Diavoletto CELESTIALE
Aveva
sempre creduto di poter leggere nel cuore delle persone come fossero
dei libri aperti, in quei ventiquattro anni aveva imparato che
sfruttando a
pieno la sua avvenenza, sforzandosi di essere sempre gentile
con tutti e sfoggiando un brillante sorriso qua e là, poteva facilmente
entrare
nelle grazie di chiunque.
Era pur vero che fondamentalmente Lee Joon era una persona
rispettabile e buona, tuttavia l’essere sempre etichettato come “Estremamente
Sexy” sopra ogni altra cosa, aveva inciso sulla sua vita
adolescenziale molto
peggio di quanto ci si potesse aspettare.
Ed era per questo che aveva scelto di intraprendere la vita del
cantante,
voleva far vedere a tutti quale fosse il suo vero talento. Entrare a
far parte
degli MBLAQ e debuttare con loro era stata una vera benedizione, di
questo ne
era certo, ma da qualche mese a questa parte, molte delle sue più
fervide
convinzioni, iniziavano pian pianino a vacillare.
Forse l’aver schematizzato tutta la sua vita e ogni sua scelta in
un sistema binario diametralmente opposto come bianco e
nero, ora
rendeva tutto molto più complicato di quanto non fosse. Credere che a
nascere
per primo fosse stato l’uovo e non la gallina non era certo una teoria
erronea,
ma d’altra parte non era neppure una scienza conclamata. E in quello
stesso
paragone poteva benissimo cambiare le variabili in gioco ma la risposta
non
cambiava minimamente. Di conseguenza rimuginare e sospirare era l’unica
cosa
che riusciva a fare.
"Amava le donne." Era molto di più che una
semplice convinzione,
era una sorta di legge non scritta immessa nel suo stesso DNA.
E allora perché… Non capiva. O
meglio, la sua razionalità, il suo orgoglio nell’essere un uomo, gli
impedivano
di comprenderlo e di ammetterlo.
Non che non ci avesse mai
fatto caso prima di allora, anzi, era pur certo
che tutto iniziò lo stesso giorno che i suoi occhi incontrarono quelli
di Mir.
Nell’attimo in cui le loro mani si strinsero in una conoscenza formale
avvertì
qualcosa di sconosciuto invaderlo.
Era stata solo una sensazione senza alcun fondo di verità, se ne
convinse poi.
Eppure, nel momento in cui riuscì a sentire la sua risata vivace e
genuina non
poté fare altro che osservarlo con sorpresa. Era la prima volta che
sentiva una
risata tanto divertita, e senza ragione alcuna le sue labbra
s’incresparono in
un sorriso tanto gioioso quanto fanciullesco.
«Allora anche tu puoi sorridere così.» Affermò Mir, una volta che la
risata aveva lasciato spazio ad un’espressione seria e al contempo
rilassata sul suo volto.
Fu proprio in quell’attimo che le certezze di Joon iniziarono a tremare
come un
castello di carte mosso da un leggero soffio d’aria. Nel medesimo
istante in
cui lo stupore, e con esso quel sentimento d’incredulità lasciavano
spazio ad
una nuova emozione non del tutto compresa.
Era iniziato tutto in maniera così semplice e lineare da sembrare quasi
impossibile, eppure bastarono solo alcuni giorni per diventare
completamente
assuefatto da quel giovanissimo ragazzo, più piccolo di lui di tre
anni.
Mai nessun altro era riuscito a toccare così a fondo il cuore di Joon,
come
invece faceva Mir quotidianamente e senza nemmeno rendersene conto.
Era riuscito nell’impresa titanica di tirar fuori la parte più
infantile e
vulnerabile di Joon.
Aveva scavato a fondo, andando oltre a quel suo bel visino, o a quel
corpo ben
scolpito, si era diretto verso quella voce intensa, verso quel sussurro
vibrato, bollente ed estremamente oscuro. Aveva toccato la sua anima, e
non si
trattava solo di un eufemismo!
Prima di allora, Joon, non
aveva mai mostrato seriamente
il suo interesse verso qualcosa che non fosse il canto e la danza.
Mai nessuna persona era riuscita a suscitargli un interesse tale
da
non esserne mai sazio. Joon era volubile e soprattutto scostante, lo
era sempre
stato da quel che ricordava, eppure con Mir tutto era differente.
Non c’era giorno in cui non avrebbe desiderato essere al suo fianco
anche solo
per poter ridere liberamente di cose senza alcun senso.
Lo ripeteva con una certa costanza: «Se Mir non mi avesse fatto
comprendere
l’importanza che può avere una risata, io non sarei mai stato me
stesso.» E
ormai l’intero gruppo aveva compreso l’importanza della loro amicizia.
Tuttavia c’era di più – molto di più – aggiunse lo stesso Joon
scompigliandosi i capelli mentre passeggiava per quella caotica stanza.
Mir aveva quella strana
influenza su di lui, la stessa che può avere un
fratello maggiore quando si preoccupa per quello minore: la stessa
angoscia, la
stessa dolcezza.
Lo stesso amore.
Si preoccupava per lui se in inverno si copriva poco, se in
estate
restava per troppo tempo in acqua dopo aver mangiato. E soprattutto si
preoccupava nell’eventualità che quando fosse sul palcoscenico potesse
capitargli qualcosa d’imprevedibile.
In verità confidava nelle schiaccianti doti canore e d’intrattenimento
di Mir,
ma non riusciva a non preoccuparsi, gli era del tutto impossibile.
Forse, era
perché la luce che emanava quel piccolo gioiello di purezza era così
limpida,
che il terrore che qualcuno o qualcosa potesse oscurare la sua stella
lo
gettava nel panico più totale.
