MIRAGGIO
Ci saranno stati
almeno quaranta gradi. Il cielo era
azzurrissimo e limpido. Il caldo afoso e secco però non ci
disturbava più di
tanto: a bordo della fiammante decappottabile rossa ci sembrava di
volare. Il
vento ci sconvolgeva i capelli e faceva appiattire sui nostri corpi i
vestiti
leggeri.
Il nostro viaggio on the road nel deserto
dell’Arizona era accompagnato costantemente dalle nostre
musiche preferite. Rob
cantava a squarciagola battendo il tempo con le sue lunghe dita sul
volante.
Noi invece ci limitavamo ad intonare solo qualche passaggio ogni tanto:
ci
sembrava quasi un sacrilegio coprire la voce incredibilmente bella di
Rob. Ridevamo e ci divertivamo come
pazzi. Lui a un tratto aveva scostato la schiena dal sedile, togliendo
le mani
dal volante. Noi capivamo poco il suo inglese, ma anche se non avesse
spiegato
il motivo di quella azione improvvisa l’avremmo compresa
comunque. Sentiva il
bisogno di togliersi la giacca a jeans per muoversi più
liberamente. Ci aveva
impiegato pochi secondi, durante i quali l’auto era andata
avanti praticamente solo
coi pedali. Noi, che eravamo sedute dietro, abbiamo avvertito una
leggera
sbandata a sinistra, ma siamo rimaste tranquille: la strada davanti e
dietro a
noi era totalmente vuota. Sembrava che tutta la strada ci appartenesse.
Che tutto il mondo fosse a nostra
disposizione. E che tutto il mondo eravamo noi tre, l’auto e
la strada.
Dopo essersi tolto la giacca era rimasto solo con la maglia
bianca a mezze maniche e scollo a V. Sbrindellata, ma a lui stava da
dio. Dalla
nostra postazione adesso erano in bella vista i nei sul suo lungo
collo, prima
coperti dal colletto della giacca. La punta dell’attaccatura
dei capelli dietro
la nuca era bagnata di sudore. Incredibile come quel suo dettaglio
– che ormai
conoscevamo a memoria – ancora ci scuotesse a tal punto da
farci perdere ogni
inibizione e pensiero coerente. Rob non si disturbava, si lasciava
accarezzare
e baciare ripetutamente la nuca ridendo. Poi si era lasciato scappare
un gemito
e aveva voltato il capo di colpo a sinistra: noi non ce ne eravamo
minimamente
rese conto, ma avevamo raggiunto una pompa di benzina. Rob, scusandosi
con un
sorriso malizioso e accecante, era sceso dall’auto per fare
rifornimento di
carburante. Anche lì non c’era nessuno. Il
silenzio totale era smorzato solo ad
intervalli dal vento. Noi siamo scese a nostra volta dalla macchina per
sgranchirci
un po’. Eravamo in strada da circa due ore, ma non avevamo la
più pallida idea
di quale fosse la nostra prossima fermata. Rob si divertiva a non dirci
le
varie tappe della nostra vacanza sino al momento in cui non vi
giungevamo. La
cartina la teneva davanti lui, ma in ogni caso forse
non avremmo saputo né voluto consultarla.
L’importante era che tutto stesse accadendo davvero. Cosa
poteva interessarci
di sapere le destinazioni quando l’autista era Robert
Pattinson e l’auto
spettacolare che guidava solo una minima parte dell’immensa
fortuna che ci era
capitata tra le mani?! Quando lui stava ancora terminando di fare
benzina, noi
lo avevamo raggiunto con una lattina di birra, presa dalla borsa
termica posata
sul sedile anteriore. Rob si era messo tra di noi abbracciandoci e
dandoci un
bacio sulla guancia ciascuna. Poi allontanatosi dalla pompa del
carburante,
aveva aperto la lattina. Noi ,nel frattempo, ritornavamo vicino
l’auto. Ci
eravamo poggiate alla fiancata in attesa che il nostro compagno di
viaggio si
rimettesse alla guida. In quell’istante, un po’ per
l’afa e un po’ per lui, che
stordivano entrambi, il
tempo sembrava
iniziasse ad andare al rallentatore.
Rob si stava godendo lentamente la birra e noi la sua
meravigliosa presenza. Dapprima ci siamo soffermate
sull’unica parte del suo
corpo in quell’istante in movimento: il braccio destro.
