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Autore: Sayumi    19/02/2007    0 recensioni
Cari lettori, che dire… sono tornata con una nuova fic! Non ho la più pallida idea di come possa essere, alla fine siete voi che dovete dirmi che ne pensate no? :P Vabbè tralasciando questo passiamo alla presentazione: Arashi è una ragazza Italo-giapponese… normalissima, un solo fidanzato, con il quale è finita pure male… (anche se non vi dico come) e presto avrà a che fare con una sua vecchia conoscenza… Per chi ama le storie romantiche… ma non troppo… Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Arashi in Love*

*Arashi in Love*

Capitolo 15

-Forse un nuovo inizio? -

Era forse la prima volta, in tutta la mia vita, che potevo dire di stare con qualcuno. Prima, quando stavo con Kintaro, ovviamente ne ero innamorata, ma con il senno di poi, ripensandoci, credo che non fosse propriamente amore quello. Ad essere sincera, non so nemmeno se anche quello che provo per Akira sia amore.

In fin dei conti, cosa significa amare una persona?

Sapevo che non bastava starci assieme per poter dire di amarla, e allo stesso tempo, credo che non occorra che si possa chiamare amore quel sentimento d'affetto reciproco. Anzi, credo che esistano addirittura persone che amano per anni la stessa persona, senza che l'altra lo sappia mai. Ma, in quel momento, mentre baciai Akira, io potevo dirmi veramente fortunata. Ma questo non fa comunque di me una persona innamorata. L'amore è quel qualcosa, che secondo me, ti fa battere il cuore a mille quando vedi lui, quando ti sembra di avere diecimila farfalle nello stomaco e sei convinta che in quell'istante avresti potuto eruttare lava incandescente, se solo avessi avuto un cratere sopra la testa. Significa lasciar morire le parole sulle labbra dopo averlo visto sorridere. Aver paura di chiamarlo per nome, perchè pensi che detto da te abbia un suono strano. E allo stesso tempo pensi quanto sia bello il tuo, di nome, ad essere pronunciato da lui. Amare significa sentire un brivido gelido attraversarti quando lui ti sfiora, avere paura di tutto, pur sapendo che se desideri qualcosa, niente potrà impedirti di ottenerla. Amare significa mordersi un labbro, quando vedi qualche ragazza avvicinarsi e fare gli occhi dolci, anche se poi magari scopri che è solo sua sorella. Significa piangere, camminare sotto una pioggia di lacrime quando lui ti risponde male; provare le sue stesse emozioni e provare il desiderio di accarezzargli il volto quando soffre.

Credo che non avrei mai riflettuto sul vero significato di amore se quella sera, con Akira, non avessi passato le ore migliori della mia vita.

Prima di allora non mi era mai capitato di soffermarmi a pensare su quello che sentivo nell'incontrarlo uscendo di casa.

Dopo quel bacio, quello che fui io a dargli, ne seguirono altri, e nel giro di pochi istanti, mi ritrovai distesa sul letto, mentre le sue mani avanzavano dolcemente sotto la mia maglietta andando a sfiorarmi i seni. Non avevo mai permesso tanto a nessuno prima d'ora, mi sembrava di tremare, ma allo stesso tempo non avrei permesso a nessun pensiero stupido di fermarmi. Lui scese con la bocca a baciarmi lentamente il collo, attorno a noi regnava il silenzio.

Mi abbandonai alle sue lente carezze e ben presto fui presa dal dolce ritmo della passione.

Persi totalmente la cognizione del tempo.

Quando riaprii gli occhi di fianco a me non c'era nessuno, la luce era spenta e avevo le coperte tutte aggrovigliate attorno alle caviglie. Cercai di sistemarmi i capelli, quando un rumore sospetto venne da dietro la porta che dava sul corridoio.

Mi alzai e cercai qualcosa da mettermi addosso.

Sperai in cuore mio che fosse solamente Akira, che per qualche motivo si era nascosto, mentre mi dirigevo verso la porta e lasciavo piegarsi sotto la pressione della mia mano, la maniglia, per poi socchiudere la porta e portare la testa fuori.

Trattenni un urlo quando capii che là fuori non c'era Akira, ma qualcun'altro.

