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Autore: PiperTana    09/08/2012    0 recensioni
Questa storia è una "Beiste Centric". La Beiste rivive il suo passato, alcuni pezzi del suo passato. Solo ricordandosi del dolore che ha provato in passato riesce a capire una cosa importante...
Genere: Generale, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Un salto nel passato - Beiste Centric

E' impossibile che la scuola sia tanto deserta, ci manca solo che delle balle di fieno volino per i corridoi e che spuntino due cowboy pronti a sparare. Non sarebbe un problema per me, sono grande e forte, mi saprei difendere. Ma non è questo il punto. Il silenzio è così forte che mi da l'impressione di avere dei trapani nelle orecchie. La cosa ancora più strana è che mi sembra di stare in uno di quei film in bianco e nero. Cammino lentamente per i corridoi, guardandomi attorno in modo circospetta. Sento delle voci, ma sono ovattate, come se ci fossero solo nella mia testa. A passo lento mi avvicino e svolto l'angolo, poi mi blocco, impietrita. D'avanti a me ci sono dei ragazzini con la divisa della squadra di football di una volta. Tre, per l'esattezza. Sono sconvolta, è impossibile che loro si trovino qui...come erano una volta, poi. Ad un certo punto arriva una ragazzina. E' alta e molto in carne, con qualche brufolo sul volto e i libri stretti al petto. Il mio cuore perde un colpo. E' tutto talmente strano, non posso ancora crederci. - Beiste! - chiama uno dei tre ragazzi, con un ghigno stampato sul volto. La ragazza corpulenta si volta e, neanche il tempo di aprire bocca, che gli altri e due la spingono contro al muro, facendole cadere i libri a terra. - Cosa volete? - chiede la ragazza. La sua voce è spessa e leggermente tremolante. Faccio un passo indietro. So cosa sta per succedere, mi sento male solo al pensarlo. Vorrei solo andarmene per non rivivere quella scena, ma non posso, è come se avessi i piedi bloccati con il cemento. Il più grande dei tre si avvicina e le da un pugno in pieno viso, facendole spostare il volto dall'altro lato, mordendosi con forza il labbro inferiore per non farsi scappare lamenti. - Piangi! Tanto sai fare solo quello! - esclama uno dei tre, ridendo sguaiatamente. Lei sposta la testa e li guarda negli occhi. Ha paura, io lo so, ma non fa niente. I tre la prendono a pugni, schiaffi, addirittura a sputi, ma lei non fa niente. Il preside passa di lì e fa finta di nulla, svoltando l'angolo. Sento la rabbia della ragazza, so quello che prova...forse perché sono io. Sento un enorme peso sullo stomaco e, finalmente, riesco a muovermi. Faccio degli scatti in avanti, ma i tre ragazzi e me da piccola sono come dissolti. Passo una mano tra i capelli e sospiro pesantemente. Questa situazione è davvero strana. Con un braccio mi strofino gli occhi e vado avanti.
 
***
 
Sono ancora scossa per quello successo poco fa nei corridoi, sono entrata in bagno, sempre cercando segno di vita, e magari per sciacquarmi un po' la faccia, ma, purtroppo per me, mi trovo d'avanti una scena come quella di poco prima. La giovane Shannon ha le mani chiuse attorno ai bordi del lavandino e si sta guardando allo specchio. So quanto disgusto sta provando nel vedere il suo riflesso. So il dolore che sta provando. Si sta chiedendo perché succede tutto quello a lei. Perché nessuno, neanche un singolo cretino, si rende conto che è un essere umano e non una bestia. Dietro al suo aspetto fisico per niente femminile o attraente, c'è un cuore, c'è una ragazza buona, dolce, intelligente. Ma questo non interessa a nessuno. Sento dei rumori, ma non mi volto. So cosa sta per accadere, non voglio vedere, ma, come prima, non riesco a muovermi. - Ehi cicciona! - urla una voce femminile, molto squillante, seguita da delle risate. Lei non si muove, abbassa la testa, pronta ad essere presa di mira ancora una volta. - Ti fai bella? Lo sai che i miracoli non esistono? - fa l'altra, ridendo apertamente assieme alle sue compagne. - Stavo per andarmene. - dice a bassa voce la giovane me, sempre con quella voce tremolante e sofferente. - Ma no cara, dove vai? Volevamo dirti che ci piace la tua maglietta. - continua la terza, sorridendo in modo falsamente amichevole. Shannon non risponde, alza solo lo sguardo e lo punta negli occhi della ragazza che ha parlato. - In quale cassonetto l'hai trovata? Così diamo un occhiata anche noi. - continua la quarta, e ultima, della cricca, scoppiando a ridere, in modo quasi stridulo. - Non ti rendi conto che sei ridicola? Tutti ti ridono dietro! Sei brutta, grassa e stupida! - esclamò quella che aveva parlato per prima, con un sorrisetto derisorio. Ora basta. Dico, riuscendo a voltarmi, dando le spalle a quella scena che ancora mi fa tanto male. Esco dal bagno, sentendo ancora le risate di quelle arpie.
 
