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Autore: betacchi    07/08/2012    2 recensioni
"Un guerriero brama, desidera: e quando desidera qualcosa, la sua mente si focalizza solo sul suo desiderio. Non pensa ad altro, il guerriero: ogni singolo muscolo del suo corpo si tende al fine di ottenere l'oggetto desiderato, ogni battito del suo cuore è finalizzato a quello."
{Fandom: Dragonball Z; Characters: Vegeta; Accenno pairing: VegetaxBulma.} [ A Tesi. ]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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{Fandom: Dragonball Z;
Characters: Vegeta;
Accenno pairing: VegetaxBulma.}


A Tesi, per il suo compleanno.


| I don't believe in good good byes. |

The All-American Rejects.






«E' morto.»
Due parole, sussurrate dalle labbra tremanti di una moglie ormai rassegnata, di una moglie che per la prima volta capiva cosa voleva dire perdere veramente qualcuno. Perché non ci sarebbero più state Sfere del Drago, non ci sarebbero più state avventure, più nulla.
Era morto, e non sarebbe più tornato in vita.
Vegeta sbuffò, uscendo con aria di superiorità dalla casetta sperduta che era stata la dimora del suo più grande rivale. Uscì e camminò, fino a quando quella casa che sembrava quasi un fungo ai suoi occhi stanchi non divenne che un punto impreciso nel verde paesaggio.
Si era permesso di morire, quell'infimo seiyan. Di morire senza che lui avesse potuto sconfiggerlo. Con rabbia, il Principe tirò un pugno all'albero più vicino. Avrebbe fatto meglio a distruggerlo quando ne aveva avuto l'occasione, quel così piccolo pianeta. Avrebbe preferito non conoscer né amore né pietà; avrebbe preferito rimanere lo spietato guerriero che era stato; avrebbe preferito conquistare e distruggere pianeti.
Ma non l'aveva fatto. Non ci era riuscito.
Era stato sconfitto, da quello che era poco più di un ventenne con il cervello di un ragazzino con troppi princìpi, e aveva rischiato la morte. Forse avrebbe dovuto morire in quell'occasione, quando la sua coda era ancora legata con fierezza alla sua vita. Dov'era ora quel simbolo di supremazia, quel simbolo della sua forza guerriera?
Era solo un principe caduto.
Non era nemmeno riuscito a vendicare il suo stesso padre, non era nemmeno riuscito a sconfiggere il suo più grande nemico. Quell'essere schifoso, quella sottospecie di alieno dalle troppe mutazioni. Per lui aveva distrutto pianeti, ucciso intere popolazioni: era stato assassino di mondi ed esseri, in molti l'avevano odiato e avevano desiderato la sua morte. Era stato un guerriero controllato da una mente senza vincoli, da un bambino capriccioso che vedeva nei pianeti la sua collezione personale di giocattoli. Un conquistatore malato, un pazzo con sembianze aliene. E solo una mente infantile era riuscita a sconfiggere una mente altrettanto puerile. Solo un bambino può sconfiggere un bambino, dopotutto. Una scorribanda tra ragazzini, ecco cos'era stata: un bambino che vuole rubare il giocattolo preferito di un altro.
No, per lui doveva essere diverso: un valente figlio che vendica la distruzione di un popolo, di un pianeta, di un padre.
Ma non ne era stato all'altezza: la sua forza non era pari a quella di un ragazzino che desidera proteggere il suo giocattolo preferito.
Era solo un debole, lo era sempre stato.
E lo era diventato anche di più. Aveva imparato ad amare. Quale inutile sentimento! Un guerriero non ama, desidera: desidera ottenere ciò che il suo corpo chiede, ciò che la sua mente necessita, ciò che il suo cuore brama. No, l'amore era inutile; l'amore creava vincoli, l'amore voleva dire sposarsi, avere una famiglia, trovarsi un lavoro e vivere come persone normali. Amare era l'esatto opposto di lottare, conquistare.
L'amore era debole, così come erano deboli coloro che amavano.
Ma c'era cascato anche lui. Era stato uno sciocco, aveva abbassato la guardia: mentre era impegnato nel raggiungere un fantasma, un vigliacco che aveva fatto perdere le sue tracce, mentre i suoi muscoli si rafforzavano, mentre le sue gambe tiravano calci al nulla, il suo cuore aveva permesso a qualcun altro di occupare la sua mente.
La mente di un guerriero sayan occupata da una misera, debole donna umana. Da folti capelli azzurri, da occhi che non aveva mai ritenuto così profondi e pieni di vita. E nel vedere il suo sorriso ogni singolo muscolo nel suo corpo si rilassava, la sua mente smetteva di pensare alla conquista, alla distruzione; nel vedere quel dolce sorriso su quel così delicato viso, la sua mente non ricordava più con nostalgia i tempi in cui viaggiava su piccole navicelle spaziali alla ricerca dell'ennesimo pianeta da far suo. Quel dolce sorriso, quelle sinuose curve gli facevano pensare che probabilmente non aveva fatto male a lasciar perdere quel pianeta.