Andai immediatamente a prendere la mazza da softball dentro l'armadio quando quella stessa persona spalancò la porta della mia camera e accese la luce.

Istintivamente portai la mazza avanti, mentre la luce improvvisa mi accecò per qualche istante. -Fermo dove sei!- strillai.

-Ara-chan, metti giù quella mazza, sono io...- disse l'uomo, che lentamente, riacquistando la vista riabituatasi alla luce, si rivelò essere mio padre.

-Papà! Cosa diavolo stavi facendo!- chiesi guardandolo male e abbassando la mazza.

-Avevo dimenticato una cosa, ma temevo se se l'avessi chiesta a tua madre l'avrebbe distrutta, sono solo venuto a riprenderla...- disse agitando una cartelletta con dei fogli bianchi all'interno.

-E c'era bisogno di comportarti come un ladro?- brontolai stropicciandomi gli occhi.

-Tua madre non c'è? E i tuoi fratelli?- chiese cambiando discorso.

-No sono usciti...- brontolai nuovamente, cercando un maglione da mettere sopra la t-shirt extralarge che avevo addosso, sperai anche che "l'ospite inatteso" non s'accorgesse di quello che era successo.... -Che ore sono?- chiesi infine.

-L'una quasi... certo che Shin e Kamui fanno certi orari!- sospirò lui, per poi aggiungere. -Tua madre sta fuori fino a quest'ora?- il tono cercava d'essere neutrale, ma con scarsi risultati.

-Avrà anche lei diritto di divertirsi ogni tanto...- commentai, non mi andava certo di dirgli che sarebbe rimasta fuori con il suo nuovo fidanzato.

-Già... ma qui cosa è successo? Sembra scoppiata una guerra, e poi la finestra è aperta, se entrava qualcuno che non fossi stato io?!- cercò di rimproverarmi, ma anche questo suonava principalmente patetico.

Lo guardai con sufficienza, poi andai a chiudere la finestra, fuori non c'era nessuno. Poi un foglio bianco attirò la mia attenzione, era appoggiato sotto la finestra, vicino al tappeto. Feci finta di niente e lo nascosi ulteriormente per essere sicura che mio padre non lo vedesse. -Bè se hai preso quello che ti serviva...- commentai, era decisamente un invito ad andarsene.

-Arashi... vorrei che almeno tu e i tuoi fratelli non mi odiaste per... ... la mamma ve l'avrà detto...- balbettava quasi, mentre si passava una mano dietro al collo, imbarazzato.

-Non ti odiamo... ma è meglio se stai lontano da mamma... riguardo al figlio della tua fidanzata... buona fortuna...- proferii gelida.

-Quando nascerà... sarà una bambina, sarebbe bello se verrete a vederla. In fondo... è sempre vostra sorella, anche se per metà...-

-Lo dirò a Shin e Kamui.- risposi secca. -Per curiosità, come sei entrato?-

-So dove tua madre mette le chiavi di scorta...- sorrise e s'avviò verso l'uscita.

Lo accompagnai e chiusi in silenzio, presi la copia della chiave e la posai sul tavolo della cucina. Un consiglio dovevo dare alla mamma... cambiare posto a quella chiave.

Tornai di sopra, corsi a prendere il biglietto che era rimasto sotto il tappeto:

"A domani..."

Sorrisi. Poi tornai a letto e mi ficcai sotto le coperte. Sospirai serena e in pochi minuti mi addormentai cadendo come un sasso.

Il mattino dopo eravamo un po' tutti distrutti. Ma forse fui l'unica ad avere un po' di energie per alzarsi e andare a scuola.

I due fratelloni s'erano dati alla pazza gioia, mentre la mamma era tornata a casa alle quattro del mattino tutta allegra per poi crollare anche lei dal sonno.

A colazione addentai allegra una fetta di pane tostato cosparso di marmellata e sorseggiai il mio tè. La mamma era con la testa stesa sul tavolo e gli occhi chiusi, evidentemente in trance. Kamui reggeva per il manico la tazza che però penzolava dal suo dito con un equilibrio decisamente precario. Shin invece era appoggiato alla tavola con due occhiaie paurose e il biscotto che teneva nella mano era ormai dissolto nel tè in cui era caduto.

