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Autore: Hymn    08/08/2012    1 recensioni
Una One-shot sulla coppia Gladius/Shaw, della mia fic "Goodbye".
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una oneshot nata dalla richiesta di alcuni miei amici di continuare la pairing Gladius/Shaw, che ho iniziato e, ahimè concluso, nella long su una ipotetica versione dei sessantottesimi Hunger Games. I personaggi di questa oneshot non hanno MAI partecipato come tributi a tale edizione, anzi, vivono in una Panem modificata, sempre divisa in distretti, ma dopo gli avvenimenti di Mockingjay. Troverete quindi qualche accenno ai protagonisti principali di Hunger Games (Katniss, Peeta e Gale, per quanto mi riguarda). Ho apportato possibili “modifiche” che il sistema centrale di Capitol City potrebbe aver subito dopo la conclusione degli avvenimenti narrati dall'autrice in Mockingjay. Ovviamente, è tutta finzione.


NdA: le parti che troverete formattate in corsivo sono dei flashback. Uso il presente per comodità in entrambe le parti (narrazione vera e propria, e ricordi), perché, devo riconoscere, rende la scrittura molto più piacevole a mio avviso.

Spero vi piaccia!



Sono passati molti anni da quando Katniss Everdeen e Peeta Mellark hanno sfidato Panem con il loro folle tentativo di “suicidio” con i Morsi della Notte, durante la Settantaquattresima edizione degli Hunger Games.

E molti anni sono passati dall'ultimo Quarter Quell, quando sempre Katniss, Peeta e gli altri ormai “ex” vincitori delle edizioni precedenti degli Hunger Games hanno nuovamente mandato in rovina i piani di Cornelius Snow.

E proprio il presidente Snow, dopo anni di politica del terrore, è morto.

Grazie all'intervento della Ragazza di Fuoco, Panem ha subito grandi modificazioni. Lei è stata il volto della risurrezione. Anche grazie a molte altre persone.

Sono uno dei pochi superstiti del Distretto Dodici, dopo che venne bombardato in seguito all'esplosione dell'Arena dei settantacinquesimi giochi.

E proprio grazie all'intervento di Katniss, adesso alla popolazione di Panem, seppur ci sia ancora molto da ricostruire, è possibile girare liberamente per i vari distretti. Certo, i prezzi dei trasporti sono comunque ancora abbastanza elevati, ma si sono decisamente abbassati nel corso degli anni.

All'epoca del bombardamento, avevo sedici anni. E probabilmente sarei morto se Gale Hawthorne, il finto cugino di Katniss, non ci avesse scortato nel Tredici. Ma questa storia è acqua passata.

Mi chiamo Shaw Bladderwack. Non ho grandi abilità, seppure dicono che me la cavi abbastanza bene nel farmi del male, involontariamente.

Ho anche abbastanza senso dell'ironia, detesto le situazioni pesanti, anche se, molto spesso, mi trovo ad esserne vittima. Non proprio triste, ma mi lascio un po' troppo coinvolgere dalle situazioni.

Da una decina di anni, ormai, vivo nel Distretto Nove. Quando sono arrivato non sapevo cosa mi aspettava.

So soltanto che, racimolati i soldi necessari, scelsi il Nove per la semplice presenza di immense distese di coltivazioni di grano e cereali. Amo la tranquillità, e per me non c'è niente di meglio che veder ondeggiare al vento un campo di grano.

Ma gli influssi del Distretto Dodici si fanno sentire bene, e non posso fare a meno di apprezzare tantissimo la carbonella nel camino, le fredde notti d'inverno.

Non ero mai sceso veramente nella miniera, se non per le visite scolastiche, e ringrazio di non esserci mai veramente andato a lavorare.

Tutti gli abitanti del Giacimento ricordano fin troppo bene l'esplosione che spazzò via diverse vite, compreso il padre di Katniss e Gale. E, in quell'esplosione, perse la vita anche mio fratello maggiore. Ricordo poco di lui, ho solo una foto. Ha gli stessi capelli neri che ho io, la stessa pelle olivastra tipica del Giacimento. Soltanto i miei occhi si discostano molto. I miei, stranamente, sono verdi.

Quando sono arrivato nel Nove, ho avuto il mio bel da fare. Non sapevo ancora se mi sarei veramente trasferito o meno, ma iniziai a cercare un lavoretto.

