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Autore: GossipGirl97    09/08/2012    4 recensioni
Una seconda occasione per capire cosa è veramente importante.
Una seconda occasione per smettere di fuggire.
Una seconda occasione per prendere in mano le redini della propria vita.
Una seconda occasione per trovare l'amore.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WHAT DOESN'T KILL YOU MAKES YOU BEAUTIFUL. "Avvocato di punta dello studio legale Letterman, Spencer and Gibson e figlia del più famoso penalista della costa occidentale, Melanie Gibson annuncia le sue nozze con lo scapolo d'oro di New York, Simon Van Der Bilt."  " Cavoli sembra più l'annuncio di un contratto che di un matrimonio! Ma chi è che scrive gli articoli di cronaca rosa al giorno d'oggi?! Una zitella con 15 gatti?!" riflettè Marty masticando una gomma con i piedi sulla scrivania dell'amica. "Per favore sto cercando di lavorare e il tuo chiacchiericcio mi innervosisce! E togli i piedi da questa cacchio di scrivania non sei a casa tua!" rispose Mel stizzita pigiando freneticamente le dita fresche di manicure sul suo Apple nuovo di zecca. "Ma dai che non la dai a bere a nessuno! Tu puoi anche smettere di lavorare e farti le unghie tutta la mattina tanto il tuo paparino ti conserverà sempre un posto nel suo studio! Sei la ragazza più fortunata del mondo!" disse l'amica con un tono polemico. E questo era vero. Melanie Gibson era in assoluto la ragazza più fortunata del mondo. A soli 4 anni era il volto della collezione Gucci Baby e grazie ai contatti,e soprattutto ai soldi del padre,aveva avuto accesso ai club più in voga, partecipato alle serate di beneficenza più paparazzate d'America e alloggiato negli alberghi più costosi del mondo. Dopo essersela spassata si era iscritta alla Columbia University e, laureatasi a pieni voti (meritati o meno), si era unita allo studio legale del padre. Due anni dopo, il fidanzamento con Simon VanDerBilt aveva riportato Melanie sulla cresta dell'onda dei gossip che paragonavano il suo imminente matrimonio a quello di Kim Kardashian. Non poteva desiderare di più dalla vita...peccato che non ne fosse consapevole. "Hai ragione Marty, andiamo a pranzo. Sono stufa di leggere queste cartacce insensate, se ne occuperà qualcun'altro." E,recuperata la sua Birkin, tese il braccio verso l'amica che saltellava contenta su dei tacchi che perfino i circensi avrebbero avuto difficoltà a calzare. Mentre si avviavano in un ristorante sulla Fifth, Mel fu assalita dai giornalisti che le chiesero le più svariate notizie sul suo imminente matrimonio, dal colore del vestito alla lingerie che avrebbe indossato la prima notte di nozze. A dire il vero Melanie si era occupata poco e niente del suo matrimonio, troppo impegnata tra una pedicure e un massaggio agli oli essenziali, per pensare che da un momento all'altro sarebbe andata via dal suo splendido attico a Manhattan per andare a vivere con Simon...ah,quanto amava il suo Simon! L'aveva conosciuto al liceo ed era stato amore a prima vista...o meglio non proprio a prima vista dato che la loro unione era solo il frutto di un accordo tra i genitori. Al liceo tra Mel e Simon scorreva l'odio più puro, non tentavano neanche di costruire un rapporto civile troppo occupati a vedere la prigionia nella figura dell'altro. Avevano rovinato serate di beneficenza, balli delle debuttanti e cene di lavoro pur di far capire ai loro genitori quanto si odiassero l'un l'altro. Purtroppo, o per fortuna, mentre pulivano i danni combinati durante una cena di lavoro a casa VanDerBilt, si resero conto di aver passato troppo tempo a odiarsi senza rendersi conto di quante cose avessero in comune e che forse quest'unione combinata non fosse poi tanto male. "Allora care, insalata newyorkese per entrambe?" disse con voce melliflua un cameriere con un forte accento francesce e molto, molto gay. "Come sempre Francois" rispose Marty facendo l'occhiolino al cameriere che partì a razzo verso la cucina per non far perdere neanche un minuto "prezioso" alle reginette di New York.  "Avete già deciso dove andare in luna di miele, Mel?" chiese l'amica sfogliando una rivista e mordicchiando distrattamente un'unghia. "Uhm...non lo sappiamo ancora..Simon pensava alla Polinesia ma io opterei per Bali." "Bali?! E perché mai?" Disse Marty abbassando la rivista con uno scatto e guardandola come se avesse davanti un elefante che ballava il tango.  Mel non avrebbe mai ammesso davanti a nessuno che voleva andare in Thailandia per far esplodere le riviste patinate con le sue foto mentre pregava in un tempio buddista. "Sai, le preghiere, la pace interiore, il Karma, la ricerca di se stessi..." "Si e Mangia Prega Ama" rispose la compagna con tono canzonatorio. Mentre le due amiche ridevano un cellulare squillò.  "Tesorooo! Stavamo giusto parlando di te!" Era il cellulare di Mel. Ed era ovviamente Simon. "Vederci? Adesso? Io...va bene sarò da te tra poco"  chiuse il cellulare con uno scatto e si rivolse all'amica con espressione addolorata. "Mi dispiace Marty ma devo andare, il piacere mi chiama!" disse Mel  facendo un'occhilino e scoccando un bacio sulla guancia dell'amica scioccata dalla notizia. "Ma...ma il pranzo! Che ne sarà della nostra insalata newyorkese?! "  "È solo un'insalata scondita! Non ti pressare!" rispose Mel con un piede già fuori dal ristorante. Le dispiaceva lasciare Marty sola, era una delle sue migliori amiche, anzi,forse lei era l'unica amica che avesse mai avuto. Era la figlia di uno dei più grandi affaristi del Connecticut e, trasferitasi a Manhattan all'età di 13 anni, si era subito trovata con Melanie. Entrambe erano abituate ad amicizie basate sulla ricchezza delle loro famiglie e non riuscivano mai a fidarsi degli altri ragazzi che servivano solamente a fare numero nelle sontuose feste che amavano organizzare ogni primavera. Una volta conosciutesi non erano riuscite  più a separarsi; ogni cosa che facevano era in funzione dell'altra. Finalmente aveva trovato l'amica perfetta.  Persa nelle sue considerazioni Mel non si rese neanche conto di essere arrivata ai piedi del palazzo che ospitava l'appartamento del suo fidanzato, se poteva essere considerato un appartamento un attico di 400 mq a Park Avenue. Amava ogni cosa di quella casa: il soffitto alto e ampio, i quadri che incorniciavano il soggiorno, il lungo divano ad angolo di fronte al camino scolpito a mano da artigiani italiani, e poi c'era la scala. La scalinata più bella che Melanie avesse mai visto. Era di marmo bianco con venature nere che sembravano essere state dipinte da un esperto pittore e il corrimano, anch'esso in marmo, terminava agli estremi con delle volute perfette. Scendere quella scala la faceva sentire come una principessa. E tra qualche mese tutto quello che amava sarebbe stato suo. "Secondo me, mi stai sposando solo per quel corrimano o sbaglio?" disse Simon sbucando dal nulla e baciandole l'incavo del collo. " Io..no..ehm..mi ero solamente incantata" fece Mel riscuotendosi dal suo sogno ad occhi aperti e dando un lieve bacio sulle labbra del futuro marito. Il ragazzo la portò in terrazza e le offrì un Martini alla mela, il suo preferito. Chissà perché tutta quella formalità si chiese Melanie tra se, ma non si mostrò affatto preoccupata, anzi, si sedette rilassata sul divanetto in pelle e accavallò le gambe. "Volevi parlarmi?"  "Si..cioè no, o meglio, si ma non è niente di importante." Simon si grattò il collo nervosamente guardando l'orologio come se dovesse arrivare qualcuno nel giro di pochi minuti. "Avanti, non ti mordo mica! È successo qualcosa con il fiorista? O il fotografo ha deciso di rinunciare al reportage del nostro matrimonio per la sfilata di Vera Wang?" Mel iniziava ad agitarsi sempre di più. "No, tranquilla, niente di tutto ciò! I preparativi vanno a gonfie vele!"rispose il fidanzato già un po' più rilassato. Il cellulare di Melanie squillò e la ragazza sperò con tutta se stessa che non fosse qualcosa di importante. Il comportamento di Simon la spaventava più del dovuto. "Mel, tesoro, sono papà. Dovresti tornare allo studio, devo parlarti urgentemente."  E ti pareva. Quando il padre chiamava ogni cosa che chiedeva doveva essere esaudita. Era stato questo ad averli allontanati nel corso degli anni. Melanie non sopportava che le venisse ordinato qualcosa, semmai era lei che ordinava e gli altri che esaudivano. Il carattere simile portava il padre e la figlia a litigare continuamente tanto che molte volte non si parlavano per settimane. "Era tuo padre? Vai, tranquilla, non trattenerti. Parleremo un'altra volta." disse Simon con aria sollevata accompagnandola alla porta. "Ma...Ma e il discorso che mi dovevi fare? Papà può aspettare" Melanie cercava di puntare i piedi mentre il fidanzato la spingeva quasi  con forza dentro l'ascensore. "Non era niente di importante! Va e non farti pestare i piedi." E sparì dalla vista della fidanzata mentre le porte si chiudevano e lui faceva ciao ciao con la manina come se non vedesse l'ora di sbarazzarsi di lei. Ritornata allo studio legale l'umore di Melanie non migliorò per niente. I paparazzi l'avevano nuovamente assaltata e sia Marty che Simon non rispondevano alle sue telefonate il che non faceva che aumentare il suo nervosismo.Entrò come una furia nella stanza del padre. "Allora che vuoi?! Ero a casa di Simon e si da il caso che aveva qualcosa importante da dirmi. Mi auguro che anche tu ce l'abbia." La sua voce lanciava veleno puro. Il padre era circondato da una serie di suoi collaboratori, tutti con espressioni di disapprovazione dipinte sul volto. Non era un buon segno. "Fidati tesoro non ti avrei mai disturbato se non fosse stata una questione importante." disse il padre con voce dolce ma la preoccupazione gli si leggeva in viso. Sudava, e il suo fazzoletto di seta viola passava e ripassava sulla testa pelata. No, non era affatto un buon segno.  Il signor Gibson iniziò il suo discorso guardando ovunque tranne che in direzione di sua figlia. "Come già saprai la Letterman, Spencer and Gibson esiste dal 1970. Io, John e Michael con soli 50 dollari in tasca..."  Ecco che attacca col sermone della fondazione della sua multinazionale pensò Melanie annoiata, forse era meglio l'insalata scondita. "...l'azienda è sempre stata la mia gioia più grande, oltre a te ovviamente. Dov'ero rimasto? Ah, si. Ti dicevo, questo studio..." Chissà se il catering del matrimonio poteva rendere un po' più realistici quei dolcini a forma di diamante... "...purtroppo la crisi ha intaccato anche la Grande Mela, gli affari non vanno più come prima e i debiti si fanno sempre più consistenti..." Oh, bisognava anche ricordare all'assistente di Vera la prova del vestito la settimana seguente, la gonna era un po' troppo voluminosa.... "...per questo io e i miei colleghi, per evitare che i media pubblichino la nostra bancarotta sui giornali infangando i nomi di queste famiglie, abbiamo deciso di..ehm..come dire..simulare una faida tra di noi, ma,per metterla in atto..."  