La lama celata trafisse la malcapitata
guardia. L’Assassino si rialzò e corse via, più veloce che poteva, volando sui
tetti, aggrappandosi a qualsiasi sporgenza. Le frecce degli arcieri sibilarono
nelle sue orecchie, ma lui non si voltò indietro, continuò a scappare. Si arrampicò
sul campanile di una chiesa, sicuro che non sarebbero mai venuti a cercarlo fin
lì. Cercò di calmare il suo cuore che batteva forte, inspirando l’aria
pressoché pulita di Costantinopoli.
“Hai una missione, Ezio”, si disse
l’uomo. “Trovare le chiavi di Masyaf e porre finalmente fine ai tuoi anni
d’avventure, alla disperata ricerca. Che la Mela diventi un problema di qualcun
altro” si disse. Magari di quel Desmond a cui quella visione si era rivolta, la
donna risplendente di luce propria che Ezio aveva visto ormai moltissimi anni
prima. Quando era ancora giovane.
Si abbassò il cappuccio e la mano
sfiorò il suo viso, la barba ormai grigia, le rughe, gli occhi stanchi. “Non sarò
troppo vecchio per questa vita?”, si domandò l’Assassino. La sua giovinezza era
trascorsa in un batter d’occhio, sempre in viaggio da una città all’altra,
sempre con uno scopo, un bersaglio. Ma aveva pensato a cosa avrebbe fatto dopo
che tutto sarebbe finito? La lucidità e l’agilità l’avrebbero abbandonato,
prima o poi. E si stava stancando di quella vita frenetica, vissuta a compiere
azioni per un bene superiore.
L’immagine di una vigna illuminata
dalla luce del tramonto comparve davanti ai suoi occhi. Sì, una villa nella
campagna toscana, la vendemmia e l’orto di cui occuparsi… una compagna al suo
fianco, un amore che l’avrebbe accompagnato fino alla fine della sua vita. La
donna, nella sua mente, aveva un volto e un corpo familiari: occhi di un verde
brillante, capelli di un meraviglioso rosso acceso… Sofia. Sofia Sartor.
L’Assassino sorrise. Sofia l’aveva colpito subito: la sua passione per i libri,
la sua intelligenza… e la sua bellezza. Non era mai stato indifferente alle
belle donne, Ezio ne era consapevole. Cristina Vespucci e Caterina Sforza ne
erano l’esempio lampante: aveva voluto molto bene a entrambe, forse le aveva
anche amate. Ma le relazioni stabili non erano mai state il suo forte, e la sua
missione, che sempre lo portava in luoghi lontani, non facilitava il desiderio
di mettere la testa a posto. Però, con Sofia era diverso. Forse era perché era
cresciuto ed era maturato, ma sentiva che con lei avrebbe davvero potuto
costruire qualcosa di duraturo. Quando tutto fosse finito, quando Ezio avrebbe
potuto liberarsi di quel fardello, quando le lame celate sarebbero state solo
un ricordo e non più compagne di viaggio.
Scese dal campanile e si diresse verso
lo studio di Sofia: corse, saltò e si arrampicò sui palazzi di Costantinopoli.
Mentre si muoveva, si sentiva ancora un ragazzo, lo stesso ragazzo che a Firenze
si azzuffava con Vieri de’ Pazzi e che gareggiava con suo fratello Federico. Il
ricordo lo fece sorridere e rattristare allo stesso tempo. “Padre, Federico,
Petruccio… non mi perdonerò mai di non avervi salvati, di non aver previsto ciò
che poteva succedere. Tutto questo lo sto facendo per voi. Porterò a termine il
mio compito e vi renderò fieri di me. Sono cambiato, non sono più l’Ezio che
conoscevate: ho imparato a conoscermi e a conoscere il mondo e gli uomini che
ci vivono. Ho lottato e mi sono sempre battuto per un bene superiore. Ho
combattuto in una guerra che dura da secoli e che, probabilmente, durerà per
altrettanti secoli. Ma io ho fatto la mia parte e, quando mi ritirerò, non avrò
rimpianti perché saprò di aver fatto il possibile. Ho lottato per me e per voi,
per gli Auditore e per la Confraternita degli Assassini.”