Arrivai precisamente durante il periodo della mietitura del grano, e riuscii a farmi assumere da un vecchio contadino per aiutarlo in quell'attività che, per lui, era diventata ormai difficile.

Fu proprio in quel periodo che conobbi Gladius.


« Tu non sei del Nove, dico bene? »

Mi volto verso un ragazzo, più alto di me di qualche centimetro, circa una decina o meno.

Sorrido, imbarazzato. « No, io vengo dal Dodici. »

Torno ad abbassare lo sguardo, guidando incerto la falce, che si abbatte sui fusti delle spighe. Non c'è molta disponibilità di macchinari, sono andati distrutti durante l'ultima ribellione, e ancora non c'è modo di comprarne di nuovi, finché la situazione economica generale non si stabilizzerà. Tuttavia, vivere non è poi così difficile, non più di sempre almeno.

« Capisco. »

Sento che lui si ferma, e avverto il suo sguardo curioso su di me. Odio essere fissato mentre faccio qualsiasi cosa; decido di ignorarlo per un po', osservando le cariossidi di una spiga particolarmente ricca. Ma quando sento che sghignazza, non riesco più a trattenermi dal sbottare.

« Devi fissarmi ancora a lungo?! »

Sicuramente il mio viso è paonazzo, misto tra imbarazzo e nervosismo. Il ragazzo-dai-capelli-biondi se ne accorge, e fa aumentare il rossore del mio viso quando scoppia a ridere. Anche i suoi occhi nocciola tradiscono un certo divertimento.

« Non è quello... Ma oh.... Ahahaha, dai qua, ti insegno a falciare come si deve, o distruggerai metà del raccolto! »

Stringo il pugno sul manico della falce, contrariato. Va bene, ho diciannove anni, e non ho mai falciato il grano in vita mia, ma non c'è bisogno di trattarmi come un apprendista. Ok, ce n'è bisogno, ma non voglio ammetterlo, sono veramente troppo orgoglioso.

Senza chiedermi alcun permesso verbale si avvicina a me, portandosi alle mie spalle, e mi afferra la mano. Avverto una presa sicura, attraverso la stoffa dei nostri guanti da lavoro.

Mi guida in un semplice movimento, non troppo violento, ma comunque deciso. Insoddisfatto, tuttavia, inclina leggermente il mio polso con la semplice pressione delle sue dita. Sembra soddisfatto. « Ecco, con questa angolatura durerai meno fatica, e non dovrai agitare le braccia come un pazzo per tagliare una singola spiga. »

Mi accompagna nel primo tentativo, e lo vedo sorridere con la coda dell'occhio. « Perfetto, prova da solo, adesso. »

Nuovamente ripeto, senza una terza mano a guidarmi, il movimento che mi ha insegnato. Ed effettivamente, il grano cede come burro sotto il filo della falce.

Mi apro pure io in un sorriso, e questa mia reazione lo fa ridere.

« Smettila, cazzo, mi da fastidio! »

Ma niente da fare, continua a ridere, se possibile ancora più forte. Si asciuga le lacrime causate da quelle risate che non riesco a frenare. « Oh dio, sei troppo spontaneo e buffo, non c'è che dire! »

Porto la mano sinistra a massaggiarmi la nuca, con una smorfia a metà tra il divertito e l'imbarazzato sul viso. « Almeno qualcuno trova divertente la situazione, meglio un cinquanta percento che niente. »

Vedo che trattiene un'altra risata, e ispira ed espira un paio di volte, per tranquillizzarsi. Mantiene comunque un ghigno divertito.

« Direi che per oggi hai fatto abbastanza danni, è tardi. È meglio proseguire domani. »

Allungo le braccia oltre la testa, stiracchiandomi un po' la schiena. Star piegato tutto quel tempo mi ha fatto indolenzire la muscolatura.

« Comunque non mi sono presentato... »

Si sfila i guanti, infilandoseli nella cintura dei pantaloni da lavoro (mezzi strappati), dietro. Lo imito, perché non so dove tenere la roba, ed odio le tasche rigonfie.

« Mi chiamo Gladius Welch*, e tu... »

Allungo la mano per stringere la sua, che nel frattempo mi sta porgendo, e la stringo. Sento diversi calli sui suoi palmi, e capisco che ha diversi anni di esperienza alle spalle.