***
 
Questa situazione è sempre più strana. Voglio capire perché la scuola è deserta e, sopratutto, perché ogni volta che raggiungo un posto diverso mi trovo d'avanti una scena che ho vissuto in passato. Mi trovo d'avanti alla porta dello studio di Emma. Sento delle voci. Perfetto, magari lei sa dirmi cosa succede. Busso, ma non mi risponde. Continuo a sentire dei sibili, così apro la porta e faccio un passo in avanti. No. No, ancora no. Mi trovo d'avanti la psicologa che si trovava a scuola prima della mia amica, la signorina Cilly. E', o meglio..era, una donna magra e bassina, i lineamenti del viso erano dolci e aveva due occhi grandi, verdi; i capelli biondi erano sempre legati in qualche strana acconciatura: mezze code, treccine, coroncine fatte con i capelli. La donna sospira e posa la penna sulla cattedra, sporgendosi di poco verso la mini me. - Che ne dici di parlarmi della tua famiglia? - chiede, con quella voce dolce che ha sempre avuto il potere di tranquillizzarmi. No, questa seduta non la voglio vedere. Faccio per andarmene, ma ho il corpo bloccato, come se fossi diventata una statua di pietra. - I miei non ci sono mai. Non ho niente da dire su loro. - risponde lei in modo secco, facendo alzare un sopracciglio biondo alla donna. - Ti trascurano? - insiste lei. Shannon abbassa lo sguardo, non risponde, ma fa capire tanto alla psicologa, che sospira e la guarda dispiaciuta. - Non hai un buon rapporto con loro, vero? - chiede ancora. La giovane me alza lo sguardo. Ha gli occhi lucidi, le tremano le labbra. - Mia madre non c'è mai, per me. Esce sempre con le amiche e, quelle poche volte che sta a casa, non ha mai una buona parola per me. Mi insulta e mi prende in giro. - dice finalmente la ragazza. La voce le trema, tradisce il fatto che quello le fa molto male. - Per mio padre sono una delusione. Secondo lui i ragazzi a scuola fanno bene a trattarmi così. Dice che sono una feccia, un essere inutile. - continua. Non riesce a trattenersi e delle lacrime le sfuggono dagli occhi. Prontamente, Cilly, le offre una scatola di fazzolettini, che la ragazza usa per asciugarsi. Scuoto con forza la testa ed esco da quell'aula a passo veloce, come se volessi scappare.
 
***
 
Entro nell'aula di spagnolo, lì qualcuno ci sarà sicuramente, no? Beh, a quanto pare no. E' vuota, come tutte le altre aule che ho visitato poco prima. Mi perdo a guardare l'ultimo banco, in fondo a destra, e, all'improvviso, c'è un altro flashback. Il mio vecchio professore di spagnolo sta scrivendo delle cose alla lavagna, ma nessuno lo calcola molto. E' il tipico bassino, vecchio e dalla voce atona e noiosa. Vedo molto bene i ragazzi della squadra di football, quelli della scena ai corridoi. Stanno ridendo e mi stanno guardando. O meglio, stanno guardando la Shannon del passato. Ha i vestiti sporchi, i libri rovinati con i colori e i quaderni strappati. Nei capelli ha dei pezzetti di carta e cose varie. Sta per piangere, ma non può dare quella soddisfazione ai suoi compagni, così chiede il permesso di andare in bagno. Si alza e fa per andarsene, ma uno della squadra le fa lo sgambetto, facendola cadere lunga per terra. Le risate generali, compresa quella del professore, sono come tante lame taglienti. Mi scosto, come se volessi evitare che la ragazza mi cadesse addosso, poi esco dall'aula.
 