Oggi c'è anche il controllo dei fiori!! Ma perché questo cavolo di cellulare non funziona?! "...dobbiamo licenziarti." Il blackberry cadde a terra con un tonfo e i pensieri smisero di vorticare nella mente di Mel, era come se il suo vocabolario si fosse ridotto a solo 3 parole, le uniche tralaltro che avesse ascoltato: crisi, bancarotta e licenziamento. Il suo. "Ovviamente dopo qualche giorno decideremo di "chiudere" lo studio per questa incresciosa situazione, un padre non può permettere che i suoi soci licenzino sua figlia." L'uomo schiacciò l'occhio per cercare di catturare lo sguardo della figlia completamente vacuo e pieno di terrore "Ma non preoccuparti cara, troverò un'altro lavoro, e nel frattempo venderemo l'attico e ci trasferiremo da zia Gertrude fino alla data del matrimonio."  Gli occhi di Melanie da spenti divennero due saette che volavano per ogni parte della stanza alla ricerca della vecchia prozia zitella. Ogni volta che la vedeva non faceva mai a meno di ricordarle quanto le somigliasse da giovane e che alla veneranda età di settantacinque anni sarebbe stata come lei. Per favore! Abitare in campagna sola con 6 gatti e indossando solamente orrendi vestiti a fiori sformati?! Non era lo stile di Melanie! No.No.No. Prima la bancarotta, poi il licenziamento e ora anche Gertrude! Non può essere! A meno che..Melanie si rilassò di botto e un sorriso sornione comparve sul suo volto. "Sai papà per un attimo ci avevo creduto! Ahahahahah! Allora dove sono le telecamere?" La ragazza si ravvivò i lunghi capelli biondi e iniziò a girare per tutta la stanza alla ricerca delle telecamere nascoste. "Tesoro, capisco che tu sia scioccata ma è tutto vero." disse il padre cautamente, come se parlasse con un animale molto pericoloso." Il nostro studio non può più sostenere tutti questi debiti e l'unica alternativa per uscirne illesi è chiudere lo studio."  "Quindi mi state usando come capro espiatorio dico bene? Distruggere la mia reputazione per salvare la vostra!" Melanie ormai urlava. La consapevolezza si faceva strada dentro lei e non riusciva a credere che il suo licenziamento era stato meritato. La voce di Mr.Gibson si fece tagliente. "Se non ci fosse stato questo problema ti avremmo licenziato comunque...anche tu ti rendi conto che anche una cocorita avrebbe fatto il tuo mestiere meglio di te. Se ti fossi impegnata veramente,Melanie, saresti stata un grande aiuto per questo studio ma per te ogni cosa è dovuta. Non hai mai dovuto sudare per guadagnarti qualcosa, c'era sempre qualcuno che la otteneva per te. A mio parere, questa bancarotta è stata una manna dal cielo! E adesso, vai a sgomberare la tua scrivania. Non sei più un membro di questo studio." L'uomo ricadde pesantemente sulla sua poltrona e diede le spalle alla figlia. Ancora sotto shock Melanie prese le sue cose dalla piccola stanza accanto al padre e, sull'uscio,  la guardò per la prima volta dopo due anni. La piccola scrivania in mogano faceva da protagonista, circondata su due lati da splendide vetrate con vista Central Park e i piccoli archivi colorati posizionati ai lati davano un tocco di colore alle pareti grigie. Ricordava come se fosse ieri il primo giorno in cui la vide.  