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Autore: Debbie_93    08/08/2012    3 recensioni
One-shot sulla tortura di Alastair.
--Sai una cosa Alastair, potevo sognare anche all’Inferno e giorno per giorno sai cosa sognavo--
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alastair, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Ore 22.30, un vecchio posto arrugginito.
Mi avevano obbligato contro la mia volontà. Se l’avessi fatto, di sicuro non ne sarei stato orgoglioso. Avevo paura. Gli ordini erano questi e non potevo tirarmi indietro.
Entrai in quella stanza, con lo sguardo rivolto vero il basso e spingevo il carrello con tutto il corredo di arnesi possibili ed immaginabili. Avanzai a passi lenti e decisi.  La porta si chiuse ed io avevo lasciato una buona parte di me, là fuori. Non provavo nessun tipo di sentimento o ricordo.
Lui era lì, legato che canticchiava una vecchia canzone degli anni ’70. Lo odiavo fin dal giorno in cui l’avevo incontrato, da quando mi aveva fatto patire le pene dell’Inferno. Quando mi faceva ogni volta la stessa proposta ed io non accettavo, anche se dopo non ce la feci più e cominciai a torturare quelle povere anime.
Mi fermai a pochi metri da lui, togliendo il telo dal carrello. Ero concentrato su quello che dovevo fare e nessuno poteva fermarmi. Sentii la sua risata ipocrita, cercai di trattenermi perché il bello doveva ancora iniziare. Guardai per un attimo gli attrezzi. Tutti mi davano un’ispirazione diversa, era il mio turno per restituire tutto quello che mi aveva fatto e tutto quello che avevo fatto laggiù.
“Non vorrei ridere è che stanno facendo sul serio, hanno mandato te per torturare me”, lo guardai dritto negli occhi. Il desiderio di vendetta si fece sentire e non c’era cosa migliore che prendere un bel coltello e affondarglielo nella sua carne. Gli avrei concesso solo un’unica possibilità, se non mi avesse detto quello che volevo sapere.
“Ora rispondi alla domanda”, dissi e se non mi avesse risposto, avrei giocato un po’ con lui.
“O cosa? Ti metterai all’opera”. Sapeva che una buona parte di me l’avevo lasciata laggiù. Voleva provocarmi, voleva far riemergere quei momenti in cui mi divertivo. Non glielo avrei permesso. Doveva solo rispondere a una semplice domanda e poi chiudere quella bocca. In caso contrario avrei adottato la mia fantasia. Ero lì e non mi sarei fatto scrupoli al riguardo.
“Sono qui no”, dissi. Quanto odio provavo verso di lui.
“Non è vero”, fece una piccola pausa, “hai lasciato una buona parte di te, laggiù”, si divertiva a stuzzicarmi. Ricordavo quei momenti atroci, quando infilava il suo rasoio nella mia pancia e non facevo altro che urlare. Urlare senza sosta e lui, lui che rideva come un bastardo. Adesso i ruoli si erano invertiti ed era questo che contava.
Cominciai a preparare tutto il necessario. Iniziò a raccontarmi la faccenda tra lui e mio padre, non mi andava di sentirla perché rievocava in me ancora più odio. Afferrai il contenitore di acqua santa, mi tolsi la giacca.
“Poi arrivò Dean”, disse con enfasi, “Dean Winchester, credevo di avere di fronte la stessa cosa”, fece rammentare tutta quella serie di ricordi che repressi. Presi una bottiglia e bevvi. Cercai di non dargli corda perché l’avrei fatto a pezzi. Versai l’acqua santa in un calice, tutto quello che avevo appreso laggiù gliel’avrei ritorto contro.
“Acqua santa! Andiamo, forza parassita devi essere più creativo per impressionarmi”, avevo già la risposta, mi voltai verso di lui. “Sai una cosa Alastair, potevo sognare anche all’Inferno e giorno per giorno sai cosa sognavo”, lasciai una piccola pausa, “Sognavo questo momento”, quella frase mi diede la certezza che finalmente mi sarei vendicato, per tutto e tutti. Afferrai una siringa e infilai l’ago nell’acqua.
“E credimi sono molto creativo”, dissi con orgoglio. Quella parte che avevo represso emergeva piano, piano e niente poteva fermarmi. Puntai l’ago verso e l’alto, controllai che se l’acqua sarebbe fuoriuscita. Mi voltai verso Alastair. Ogni volta che sentivo la sua voce, ogni volta che vedevo la sua faccia l’avrei torturato per l’eternità senza farlo morire.
Mi avvicinai. “Allora si comincia”, dissi con un ghigno.
