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Autore: _thegirlwhowasneverenough    08/08/2012    3 recensioni
Quando l’assenza di Stefan mi faceva male, mi feriva, avevo trovato le sue braccia a sorreggermi.
Quando avevo sentito che tutto quello che avevo stava scivolando via dal mio controllo avevo trovato un amico disposto a sentirmi.
Quando avevo passato il periodo peggiore della mia vita avevo trovato la sua presenza ad aiutarmi, ad istruirmi e a farmi sentire… amata.
E poi, come ricompensa, l’avevo abbandonato.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The dawn of a new day.



‘Tic Tac.’


 
Le lancette dell’orologio nella piazza di Reykjavík ticchettano senza sosta.
 
‘Tic Tac.’
 
Lo scorrere del tempo, così importante per ogni essere vivente.
 
‘Tic Tac.’
 
Il battito del cuore di un essere umano, così fragile e instabile come andare sulle montagne russe.
 
‘Tic Tac.’
 
Il minuto prima sei vivo, quello dopo sei morto.
 
‘Tic Tac.’
 
« Jeremy, NO! »
 
Sento la mia voce urlare nel bel mezzo della notte.
Jeremy non è qui.
Non sono più a Mystic Falls, sono a Reykjavík, da un secolo, ormai, ho abbandonato la mia città natale per non fare più del male alla gente.
Dopo la morte di mio fratello non ho più sopportato un altro minuto, un altro tic tac, in quella cittadina.
 
Ero morta.
 
Esattamente un secolo prima ero morta e tutto quello che avevo era sgretolato via come la polvere al primo soffio di vento.
Percepivo ancora quel senso di soffocamento, quella sensazione di gelido.
L’acqua che si insediava nei miei polmoni senza darmi modo di respirare e il mio ultimo pensiero fuggito, ormai trattenuto da troppo tempo, che andava a Damon.
 
Al fratello che non avevo scelto.
 
Ma ormai, qualsiasi scelta avessi fatto, era nulla.
 
Era stato tutto inutile.
 
Il dolore che avevo inflitto a Damon ormai non era più niente.
Il dolore inflitto a Stefan non era niente in confronto a quello che lui aveva fatto passare a me.
 
Il dolore di rinascere, di sentire le mie labbra aprirsi e far, letamente, scorrere giù le zanne da mostro, del mostro, il mostro che ero diventata.
Sentire il sangue scorrere lungo la mia gola e la vita della persona sotto le mie labbra scorrere via più veloce del tempo.
 
Stefan mi aveva rifiutata.
Aveva detto che ormai ero un mostro, che ero uguale a lui e che, adesso, per lui non significavo più niente.
 
Ricordo le lacrime scorrere veloci lungo le mie guance mentre due braccia muscolose mi stringevano a loro dicendomi che sarebbe andato tutto bene.
 
Damon.
 
Lasciando Mystic Falls avevo lasciato anche lui.
 
Ma non potevo rimanere, non dopo quello che avevo fatto.
 
Era una serata come le altre, ero in casa Salvatore e, stranamente ero sola.
Decisi di andare a casa mia, casa Gilbert, era ormai da troppo tempo che non andavo a trovare il mio fratellino e mi mancava, terribilmente.
 
Quello che vidi fu la cosa più orribile che avessi mai potuto immaginare.
Il corpo di Jeremy a terra, gli occhi spenti e il sorriso di Rebekah da dietro la tenda.
 
Non potevo più vivere lì.
Non potevo più sopportare nemmeno per un istante tutto quello.
Rebekah non si sarebbe fermata, non si sarebbe fermata finché non me ne fossi andata.
E fu quello che feci.
 
Scappai.
 
Il più lontano possibile da lei, da quella città e da tutti i ricordi che racchiudeva.
 
Avevo passato un secolo a scappare, scontrandomi con Katherine, di rado, e scappando anche da lei che ancora teme che io possa rubarle il suo Stefan.
 
Peccato che non sappia che Stefan ormai non prova più niente per me, né che io provi più niente per lui.
 
Per anni ho cercato i suoi occhi negli occhi della gente, non quelli di Stefan, quelli di Damon.
 
I ricordi sono raffiorati, hanno fatto male, sono arrivati come pugnalate dritti al mio cuore e mi hanno fatto capire, con il tempo, che quello che provavo per Stefan non era niente rispetto a quello che avevo sempre provato per Damon.
 
L’odio si era trasformato in amore, e non ci si innamora di una seconda persona se si ama davvero la prima.
 
Quando l’assenza di Stefan mi faceva male, mi feriva, avevo trovato le sue braccia a sorreggermi.
Quando avevo sentito che tutto quello che avevo stava scivolando via dal mio controllo avevo trovato un amico disposto a sentirmi.
Quando avevo passato il periodo peggiore della mia vita avevo trovato la sua presenza ad aiutarmi, ad istruirmi e a farmi sentire… amata.
 