Aveva 10 anni e per la prima volta suo padre la portò a vedere il suo studio, il luogo dei sogni della piccola Mel. Appena uscita dalle porte dell'ascensore vide una miriade di persone che correvano sui tacchi mentre parlavano con delle piccole auricolari nelle orecchie, sentì il ticchettio furioso di moltissime mani sulle tastiere del computer e si lasciò invadere dal profumo di caffè fresco di macchinetta. Per la bambina era un paradiso. Finalmente aveva l'età giusta per visitare il mondo dei grandi. Tenendo per mano il padre, camminò lungo un corridoio pieno di vetrate fino a giungere in una piccola stanza, Mr. Gibson aprì la porta e sorrise: "Ecco il gioiello dello studio." Leggendo la delusione sul viso di Mel aggiunse: "A prima occhiata può sembrare uno sgabuzzino come un'altro ma se apri le tende..." e mosse con un movimento fluido le pesanti coperture "godrai della vista migliore del mondo." La bambina rimase senza fiato. L'intera New York si stagliava ai suoi piedi, ogni cosa sembrava sotto il suo potere. Ogni macchina, ogni passante, ogni uccello (quei pochi che volavano sul cielo di Manhattan) sembravano sottostare a lei. La bambina chiese al padre con occhi luccicanti di desiderio:". Un giorno sarà mio, vero papà?" Il padre la guardò con amore: "Certo tesoro mio, ma devi sapertelo guadagnare!" e scompigliandole i capelli si avviarono verso l'uscita, ma prima di andare, per sicurezza, Melanie scrisse sullo stipite accanto alla porta: PROPRIETÀ DI MELANIE GIBSON. Rientrata di nuovo in se Mel andò a vedere se la scritta c'era ancora...ed era lì, consumata dal tempo e dalle tinteggiate, ma vivida come se l'avesse scritta il giorno prima. Le salì un groppo in gola, questo studio, questo piccolo angolo di paradiso, non se l'era guadagnato, le era stato regalato,come tutto il resto della sua vita. Non aveva scelto nemmeno il suo fidanzato, ormai unica certezza della sua esistenza. Con le lacrime agli occhi chiuse, per l'ultima volta,quella porta, chiudendo dietro di se un capitolo della sua vita. *** Camminando per le strade di New York Melanie sentiva gli occhi che pizzicavano e non riusciva a cancellare dalla mente l'immagine del padre che, con una severità negli occhi che non aveva mai visto, le intimava di uscire dal suo studio e, conseguentemente,dalla sua vita. Non poteva andare da Marty, in mano sua la notizia della bancarotta sarebbe stata di dominio pubblico nel giro di mezzora e, per quanto odiasse suo padre in quel momento,non poteva rovinare il nome della sua famiglia. Le sue gambe la portarono automaticamente sotto il palazzo di Simon, l'unico rimasto in grado di consolarla.  "Simon...Simon..ci sei?" disse con voce incrinata Melanie appena entrata nell'attico del fidanzato. Nessuno rispose. Salì la tanto amata scala per vedere se fosse nel suo studio, a parer suo, un angolo di paradiso, ma neanche lì c'era ombra di Simon. Stava per andare via quando sentì dei rumori in camera da letto.  Una nuova felicità la colse alla sprovvista, forse questo giorno non sarebbe stato un totale disastro! Spalancò la porta con teatralità per far capire al ragazzo che qualcosa di drammatico era accaduto. "Simon, non hai idea di quello che mi è successo! Mio padre..." La sua bocca non riuscì ad emettere altri suoni. La scena che vide la pietrificò. Distesi sul letto, nudi, con le lenzuola aggrovigliate tra le gambe e i volti sudati c'erano Simon e Marty. Il suo fidanzato e la sua migliore amica. Un classico. "Melanie, tesoro, non è come pensi! Io...noi...cioè" iniziò a spiegare l'uomo infilandosi i pantaloni.  "Già Mel, hai...hai frainteso!" completò Marty avvicinandosi alla ragazza ancora pietrificata. "Non osare avvicinarti a me brutta zoccola!" le urlò la ragazza in risposta con una voce che non sapeva di possedere. Simon le poggiò una mano sulla spalla. "Amore, ti prego, calmati!"  "Amore un cazzo! Levami le mani di dosso, schifoso!" Melanie lo spinse verso lo specchio che cadde e si ruppe in mille pezzi. Sette anni di sfiga. Cominciamo bene. Mel cominciò a correre giù per le scale, quanto le odiava adesso!  "Melanie ti prego ascoltami! Possiamo rimediare, io prometto di fare qualsiasi cosa per riaggiustare le cose!" disse "l'uomo" con voce supplichevole. Ormai la ragazza non riusciva più a trattenere le lacrime. "Vuoi fare qualcosa per me?! Annulla il matrimonio! Chiama ad uno ad uno gli invitati  e di' loro che non ci sposiamo perché sei un viscido verme che ragiona con il testosterone! Va bene?Ottimo!Grazie mille!" e così dicendo spinse il bottone dell'ascensore.  "No, ti prego, dobbiamo sposarci! Ci servono i soldi di tuo padre!" Simon si pentì immediatamente di ciò che aveva detto. "Non intendevo dire questo! Io volevo dire che..che ti amo! Si, Ti amo!" Affermò la frase come se volesse convincere se stesso e non Melanie. La ragazza non emise un suono, staccò il suo polso ancorato nella mano del fidanzato e scivoló dentro l'ascensore.  "Mio padre è andato in bancarotta, non c'è più nulla che ci leghi adesso." La durezza della sua voce colpì entrambi come uno schiaffo. Quella era la fine. Le porte dell'ascensore si chiusero come quelle del suo cuore. *** L'immagine di Simon e Marty continuava a vorticarle nella mente, i visi, i corpi, i vestiti per terra; tutto le si era radicato dentro e per quanto si sforzasse di reprimere le lacrime era impossibile non lasciarsi andare al dolore. Si, perché quello che piangeva Mel era dolore. Dolore alla visione del suo amore tra le braccia di un'altra, dolore perché l'altra era la sua migliore amica, dolore per la fiducia tradita. Non sapeva più dove andare, in un solo giorno tutto quello che aveva, quello che aveva sempre dato per scontato fosse suo, svanì come la neve alle porte della primavera. Non sarebbe tornata dal padre in lacrime supplicandolo di aiutarla, no. Lui pensava fosse una buona a nulla e non gli avrebbe dato la soddisfazione di aver avuto ragione. Ad un tratto le venne un'idea. Era folle, certo, ma poteva funzionare. Corse a più non posso verso casa, salì come una furia in camera sua e cominciò a infilare nella sua valigia ogni cosa che avesse a portata di mano, dai vestiti di ogni genere alle sue riviste preferite, dopodiché digitò il codice della cassaforte e prese tutti i soldi rimasti, fortunatamente abbastanza da comprare un biglietto di sola andata per un posto molto, molto lontano, e il passaporto. Prese il cellulare. "Lawrence? Ciao, sono Melanie. Ho bisogno che tu mi accompagni all'aeroporto. Quando?! Adesso ovvio!" chiuse la telefonata con un sorriso malefico sulle labbra.  Sarebbe scappata. Avrebbe preso il primo volo per una località il più lontano da casa e sarebbe diventata una nuova Melanie Gibson. Nessuno avrebbe più potuto ferirla da ora in poi. Prima di salire in auto si aggiustò i capelli e si guardò compiaciuta sul vetro. Dopotutto, si sa, ciò che non ti uccide ti rende più bella. NDA: Salve a tutti! Come state?? Allora questo è il primo capitolo che pubblico e pur avendolo letto seimila volte non mi sembra comunque un granché... Io spero mi possiate perdonare e qualunque tipo di commento, sia positivo che negativo, sarà ben accetto :) Vorrei ringraziare Follettina_Potter, Simona_Lupin e Campanellino (anche se eri a Londra che ti divertivi ho pensato che mi avresti appoggiato xD) Vi voglio un bene immenso! E questo capitolo è tutto per voi <3
  
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