Capitolo
2: “At the Hospital”
La mattina seguente, il risveglio non fu facile per
nessuno di loro. Il primo ad alzarsi, anche se con parecchie
difficoltà, fu
JunHyung.
Quest’ultimo
non aveva chiuso occhio per quasi l’intera
nottata. Ogni volta che ci provava, l’immagine di una ragazza
sanguinante lo
riportava bruscamente alla realtà. La vicenda del giorno
precedente lo aveva
davvero spossato.
Si
alzò dal letto, facendo leva sulle braccia per
tirarsi su, si infilò le ciabatte e strascicò i
piedi fino alla cucina, dove si
lasciò ricadere pesantemente su una delle sedie poste
intorno al tavolo.
Ancora
assonnato, si prese la testa tra le mani,
mentre le palpebre pesanti minacciavano di chiudersi. Allora decise di
raggiungere il bagno per farsi una doccia fredda, sperando che almeno
quella lo
avrebbe aiutato a riprendersi un po’.
Sempre con passo
strascicato raggiunse la sua
destinazione, si privò velocemente dei pantaloni della tuta,
della canottiera e
dell’intimo, gettando il tutto a terra, ed entrò
sotto il getto fresco
dell’acqua.
Chiuse per un
attimo gli occhi, posando entrambe le
braccia contro la superficie bagnata dell’interno doccia per
reggersi in piedi.
Le gocce che si abbattevano sulla sua pelle, rigenerandola, gli davano
quel
mancato senso di tranquillità che, in quel momento, tanto
bramava.
Poi,
però, per ogni goccia gli tornava alla mente un ricordo,
facendo riemergere un
passato che voleva solo dimenticare. I volti appartenenti alle persone
che lo
avevano fatto soffrire sfrecciavano velocemente sotto le sue palpebre
chiuse.
Strinse con
forza i pugni contro il muro, poi
scivolò lentamente a terra, mettendosi a sedere sul fondo
della doccia. Alzò la
testa verso l’alto, come se l’acqua avesse potuto
cancellare il suo passato,
ma, ovviamente, non ottenne l’effetto sperato.
Contemporaneamente,
DongWoon usciva dalla sua stanza,
ancora assonnato, per dirigersi verso il bagno. Quando si
trovò di fronte alla
porta sentì dei rumori provenire dall’interno,
così decise di bussare.
A quel richiamo,
JunHyung si riprese, alzandosi
repentinamente da terra.
-“Un
attimo, ora esco.” disse, ponendo fine al getto
d’acqua per poi uscire definitivamente.
Si strinse un
asciugamano intorno ai fianchi,
afferrò i vestiti che aveva precedentemente buttato sul
pavimento e andò ad
aprire a DongWoon.
-“Il
bagno è tutto tuo.”
Il minore era
già entrato e si stava per richiudere
la porta alle spalle quando si voltò ed afferrò
JunHyung per un braccio.
-“Mi
do una lavata veloce e poi vado in ospedale.
Vieni?” domandò poi, nonostante si fossero
già messi d’accordo la sera
precedente.
L’interpellato
annuì con un cenno del capo, tanto ci
sarebbe andato comunque anche senza quella richiesta.
***
Avevano
approfittato del sonno profondo di GiKwang
per uscire di casa. Erano ben consapevoli che se fosse stato sveglio,
avrebbe
cercato in tutti i modi di convincerli a non andare, convinto che
sarebbe stata
una cattiva idea. O perlomeno per quanto riguardava colui che era
coinvolto
nell’incidente.
Fatto sta che
ora si trovavano all’entrata
dell’ospedale e si stavano dirigendo con passo svelto verso
il banco informazioni.
Una giovane donna, una volta accortasi della presenza dei due ragazzi,
alzò lo
sguardo dai fascicoli che stava esaminando, per posarlo sui nuovi
arrivati.
-“Buongiorno.”
disse cordialmente. “Posso aiutarvi
in qualche modo?”
-“Vorremmo
sapere dove possiamo trovare Crystal
Atrei. È stata ricoverata ieri pomeriggio.”
rispose DongWoon, con una nota di
urgenza nella voce.
La donna
consultò velocemente gli ultimi fogli della
giornata precedente, in cerca del nome che le era appena stato
suggerito.
-“Siete
fortunati, inizia l’ora del passo. Secondo
piano, prima curva a destra, stanza numero sette.”
-“Grazie.”
replicò educatamente il ragazzo.
Poi si
incamminarono entrambi verso le scale e,
rasentando appena la corsa, raggiunsero in meno che non si dica la loro
destinazione.
