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Autore: Suiyo    08/08/2012    1 recensioni
{Lance/Sandra; Dragonshipping}
"Distrarsi anche per un solo momento fu un lusso piacevole. Piacevole e rilassante. Soprattutto contando i vari giorni d’allenamento che mettevano a dura prova la mente della Capopalestra. Concedersi un giorno di riposo era come una vacanza. Poi, sarebbe stata anche una buon’occasione per i suoi pokemon drago di rilassarsi. Un’opportunità che, diciamocelo, non le sarebbe mai più capitata a causa del ruolo che ricopriva"
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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"Perchè ti amo anche quando fai la testarda e l'orgogliosa, Sandra"



Distrarsi anche per un solo momento fu un lusso piacevole. Piacevole e rilassante. Soprattutto contando i vari giorni d’allenamento che mettevano a dura prova la mente della Capopalestra. Concedersi un giorno di riposo era come una vacanza. Poi, sarebbe stata anche una buon’occasione per i suoi pokemon drago di rilassarsi. Un’opportunità che, diciamocelo, non le sarebbe mai più capitata a causa del ruolo che ricopriva.
Aveva chiesto alla Lega Pokemon un giorno di riposo circa una settimana prima. Tra il viaggio d’andata e quello di ritorno, il consenso le arrivò proprio il giorno precedente. Lei era davvero sollevata, soprattutto contando le pessime condizioni in cui erano i suoi preziosi amici draghi. Quel giorno di riposo era d’obbligo, almeno per loro.
In un primo momento, optò di passare la giornata a casa. Avrebbe avuto l’occasione di fare una bella dormita e una calda doccia e di fare tutto ciò che desiderava. Alla fine ci ripensò. Passare una giornata sola e a casa sarebbe stato alquanto noioso, nonostante il privilegio di poter dormire fino a tardi. Pianificò tutto quel giorno stesso: avrebbe pranzato fuori in un bel ristorante e poi avrebbe fatto una passeggiata per smantellare il pasto. Infine, sarebbe tornata a casa. Sì, sarebbe stata sicuramente una giornata piacevole. Questo fu il suo ultimo pensiero, prima di finire fra le braccia di Morfeo.
 
I pallidi raggi del sole la svegliarono. Era un risveglio abbastanza piacevole, ottimo per poter iniziare la sua giornata di riposo. Un sorriso tenue si dipinse fra le labbra di Sandra. Si alzò in fretta e si preparò nello stesso modo. Voleva cercare d’essere veloce, così da potersi godere quel benedetto giorno il prima possibile e, soprattutto, in santa pace. Voleva cercare di avere meno problemi possibili, quindi scelse di andare in un posto poco affollato, per evitare di incontrare gente. Sarebbero piuttosto sorpresi di vederla in quel modo e quindi l’avrebbero fissato non poco; se c’era una cosa che odiava era, quando la gente la fissava.
Camminò per tutta la città, negli angoli remoti e in quelli più popolati. Verso l’una e mezza, dopo circa un’ora di cammino, iniziò a patire la fame. Decise di andare in uno degli angoli più isolati d’Ebanopoli. Lì trovò un buon ristorante a quattro stelle dove non ci andava mai nessuno, oltre i residenti vicini. Era un vicolo spazioso che confinava tra montagna e verde. Vicino i confini di quella città.
Il ristorante era sia all’interno sia all’esterno: decise di mangiare fuori, perché il caldo di luglio si faceva sentire parecchio, anche troppo per i suoi gusti. Arrivato il cameriere, notò che sembrava parlare con un'altra persona. La stranezza era che in giro non c’era nessuno, eppure l’uomo parlava liberamente, come fosse una cosa naturale.
 
 
-Mi scusi, cameriere, ma lei con chi sta parlando?
 
 
L’uomo si girò verso la Capopalestra e, appena la vide, impallidì.
 
 
-Ah...un altro idiota che si zittiva appena vede una ragazza Capopalestra - pensò immediatamente Sandra.
 
 
Era una delle prime volte che non passava una giornata di duro lavoro e non voleva passarle con una specie di deficiente che impallidiva appena la vedeva. Sandra appena vedeva cose di questo genere, si arrabbiava come una furia, e anche peggio se fosse possibile.
Era una persona irascibile, e testardamente orgogliosa. Era fiera di com’era per questo. Lo sarebbe stata sempre.
I suoi pensieri poi le liberarono la mente, e lei tornò alla normalità. Iniziò a guardare insospettita l’uomo che sembrava sempre più un lenzuolo. Era pallido e respirava a fatica.
 