Immerso nei suoi pensieri, quasi non si
accorse di essere arrivato a destinazione: saltò e atterrò in un mucchio di
fieno. Si diresse velocemente alla porta dello studio e bussò.
- Prego, entri pure… oh, Ezio! Che cosa
ti porta qui? – esclamò Sofia, sorridendo. I suoi occhi brillavano ed Ezio
rimase per un attimo in silenzio a osservarla.
- Sofia, è un piacere vederti. Sono
passato a sincerarmi che tu stessi bene, dopo il furto che hai subito ti voglio
tenere d’occhio più spesso – rispose l’uomo, avvicinandosi a lei.
- Grazie, Ezio, sono lusingata. Sarai
il mio angelo custode con cappuccio e spada? –
- Mi ritengo onorato di tale titolo -.
Ezio prese il libro aperto che era poggiato sul tavolo.
- “Il Milione”? Lettura assai
interessante, a quanto ne so –
- Assolutamente. Ne sono affascinata,
mi sembra di vedere quei luoghi lontani con i miei occhi –
- Ne sono certo. Odio avere pochissimo
tempo per leggere… odio non avere tempo per fare qualsiasi cosa – ammise Ezio,
amaramente. Sofia gli poggiò una mano sulla spalla protetta dall’armatura.
- Non mi compatire, Sofia. È la vita
che ho scelto… o è forse lei che ha scelto me, ma non fa differenza ormai. Ti
piacerebbe viaggiare e vedere il mondo? – disse, per cambiare argomento.
Sofia si illuminò. – Oh, sì, mi
piacerebbe tantissimo. Vorrei esplorare, vorrei vedere il sole che tramonta su
tutte le città del mondo… -
Ezio ripensò all’immagine che gli era
venuta in mente prima.
- Ti piacerebbe vederlo tramontare su
una vigna in Toscana, magari guardandolo dal balcone di una villa? – le
domandò, osservandola intensamente.
- Suppongo di sì, adoro l’Italia –
rispose Sofia, un po’ perplessa dall’espressione che il viso dell’uomo aveva
assunto. Ezio sorrise e scosse la testa.
- Mi dispiace, Sofia, non volevo
turbarti. Sono stanco e farei meglio a riposare un po’ prima di partire –
- Dove devi andare, Ezio? – si lamentò
Sofia, tristemente.
- In Cappadocia, quello che sto
cercando si trova lì. Partirò domani in mattinata – rispose Ezio.
- Fa’ attenzione. Io non so cosa tu
stia cercando così disperatamente, e non mi importa se non vuoi dirmelo… ma, ti
prego, stai attento –
- D’accordo, Sofia. Piuttosto tu fai
attenzione, dato che il tuo angelo custode non sarà qui a proteggerti – replicò
Ezio, prendendole le mani nelle sue. Sofia sorrise e annuì, poi lo strinse. Le
sue braccia esili circondarono le spalle dell’uomo, che la attirò a sé
cingendola per la vita.
- Non voglio perderti, Ezio Auditore –
- Non mi perderai. Te lo prometto –
rispose l’Assassino. Gentilmente, si allontanò da lei, sapendo che non sarebbe
più andato via se lei l’avesse stretto ancora. Si voltò e si incamminò verso la
porta.
- Arrivederci, Sofia –
- Arrivederci, Ezio –
Ezio sapeva che non avrebbe mai
scordato quel momento, perché fu in quel momento che si rese conto che avrebbe
fatto di tutto per mantenere la promessa: sarebbe tornato da lei. Avrebbe
combattuto e resistito solo per ritornare da Sofia. Le avrebbe fatto vedere il
mondo. Avrebbero visto il sole tramontare in ogni luogo.
