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Autore: WhiteLight Girl    08/08/2012    3 recensioni
«Andiamo, Akiyama, smetti di giocare e vieni fuori» ordinò. Ma nessuno rispose alla sua chiamata.
Ruki guardò sotto il letto, sul terrazzino, poi in bagno, nella doccia. Nulla.
La testa le pulsava, mentre si sforzava di continuare le sue ricerche, convinta che a breve sarebbe stata sopraffatta dalla febbre.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri | Coppie: Ruki Makino/Rika
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SEGRETI INCONFESSABILI



Ruki spalancò l’armadio ansiosa. Frugò tra le coperte e le lenzuola ammucchiate, ancora da stirare. Aprì il cassettone, solo per richiuderlo poco dopo con uno scatto secco.
«Andiamo, Akiyama, smetti di giocare e vieni fuori» ordinò. Ma nessuno rispose alla sua chiamata.
Ruki guardò sotto il letto, sul terrazzino, poi in bagno, nella doccia. Nulla.
La testa le pulsava, mentre si sforzava di continuare le sue ricerche, convinta che a breve sarebbe stata sopraffatta dalla febbre.
«Fai come ti pare» sbottò alla fine, ritornando in salotto. Ebbe un attimo di smarrimento, nel vedere l’altarino in subbuglio, con le candele ed il portafoto rovesciati sul tappeto.
Li raccolse, per l’ennesima volta, risistemando la foto di Ryou al suo posto, affianco ai fiori ed ai lucernari, richiudendo l’anta del mobiletto.
«Takeru!» ripeté per l’ennesima volta.
E finalmente lo vide, raggomitolato dietro il divano, con le guancie rosse e la copertina avvolta attorno alle gambe. S’inginocchiò, tastandogli la fronte. Constatando che le temperatura si era abbassata, dopo l’ultima dormita, ma che la febbre non era ancora passata del tutto.
In compenso, però, era chiaro che il virus fosse passato a lei.
«Stupido Takeru» borbottò Ruki, raccogliendolo tra le braccia e sollevandolo. Lo portò nella sua cameretta, e lo sistemò nel suo lettino.
«Devi smettere di andare a nasconderti in giro, Takeru» lo sgridò Ruki quando lo vide aprire gli occhi leggermente.
«Volevo giocale con papà» le rispose il bambino con voce impastata.
La ragazza gli rimboccò le coperte, stando zitta per un istante di troppo.
«Papà non vorrebbe che tu andassi in giro con la febbre» ribatté arrabbiata, alla fine.
Gli occhi di Takeru si inumidirono. Odiava quando sua madre gli parlava così. Odiava farla arrabbiare. Aveva solo cinque anni, ma capiva bene il significato di quelle parole. Papà non tornerà più, gli aveva ripetuto centinaia di volte sua madre, lui è morto.
Questo non era certo, però. Suo fratello più grande, Yoshio, aveva origliato abbastanza conversazioni tra adulti da capirlo.
Nessuno ha mai trovato il corpo di papà.
Tutti e due si aggrappavano a questo e sapevano che, probabilmente, questa era una frase da ripetere anche a Risa, una volta che fosse cresciuta abbastanza da poterla capire. Perché se non era la sua famiglia, ad aspettare il ritorno di Ryou Akiyama, chi l’avrebbe fatto?
«Takeru» mormorò alla fine Ruki passandogli una mano tra i capelli sporchi di sudore «Se ti lascio qui, prometti che non ti vai a nascondere in giro?»
Una domanda più che lecita. Il passatempo preferito del bambino era nascondersi in ogni luogo possibile ed immaginabile; dai cassetti ai bidoni della spazzatura, ed ora che aveva la febbre Ruki non poteva permettere che si infilasse in un posto pericoloso in cui rischiava di addormentarsi ed essere portato via.
«Lo prometto» disse Takeru sbadigliando. Ruki gli rimboccò le coperte, sollevata. Sciacquò lo straccio umido e lo poggiò sulla testa del bambino.
«Dormi» gli disse dura, sperando che la prendesse sul serio e le obbedisse, cosa che non succedeva praticamente mai.
Andò in cucina, ritrovando la piccola Risa esattamente dove l’aveva lasciata. Giocava con il vecchio pupazzo nel suo box, e sorrise, quando la vide arrivare, tendendo le mani per farsi prendere in braccio.
«Non posso, rischio di attaccare la febbre anche a te» le sussurrò Ruki allungandole il biberon.
La bambina lo afferrò, portandolo alle labbra soddisfatta. «Azzie» disse.
Aveva solo tre anni, ma era sveglia, per la sua età.
Ruki si chiese se avrebbe dovuto telefonare a sua madre, a Juri o ad Alice, perché si occupassero di Yoshio e Risa lontano da una casa infestata dai germi. Ma, nel prendere in mano il telefono la vista le si annebbiò e le gambe le cedettero.
Si costrinse a scivolare contro il frigo, per non ruzzolare dolorosamente a terra. Forse aveva aspettato troppo, forse la temperatura del suo corpo era salita troppo in fretta. Perse i sensi, scivolando nell’oscurità riuscendo a pensare soltanto: Risa è nel box, Takeru è a letto con la febbre. Yoshio rientrerà da Karate a momenti.