Fuori
dalla stanza numero sette, JunHyung cominciò a volersi
trovare da un’altra
parte. Una goccia di sudore scivolò dalla sua fronte, segno
inconfutabile del
suo nervosismo. Non era affatto pronto a rivedere colei che aveva
praticamente
quasi investito.
Sapeva
che quel momento equivaleva ad un altro cedimento da parte sua, e non
poteva
permetterselo. Rimaneva comunque il fatto che si sentiva in dovere di
scusarsi
e voleva ottenere il perdono, anche se temeva che non ci sarebbe
riuscito tanto
facilmente.
DongWoon, che si
era accorto dell’ansia dell’amico,
esitò qualche istante sulla soglia della stanza. Un po’ ce l’aveva con il
maggiore per l’accaduto, perché se fosse stato
più attento la sua amica non si sarebbe trovata in un letto
d’ospedale; ma
dall’altra parte sentiva che doveva stargli accanto.
-“Te
la senti o no?” gli chiese allora, con una
certa premura.
JunHyung trasse
un respiro profondo, e, con qualche
incertezza ancora ben visibile, fece cenno di si con la testa.
Entrarono
insieme, fianco a fianco, e trovarono la stanza vuota; o meglio, non
c’era
nessuno oltre a lei.
Crystal era
sdraiata sul letto centrale e sembrava
profondamente addormentata. Aveva una benda sulla fronte, e altre bende
poste
in vari punti delle braccia. Le gambe erano ricoperte dalle lenzuola,
ma si
poteva intravedere un lieve rigonfiamento che pareva ricordare la forma
di un
gesso che, probabilmente, le circondava la gamba destra. Per non
parlare dei
lividi che ricoprivano la sua pelle prima immacolata.
Al braccio
sinistro, invece, nella piegatura del
gomito, le era stato infilato l’ago della flebo e alle narici
aveva i tubicini
che si collegavano con le bombole dell’ossigeno. Non era
affatto un bello
spettacolo, non che pensassero sarebbe potuto essere il contrario, ma
vederlo
era un altro paio di maniche.
Si scambiarono
un breve sguardo, come a confermare
la gravità della situazione. Poi DongWoon si
avvicinò al letto, prendendole
dolcemente un mano e stringendola tra le sue.
JunHyung,
invece, rimase immobile sul posto, non riuscendo
ad avvicinarsi neanche di un millimetro. Il
pensiero che era stato lui a farla ridurre in quello stato gli stava
dilaniando
il petto, ma si promise che non lo avrebbe dato a vedere.
-“Credo
stia dormendo.” constatò il più
piccolo,
senza dire niente di nuovo. Nel mentre le accarezzava una guancia con
affetto.
-“Ma
non mi dire?!” esclamò l’altro
sarcasticamente,
ottenendo un’occhiataccia da parte del suo interlocutore.
Nonostante
non ci riuscisse, JunHyung sentiva il bisogno di avvicinarsi. Come se
il corpo
della ragazza fosse stato una sorta di calamita, la quale lo attraeva a
sé ma,
allo stesso tempo, lo respingeva. Era una sensazione alquanto strana e
frustrante.
In quel momento
sentirono dei passi vicini e si
voltarono contemporaneamente verso la fonte di quel suono. Una donna
occidentale li stava guardando sorpresa, con in mano un
caffè fumante. Doveva trattarsi
sicuramente della madre della ragazza.
-“Salve
signora Wiedermann.” DongWoon la salutò,
accompagnando le parole con un inchino educato.
-“Ma
quante volte ti avrò detto di darmi del tu,
Woon! Chiamami Ingrid.” disse di rimando lei, rivolgendogli
un dolce sorriso.
Il ragazzo
arrossì imbarazzato, abbassando
leggermente il capo verso il basso. Poi lo sguardo della donna si
posò su JunHyung,
cercando di capire chi fosse.
Quest’ultimo
sentiva gli occhi della signora bruciargli addosso, senza mai
incrociarli
direttamente. Se prima aveva desiderato trovarsi altrove, ora voleva
semplicemente scomparire.
-“Questo
giovanotto chi sarebbe?” domandò, senza
rivolgersi a qualcuno in particolare.
-“È
un mio amico.” replicò il minore.
“È grazie a
lui se ho saputo di Crystal. Era nel luogo
dell’incidente.”
A quelle parole,
JunHyung cominciò a tossire,
rischiando di strozzarsi con la sua stessa saliva.