Effettivamente anche la sua muscolatura, asciutta e guizzante, non è che un chiaro segno del suo lavoro costante. « … Shaw Bladderwack, piacere mio. »

Sorridiamo entrambi. « Beh, piacere mio senza dubbio, Shaw. »

Una voce in lontananza ci fa girare. Ridiamo quando vediamo il contadino per cui lavoriamo cercare di attirar la nostra attenzione indicando un orologio sul muro della sua abitazione, sotto il loggiato.

Gladius unisce le mani a coppa, portandole alla bocca. « D'accordo Roy, torniamo domani alla solita ora! »

Mi accompagna ad un magazzino, e lasciamo li le falci ed i guanti. Dopo aver lasciato gli attrezzi, ci incamminiamo verso la piazza centrale della versione del Nove del “Giacimento”.

Ma non ha niente a che vedere con la mia piazza centrale. La loro non è annerita dalla polvere di carbone. Ancora porta, tuttavia, i segni della tirannia di Capitol City. Il palo a cui venivano fustigati i “criminali” - e in quel momento la mia mente torna a quando vidi Gale esser fustigato per un tacchino – è rimasto al centro, circondato adesso da una specie di balaustra. Nessuno ha voglia di ricordare come fosse duro il passato. O meglio, nessuno vuole che il passato si ripeta.

La voce di Gladius mi riporta alla realtà vera e propria. « Co... Come? »

Lo vedo sbuffare, sempre con quel suo sorrisetto divertito. Ho quasi voglia di prenderlo a schiaffi. « Dicevo, dove alloggi? »

Inarco le sopracciglia. Già, dove alloggio?

Dovevo cercare un posto per la notte, perché dall'ostello in cui alloggiavo fino a quel giorno sono venuto via, stava prosciugando i miei risparmi.

« A dire il vero... Credo che dormirò in un campo, stanotte, il posto dove sto... Stavo, sta succhiandomi via ogni spicciolo. »

Lo vedo farsi pensieroso per qualche minuto, mentre camminiamo. Quando parla ha la voce un po' incerta. « Se vuoi... Io abito da solo, ho una camera libera. Mi farebbe piacere avere qualcuno a giro, almeno non sto sempre solo... Sempre se ti fidi, ovviamente. »

Valuto la sua proposta.

Beh, non è niente male, e almeno avrò modo di fare conoscenza, già che lavoriamo insieme. Sembra anche simpatico, dopotutto. Quasi mi fa tenerezza, dopo avermi proposto questa cosa.

« Accetto volentieri, grazie Gladius. »

Sono quasi certo che abbia sussurrato un “grazie a te”, ma torna subito a parlare tranquillamente, dicendomi che casa sua non è molto grande, ma accogliente. L'ha ereditata quando morì sua madre, e da allora se ne occupa lui il meglio possibile.

Non sembra triste nel parlare di sua madre, e me ne accorgo perché quando l'ha citata ha fatto una smorfia di intolleranza. Decido comunque di non indagare oltre nella sua vita privata, non sono affari miei.


Fisso dalla finestra la fattoria, o meglio, i campi di cereali che ondeggiano nel vento estivo.

Definirla fattoria è eccessivo, in effetti. Sorrido quando sento urla divertite di bambini che giocano dalla parte opposta a quella che sto fissando.

La casa di Gladius, beh, è sempre stata in una posizione strategica. Il piccolo campo di cereali che c'era quando eravamo ragazzi, adesso è diventato almeno mezzo ettaro. Non è grandissimo, ma è ben fornito. E stranamente, il suolo con noi è molto generoso.

Sono passati già dieci anni da quando sono diventato definitivamente un abitante del Nove. Una volta al mese, più o meno, faccio ritorno per un fine settimana nel Dodici. Nel Villaggio dei Vincitori del mio Distretto, si sentono spesso delle urla. Sorrido, pensando ai bambini della coppia dei vincitori. Non ho niente da invidiargli.

Haymitch, da quel che ho sentito, è sempre un accanito bevitore. Nessuno si aspettava e si aspetta che cambi, ormai.

Ogni tanto anche Gladius mi accompagna nel Dodici; ha conosciuto molte persone di quelle che mi stavano a cuore. Ha suscitato anche una certa curiosità in Katniss Everdeen in persona, quando ha visto che sa maneggiare con una discreta abilità anche gli archi.