 
-Signorina…ma lei è la Capopalestra Sandra?-
-Si. Tu ti senti bene? Sei pallido. Sembra quasi che tu sia morto- squadrò lei con leggera cattiveria.
 
 
Lui mandò giù qualcosa. Sembrava impaurito. Alcuni secondi dopo poi il cameriere riprese coraggio e tornò come un vero uomo: fiero e orgoglioso. Aveva ancora qualche accenno di paura e timore, ma il grosso era sparito. Completamente. Tutto ciò non le quadrava per niente.
 
 
 
 
 
Era impaurito e impacciato. Cercava di non dimostrarlo, ma per lui era più che difficile. Santo Dio, avrebbe tanto voluto farla finita con quella sceneggiata. Era imbarazzante e stupida. Dopotutto però, doveva ricordarsi che quella scenata era solo preparata per lei, il che lo ricaricò di nuova energia. Sandra, diciamocelo, era il suo fulmine. Era quella che le dava sempre delle energie e che la sorprendeva sempre. Il loro affetto di parentela era davvero fastidioso per lui. Sopportava sempre le prediche e le offese della cugina Sandra, sempre, e lo con un sorriso. Odiava però quando lei lo chiamava cugino anche se in modo affettuoso, il che accadeva raramente. Una sensazione di puro odio verso se stesso...tratteneva sempre le lacrime pensando sempre e solo a lei, al suo amore impossibile. Un amore non contraccambiato. Sapeva benissimo che lei lo odiava. Sapeva benissimo che non era contraccambiato. Lui però se ne fregava e pensava solo a lei. Era una cosa che non poteva controllare. Era impossibile e non ci riusciva mai.
 
 
-Signorina, cosa desidera ordinare?
-Hm...ti chiamerò io dopo. Vai via - concluse lei con la sua solita sfacciataggine.
 
 
Fredda e indifferente. La solita Sandra. Si era preoccupato, quando gli avevano riferito che la Capopalestra chiedeva un giorno di ferie. Era davvero preoccupato, all’inizio. A mano a mano poi iniziò a tranquillizzarsi, lui, però era lo stesso curioso. Sentiva poco la cugina durante quel tempo e voleva sue notizie. Un buon innamorato vuole sempre sapere come sta’ la persona da lui amata. Dentro il suo cuore, sapeva di essere una specie di gentiluomo che inseguiva la sua donna. Un amore tanto triste. Una storia ben più dolce e misteriosa del suo. Soprattutto, ben più travolgente. La sua, purtroppo, la poteva condividere pienamente solo con se stesso. In fondo, sua cugina non avrebbe mai commesso una pazzia del genere; non avrebbe mai commesso la pazzia di innamorarsi di un suo parente, soprattutto di lui. Lei era un tipo serio, arrogante, orgoglioso.
 
 
-Cameriere! Venga subito qui!-
-Si, signorina. Arrivo...rispose.
 
 
 
 
 
Quel tizio aveva qualcosa di familiare. Troppo familiare. Era da un po’ che il suo pensiero era fissato a quel proposito. Aveva già un’idea di chi poteva essere l’uomo. Temeva fosse Lance, il suo caro cugino che doveva sempre farla incavolare di brutto. Odiava suo cugino, ma il suo era una specie d’affetto diverso. Pensando a lui, imbarazzandosi di brutto...
Le farfalle nello stomaco...
Il cuore batteva forte, fortissimo...
Forti sensazioni calde...
Gli altri lo chiamavano...amore.
Il pensiero la disgustò, per poi fare un verso di schifo. Era orribile tutto ciò.
La Capopalestra però...arrossì violentemente; appena se n’accorse, mise le mani tra i capelli color mare e urlò dentro di se stessa. Era innamorata di suo cugino Lance...era una cosa a cui non voleva credere. Assolutamente. Sandra, odiava suo cugino; lo disprezzava. Letteralmente. Cercava sempre di disprezzarlo e di batterlo; purtroppo per lei, non riusciva mai a superarlo in qualcosa. Il suo principio era di voler battere il cugino sin da, quando divenne Capopalestra. Era da tanto che desiderava batterlo.
Due secondi dopo, ecco davanti il cameriere. Era certa: quello era Lance.
 
 
-Signorina cosa desidera?
-Desidero che lei mi riveli la sua identità. Chi è lei?- chiese.
 