-“Infatti
mi stavo chiedendo come facevi a sapere
che eravamo in ospedale.” osservò Ingrid, non
facendo caso al comportamento
strano dell’altro ragazzo. “Piacere di
conoscerti.” continuò poi, rivolgendosi
di nuovo a quest’ultimo.
-“Il
piacere è mio.” disse Jun, fingendosi
disinvolto.
-“Sei
per caso riuscito a vedere qualcosa? Da quello
che hanno detto i poliziotti e mia figlia sembrerebbe che una macchina
abbia
tamponato la sua bicicletta e lei ha perso l’equilibrio. La
denuncia è già
scattata automaticamente. Menomale che non ha subito danni gravi,
altrimenti
non sarei riuscita a sopportarlo. Comunque hanno anche aggiunto che il
guidatore l’ha soccorsa e l’ha accompagnata
all’ospedale, assumendosi le giuste
responsabilità. Questa è una cosa che apprezzo
molto, anche se, sinceramente,
sono arrabbiata. Ma, in fondo, si è trattato di un
incidente, quindi…”
-“Si,
infatti, io…” solo dopo si accorse di
ciò che
stava per dire e cercò di rimediare nel miglior modo
possibile, sotto lo
sguardo confuso dell’amico e della donna.
“Cioè…l’avrei soccorsa subito
anche
io, ma ho visto che l’autista era già in suo aiuto
così sono semplicemente
rimasto ad aspettare l’ambulanza.”
Ingrid parve
rilassarsi un attimo, ma lo sguardo
rimase assottigliato. Sentiva che c’era qualcosa di strano
nel suo tono di
voce, da madre riusciva a percepirlo bene. Inutile nasconderlo, nutriva dei sospetti.
Mentre la donna
sembrava scannerizzare il ragazzo,
una voce appena udibile portò la loro attenzione altrove.
-“Dong-Woon.”
sussurrò sorpresa Crystal, stringendo
ripetutamente gli occhi come a liberarli dall’annebbiamento
tipico del sonno.
-“Crystal!
Come stai?” il ragazzo si era nuovamente
avvicinato e le accarezzò dolcemente i capelli castani.
-“Bene.”
rispose lei, sorridendo.
JunHyung
rimase ancora una volta in disparte a guardarla. Il sorriso radioso che
si era
impossessato delle sue labbra lo metteva a disagio. Come riusciva a
sorridere e
a dire che stava bene in una situazione del genere? Doveva ammettere
che la
ragazza aveva carattere.
In
quell’istante i loro occhi si incontrarono per la prima
volta, prima
circospetti, poi semplicemente curiosi. JunHyung avvertì una
sorta di stretta
al petto, incapace di distogliere lo sguardo. Come aveva potuto essere
stato
così disattento? Non se lo sarebbe mai perdonato.
Dopo
pochi secondi, Crystal abbassò la testa infastidita. Aveva
provato una strana
sensazione nel guardarlo, come se lo avesse riconosciuto. Ma era sicura
di non
averlo mai visto prima. Cosa significava?
DongWoon, il
quale aveva intercettato lo sguardo
della ragazza, si prese la premura di presentarli.
-“Ah!
Giusto! Quasi dimenticavo! Crystal, lui è un
mio amico, si chiama JunHyung, era sul luogo
dell’incidente.”
Il maggiore
inclinò appena il capo in cenno di
saluto, non riuscendo a fare di meglio. Ingrid seguì ogni
suo minimo gesto e
comprese che stava nascondendo qualcosa, lo si poteva capire dalla
rigidità con
cui si muoveva.
La
ragazza riuscì a stento a non spalancare la bocca. Ora
capiva come mai si era
sentita così strana qualche attimo prima. Era stato lui. Lo aveva riconosciuto
perché poco prima di perdere i sensi
aveva visto una figura avvicinarsi a lei, e quella figura corrispondeva
con
quella del ragazzo che ora aveva a qualche metro di distanza.
JunHyung
non si lasciò sfuggire quell’espressione
sbalordita e la guardò attentamente.
Che avesse capito qualcosa? Il cuore cominciò ad aumentare
la velocità dei
battiti, ma lui fu in grado di mascherare il timore con un sorriso
strafottente. Subito dopo, però, si maledisse per quel
gesto.
-“Mamma,
potresti uscire un attimo. Ho bisogno di
parlare con DongWoon.”
La donna rimase
interdetta per qualche istante, poi
acconsentì e si diresse fuori dalla stanza. JunHyung stava
per seguirla
all’esterno, visto che Crystal doveva parlare con il minore,
ma lei glielo
impedì.