E avrebbero vissuto in una villa vicino
Firenze. E lui avrebbe coltivato l’orto e lei avrebbe avuto la sua biblioteca
personale, avrebbero prodotto il loro vino e avrebbero venduto i loro prodotti
al mercato…
Avrebbero respirato l’aria pulita della
campagna, e la luce del sole avrebbe illuminato e scaldato i loro visi felici…
la luce del sole…
La luce
del sole stava illuminando il viso di Ezio, seduto su una panchina. Affaticato,
si era seduto per un momento, osservando a breve distanza Sofia e sua figlia
che mercanteggiavano con un venditore. Marcello era rimasto alla villa, in
compagnia della balia. Ezio sorrise e le guardò a lungo. Il suo respiro
faticava a tornare regolare, il cuore batteva impazzito nel suo petto. Un
dolore sordo si diffuse nel torace dell’uomo, che appoggiò la testa allo
schienale della panca e chiuse gli occhi. Aver ricordato quel momento
particolare in cui aveva compreso ciò che provava per Sofia gli fece capire che
probabilmente era arrivato alla fine: non si dice forse che, in punto di morte,
tutta la vita ti passa davanti? Ebbene, la sua vita era iniziata, o per meglio
dire, ricominciata, in quell’attimo. Era sempre stato alla ricerca di qualcosa,
e solo allora aveva capito cosa. Non erano i Frutti dell’Eden, il Profeta o il
prossimo bersaglio da assassinare… aveva sempre cercato qualcosa per cui
valesse la pena vivere. E quel qualcosa era Sofia e tutte le promesse di una
vita migliore e finalmente dedicata a se stesso, una vita più tranquilla, forse
più banale, ma era ciò che Ezio desiderava. Non si pentiva di quello che aveva
fatto: aveva vendicato la morte dei suoi familiari e aveva compiuto il suo
dovere. “Ho cambiato il mondo, forse. L’ho reso un posto migliore”, pensò
l’uomo, compiaciuto. “Ma solo Sofia è riuscita a cambiare la mia vita”. Il
dolore al petto aumentò ed Ezio decise di passare gli ultimi istanti a
osservare le sue due amatissime donne.
“Sofia,
Flavia, Marcello… vi amo più di quanto possiate immaginare. Mi avete dato più
di quanto crediate. Mi avete insegnato a riappropriarmi del tempo, ad
abbandonarmi completamente all’amore più puro. Per questo non ho rimpianti, per
questo so che posso andarmene, ora. Il mondo ne ha avuto abbastanza di Ezio
Auditore da Firenze.”
Il respiro
gli si mozzò in gola quando sentì il cuore stringersi in una morsa. Si accasciò
sulla panchina, portandosi le mani al petto. Con gli occhi colmi di lacrime,
guardò Sofia e Flavia. Sorrise, e in un attimo la coscienza lo abbandonò.
Flavia
si voltò e vide il padre con una smorfia sofferente sul viso.
-
Papà! Papà! – gridò, gettando a terra il cestino che portava in mano e correndo
a perdifiato verso di lui. Sofia, allarmata, guardò verso la panchina. Un grido
disperato affiorò alle sue labbra: - Ezio! Ezio! Chiamate un dottore, presto! –
Sofia
si rintanò nello studio di Ezio, e pianse. Si avvicinò al tavolo dove lui era
solito scrivere lettere alla sorella Claudia o a leggere. Tra le pagine e le
lettere, Sofia intravide una busta. Il suo nome vi era scritto sopra, nella
calligrafia precisa di Ezio. La donna la aprì con le mani tremanti, incapace di
frenare le lacrime.
“Quand'ero giovane avevo la libertà
ma non la vedevo; avevo il tempo, ma non lo sapevo; avevo l'amore, ma non lo
provavo. Ci sono voluti molti anni per capire il significato di tutti e tre, e
ora, al tramonto della mia vita, questa comprensione si è mutata in
appagamento. Amore, libertà e tempo, allora così disponibili, sono il
nutrimento che mi permette di andare avanti. Specialmente l'amore, mia cara:
per te, per i nostri figli, per i nostri fratelli e sorelle, e per il vasto e
magnifico mondo che ci ha dato la vita e che continua a sorprenderci.
Con affetto infinito, mia Sofia.
Tuo per sempre,
Ezio.”
Dopo la visione del meraviglioso
cortometraggio “Assassin’s Creed:
Embers”, mi è venuta l’ispirazione per scrivere
questa storia. Amo Assassin’s Creed
(tutti e quattro, ovviamente), amo soprattutto le bellissime storie che si
intrecciano e creano la trama di questo stupendo videogioco che mi ha
emozionato. Spero sia di vostro gradimento.
“Nulla
è reale, tutto è lecito.”
P.s. La
lettera finale non è di mia invenzione, ma è ovviamente proprietà della Ubisoft e di chi l’ha ideata.