In poco tempo, il bambino scomparso abbandonò i suoi pensieri, in cui si fece largo il desiderio del possedere quella donna: avrebbe voluto aver per sé quei capelli che cambiavano forma ogni mese, quelle labbra che così delicatamente pronunciavano il suo nome, trattandolo con cura, come fosse stato un fiore di rinomata bellezza. E poter toccare quella pelle così candida, quelle curve così sinuose, gli parve il migliore dei traguardi.
Si era abbassato alla debolezza.
Aveva desiderato quella donna e il bambino che gli aveva annunciato di aspettare, per quanto la sua mente si fosse rifiutata all'idea di diventar padre. Il suo cuore, quell'organo che non riusciva più a controllare, aveva amato quel ragazzino dal primo momento. E quell'amore, l'amore per una donna, l'amore per un bambino, lo avevano condannato.
Una famiglia.
L'amore per la famiglia che aveva creato con le sue stesse mani che in quel momento tremavano l'aveva portato alla sua fine. Alla fine del guerriero spietato, alla fine del conquistatore di pianeti.
L'avevano reso un debole, un debole che non era riuscito a far nulla nemmeno contro l'ennesimo alieno che si permetteva di distruggere la sua quiete. Ecco, un enorme mostro verde pronto a ridicolizzare il caduto principe. Ecco il principe che tenta di ottenere nuova forza, ecco il principe combattere ed ottenere una vittoria. Ecco il principe orgoglioso, pieno di sé, che ascolta i miseri discorsi di un essere verdognolo, di un essere che traeva forza dalla paura degli altri.
Un essere che copiava, perché la sua fierezza derivava solo ed unicamente da quella dei valenti guerrieri che si erano schierati contro di lui. E il principe caduto non era riuscito a scorgere l'inganno in quelle parole di sfida, non era riuscito a ritener più importante la salvezza del mondo a cui lui si stava affezionando dal suo onore, dal suo desiderio di combattere con esseri sempre più potenti.
Perché un guerriero brama, desidera, ma non ama.
Ed era stato sconfitto, per l'ennesima volta. Ed un ragazzino, null'altro che un ragazzino, era riuscito a superarlo, era riuscito a superare i limiti del super guerriero e raggiungere uno stadio che lui avrebbe solo potuto desiderare.
Perché l'unica cosa che un guerriero saprà sempre fare è desiderare. Perché se un guerriero brama la forza, non è sempre scontato che la ottenga.
No, lui avrebbe raggiunto quel ragazzino, lui avrebbe raggiunto quel bambino che abitava il corpo di un adulto mai cresciuto; lui avrebbe superato ogni avversario, ogni singolo ostacolo che si fosse solo permesso di frapporsi tra lui e il suo obbiettivo.
E il suo unico obbiettivo era vendicarsi.
Vendicarsi di quel Kakarot, vendicarsi di quell'infimo seiyan che aveva osato sconfiggerlo, vendicarsi di Freezer, vendicarsi di Cell.
Vendetta.
Un guerriero brama, desidera: e quando desidera qualcosa, la sua mente si focalizza solo sul suo desiderio. Non pensa ad altro, il guerriero: ogni singolo muscolo del suo corpo si tende al fine di ottenere l'oggetto desiderato, ogni battito del suo cuore è finalizzato a quello.
Un guerriero non ama.
E se per ottenere l'oggetto del suo desiderio deve rinunciare ad amare, ad essere libero, ecco che il guerriero si arrende, lascia che la sua mente venga occupata da un mago, da forze maligne che -in modo alquanto scontato, per di più- desiderano conquistare il mondo.
Ma cosa aveva di speciale quell'infimo pianeta?
Il principe caduto si era abbassato ancora di più, facendosi controllare dell'ennesimo cattivone di turno: un mago, uno stregone che voleva -indovinate?- conquistare il mondo per vendicare il padre.
Un risolino fuori luogo sfugge al controllo del principe, mentre la sua mente si perde nel ricordare il mago Babidy, colui che morì per mano della stessa creatura che, con tanto dispendio di energie, era riuscito a risvegliare.
Un mostro, l'ennesimo. Un alieno, o qualcosa di simile. E lui, il principe caduto, era morto, nel tentativo di sconfiggerlo. Era morto e tornato in vita, perché anche l'inferno non aveva accettato la sua presenza. E come fantasma, come morto vivente si era anche unito con quello che era il suo acerrimo nemico, il suo rivale di sempre: e, insieme, avevano dato vita all'essere perfetto.
E mentre ogni singola vena nel suo corpo pulsava, inebriata dal quella forza che mai aveva sentito propria, il principe caduto e il suo nemico erano un essere unico: il suo calcio era quello dell'altro, il pugno dell'altro era il suo.
Quale potenza dimostravano! Mentre con tono sprezzante si rivolgeva al nemico di turno, a quell'enorme gomma americana parlante, ecco che quello che era sembrato un nemico impossibile da sconfiggere non si rivelava altro che un debole.
Come lui.
Lui, che si era unito con quell'altro unicamente per salvare la donna che era morta, la donna che lui amava e amerà sempre, perché il suo cuore è ormai condannato.

