"Con quel nome lì, non sei certo di qui!"
E così lo rinchiusero, in quel buco sottoterra;
Pasquale scava la terra, scava la terra,
il terrone scava la terra, scava la terra.
Si chiamasse Giuseppe, diventerebbe Bepi,
fosse il suo nome Antonio, lo chiamerebbero Tonio.
Ma lui si chiama Pasquale.
E se ne stia lì, lui non può stare qui.
"Con quel nome lì, rimani chiuso, ché è meglio!"
E così si rinchiuse, si vergognò di sé.
E quando lo picchiarono la prima volta, e colava sangue
con le lacrime agli occhi, maledisse sé stesso,
e s'accucciò. "Volevo chiamarmi Giuseppe, sarei
stato Bepi. Invece il mio nome è Pasquale, e
sono uno schiavo terrone. Che vergogna!"
E si punì, lui non meritava sorriso.
E quando fu poi liberato dalle mura elettroniche,
si sentiva solo nulla, era uno schiavo terrone,
rifiutò tutto, l'amore, la pace, le gioie, cercò
un nuovo padrone, le botte, il dolore. E così
morì, poiché si puniva di continuo,
per la sua strana forma di responsabilità,
lui davanti ai figli, ancora si puniva,
pensassero mai che meritasse qualcosa,
questo sudicio e vecchio schiavo terrone!
Svestiamoci dall'odio,
smettiamo le nostre toghe di padroni.
Ogni forma di razzismo ha una sola conseguenza.
Dolore.
Adesso basta.