Abbiamo entrambi quasi trent'anni. Gladius è più grande di me di qualche mese, ma praticamente abbiamo la stessa età.

Mi crogiolo ancora nel venticello che mi arriva sul viso, quando sobbalzo. Il telefono di casa sta suonando. Strano come, in origine, o meglio per colpa di Capitol City i telefoni fossero esclusiva delle case dei Vincitori. Adesso sono un bene quasi comune, anche se non tutti lo hanno.

Semplicemente le persone hanno imparato a farne a meno. Devo riconoscere che, tuttavia, è molto utile. Quando rispondo una voce irritata inizia a sbraitare. « Sai che giorno è oggi, testa di cazzo?! »

Sbuffo leggermente, spostando lo sguardo sul calendario. Ventiquattro giugno.

Cerchiato in rosso, diverse volte. Una scritta, sotto il numero, spigolosa ma leggibilissima. E c'è scritto “recita”.

C'è qualche attimo di silenzio, e dall'altro capo del telefono torna a risuonare, adesso divertita, la stessa voce. « Oltre che a maneggiare la falce dovrò insegnarti a leggere il calendario, temo! »

Non ho un attimo di tregua, che Gladius mette giù. Senza indugiare oltre corro giù in camera a prepararmi.

In un modo o nell'altro, nonostante sia cresciuto e cambiato, ho mantenuto il mio solito carattere e la mia solita indole. Smemorato, o per meglio dire, tendo a dimenticare le cose se non mi vengono ripetute due o tre volte a distanza di qualche giorno o se, semplicemente, non sono io ad annunciarle.

Mi precipito fuori dalla porta di casa, il portafogli nella tasca dei pantaloni che minaccia di volar via da un momento all'altro, mentre corro.

Saluto qualche persona che al momento non riconosco per la fretta, evito di farmi investire da un camioncino, e in lontananza inizio a vedere la sagoma dell'asilo.

Non è troppo tardi, ancora. Mi maledico, devo imparare a ricordarmi meglio le cose.

Ma ho ancora una vita per lavorarci, perché preoccuparsene adesso?


« Dovresti aiutarmi a sistemare il campo dietro casa, in questi giorni di festa. »

Guardo malissimo Gladius. Sono ormai due anni che vivo con lui, e siamo diventati migliori amici.

Volevo andarmene il prima possibile, quando mi trasferii da lui, ma alla fin fine mi affezionai a Gladius. E decisi di continuare ad abitare con lui.

Sbuffo. « Roy ci ha dato una settimana libera, e non aspetti neanche un giorno prima di sterremotare a casa? »

Mi guarda, e inarca come sempre un sopracciglio, quando secondo lui dico qualcosa o di ovvio, o di strano.

« Se preferisci sistemarlo dalle nove a mezzanotte durante i giorni di lavoro normale, fai pure, ma io me ne starò in panciolle a guardarti, sappilo. »

Incrocio le braccia al petto, e lo fisso mentre sta girando tranquillamente la pasta nella pentola, per distribuire il condimento. Non ha tutti i torti.

Essendo quasi tempo semina, Roy ci ha chiesto di sistemare il suo campo esclusivamente nel pomeriggio, quindi passiamo le nostre mattinate a fare lavoretti per altra gente, per guadagnare qualcosa. Abbiamo intenzione di sistemare la casa, ampliarla un po'.

« E va bene, hai ragione tu... » - si gira verso di me, e sorride - « … Sei insopportabile, sai? »

Aspetto che mi scodelli un po' di pasta, e lo guardo con sguardo ancora più irritato quando se la mette solo per sé. Odio quando fa così.

« Sei una merda. »

Lo sento ridere, mentre schiaffo una mestolata di pasta nella mia scodella.

« E tu continui ad essere un bersaglio perfetto per il mio senso dell'umorismo. »

Torno a sedermi, ma non prima di avergli tirato una pacca sul collo. « E tu continui ad essere una merda. »

Nel pomeriggio lavoriamo a lungo nel terreno dietro casa sua, sistemandolo.

Riportiamo “a galla” alcune rocce che, evidentemente, erano rimaste a lungo interrate, e le accatastiamo in un angolo.

