozzo, mentre la sua mente tornava indietro, a poche ore prima.
Quando tutto era iniziato, con quelle sei parole che sperava di non dover mai sentire uscire dalla bocca di Elizabeta, e che ora riecheggiavano nella sua mente in modo ossessivo.
Sei fottutissime parole: “Roderich mi ha chiesto di sposarlo…”
 ]
- Reby~♥ ©
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Sacro Romano Impero, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender, Triangolo
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I won’t let You say Goodbye

- Prologo: Sei fottutissime parole...

 


Era corso via. In un istante era sparito, senza che nessuno dei presenti, troppo presi dalla tenera scena che si stava svolgendo al centro del salone, se ne accorgesse.
Aveva sgranato gl’occhi vedendo quel damerino di Roderich tirare fuori una scatolina di velluto scuro dalla tasca della giacca viola.
Gl’era mancato il respiro sentendo quella maledetta frase uscire dalla sua bocca.
Aveva sperato, pregato, stringendo forte i pugni e scuotendo la testa leggermente quando gl’occhi verdi della ragazza avevano incrociato i suoi alla ricerca di una risposta.
Aveva barcollato indietro, fino ad appoggiarsi al muro chiaro della sala, quando quella stronza aveva annuito sorridendo dolcemente.
Allora aveva afferrato la cappa rossa e il cappello scuro e se n’era andato, col magone, e con l’amaro in bocca, poco prima che il pianista abbracciasse la ragazza e appoggiasse le labbra a quelle morbide di lei, in mezzo ai bisbigli stupiti e contenti degl’ospiti.
Ed ora camminava veloce, quasi correva, lungo il sentiero del bosco dietro la villa, una volta scavalcato in fretta la lunga cancellata di ferro battuto; si aggirava rapido tra gl’alti alberi, tra le felci e i cespugli di bacche, senza il coraggio di portare indietro lo sguardo.
Correva, voleva andarsene.
Si mordeva la lingua per la rabbia, ma voleva gridare, voleva colpire qualcosa tanto forte da farsi sanguinare le mani, voleva piangere per la rabbia… o forse per il dolore?
Si bloccò di colpo, lo sguardo fisso avanti verso la fine del bosco, in quel punto dove gl’alberi finivano e lasciavano spazio ad un’imponente  muro di mattoni. Lì, dove da bambino l’aveva incontrata, dove per la prima volta aveva sentito il suo cuore battere a mille e le guance farglisi improvvisamente bollenti.
Serrò con violenza i pugni, abbassò rapidamente lo sguardo, strizzò gl’occhi.
“Non è vero. Non è vero….” Sussurò tra sé e sé “Non può averlo detto… Non può!” finì per gridare, mentre, 
con tutta la forza che aveva in corpo, tirava un pugno contro il tronco dell’albero a cui s’era appoggiato, “Non può!!”
Prese calciare ripetutamente la maestosa pianta, digrignando i denti, urlando di tanto in tanto, fino ad appoggiare il capo al tronco scuro, stremato ed ansimante.
Si lasciò scivolare a terra, fino a cadere in ginocchio, il capo chino, le mani aggrappate alla corteccia, ostinandosi a ripetere la stessa frase all’infinito, nel tentativo di convincersene, se non addirittura nella speranza di svegliarsi improvvisamente e di ritrovarsi avvolto tra le lenzuola chiare del suo letto.
“E’ solo un sogno… u-un incubo...” singhiozzava, disperato, distrutto, incapace di reagire “un f-fottutissimo incubo…”
Osservò sorpreso delle piccole chiazze umide che apparivano una alla volta sui suoi pantaloni chiari, e si passò una mano sul volto.
Solo allora si rese conto di cosa stava facendo: piangeva.
Lui, il potente e magnifico Gilbert, era scoppiato a piangere.
Per la prima volta in vita sua, Gilbert sentì il sapore amaro e il peso schiacciate di quelle lacrime che gli scendevano dalle guance: fottutissime lacrime d’amore, di quelle che facevano male più di una pugnalata.
Si lasciò cadere a terra, affondando con la testa tra le piante selvatiche che ricoprivano il suolo.
Dai suoi occhi dai riflessi sanguigni continuavano a sgorgare lacrime, senza che potesse fermarle. Per la prima volta in vita sua il giovane tedesco era succube di qualcosa di più grande di lui, di un sentimento che non poteva controllare, né tanto meno sconfiggere.
“Mein Gott…” sussurrò in un singhiozzo, mentre si passava una manica blu sugl’occhi per asciugarsi le lacrime.
Chiuse gl’occhi, cercando di regolarizzare il respiro, tentando di ritrovare la sua dignità.
“Nii-san…” un sussurrò gli fece riaprire gl’occhi. Voltò di scatto la testa e vide il fratello minore affacciarsi da dietro un cespuglio, con un espressione turbata sul volto; di fianco a lui c'era la piccola bambina che lavorava alla villa come domestica, la stessa espressione preoccupata ed incerta si era dipinta anche sul suo volto.
“C-che c’è che non va Gilbert-san?” domandò preoccupata la castana avvicinandosi all’albino, seguita dal bambino, “Perché piangi?”
Gilbert si mise a sedere ed incrociò le gambe, “N-non sto piangendo, mi è solo entrata un po’ di polvere negl’occhi…” disse tentando di mantenere un tono tranquillo, “Ora tornate alla villa. Si preoccuperanno nel non vedervi più.” Aggiunse nel tentativo di allontanarli, per rimanere da solo.
“Tu non vieni?” gli domandò cupo il fratellino, lisciandosi soprappensiero la camicia scura.
Il ragazzo scosse lentamente la testa, “Rimango ancora un po’ qui, poi vi raggiungo. Promesso.” Stiracchiò un sorriso il più rassicurante possibile.
Li osservò mentre si allontanavano riluttanti, fino a che non sparirono nell’ombra delle piante. Quando fu certo di essere rimasto solo si lasciò cadere nuovamente a terra, poi si raggomitolò su un fianco e chiuse nuovamente gl’occhi.
Si lasciò sfuggire l’ennesimo flebile singhiozzo, mentre la sua mente tornava indietro, a poche ore prima.
Quando tutto era iniziato, con quelle sei parole che sperava di non dover mai sentire uscire dalla bocca di Elizabeta, e che ora riecheggiavano nella sua mente in modo ossessivo.

Sei fottutissime parole: “Roderich mi ha chiesto di sposarlo”.

 

 

 

| L'Angolo di Reby |

Buona sera sezione di Hetalia. Come state?
Allora, questa long non era assolutamente in programma (?). 
E' nata questo pomeriggio mentre vagavo alla ricerca di qualche canzone carina e ho trovato questa: 
The Last Night - Skillet.
Non so perchè, ma nel giro di cinque minuti mi sono immaginata  l'intera vicenda, così ho pensato che era un peccato non scriverci una Fic -e non ho resistito ad aggiungerci un minimo di Shinsei Roma x Chibitalia ^^"-.
E quindi eccomi qui, con un trinagolo che a mio parere è davvero stupendo, anche se alla fine per me vince sempre  Gilbert. u.u
Ora, parlando di questo prologo -in cui credo che il povero Gilbert sia asolutamente OOC-, spero che vi sia piaciuto e che vi abbia incuriosito almeno un po'.
Vorrei sapere che ne pensate. ^^
A presto spero.

Reby

   
 
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