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Autore: GT 18    22/02/2007    8 recensioni
Da piccole le bambine credono nel Principe azzurro. Questa convinzione,in realtà, serve a mascherare i dolori che si nascondono dietro certi eventi. 18,da piccola,per me rappresenta l'icona ideale: "Sin da quando ero una bimba piccola,i miei genitori mi raccontavano che se un giorno io fossi stata presa dall’orco cattivo, di sicuro il principe sarebbe giunto a salvarmi…"
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 17, 18, Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La luce della luna si rifletteva tremolante nell’acqua

 

La luce della luna si rifletteva tremolante nell’acqua.

Faceva freddo.

Quasi paradossalmente, mentre di giorno la temperatura era dolce e piacevole, di notte la temperatura si abbassava a tal punto, che già si poteva vedere il fiato condensare.

La sabbia era gelida, e una brezza ghiacciata soffiava controvento.

 

Due occhi tanto gelidi fissavano il soffitto.

Nel caldo confortevole delle sue coperte, 18 era rimasta immobile, con lo sguardo perso.

Aveva sentito mormorare qualcosa, fuori dalla finestra,

ma non aveva capito bene cosa.

Forse non aveva semplicemente ascoltato bene, o forse il rumore del mare era troppo forte, nemmeno lei sapeva dirlo con certezza.

Non riusciva a dormire.

 

Ancora, e ancora, e ancora, e ancora, si tormentava con tanti pensieri,

stando bene attenta a non esprimerli tramite i muscoli facciali e gli occhi.

 

Detestava manifestare le sue emozioni, ma non si ricordava quasi più il motivo.

Forse si vergognava di mostrare agli altri il proprio parere,

o forse aveva semplicemente paura di ricevere un qualsiasi commento, positivo o negativo che fosse.

 

“ Se io ho paura…non sono degna di esser una macchina…” mormorò, mettendosi a sedere con lentezza.

“ Forse…sono ancora umana, in fondo?” si domandò, stringendo debolmente le coperte.

 

Improvvisamente, scese dal letto.

“In fondo non ci perdo niente, ad andare a parlargli…non riesco a dormire, tra l’altro…” pensò, infilandosi delle pantofole.

Non aveva capito bene la situazione, né quello che aveva in mente il ragazzo, e ancora non aveva capito il motivo per cui si sentiva particolarmente confusa.

Ma stavolta era determinata a scoprirlo, anche se non sapeva bene cosa avrebbe potuto dire.

“Andiamo dall’idiota…” bofonchiò, scendendo le scale.

 

Nonostante l’ora tarda, nel salotto era accesa una piccola luce,

segno palese della presenza di qualcuno.

18 quindi entrò nella stanza, sfruttando la sua peculiarità di androide, ossia la capacità di muoversi senza produrre il minimo rumore.

 

Il ragazzo era raggomitolato in una semplice coperta, rannicchiato in un angolo del divano e illuminato solo dalla luce di una lampada da tavolo.

Dai suoi occhi chiusi, dava l’apparenza di essersi addormentato.

“ Certo che questo tizio…non dorme mai in un letto come si deve…” pensò non troppo seriamente lei, avvicinandosi.

Le scocciava svegliarlo, quindi si sedette nello spazio libero del divano, e si mise ad osservarlo per bene.

L’orologio segnalava al buio, tramite una flebile luce rossa, le ore tre.

“ Chi me lo fa fare, di aspettare che si svegli…” bofonchiò a voce bassa, dandogli un leggero colpo sul polpaccio.

Dopo alcuni istanti, Lui sussultò leggermente, mettendosi a sedere, ma non aprendo ancora gli occhi.

 

“ Ahia…la mia povera testa…” si lamentò flebilmente stringendosi con una mano le tempie, e coprendosi gli occhi.

La voce di 18 lo fece sussultare un'altra volta, come un sibilo di un serpente nell’oscurità.

“ Ehi, Bel addormentato…”

Lui si voltò di scatto verso di lei, e si stupì parecchio nel vederla seduta vicino a lui.

“ Che…che ci fai qui??!” mormorò.

 

“ In tutto questo tempo non ti ho mai visto dormire nella tua camera da letto…eppure hai detto di averne una, no?...” rispose lei, vagamente.

 

Il piccoletto iniziò a squadrarla come solito, e voltò lo sguardo.

“…mentivo.” rispose semplicemente, sorprendendo 18.

 

Voleva dire che ogni notte dormiva in quel modo?

Ciò significava un'altra premura nei confronti di lei…e un altro fastidio.

 

“…Pur di farti star bene, ho rinunciato alla mia camera…ma non mi lamento…” mormorò.

18 rimase in silenzio per un po’, a riflettere.

Quella sera Lui era parecchio strano, qualcosa in lui le era nuovo.

 

“…certo…non sono uno scemo, a far così?” domandò il piccoletto, con una risatina amara.

 

“Sì. Sei proprio un idiota.” rispose inaspettatamente 18, con un tono crudele.

Il ragazzo la osservò di striscio, e poi abbassò lo sguardo, come sorpreso e deluso al contempo dalla risposta.

 

“…Ecco come si finisce, se ci si preoccupa troppo per il prossimo, e non di se stessi…”

commentò 18, stavolta in una tonalità ne premurosa ne distaccata.

“Hai ragione…” mormorò Lui, atterrito.

 

“Ti domanderai perché sono venuta qui…” cominciò lei, avendo come risposta un flebile “sì”.

“…Non era mia intenzione dire quello che ho detto fino adesso, quello che devo dirti inizia da qui in poi…” lo avvertì, e Lui come risposta si voltò lentamente verso di lei, con sguardo insicuro.

 

“…Non capisco perché tutte queste premure verso il mio conto…

eppure tu hai affermato di non …volere il mio corpo, non è così?”

