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Autore: WhiteLight Girl    07/08/2012    2 recensioni
L’apertura ufficiale dei contatti tra i due mondi aveva ancora molti oppositori, ma, grazie anche all’aiuto dei Tamers di ogni nazione, la gente era sempre più interessata all’argomento. E con una Testimonial quale Ruki Makino, a cui bastava battere le ciglia per conquistare due terzi buoni della componente maschile che riempiva una sala conferenze, non potevano che essere ancora più vicini allo scopo del progetto.
Non che Ruki lo facesse apposta, a far cadere tutti quegli uomini ai suoi piedi, essendo più che impegnata, con quella fede al dito che, comunque, non le impediva di andare e venire come la gatta selvatica quale era.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryo Akiyama | Coppie: Ruki Makino/Rika
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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QUESTA CASA NON E’ UN ALBERGO



Chiunque conoscesse Ryou Akiyama, avrebbe scommesso che, per scegliere i candidati ideali per una scuola privata prestigiosa, avrebbe tirato a sorte.
Chi poteva dire di conoscere perfettamente Ryou Akiyama, sapeva bene quanti controlli e quante riflessioni vi fossero dietro l’ammissione di ogni singolo studente.
Non per niente Ryou Akiyama gestiva l’unica, sola, speciale accademia per Tamers e Digimon. Istituto che, tra le tante cose, gestiva ed insegnava a gestire i rapporti tra il Mondo Reale e l’ormai conosciuto Mondo Digitale.
L’apertura ufficiale dei contatti tra i due mondi aveva ancora molti oppositori, ma, grazie anche all’aiuto dei Tamers di ogni nazione, la gente era sempre più interessata all’argomento. E con una Testimonial quale Ruki Makino, a cui bastava battere le ciglia per conquistare due terzi buoni della componente maschile che riempiva una sala conferenze, non potevano che essere ancora più vicini allo scopo del progetto.
Non che Ruki lo facesse apposta, a far cadere tutti quegli uomini ai suoi piedi, essendo più che impegnata, con quella fede al dito che, comunque, non le impediva di andare e venire come la gatta selvatica quale era.
La scelta di utilizzare il volto di Ruki per la campagna, una scelta particolarmente di parte, era stata probabilmente più che azzeccata. Non che Ryou, proponendo la ragazza, avesse lasciato ai compagni in riunione molta scelta, anche dopo che Ruki stessa aveva lanciato un’occhiataccia che diceva chiaramente: lasciatemi fuori da questa storia. Il suo curriculum era davvero spettacolare; Regina dei Digimon, studentessa modello, Digimon Tamers che aveva salvato il mondo. E poi era una ex modella, ora attrice di successo. Per non dimenticare il fatto che fosse bella, testarda, atletica ed un mucchio di aggettivi ed apprezzamenti che Ryou non avrebbe osato rivelare ad anima viva.
Questo era quello che Ryou si ripeteva ogni volta che si ritrovava a rimuginare sulla sua campagna, mentre rammentava ciò che l’aveva portato dov’era – di solito, a questo punto, era seduto sulla poltrona del suo studio, al secondo piano della villetta che, troppo spesso, sembrava fin troppo vuota – e progettava le nuove mosse da solo o con qualche amico.
Le sere d’estate, di solito, erano le peggiori. Momenti in cui l’aria si faceva bollente ed il ragazzo non sapeva come impegnare il tempo, se non lavorando e rileggendo le domande d’iscrizione affinché, all’inizio dell’anno scolastico, fosse tutto perfetto. Lamentandosi della mancanza di una compagnia che, almeno secondo le convenzioni, avrebbe dovuto esserci.
Le visite non erano rare, e Ryou non si stupì troppo nel vedere la figura longilinea di Ruki stagliarsi sulla porta dello studio, contro l’oscurità del corridoio. Tra l’altro, aveva già sentito i suoi tacchi preannunciarla, nel silenzio della casa.
