Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: xshehatesthesun    07/08/2012    1 recensioni
'E poi prendi un pezzo di carta e cominci a scrivere, le parole scorrono, quasi cadono e come pioggia bagna la terra, l'inchiostro sporca la carta..così dai sfogo alle tue emozioni e te le senti appartenere come se fossero quasi un dono prezioso e quindi decidi di metterle su carta per salvarne il ricordo. La vita per me è così, una pagina scritta troppo in fretta per catturare ogni dettaglio ma estremamente lunga per lasciar affondare le parti più importanti.'
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Erano le 9 e ¾ ed ero ancora su quel maledetto treno ma non stavo andando di certo a Hogwarts.
Tutto quello che riuscivo a pensare era come scappare, ero in trappola ormai, catturata da me stessa.
Dopotutto era solo colpa mia se ero finita qui, potrei averlo evitato e quindi ora non mi troverei a vagare per chissà dove, in attesa di arrivare in un posto a me sconosciuto e lontano da casa, sempre se ce l’avevo ancora una casa.
Misi le cuffie e accesi la musica a tutto volume, volevo estraniarmi dal mondo, volevo solo essere io e Lei, che era sempre stata con me e che non mi avrebbe mai e poi mai giudicata.
Chiusi gli occhi e mi lasciai trascinare dalle parole e senza rendermene conto cominciai a canticchiare sotto voce, ma d’altronde come farne a meno, nessuno può sfuggire dal vortice in cui Lei ti cattura.
Mi resi conto di trovarmi sul pianeta terra solo quando il rumore del treno era troppo forte per fare a meno di sentirlo.
Aprii gli occhi di scatto e mi resi conto di essere arrivata.
Mi affacciai fuori dalla finestra del vagone e tutto ciò che riuscivo a vedere era una casa, una enorme casa distesa nel verde della natura e poi alberi, tanti alberi di tutti i colori esistenti al mondo, sembrava quasi un quadro, un quadro che non aveva ne cornici e né confini, una cosa che ti faceva venire voglia di pensare oltre l’infinito;
Presi la mia roba, tutto ciò che avevo era uno zaino, quello che mi aveva sempre accompagnata dapertutto e un’enorme valigia che nonostante avesse dentro lo stretto necessario portava con sé tutto il peso della mia vita appena trascorsa.
Scesi dal treno e mi ritrovai all’inizio di un vialetto, lo percorsi lentamente, quasi in punta di piedi e finalmente arrivai d’innanzi all’enorme casa che avevo visto precedentemente nel treno e che ora sembrava ancora più possente.
Varcai la porta che stava di fronte a me ed entrai, era pieno di ragazzi, di tutte le età e quando dico di tutte le età intendo che andavano dai bambini ai ragazzi della mia età.
Tutti sembravano così uguali, tutti vestiti allo stesso modo, tutti così composti, troppo composti per essere ragazzi ‘normali’, più che sembrare un istituto questo mi sembrava un carcere minorile, tutto questo mi metteva molta paura ma mi feci forza e continuai a camminare.
Percorsi un lungo corridoio e non so se era solo una sensazione o se era sul serio così ma mi sentivo osservata, terribilmente osservata.
Assorta nei miei pensieri non mi resi conto che ero andata accidentalmente a sbattere contro qualcuno, tanto da cadere a terra. Alzai lo sguardo e mi ritrovai di fronte un ragazzo che mi stava guardando non molto bene, anzi sembrava molto arrabbiato anche se era così dannatamente bello, ero completamente imbambolata.

-'Hey, ti sei rammollita per caso? La prossima volta guarda dove cammini! èé'

Mi stava parlando? Riprenditi, riprenditi cretina! Disse una voce dentro me.

'Emh, si cioè volevo dire no, comunque scusa tanto non ti avevo visto t.t '

Il ragazzo mi stava guardando ma stavolta con aria divertita, pareva quasi che se la stessa godendo ma non capivo per quale motivo, aggiungendoci il fatto che continuava a guardare il basso il direzione del mio..merda, quanto sono scema, avevo una cannottiera.-.- mi coprii d’istinto con una mano e lo guardai malissimo. Screanzato pensai.
Magari mi era venuto addosso di proposito, grrr dovevo immaginarlo che qui dentro non potevo esserlo al sicuro, ma che dico, io so perfettamente di cavarmela da sola. 'Chiunque tu sia, io ora vado, tanti saluti!' gli dissi con tono arrabbiato. Fece un sorrisetto e tentò di seguirmi 'Hey, aspetta aspetta sei nuova? Non mi hai detto manco come ti chiami!' lo ignorai completamente e continuai dritta per la mia strada. Mi chiamo June, June Mallbourn e questo era ufficialmente il mio primo giorno in riformatorio.

 
  
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