 
 
 
 
Beccato. Era finito.
Significava che dovevo svelarmi.
Portai la mano alla maschera e al cappello; li tolsi con delicatezza. Sandra, al contempo, si era alzata dalla sedia. Era sospettosa, e molto. Era certo di questo particolare.
Stranamente, appena tolse maschera e cappello, notò che sua cugina aveva un’espressione diversa. Sembrava rilassata. Rilassata e leggermente arrabbiata.
 
 
-Mi spieghi cosa volevi fare, Lance?
-Volevo godere il mio giorno libero con te, cugina-.
 
 
Lo squadrò. Era solito farlo per lei. Ogni volta che qualcosa non le andava bene, squadrava per poi passare agli scatti d’ira. Lei era davvero incredibile. Incredibilmente scontrosa, orgogliosa, suscettibile...ma a lui andava bene così. Avrebbe sempre voluto che fosse così, senza eccezioni.
 
 
 
-Beh, io non te l’ho chiesto. Vai via...
 
 
 
Le dava fastidio cacciarlo. Era davvero fastidioso e...triste.
Si sentiva triste nel cacciarlo e i sensi di colpa s’impadronirono di lei. Questa era la prima volta che si sentiva così con qualcuno, non aveva mai provato niente di simile.
Le farfalle ricominciarono a ripopolare il corpo. La testa non riusciva a mettere apposto i pensieri.
 
 
 
Rimase alquanto triste da quelle parole. Erano dolorose per un uomo innamorato. Lui però non era alquanto stupito: era abituato a certe parole che uscivano dalla bocca di sua cugina. Cercò di non darlo a vedere: l’orgoglio era anche una cosa che gli apparteneva.
Questa volta però successe qualcosa d’inaspettato: notò con tanta felicità che la sua adorata Sandra lo stava fissando con interesse. I suoi occhi erano di un azzurro che somigliava all’acqua marina. Era stupenda, incorniciata dal suo viso che esprimeva forza, coraggio, orgoglio.  
 
 
Doveva ammettere che in quel momento era attratta dai suoi occhi. Occhi color sangue, che esprimevano bellezza e forza. Una forza che l’abbagliava. Era davvero umiliante. Si sarebbe dovuta arrabbiare, ma quel sentimento era ben lontano dalla sua mente. Voleva solo essere divorata dagli occhi del Campione di Johto. Desiderava che la guardasse negli occhi sempre di più. Era ciò che desiderava ardentemente in quel momento, nel suo cuore. Il cuore incoraggiava. Il cervello la scoraggiava con forza. Decise di seguire il cuore.
 
 
Si stava avvicinando. Pericolosamente. Aveva paura di rovinare quel momento. Lo sognava da sempre. Era più che naturale aver paura. Così, decise di farsi seguire dall’istinto. Si abbassava sempre di più, lentamente. Sentì un respiro e un profumo dolce che gli scaldava le guance e che faceva fluire il suo sangue sempre più velocemente. Sentiva un cuore che non era il suo; batteva all’impazzata ed era vicinissimo, troppo perché lui fosse indifferente. Trovò poi delle labbra che cercavano le sue, e le unì con gran piacere.
 
 
Era una sensazione più che piacevole. Un bacio leggero e lento, che però sembrava durare tutta la vita. Una vita intera. Dentro di lei, sentiva che lo desiderava da tempo quel bacio. Una sensazione che la sconvolse nella testa e che passò alla pancia. I suoi occhi emanavano delle piccole e tenui lacrime di gioia. Era felice, per la prima volta dopo tanto tempo. Era felice.


Angolo autrice:
Ora sono più che pronta a morire. *le lanciano i pomodori addosso* Ecco, me lo aspettavo e credo di meritarlo.
Ammetto che questa storia, a detta mia, sia davvero corta. 
Purtroppo non mi è venuto in mente altro, anche se nella parte centrale mi sento abbastanza soddisfatta (?)
Mi sono fatta il conto e ho notato di aver scritto solamente 1.679 parole. Mi vergogno di me...
Dopotutto, questa storia era destinata a essere un buon regalo per una buona amica, ma purtroppo non credo che possa essere alquanto soddisfacente.
Spero comunque che apprezzi il mio sforzo (?) e mi dica cosa ne pensa.
Comunque, le auguro ancora tanti auguri , sperando *ancora!!!* che legga questa storia con piacere.

Evelyn_ 

 
   
 
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