Si risvegliò di colpo, consapevole di essere a casa da sola, con due bambini, di cui uno ammalato. Si ritrovò sul letto, invece che per terra, come avrebbe dovuto. Si rialzò agitata, correndo nella camera dei figli.
Trovò Yoshio seduto sul letto, mentre imboccava amorevolmente il fratellino, immergendo il cucchiaio in una brodaglia bollente.
Takeru soffiò sul brodo fumante, prima di mandarlo giù.
«Mamma!» esclamò non appena la vide.
Yoshio la guardò, preoccupato «Ti senti bene, mamma? Devo portare la zuppa anche a te?»
Bambino di nove anni, brodo bollente, fornello acceso, fuoco. Collegò la mente di Ruki in pochi attimi. «Non devi usare i fornelli se non ci sono io a controllarti» lo sgridò immediatamente.
Lanciò un’occhiata alla zuppa, troppo invitante per essere stata fatta da lui. «Hai chiamato zia Juri?»
Il bambino scosse la testa «Era sul fornello, quando sono tornato. Pensavo che l’avessi fatta tu prima di metterti a letto»
Ruki aprì la bocca, per chiarire di essere svenuta sul pavimento, ma non le sembrò una buona idea. Yoshio sembrava già abbastanza preoccupato.
«Non l’hai fatta tu, mamma?» domandò a bruciapelo Takeru, fissandola.
Ruki lanciò un’occhiata a Risa, unica testimone di quello che era successo in cucina, probabilmente.
«No, certo che l’ho fatta io» affermò sorridendo «Vi piace?»
«E’ la zuppa più buona che io abbia mai mangiato» esclamò Takeru.
«Ha un buon profumino» si complimentò Yoshio, che evidentemente non l’aveva ancora assaggiata.
Ruki era sempre stata un disastro, con le zuppe.
Yoshio, notando il suo sguardo perso, temette che si sentisse male. «Torna a letto, mamma» le disse preoccupato «Ora porto la zuppa anche a te»
Ruki obbedì, pensando che il bambino se la poteva cavare bene, dopotutto. Rallentò, passando davanti allo studio, sbirciando dentro la stanza e scoprendo il computer acceso. Si avvicinò cauta, scrutando la vecchia foto di famiglia che fungeva da sfondo del desktop.
«Ti sei fregato con le tue mani» mormorò.
Ryou Akiyama era vivo, ora ne era certa, ed era da qualche parte nel Mondo Digitale.
Giuro che ti troverò, e quando succederà ti ammazzerò con le mie mani.
Si chinò, spegnendo malamente il computer e lasciò la stanza. Appena in tempo per incrociare Yoshio, con i capelli spettinati e gli occhi azzurri preoccupati puntati verso di lei, che la raggiungeva con in mano un piatto di zuppa fumante.

*****

Non so quanto senso abbia, ma volevo qualcosa di corto, malinconico e, visto che amo i lieto fine, dal finale non assolutamente drammatico.

   
 
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