Vanghiamo la terra, per farla respirare, e la ammorbidiamo con la zappa. A breve sarà tempo di semina anche per quel piccolo campo, e non soltanto per quello di Roy. Almeno per quanto riguarda la farina e i cereali, abbiamo la nostra piccola scorta.

Il sole è abbastanza alto, ma non è caldissimo.

Tuttavia quando terminiamo il nostro lavoro, siamo entrambi sudati per via dello sforzo. Rientriamo in casa, parlando tranquillamente e facendo osservazioni sulla situazione del campo. Non sembra messo male.

« Se non ti dispiace, andrei a farmi una doccia. »

Con un cenno della mano liquido Gladius, e lo vedo sparire dietro la porta a vetro.

Adesso intravedo solamente la sua sagoma, attraverso il vetro smerigliato.

Lo ammiro molto, sia per la tenacia che dimostra, sia per la grande lena che mette in tutto quello che fa, lena che poi si riflette sull'ottima prestanza del suo fisico.

Arrossisco, mentre ricordo che diverse volte mi sono ritrovato a fissarlo, soprattutto quando si appisolava sul divano la sera.

Mi piacevano i suoi occhi, anzi, era lui stesso a piacermi.

Non sapevo in che modo, ma mi piaceva, ero attratto da lui.

Scaccio quei pensieri, e quando esce gli do il cambio nella doccia. Non posso fare a meno di apprezzare già il calore che c'è nel bagno. Ci metto poco pure io, semplicemente mi lavo di dosso il sudore.

Quando torno di la, ha già preparato la cena. Sembra pensieroso, ma lo lascio stare. So che a volte si smarrisce nei suoi pensieri.

Ceniamo, una veloce insalata, e poi ci buttiamo entrambi sul divano. Mi accorgo della sonnolenza di Gladius, e sorrido quando, russando leggermente, scivola con la sua testa sulla mia spalla.

Alla televisione (altra conquista dopo la fine della ribellione) c'è poca roba ancora, manca una vera e propria emittente televisiva. Si limitano a qualche notizia sulle situazioni dei vari Distretti, così che la popolazione di Panem non viva più nell'ignoranza reciproca.

Porto il braccio sullo schienale del divano, e la testa di Gladius si appoggia meglio su di me. Sospiro leggermente, ascoltando ma non sentendo veramente le notizie che un cronista di Capitol City riporta con lo stesso, teatrale entusiasmo di Caesar Flickerman.

Giro lo sguardo, e noto che Gladius, adesso, dorme letteralmente.

Sono stanco pure io, e non ho affatto voglia di alzarmi.

Abbasso il volume della televisione, e mi appoggio con la testa sullo schienale. Lentamente, avverto che il sonno scende anche su di me. Poco prima di addormentarmi, mi rendo conto che la mia testa sta scivolando pian piano, e finisce per poggiarsi su quella di Gladius**.

Quando riapro gli occhi, mi accorgo che sono sdraiato.

Ho addosso una leggera coperta. Mi stiracchio, e nell'arco di un secondo, compare il volto di Gladius nel mio campo visivo.

Sobbalzo appena, e prima che possa dire “buongiorno”, attacca a parlare. « Spero che la mia testa sia stata un ottimo cuscino, Shaw. »

Questa volta sono io ad inarcare un sopracciglio. Con la voce un po' roca replico alla sua battuta. « Vogliamo parlare della mia spalla? »

Ho avvertito qualcosa nella voce di lui, oltre la solita ironia. Ed è la stessa nota che avevo sentito pochi anni prima, quando mi chiese di passare del tempo da lui.

« Direi che ho dormito bene... E te? » - torna a sorridere - « Bene pure io, grazie... E comunque, buongiorno. »

Mi tira una leggera pacca sul collo in risposta.

« Oggi è domenica, ti va di riposare? Potremmo andare al fiume, se vuoi. »

Di nuovo quella strana voce. Lascio correre, ma presto attenzione ad ogni suo movimento. Non tradisce niente di particolare. Annuisco, e mi alzo controvoglia dal divano.

Prende giusto qualche panino e qualche frutto, ed infila tutto nella bisaccia.

Mi fa segno di uscire, ed io non replico.

Il fiume dista mezz'oretta dal nostro campo, ma avendo visto che ha preparato del cibo, intuisco che non ha intenzione di tornare a casa per pranzo.