Essendo piegato per
portare la lattina alle labbra, i suoi muscoli erano in tensione.
Quelli più
evidenti erano quelli dell’avambraccio, sul quale spiccavano
anche le vene,
dilatate pure a causa del caldo.
La maglia aderiva al suo petto e metteva in risalto le
spalle larghe e
solide. L’addome non era perfettamente piatto, ma il bello
della sua fisicità
era proprio che fosse dannatamente attraente nonostante qualche piccolo
difetto.
La sua presenza fisica era imponente e magnetica.
Ne conoscevamo ogni
particolare – o quasi -
già prima di
incontrarlo di persona, grazie alle migliaia di foto che forniva
internet. Ma
dopo che lo avevamo conosciuto, ci eravamo subito rese conto che dal
vivo tutto
di lui era ancora meglio che in video. Perse nella solita
contemplazione di
quel miracolo vivente, non ci eravamo accorte ( e neppure lui in
verità) che
della benzina aveva continuato a fuoriuscire dal tubo lasciato per
terra. I
nostri occhi guizzavano dall’avambraccio alla mascella con la
barba appena
accennata, dal pomo d’Adamo che faceva su e giù
sorseggiando a quelle spalle
provocanti. I capelli e i suoi ray ban in quel momento catturavano un
raggio di
sole obliquo che proveniva dalle nostre spalle. Venendo illuminato
all’altezza
del viso, le lenti apparivano più trasparenti e lasciavano
intravedere i suoi
occhi. Erano chiusi, le lunghe ciglia ben visibili. Poi li aveva
riaperti mentre
per sbaglio un filo di birra gli era sfuggito dalla bocca. Il liquido
gli
bagnava il collo e lo sterno. Una visione celestiale. Rob aveva sorriso
e poi
aveva agitato la lattina vicino l’orecchio per verificare
quanto contenuto
restasse. Doveva essere quasi finita. Dopo
sarebbe successa una cosa inaspettata e spettacolare.
Una scena
stereotipata vista mille volte nei film, ma che aveva
tutt’altro sapore vista
dal vivo e soprattutto con lui protagonista. Noi eravamo sempre poggiate
all’auto,
distante circa tre metri dalla pompa di benzina e da Rob. Aveva dato un
rapido
sguardo all’orologio leccandosi le labbra, prima di passarvi
sopra il polso per
asciugarle dalle gocce di birra. Dopo di che aveva gettato alle sue
spalle, con
la sinistra, la lattina. Avanzava lentamente verso di noi, il suo corpo
interamente frustato dal vento che sollevava un lembo della maglia sino
a
lasciare scoperto un fianco. Il nostro sguardo non poteva evitare di
proseguire
anche altrove, più in basso. I jeans neri non attillati ma
ben sagomati
fasciavano le sue cosce ed erano leggermente scivolati, abbastanza da
mostrare
il bordo dei boxer neri, che tante volte erano in privato
l’unico indumento che
indossasse in casa con noi. La zip argentata dei jeans era rimasta
mezza aperta,
come spesso accadeva. Proprio mentre ci sembrava di andare a fuoco
ripercorrendo tutta la sua intera figura, abbiamo visto una scintilla
per
terra, ai bordi del nostro campo visivo. Appena percettibile, rapida.
Poi un
fuoco alle spalle di Rob si è acceso di colpo. Lui, imperturbabile, con passo
deciso
ha proseguito l’ormai breve distanza che lo separava da noi. Un po’
spaventate, abbiamo avvertito lo
spostamento d’aria e ci siamo istintivamente
girate la faccia nella
direzione opposta. Compreso che il piccolo incendio non minacciava di
raggiungerci, ci siamo rivoltate per tornare a fissare Rob. Era ormai a
meno di
un metro da noi: si stava togliendo gli occhiali da sole e rideva.
L’unica
minaccia era lui. Lo era ogni volta che restavamo a fissarlo troppo a
lungo. Ci
sentivamo intontite.
Tanto che per qualche secondo siamo rimaste seriamente
sconvolte da un’agghiacciante riflessione: …e se
era solo tutto un miraggio? Se
in realtà non ci eravamo mai messe in viaggio con lui? Se
non ci conoscevamo? O
meglio… se in realtà non lo avevamo mai
incontrato? Eravamo da anni abituate a
sognarlo ad occhi aperti, così verosimilmente ,a volte, da
confondere realtà ed
immaginazione. Chissà se anche stavolta si trattava solo di
fantasia…