La vide incrociare le braccia con la coda dell’occhio, fingendo di ignorarla e rovistando tra i fogli ammucchiati sul tavolo.
«Eih» sbottò alla fine la ragazza, sentendosi trascurata.
«Eih» le rispose lui facendole un cenno.
Ruki sospirò, facendo roteare gli occhi e sistemando la gonna scura del vestito attillato che indossava. Poggiò la borsa sul mobile, scrutando la stanza alla ricerca di un punto ben arieggiato in cui sistemarsi, ma la stoffa del divano era poco invitante, e l’unico posto davanti alla finestra aperta era la sedia alla scrivania, occupata da Ryou.
Ruki schioccò le dita, infastidita dalla mancanza d’interesse che lui dimostrava, nei suoi confronti.
«No» borbottò lui «Non farlo. Sai che odio che ci si schiocchi le dita»
La ragazza ridacchiò, raggiungendolo al tavolo. Diede un’occhiata alle lettere che Ryou aveva ordinato e domandò: «Siamo arrivati da qualche parte?»
«Tu fin dove sei arrivata?» borbottò il ragazzo concentrato «Monaco? Parigi? Sono praticamente due settimane che non ho notizie di te»
Ruki sospirò «Oh, sei arrabbiato»
«Non dovrei?» si lamentò Ryou «Hai un cellulare costosissimo, potresti almeno avvertire che te ne vai, possibilmente con un preavviso di almeno un giorno»
«Ryou, mi dispiace, è stata una cosa improvvisa» si giustificò Ruki tirandosi i capelli dietro le orecchie.
«Una telefonata non costa tanto, sai?» insisté Ryou.
Ruki sbuffò, si sfilò la fede dal dito e la abbandonò da qualche parte sulla scrivania. Scostò con un gesto secco le buste e le carte per poi sedersi sulla scrivania, occupando proprio il punto di fronte al ragazzo, che indietreggiò, stringendo tra le mani i due soli fogli che era riuscito ad afferrare.
Ruki accavallò le gambe, accarezzando con un piede la gamba di Ryou.
«Non potrai avercela con me per sempre» lo stuzzicò.
«Ruki, non farlo» supplicò il ragazzo, tentando di guardarla dritta in faccia.
Ruki batté le unghie sul tavolo innocentemente «Fare cosa?» domandò.
«Non puoi andare e venire come ti pare; questa casa non è un albergo. Anzi, tu la usi più come un aeroporto»
«Eih» ribatté la ragazza «Sei tu che hai voluto me come testimonial. Sto solo facendo il mio lavoro»
«Si, davvero professionale, tentare di sedurre il capo» la schernì Ryou.
«Licenziami, se non ti và bene» rise Ruki.
Ryou scosse la testa, si alzò, la prese per i fianchi e la costrinse a scendere dal tavolo. «Va a dormire» le disse, risedendosi a lavorare.
Ma Ruki non si lasciò comandare così facilmente; lo afferrò per il colletto della maglia e lo costrinse a guardarla ancora. «Oh! Dai! Non vedevo l’ora di rivederti»
Ryou le strinse i polsi e la costrinse a lasciarlo andare. Non erano i metodi che Ruki usava di solito per attirare la sua attenzione; si chiese da quale film li avesse presi.
«Smettila»
La ragazza sospirò, accostando la testa al petto del ragazzo. Si era fatta seria all’improvviso.
«Ryou. Ho caldo» disse alla fine.
«In camera da letto c’è il condizionatore» le ricordò lui allontanandola.
Ma lei mise il broncio «Non ci voglio andare a letto da sola! Ho dormito da sola per due settimane, ora basta» borbottò Ruki.
«Non ti ho detto io di partire» le ricordò il ragazzo esasperato. «Ruki, il caldo ti fa un brutto effetto, lo so. Fatti una doccia fredda»
«Tu vieni con me?» gli chiese Ruki languida.