Quando arriviamo, non faccio storie, e mi sdraio sul prato che lentamente curva fino ad incontrare l'acqua.

« Non rompermi le palle, ho voglia di dormire ancora un po'. »

Non risponde, ma si siede accanto a me. E, nuovamente, cado in un leggero stato di dormiveglia.

Sento qualcosa avvicinarsi lentamente, ma non ho necessità di controllare. Se ci fosse qualche problema, Gladius me lo direbbe.

Apro lentamente un occhio quando capisco che la mano del ragazzo ha iniziato a sfiorarmi i capelli. Lo lascio proseguire per qualche minuto, mi piace il suo tocco sui miei capelli neri.

Incerto, mi sollevo, e quando lo guardo, distoglie gli occhi da me. « Ehi. »

Si gira di nuovo, il viso leggermente arrossato. Non so che dire, e lui se ne accorge.

Come sempre, quando è preso in contropiede o ha qualcosa, sussurra appena, più a se stesso che a me. « Non sei l'unico che guarda gli altri mentre dormono. »

Istintivamente, gli afferro i polsi. Sobbalza lui, adesso.

Non si aspettava un movimento repentino, così rapido, da parte mia.

E senza dargli tempo di replicare alcun che, poggio le mie labbra sulle sue. Inizialmente non reagisce, ma dopo qualche secondo di incertezza socchiude le labbra, e ricambia quel rapido bacio.

Quando ci allontaniamo, entrambi abbiamo il colore del cielo al tramonto.

« Scu... » - mi poggia l'indice sulle labbra.

« No. Non scusarti. Non sai da quanto volevo farlo. »

Rabbrividisco appena, e lui ridacchia. « Ehi, mica ho detto che voglio mangiarti. »

Si avvicina a me, rimanendo seduto. Mi prende la mano, e ci disegna sopra con l'indice, senza veramente guardare.

« Mi piaci, Shaw. »

Non replico, ma gli stringo la mano. Mi guarda di sbieco, e capisce che anche a me piace lui.

E, senza rendermene veramente conto, ci ritroviamo, nudi, nell'acqua. C'è passione, c'è tenerezza. Non mi aspettavo che potesse esserci qualcosa di così intimo e profondo, e altrettanto tenero, tra due uomini; ma, evidentemente, mi sbagliavo.

Siamo entrambi impacciati. Ma la nostra prima volta, beh, devo dire che è bellissima.


Arrivo di corsa all'asilo, e sulla soglia c'è Gladius ad aspettarmi, le braccia incrociate al petto, che batte un piede sul selciato.

« Scu... »

Mi afferra un polso, e mi blocca il discorso.

« Taci adesso, non c'è tempo! »

Mi scorta attraverso i corridoi dell'edificio, finché non arriviamo in una grande sala. Sarebbe la mensa, ma oggi è stata allestita per la recita di fine anno dei bambini che devono passare alle scuole elementari. Cerco con lo sguardo una piccola chioma bionda, ma non la trovo.

Semplicemente, non la trovo perché la piccola chioma bionda si è avventata alle mie gambe.

Sorrido, ed afferrandola sotto le ascelle, sollevo Reneé*** e la prendo in collo.

Vedo che anche lei ha un sorriso a tutto viso, quando mi lancia le braccia intorno al collo per abbracciarmi. Anche i suoi occhi, uno strano viola misto a blu (occhi tanto belli quanto inquietanti, specie quando è seria), sorridono. Mi stampa un bacio sulla guancia, e si allontana stringendo le labbra quando si “buca” con quel lieve velo di barba che tengo sempre corta.

« Pizzichi, babbo. » - ridacchio, mentre le sistemo con un braccio la treccia.

« Puoi aiutarmi a sistemare la barba quando torniamo a casa, ti va? »

La vedo illuminarsi, per poi tornare seria e contrariata. « Babbo ha detto che non ti meriti attenzioni perché arrivi sempre in ritardo. »

Rido, e vedo che Gladius fa completamente l'indifferente. « Ah, così tuo padre ha detto questo? »

Annuisce, e mi stampa un altro bacio, questa volta sul naso. Le bacio la fronte, e la faccio scendere, giusto in tempo.

La maestra la sta chiamando, tra pochi minuti dovrà andare in scena.