E poi, come ricompensa, l’avevo abbandonato.
 
Avevo abbandonato Damon, Bonnie, Caroline, Matt, Tyler… avevo abbandonato tutta la mia famiglia, tutti i miei amici per non farli soffrire, e ora la maggior parte di loro saranno morti.
 
Nessuno è riuscito mai a trovarmi, nemmeno lui.
 
L’ho scontrato diverse volte ma non si è mai accorto della mia presenza, sento che Klaus mi sta ancora cercando, ci sta ancora cercando, sia me che Katherine.
 
Mi alzo dal freddo letto in cui sono distesa sentendo il ventitreesimo rintocco dell’orologio.
Sono le nove di sera.
E io devo andare a lavorare.
 
Prendo una sacca di sangue dal frigorifero e con la cannuccia ne bevo un po’ mentre tiro fuori la divisa del locale in cui lavoro.
Di sera il locale dove passo la vita diventa un locale di spogliarelliste, e, a quanto pare, stasera la prima donna si è ammalata e, al posto di servire ai tavoli come suolo fare devo ballare su un cubo esibendo le mie curve, che poi quali curve? Sono magrolina, i vestiti mi scivolano giù senza fatica e potrei benissimo fare la modella.
 
Peccato che mi metterebbe troppo in mostra.
 
Indosso il vestito bianco, corto fin sotto l’inguine e i tacchi a spillo che mi slanciano facendomi sembrare più grande.
Se solo sapessero che ho centodiciotto anni come riderebbero tutti.
 
Mi trucco leggera, marcando sugli occhi e rendendoli marroni con delle sfumature dorate prima di afferrare il piumino pesante ed uscire nella gelida Reykjavík.
 
Le strade sono desolate, a quest’ora solo le prostitute sono in giro, e gli orsi polari.
Scorgo qualcosa, dei rumori.
 
Singhiozzi di una ragazza che ha appena rotto con il ragazzo a due isolati da lì.
 
Due uomini che fanno l’amore al terzo piano del palazzo.
 
Una risata, pura ed innocente di due bambini che complottano sul come evitare il primo giorno di scuola.
 
Della musica.
 
Dal locale in cui sono diretta.
E’ sensuale, moderna.
 
 Le spogliarelliste prima di esibirsi ingoiano una pasticchetta per lasciarsi andare meglio.
Io non ne ho bisogno.
 
Entro nel locale sentendo i discorsi della gente e dal sottoscala arrivo ai camerini.
 
«Elena, menomale che sei qui, ci stavamo preoccupando.»
 
La vocina stridula di Madeleine squilla da davanti allo specchio.
Mi limito a sorriderle freddamente togliendomi la giacca e lanciandola a Christine, l’unica che fa davvero bene il suo lavoro.
 
Arrivo davanti allo specchio e mi passo il lucidalabbra marrone sulle labbra.
 
« In scena tra tre minuti.»
 
La voce di Derek rimbomba dagli altoparlanti.
Sono le ventitre e venti, alle ventitre e cinquantanove dobbiamo essere di nuove tutte in camerino, è la regola.
 Non riesco a credere che io, Elena Gilbert, mi ritrovi a lavorare come una prostituta.
Ad usare il mio corpo come se non fosse mio ma fosse di ogni uomo su questo stupido pianeta.
 
Mi faccio schifo.
 
E devo soffrire.
 
Devo soffrire per quello che sono e per il nostro che sono.
 
Mi guardo allo specchio e sistemo i capelli che scendono in morbide onde lungo le spalle.
Sembro Katherine.
Mi comporto esattamente come ha sempre fatto lei.
Sento delle mani tirarmi e mi ritrovo al centro del palco.
Faccio un sorriso malizioso all’uomo davanti a me e inizio a muovermi a ritmo di musica.
Lo sento palparmi il sedere e mettermi cinquanta bigliettoni nel reggiseno di pizzo nero.
Ne sento un altro iniziarmi a toccare ovunque per poi infilarmi altri cinquanta bigliettoni nell’altra coppa del reggiseno.
E poi sento la voce di Derek richiamarci nei camerini.
E’ già passato il tempo?
A quanto pare sì.
Vado dietro le quinte e sento due mani afferrarmi con forza, una forza non umana, e trascinarmi nel ripostiglio delle scope.
 
«Giuro che ti ammazzo.» sussurro prima di vedere due occhi color ghiaccio e sentire una lacrima bagnarmi la guancia nell’esatto momento in cui sento l’orologio della piazza scoccare la mezzanotte.
 
« Buon compleanno, amore mio. » sussurra semplicemente Damon prima di posare le labbra sulle mie.


  
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