Sollevai il sopracciglio guardando il quadretto, sarebbe bastato dire che papà era passato la notte prima, ma erano troppo spassosi visti così che non me la sentii di svegliarli dal loro "sonno prolungato".

Sogghignai ed uscii.

Non appena chiusi il cancelletto vidi Akira aspettare vicino al palo. Non si vedeva la Kuroi da nessuna parte fortunatamente.

Sorrisi e arrossii contemporaneamente al ricordo della sera prima.

-Buongiorno- sussurrò con un tono dolcissimo per poi baciarmi la fronte.

-Buongiorno- mi lasciai sfiorare dolcemente sorprendendomi del mio stesso comportamento così mansueto.

-Tutto... ok?- chiese quasi con un accento di preoccupazione nella voce mentre mi guardava negli occhi.

Annuii con la testa e ricambiai lo sguardo per poi avviarci tranquillamente alla stazione.

Camminavo di lato a lui mentre tenevo la borsa a tracolla.

Mi sentivo con la testa talmente per aria che mi sembrava d'essere leggerissima.

Parlammo per tutto il tragitto e all'arrivo in stazione prendemmo un po' più di distanza.

La Kuroi, così come gli altri erano già vicino al binario quando li trovammo. Sospirai nel vederla, mentre gli altri parvero lanciare occhiatine indagatrici.

Lei mi fissò con astio sin da subito mentre gli altri salutarono cordiali.

Poi gli eventi si susseguirono velocemente. Preso il treno mi recai a lezione con quell'arpia e aspettai che terminassero per poi tornare a casa...

Erano le sei passate. Attraversai il cancelletto in tutta calma quando vidi mia madre per la prima volta che metteva piede fuori da casa in orario di lavoro.

-Mamma, tu non esci mai che cosa...- prima di riuscire a dire altro mi afferrò per l'orecchio e mi trascinò in casa.

Strillavo per il dolore all'orecchio, mentre mi trascinava su per le scale.

Una volta dentro camera mia notai le coperte completamente rovesciate, mi mollò, chiuse la porta e prese ad indicare le macchie sulle lenzuola.

Imprecai portandomi la mano alla bocca e diventando rossa come un pomodoro.

-Conosco a memoria le tue abitudini... ma... dopo un'attenta valutazione delle possibili realtà ne è uscita solo una possibile...- il tono era serioso... quasi minaccioso. -Chi è? Non dirmi che è il rossino!- il suo aspetto cambiò radicalmente e scoppiò quasi a ridere dal divertimento.

Dallo stupore passai ad uno sguardo di sufficienza mentre rideva e mi saltellava intorno come una cavalletta.

-Daiii dillo alla tua mammina!! E' Akira vero?!- continuava a saltellare mentre parlava.

-Mamma ti prego finiscila! Si è Akira ma stai ferma!Mi dai sui nervi!- sibilai tra l'irritato e l'imbarazzato.

-Bene, sei in punizione!- terminò sorridendo.

La guardai sconvolta! -Perchè!- strillai.

-Perchè hai portato senza permesso un ragazzo quasi sconosciuto a casa e perchè hai lasciato entrare tuo padre in piena notte senza nemmeno preoccuparti che fosse un ladro.- ora era tornata seria. -Questo per farti capire che non sempre si può essere fortunati, se fosse stato un ladro o un mafioso della Yakuza a quest'ora saresti potuta morie, inoltre, ti conviene levare quelle macchie.- concluse uscendo dalla stanza.

-Ma...- cercai di protestare.

-Vai a fare compagnia ai tuoi fratelli, anche loro sono in punizione- sorrise acida e insopportabilmente testarda.

La detestavo quando era così... nella mia vita avevo beccato poche punizioni, almeno non quante i miei due fratelli, tuttavia mi sembrava d'essere trattata come una bambina.

Presi le lenzuola e le trascinai in bagno, dove trovai Shin alle prese con il WC e Kamui con la lavatrice.

-Punizione?- chiesero in coro.

Annuii e lavai le lenzuola nella vasca.

-Prima volta?- Chiese Kamui ammiccante.

Mormorai qualcosa che doveva suonare come un sì.

-Tranquilla, anche con noi l'ha fatto... sempre uguale...- disse Shin alzando le spalle per poi tornare a lavorare.

  
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