So che non avrà problemi, le piace recitare e cantare. « Ce ne hai messo di tempo, Shaw. »

Non mi sta rimproverando, ma so che è serio dal modo in cui mi guarda.

« Hai ragione, non so come ho potuto scordarlo. »

Lo vedo scuotere la testa, e poi i suoi occhi tornano a brillare della loro solita luce. Nuovamente mi prende per mano, e mi porta a sedermi. Una volta sistemati, tuttavia, non accenna a mollare la mia mano.

Non a tutti piace che siamo una coppia, e soprattutto che abbiamo adottato una figlia. Ma quando vedono che la piccola Reneé sta bene, tacciono. E soprattutto, a noi non frega niente.

Abbiamo combattuto abbastanza a lungo per preoccuparci ancora di questo.

Ma le preoccupazioni scompaiono quando vediamo le luci abbassarsi, e il “sipario” aprirsi. Quando la piccola Reneé apre bocca per cantare, riconosco quella melodia bassa e malinconica. Sobbalzo quando sento le note di una delle ninnananne tipiche del Dodici.

Mi sorprendo a canticchiarla a bassa voce, e Gladius pende dalle labbra di Reneé.

« La conosci? »

Sorrido; come potevo non conoscerla? « La cantavamo sempre, nel Dodici... Ha un testo bellissimo, non trovi? »

Ascolto emozionato la piccola che porta avanti le strofe, mentre i suoi compagni recitano in base alle parole del testo.

Quando finisce, leggere lacrime scendono dai miei occhi, sia per l'emozione di aver visto Reneé esibirsi, sia per l'aver trovato collegamenti con il Distretto Dodici anche in una rappresentazione scolastica.

Dopo che i bambini sono stati nuovamente vestiti con “abiti civili”, Reneé ci corre incontro, stavolta lanciandosi letteralmente addosso a Gladius.

Lui la afferra al volo, e la fa roteare. Le scompiglia i capelli, e anche lui le scocca un bacio sulla guancia.

Reneé ride, e si massaggia il punto dove le labbra (e la barba) di Gladius l'hanno incrociata. « Pizzicate, entrambi, siete barboni! »

Poi vede che ho gli occhi lucidi. « Perché piangi? »

Ma prima che possa aprir bocca, Gladius allunga una mano e stringe la mia.

« Oh Reneé, lo sai, tuo padre ha la lacrime facile. »

Le fa l'occhiolino, e ridiamo, tutti e tre, felici.

« Comunque, sei stata davvero brava, sai? »

Arrossisce, e nasconde il viso nell'incavo della spalla di Gladius.

« Andiamo a casa, sei stanca? »

La vediamo annuire, sempre con la testa sul petto di Gladius. Sorridiamo entrambi, e le do un leggero bacio sulla testa, per poi baciare piano le labbra del mio compagno.

« Ti amo Gladius. »

« Pure io, Shaw. »

Mi stringe la mano, leggermente più forte per qualche istante. Reneé alza la testa, e ci fissa, contrariata da quell'assenza temporanea di attenzioni nei suoi confronti.

« Anche io vi amo! »



NdA:


*Da dove ho preso il cognome di Gladius? Beh, durante la battitura stavo ascoltando Florence and The Machine, e istintivamente ho “preso in prestito” il cognome di Florence.


**Sì, chi ha letto la mia long su Hunger Games, ha sicuramente colto alcune citazioni precise, o scene che ho già descritto. Mi piacevano, e ho voluto metterle anche in questa OS, perché le reputo d'effetto, e soprattutto, sincere. O almeno, io mi comporterei così.


***Reneé... Sì, ammetto, ho delle reminiscenze di “Breaking Dawn”, e mi è scappato dalle dita prima che potessi veramente pensare un nome originale per la bambina.


Bene bene bene.

Spero vi sia piaciuta la lettura, non mi aspetto che sia uscito un romanzo o chissà cosa, dopotutto sì, dicono che scrivo bene, ma non sono una cima.

Ringrazio Giulia, Luca, Luigi, Eleonora e Umberto, che hanno commentato (in recensione e/o privato) “Goodbye”, e mi hanno chiesto di scrivere una OS su una possibile vita di Gladius&Shaw nel distretto Nove.

Grazie a tutti, dell'attenzione.

Hymn.

   
 
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