Il suo cuore ha smesso di bramare, ormai. La sua mente non desidera, il suo corpo non necessita.
Lo spietato conquistatore di mondi, il Principe, era morto da tempo.



«E io muoio con te, qui e ora, un'altra volta, amico.»
Le parole sussurrate di un uomo, di un uomo che si rende conto di ciò che il suo cuore aveva compreso da tempo. Parole sussurrate al vento, che mai nessuno riuscirà mai a comprendere. Mai nessuno, se non gli spiriti che -muti ed invisibili- assistono ad ogni mossa dell'umanità, accompagnandola nelle sue imprese.
Amare. Amare una donna, amare un figlio. Amare un amico, un rivale, un obbiettivo, un'ostacolo.
«Addio.»





Note dell'autrice: Bonsoir!~
Questa fic è particolare, lo so. E' una sottospecie di riassunto delle vicende di Dragonball Z, un riassunto che è più una mia visione dei fatti. No, mia no: la visione dei fatti di Vegeta. Vedete, io ho sempre creduto che tra i due -Goku e Vegeta- ci fosse un certo feeling che andasse oltre alla semplice rivalità.
Loro sono rivali, amici, e -perché no- anche amanti.
Ma sorvoliamo sulle mie considerazioni personali. Spero vivamente che la fic sia stata di vostro gradimento. Se non lo è stata per motivi legati a qualche cosa della trama che io ho frainteso, vi prego sinceramente di scrivermi anche un messaggio, se non volete davvero scrivere una recensione.

A presto,

betacchi.

A Tesi:


Prima di tutto: Buon compleanno!
E ora, *si schiarisce la voce* canterò per te!
Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Tesiiiiiiiii, tanti auguri a te! *uooooou!*
Finita questa cosa, ti mando un bacetto. Chu~ E ti dono un bellissimo pupazzo di neve, tò.


Guarda quanto è bello. Be', Tesi, ancora tanti auguri. E anche se non ci vedremo presto -almeno credo- spero che la fic ti sia piaciuta almeno un po'. Che poi, per quanto io me la tiri (?), sapete perfettamente che sono una frana scrausa che non vale più di un soldo di cacio. Indi, cerco ora un modo carino ed intelligente per sparire dalla faccia di efp per un po', mentre tento di comporre qualcosa degno di nota. Adieu, ma cherie. E mangia un pezzo di torta anche per me!

ps.
Ti avevo chiesto di Hetalia e Conan? Be', Dragonball fa più figo.
-le fugg-
   
 
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