«Per permetterti di saltarmi addosso un’altra volta? No grazie. Sono comunque arrabbiato. Và a dormire, Tigre»
Ruki rise, ma, invece di tornare in corridoio e raggiungere la camera da letto, spalancò la portafinestra che dava sul terrazzino ed uscì, scendendo le scale fino alla piscina.
Si voltò a fare un cenno a Ryou, invitandolo a raggiungerla, prima di dargli le spalle e sbottonarsi il vestito, lasciandolo scivolare fino a terra.
Si sfilò la biancheria, per ultime le scarpe, poi si tuffò in acqua sotto lo sguardo costernato di Ryou.
Il ragazzo sospirò, massaggiandosi la fronte con un dito. Questa era la vera Ruki, che prendeva ciò che voleva senza chiedere, con un solo cenno della testa.
Si sfilò la fede anche lui, abbandonandola da qualche parte attorno al punto in cui Ruki aveva lasciato la sua, ed uscì a sua volta.
Quando arrivò a bordo vasca aveva già tolto le scarpe e la maglietta.
Ruki riemerse, andandogli incontro, incrociando le braccia sulle mattonelle fredde e sorridendo. «Un po’ di fretta per uno che ce l’ha a morte con me»
«Zitta» rise lui «Chiunque altro avrebbe già chiesto il divorzio»
«Ma a te non piace mollare» lo stuzzicò Ruki, distogliendo lo sguardo quando lui si lanciò in acqua, per evitare gli schizzi.
«Forse mi piace infilarmi nelle cause perse» rifletté lui, rabbrividendo per l’acqua fredda che gli arrivava fino al mento.
«Io non sono una causa persa» si lamentò Ruki infilandosi deliberatamente tra le sue braccia.
«Tu sei il mio trofeo» chiarì Ryou baciandola sulla bocca.
Ruki gli accarezzò i capelli umidi «Non sono un oggetto»
«E per metterlo in chiaro non hai bisogno di sparire per settimane senza farti sentire. Non ti obbligherei mai a fare qualcosa che tu non voglia, non hai bisogno di dichiarare in questo modo la tua indipendenza» ribatté il ragazzo.
«Lo so» rivelò Ruki con un sorriso mesto. «Ma avevo bisogno di riflettere su alcune cose»
Ryou la allontanò lievemente, per poi afferrarla per la testa e spingerla sott’acqua. «Cose per le quali non potevo essere d’aiuto?» le domandò quando riemerse.
Si sarebbe aspettato che lo spingesse sott’acqua a sua volta, ma Ruki non lo fece, e questo lo preoccupò.
«Non lo rifare» lo avvertì semplicemente la ragazza.
«Allora, qual è il problema?»
Ruki sospirò, asciugandosi il viso e tirandosi indietro i capelli.
«Mi sono spaventata» disse.
Non parlava dello scherzo, ma della ragione per cui, questa volta, se n’era andata. E Ryou non riusciva proprio ad immaginare cosa potesse essere, tanto più che Ruki si era fatta improvvisamente seria.
«Dammi la mano» gli disse.
Il ragazzo obbedì, scettico, lasciando che lei accompagnasse il palmo aperto contro il suo ventre.
«La cameretta in più per cui hai insistito tanto quando abbiamo comprato la casa, è il momento di riempirla» disse Ruki.
Il ragazzo la guardò confuso per alcuni istanti. «Ci stai pensando oppure…»
Ruki gli tirò un pugno sulla spalla «Aspetto un bambino, idiota»
Ryou spalancò la bocca, richiudendola sconcertato. Per un paio di secondi, dovette ripetersi le parole di Ruki per comprenderle meglio.
Sorrise. Avrebbe voluto dirle che era felice e baciarla, invece il sorriso gli si spense.
«Non devo far costruire una torre e rinchiuderti dentro per evitare che scappi, vero?» domandò preoccupato.



****



Dunque, non mi convince molto, ma volevo postare qualcosa e l’altra shot che stavo scrivendo non sono ancora riuscita a finirla.
   
 
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