Continuando a
camminare distrattamente da una parte all’altra
della stanza, Joon elucubrava teorie ed ipotesi sul suo ultimo, ma
non
per questo meno importante, dei suoi problemi.
Non sapeva bene come fosse possibile, ma negli ultimi tempi
persino ammiccare con
la telecamera e fare il piacente con le ragazze non lo
appagava più come un tempo. E per quanto tentasse di trovare una causa
scatenante o una scusa plausibile per far tacere la sua
coscienza, non faceva altro che andare a sbattere contro quel nome
famigliare,
divenuto ormai sin troppo importante: Mir.
Non vi era alcun dubbio, direttamente o indirettamente la colpa era
tutta di
quel diavoletto celestiale che gli scodinzolava in torno ogni
santo giorno!
Non c’era nulla di straordinario o di anormale in Joon, era tutta colpa
di
qualche astruso sortilegio ad opera di quel birbante
mascherato da cucciolo, se i suoi ormoni erano in sciopero forzato da
chissà quanti mesi!
Non capiva. – ammise stringendosi il volto con le mani. – Mir era
un normale ragazzo.
Appunto, era un ragazzo, un giovane
uomo!
Solo questo avrebbe dovuto togliergli ogni dubbio o perplessità
sull’intera
faccenda, invece era proprio quello il fulcro!
Non vi era nulla di speciale in lui.
Era solo un’adolescente esuberante, egocentrico ed estremamente
infantile.
Questo era Mir. – Tentò più che altro di auto convincersi – Malgrado
ciò, sapeva meglio di chiunque altro che Mir aveva un carattere d’oro!
Era davvero raro vederlo adirato per qualcosa, aveva il sole negli
occhi. Era
garbato, premuroso e un ottimo confidente. Senza escludere la sua
innata
allegria contagiosa che diffondeva generosamente ogni volta che gli si
parlava.
E a dirla tutta non era nemmeno immaturo, considerando la sua giovane
età!
Certo, era innegabile che a volte il suo lato infantile prendesse il
controllo riuscendo seriamente ad inquietarlo, dato il gran numero di
idiozie
che riusciva a dire in una sola volta.
Ma in fin dei conti a Joon piaceva non poco poter condividere quella
loro
strampalata amicizia.
Era davvero un ragazzo buffissimo. – Sorrise
amabilmente ricordando le sue più bizzarre espressioni: da
quelle
che faceva quando toccava cibo, a quelle quando si addormentava
placidamente
sul divano. Era come un cane esuberante che ti chiedeva
continuamente di tirargli il bastone. Come un gatto ruffiano che
si fingeva altezzoso. Come un pappagallo tutto impettito ed
estroso che cinguettava allegramente senza sosta.
A quelle belle immagini che la sua mente aveva scaturito dal nulla,
Joon
rispose ridendo di gusto, tentando di immaginarsi l’amico al posto
degli
animali.
Molto probabilmente erano state proprio quelle tenere espressioni a far
scatenare in Joon il desiderio di proteggerlo e di vigilare su di lui
come se
in realtà fosse sangue del suo sangue.
Fare la psicoanalisi su se stessi non era poi così semplice,
ammise
alla sua coscienza con aria rassegnata il giovane Joon, d’improvviso
distolto
dai suoi pensieri, in seguito ad un gracchiare quasi animalesco di
dubbia
provenienza.
In verità, una mezza idea di chi potesse ricreare simili suoni nei
camerini
degli studi televisivi di Seoul ce l’aveva! Eccome
se ce l’aveva!
E il presentimento divenne certezza quando udì strani farfugliamenti e
urla
tipiche delle scimmie provenire da dietro la sua schiena.
Ormai non vi era alcun dubbio, sospirò pronto ad accogliere quella
nuova
ventata di idiozia senza limiti. Ed infatti, come previsto, Mir sbucò
davanti
ai suoi occhi in tutta la sua folgorante demenza, mettendosi le mani
fra i
capelli riproducendo versi davvero poco ortodossi per chi come lui
faceva parte
di una boyband ormai da quattro anni.
Joon, dal canto suo, si limitò ad osservarlo
esterrefatto, pregando il
buon cielo che Bi Rain non entrasse in sala in un momento simile. E a
ben
pensarci gli sarebbe mancata solo la banana fra le mani e sarebbe stato
assolutamente perfetto come scimmia!
Ah… Altro che un tenero batuffolo di pelo da accudire, Mir era una
dispettosa scimmia da rinchiudere in gabbia!
Ciò nonostante, anche in un momento simile, Joon ringraziò il fato per
averlo incontrato.
«Mir, chiudi quella bocca! Vuoi forse essere ricordato come la scimmia
più rumorosa
mai entrata negli studios?» Tentò di rimproverarlo con pochi risultati.
«Io non sono una scimmia qualunque, sono la tua super scimmia!»
Esclamò
l’altro con fare scherzoso, sorridendo affettuosamente stringendo la
mano di
Joon con la propria.
Era inutile, non vi era nulla da fare, Joon non sapeva davvero
resistergli quando faceva quello sguardo così tenero ed estasiato da
sembrare
un bambino nel momento in cui apre il tanto agognato regalo di
compleanno.
Come si poteva non trovarlo
semplicemente adorabile?
Lo aveva compreso
poco a poco, non c’era solo il bianco e il nero, la vita
era costellata di sentieri ed emozioni che non si potevano classificare
a
priori.
La zona grigia
esisteva, così come esistevano i colori, e sicuramente Mir ne
faceva parte da molto tempo. Ora l’aveva finalmente compreso.