***
 
Ho visitato tutta la scuola, non c'è nulla, ormai ne sono sicura, ma non capisco ancora perché. L'unico posto che non ho controllato è la palestra, l'ala degli attrezzi per la precisione. La raggiungo e mi fermo, ormai rassegnata nell'aspettare uno di quei fastidiosi momenti del mio passato, che, purtroppo, non si fa attendere. Eccola la giovane Beiste alle prese con i pesi per la prima volta. E' ridicola, si sente ridicola, il professore la deride, i compagni la insultano e la stuzzicano. Lei è piena di rabbia, non ce la fa più. Si alza e, con uno scatto, butta i pesi addosso al professore. - Beiste! Torna al tuo posto, se no ti mando dal preside! - esclama sconvolto il professore. Lo sguardo della ragazza è diverso da quello che ha sempre. E' furiosa, ha raggiunto il limite. - Al diavolo questa scuola. Ci vado da sola dal preside. - dice con un tono di voce talmente alto da fare sussultare tutti. Non ha mai parlato così, non era mai stata così seria e secca. Da le spalle a tutti e se ne va. Automaticamente la seguo, fino a raggiungere lo studio del preside. - Shannon! Che ci fai qui? - chiede il preside, con lo stesso tono stupito che aveva usato il professore. La ragazza sbatte il palmo sulla cattedra e lo guarda dritto negli occhi. - Mi sono rotta, di questa scuola. Voi mi fate schifo. TU mi fai schifo. Chiamate anche i miei genitori, non mi interessa. Io qui non ci metto più piede. - dice lentamente, mettendo enfasi e rabbia ad ogni singola parola. Ignorando i richiami del preside, lei si volta e se ne va.
 
***
 
Un rumore assordante mi entra nelle orecchie, non capisco cosa sia. Almeno, non lo capisco fino a quando non apro gli occhi. Mi trovo nel mio letto, nella mia piccola casa. Mi metto seduta e spengo la sveglia. Mi guardo allo specchio che ho proprio di fronte al letto, e mi porto una mano tra i capelli. Era un sogno. Penso, poi sospiro e mi alzo, andando in bagno per lavarmi. Non riesco a non pensare a quel sogno per tutto il tempo che ci metto a lavarmi e a vestirmi. Non faccio neanche colazione, ho lo stomaco chiuso. Strano, lo so, ma quei ricordi mi hanno messo un angoscia tale da togliermi la fame. Dopo qualche minuto arrivo a scuola e, fortunatamente, è popolata, sia da studenti che insegnanti. - Coach, oggi c'è l'allenamento? - Una voce maschile mi fa voltare e vedo tre ragazzi della mia squadra. Sorridono, mi guardano con ammirazione. L'unica cosa che riesco a fare è annuire, poi vado avanti per la mia strada. I ragazzi che mi vedono mi sorridono, mi salutano in modo cortese, a volte anche amichevole. I professori che incrocio mi fermano, mi chiedono pareri sui loro compiti o consigli personali. Arrivo alla mensa e vedo Emma e Will seduti ad un tavolo. Si voltano, mi guardano. Sorridono ampiamente. Sorrido a mia volta e mi avvicino a loro. Il passato è passato. Ho sofferto molto, certo, ma ora sto bene. Ho un lavoro, degli amici, persone che mi stimano, che mi vedono non come un bufalo o una bestia, ma come una donna, un essere umano. Non avrò trovato l'amore, quello vero, ma io sto bene così.

Spiegazioni:

Avevo voglia di scrivere su un personaggio che non viene calcolato molto. Grazie alla mia "compagna" ho pensato alla Beiste. Spero di non essere andata fuori dal personaggio, ma tecnicamente è il suo passato...quindi non penso di averlo fatto.
  
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