Infilai l’ago nel suo braccio e iniettai lentamente l’acqua senza staccare gli occhi dai suoi, cominciò ad agitarsi e a gridare di dolore, provavo piacere nel vederlo soffrire. La soddisfazione mi perseguiva. Si dimenava, agitava la testa a destra e sinistra. Continuai a fissarlo nella sua espressione di pura sofferenza ed era solo l’inizio. Gliela iniettai tutta e sfilai l’ago per darli un po’ di tregua. Ritornai al carrello, le mie emozioni non esistevano più.
Non mi sarei fermato, fino a che non mi avesse detto quello che volevo sapere.
Presi il coltello magico, che quella puttana di Ruby ci aveva dato. Era una buona arma per raggiungere il mio scopo, “Eccolo quel temperino, mi chiedevo dove fosse”, non lo ascoltai. Il mio pensiero fisso di penetrare la sua carne e vederlo provare quel dolore erano gli unici pensieri che mi percorrevano il cervello. Inzuppai il pugnale nell’acqua santa, ucciderlo mi sembrava troppo preso e comunque gli avrei fatto solo un favore. Avanzai verso di lui e glielo infilai nella sua carne, il coltello la perforò senza fermarsi. Odoravo quel momento. Lo fissai, credeva davvero che mi sarei fermato? Ero solo all’inizio e fino a che non mi avesse dato la risposta avrei continuato senza sosta. Secondo lui ero arrivato a un punto di non ritorno, probabilmente aveva ragione.
Feci pressione e spinsi il coltello ancora più affondo, il dolore colorò la sua faccia e ancora il piacere si fece sentire. Quello che stavo facendo era solo per pareggiare i conti. Quando raggiunsi il limite, mi fermai e glielo sfilai lentamente. Era ricoperto di sangue, questo non importava.
Ritornai al mio banco della tortura. Non voleva parlare. Presi il calice con l’acqua santa, mi avvicinai a lui. Se era questo che voleva allora avrei adottato misure più drastiche. Gli gettai l’acqua in faccia e subito cominciò a dimenarsi, con il dolore stampato sul suo viso. Le sue grida alludevano a una sconfitta. Sapevo che non era così. Lo guardai. Il suo volto era bagnato quasi grondante di sangue, ma questo non bastava per farlo parlare. Non avrebbe ceduto facilmente.
“Tu non hai idea di quanto sia stato terribile, quello che in realtà hai fatto per noi”, le sue parole mi trapassarono da parte a parte, questo mi rese più assetato di vendetta e lo sapeva. Non m’importava, avrei fatto il mio lavoro.
Presi il sacchetto in pelle a ci versai del sale, non aveva idea di quello che ero e di quello potevo farli.
“Sta zitto”, gli dissi con tono basso, perché non la faceva finita e non mi diceva cosa volevo sapere. Menzionò il nome di Lilith e del motivo del perché ero andato all’Inferno. Doveva solo chiudere quella bocca e avevo la soluzione per farlo. Gli afferrai il viso e gli infilai il sale direttamente in gola. Provai quello che si chiamava desiderio di non fermarmi. La mia coscienza mi diceva che non dovevo continuare, perché se l’avessi fatto sarei precipitato in una voragine da cui non avrei potuto riemergere facilmente. Non l’ascoltai. Andai avanti fissando quello che mi rendeva soddisfatto, quel buco che non riuscivo a riempire man mano si stava riempiendo di quel sentimento. Continuai a fissarlo, mentre il sangue gli usciva dalla bocca e quasi si stava quasi per soffocare. Il suo aspetto era orribile, il sangue prevaleva sul suo corpo. Non ne aveva ancora abbastanza. Stavo cominciando a divertirmi. Era solo uno stupido bastardo ipocrita, che non aspettava altro che lo uccidessi. Non gli avrei dato questa soddisfazione.
L’inventiva si fece strada nella mia mente, afferrai il coltello: lo inzuppai di acqua santa e sale insieme. Quello era veramente l’inizio del mio divertimento. Fissai il coltello.
“Ah, la prima volta che prendesti il mio rasoio”, ancora continuava con quella storia, “la prima volta che hai tagliato quella cagna in lacrime, quello è stato il primo sigillo”. La sua affermazione mi fece capire solo una cosa, l’Apocalisse era cominciata e per colpa mia? Non ci detti importanza e lo guardai mentre mi avvicinavo. La nostra conversazione non doveva andare oltre, stava solo mentendo.
“E’ scritto che il primo sigillo sarà spezzato, quando un uomo giusto  spargerà sangue all’Inferno. Quando avrà ceduto, il sigillo si spezzerà”, no. Non era possibile. Io avrei dato l’inizio a tutta questa storia? La morte di Sam, il mio patto e quando ero finito all’Inferno, era stato già tutto programmato e scritto? Non era possibile. Io ero il responsabile. Non stava mentendo. Ma anche se i demoni avrebbero vinto, Alastair non sarebbe stato lì con loro. Perché l’avrei ucciso.

   
 
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