-“Rimani.”
disse con voce flebile.
I due ragazzi si
voltarono a guardarla, stupiti e
improvvisamente preoccupati, poi si scambiarono uno sguardo
d’intesa, sapendo
già cosa avrebbe potuto dire.
-“Sei
stato tu, vero?” domandò, con gli occhi fissi
sulla sagoma immobile di JunHyung.
Quest’ultimo
sbiancò di colpo e le sue paure si
rivelarono tremendamente fondate. Lei sapeva.
-“Anche
se fosse?” sbottò, nascondendosi ancora una
volta dietro una maschera di strafottenza. E, anche stavolta se ne
pentì
all’istante. Doveva scusarsi, non dargli un altro motivo per
essere odiato.
-“Ok,
sei stato tu.” replicò Crystal con un tono di
voce fin troppo pacato e controllato.
-“Io…”
non sapeva cosa dire, ma doveva sforzarsi.
“Mi dispiace. Sarei dovuto stare più attento, non
ti avevo proprio visto.”
cercò comunque di controllarsi, sperando di risultare, oltre
che dispiaciuto,
anche a suo agio.
-“Certe
persone dovrebbero pensarci due volte prima
di prendere la patente.”
-“Ehi!
Ti ho chiesto scusa e pagherò la denuncia.
Cos’altro dovrei fare?”
La discussione
stava cominciando a farsi più calda e
non era affatto un buon segno.
-“Ormai
niente, il danno l’hai fatto lo stesso.
Comunque tranquillo, non sono una ragazza che fa pesare le cose, anche
se in
questo caso sarei più che motivata a farlo.” gli
rivolse un sorriso falso.
-“Troverò
il modo di farmi perdonare.” sbottò allora
JunHyung con un che di sfida, stupendosi da solo per quelle parole.
-“Dubito
fortemente che ce la farai. Comunque
apprezzo la tua sincerità e il fatto che tu mi abbia
soccorso.” ammise
arrossendo. “Fatto sta che non occorre che tu ti faccia
perdonare, cosa te ne
faresti del mio perdono? Per non parlare del fatto che ciò
comporterebbe spesso
un tuo incontro e non ci tengo particolarmente, mi è
già bastato il primo.” era
addirittura in grado di fare del sarcasmo!
-“Dopo
queste tue parole dovrei farmi da parte,
giusto? Mi dispiace ma non sono il tipo che si sottrae tanto
facilmente. Ho
detto che troverò il modo di farmi perdonare e
così sarà.”
-“Come
ti pare, sprechi solo del tempo che potresti
impiegare in modo migliore. E ora dimmi, perché ti ostini
tanto a volere il mio
perdono?”
-“Per
avere la coscienza a posto, tutto qua.” disse
bruscamente.
-“Non
sarà affatto piacevole, per nessuno dei due.
Soprattutto quando i miei verranno a sapere chi sei.”
DongWoon stava
seguendo il loro scambio di battute
in silenzio, non sapendo come intromettersi per calmare le acque.
Gli altri due
stettero un altro paio di minuti a
misurarsi con lo sguardo, c’era un segno di sfida nel modo in
cui lo facevano,
ma c’era anche qualcos’altro.
“Rimpianto?
Senso di colpa? Frustrazione?” si chiese il
ragazzo. “No, non credo che abbia
un nome ciò che
sento.” pensò.
“Rabbia?
Dolore? Fastidio?” si
domandò invece Crystal. “Probabilmente
fastidio.” accordò lei.
-“Io
devo andare.” la informò JunHyung. “Ci
rivediamo presto.” le sorrise con una malizia costruita.
-“Non
vedo l’ora.” replicò sarcasticamente la
ragazza.
Dopo un ultima
occhiata, Jun uscì definitivamente,
salutando anche la donna che era appostata nel corridoio principale.
-“Sai,
dovresti cambiare amicizie.” sentì dire da
Crystal.
-“Non
è come credi. È un bravo ragazzo.”
ribatté
DongWoon, prima di seguire l’amico fuori.
Farsi
perdonare non sarebbe stata una passeggiata. Era una sfida bella e
buona. Ma
lui era determinato a voler ottenere la vittoria.
PS: Come ogni volta ci tengo a ringraziare in modo particolare, oltre chi legge e segue questa storia *-*, coloro che hanno avuto la pazienza di recensirmi ancora una volta! Gomawo girls!! Mi rendete davvero felice con le vostre opinioni! ^^