Era una di quelle notti strane.
Quelle notti in là, che se non ti mantieni spicchi il volo.
Le notti che io, tu e la chimica.
Il nostro romanzo chimico.
Pagine d’acido e pasticche di carta piene delle sue risate, delle grida ai ricordi di cui non ricordiamo nemmeno l’odore.
Te lo ricordi quando avevi l’oro nel cuore e non lo lasciavamo scappare?
Ti pesava e lo lasciavamo scendere, sprofondava al centro della terra e ci fondevamo,
quasi a formare l'amore.
L’amore, quello senza perfezione, non come quello dei libri, tesoro.
Quello che ci distrugge, che ci scaraventa contro gli scogli, come fossimo onde.
Quello che quando finirà non rimarranno altro che fotogrammi, perché le emozioni cessano d’esistere.
Ma quella notte là, di smettere non ci andava.
E Charlie Brown ci inseguiva mentre tenevi stretto in un pugno la tua Red Bull e con l’altro pugno tenevi la mia mano che ti trascinava via dalla polizia.
Ma ci avrebbero presi, quella notte.
Quelle notti là che risplendiamo di verde fluo e rosa shocking e non riusciamo a seminarli.
«Frankie, perché ridi?»
Quelle notti là che tenevi la mia mano più stretta di quanto avresti dovuto e mi mandavi in cancrena le emozioni.
«Guardaci, siamo vivi.»
A te, Ily.
Alla nostra Red Bull e alle nottate passate a guardare Skins con la cenere ovunque.
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