 

Il piccoletto rimase in silenzio per un po’, poi rispose, sorprendendola.

“…Esatto…non sono un perfetto sfigato?”

“ E cosa c’entra…” ribatté lei non troppo seriamente “…non è questo il nocciolo…”

 

“…Beh…” cominciò Lui

“…semplicemente mi rende felice aiutare gli altri, renderli felici…se non altro, è l’unica cosa che riesco a fare, se non esser un rifiu…”

 

18 sbarrò gli occhi minacciosa, e troncò la frase con un “ PIANTALA!” che lo zittì all’istante.

“ …I vittimismi non funzionano su di me, spiacente!”

 

Lui rimase in silenzio a fissarla, e poi si alzò in piedi, dandole le spalle.

“ Per me il bene più grande è vederti felice, 18… al punto che ‘me stesso’ non è più divenuto importante…”

 

18 ebbe un flash del viso sorridente di numero 6, in quella immensa distesa bianca.

Chiuse gli occhi in silenzio, inspirando profondamente.

Quel ragazzo parlava proprio come lui.

E non sapeva se questo le dispiaceva o meno.

La cosa strana, inoltre, era che in quel momento si sentiva tranquilla, e la nausea non aveva lasciato alcuna traccia, dentro di lei.

 

Ma comunque, per quanto avesse voluto bene a 6, quel ragazzo parlava proprio come lui; quello che l’aveva ingannata, che le aveva nascosto una triste verità, che viveva solamente per lei, non dando la minima importanza a se stesso, più o meno come stava facendo Lui in questo momento.

Ciò significava che probabilmente c’era qualcosa che non le stava dicendo.

 

18 sorrise amaramente, ripensando alla misteriosa e confusa conclusione che

aveva tratto qualche ora prima.

 

“Il bene più grande, eh?” ribatté lei.

“ Ma non ti rendi conto che così fai soffrire perfino chi stai coccolando con tutte quelle premure??!”

 

Lui non capì subito il significato della frase, e si limitò a dire un “Eh?” poco convinto.

Poi guardò 18 negli occhi, come se avesse capito.

“ 18…stai bene? Non è da te…dire certe cose…” mormorò.

La donna non rispose, e si limitò a continuare.

 

“…Hai capito, insomma. Vederti in questo modo mi fa soffrire…”

 

Il ragazzo rimase pietrificato,confuso.

Poi sull’angolo del suo occhio sinistro, apparve una piccola luce.

 

“ Mi dispiace, 18. Non è mia intenzione farti soffrire, assolutamente…però…”

 

La luce iniziò a scendere lungo la guancia, per poi cadere sul tessuto del divano, spezzandosi in mille frammenti liquidi.

Il ragazzo si girò sorridendo, ma al contempo, in lacrime.

18 rimase in silenzio ad osservarlo.

 

“…però…” continuò Lui

“…non capisco il perché, ma…sono così testardo da sperare che tu un giorno possa ricambiare…capire come la penso…credere che in fondo al tuo cuore ci sia rimasto ancora un lato umano…è da idioti, lo so…però non riesco a smettere.

E ora che so che il mio comportamento ti fa star male…mi dispiace ancora di più…

non è…mia intenzione…”

 

Ci furono alcuni attimi di silenzio, e poi Lui proseguì.

 

“…Io non ti merito, 18. Un tipo come me, che pur di far felice la gente, è disposto a ridicolizzare se stesso, non è degno di stare con una persona come te…

anzi…non è degno di avere niente altro, se non pietà…”

 

18 rimase zitta, a fissare il vuoto.

 

“ Però, ti devo ringraziare…so che ti faccio soffrire con i miei comportamenti idioti, e so che non valgo nulla come persona, e come combattente…però mi hai comunque reso felice, con la tua presenza qui…”

 

Ci fu di nuovo silenzio.

Il ragazzo rimase zitto, a fissare l’androide, come in cerca di una qualsiasi risposta.

 

18 non gli rivolse lo sguardo.

L’immagine di 6 che la salutava nella distesa bianca, l’aveva ipnotizzata.

Un sorriso apparve sul suo volto.

 

Aveva capito.

 

“ Sì…forse è così.” rispose infine al ragazzo, senza farsi vedere.

 

“…Però vedi…anche io ho fatto un errore.”

 

“ Eh? Di cosa parli?” mormorò Lui, confuso.

 

“Io” cominciò lentamente  “ Non sono tipo da fare due volte lo stesso errore…però, stavolta, ci sono cascata di nuovo…ora ne sono certa…che stupida che sono…”

 

Il ragazzo rimase fermo davanti a lei, senza capire.

18 quindi si alzò inaspettatamente.

 

“…Tempo fa, mi ero promessa che non avrei mai fatto una seconda volta lo stesso errore…

ma, a quanto pare…la promessa è infranta…

ci sono caduta un'altra volta…”

così dicendo, si avvicinò a Lui.

 

“ Vuoi sapere di cosa sto parlando…?” domandò, giuntagli ad appena mezzo metro di distanza.

“…C’entro io, per caso?” chiese ingenuo Lui.

18 si voltò verso di lui, svelando il suo sorriso.

 

“ Sei tu, il mio errore…l’errore che però non rimpiango…”

 

Prima che Lui potesse chiedere qualsiasi cosa, l’androide si avvicinò ancora di più,

e accostò le sue labbra sulle sue.

Nel buio che seguì, causato dall’aver chiuso gli occhi, lei cercò di avvicinare il suo petto contro il suo. Quando ci riuscì, iniziò a sentire il battito del cuore del ragazzo accelerare lentamente.

Si allontanò un attimo, aprendo gli occhi.

Lui la stava fissando, con gli occhi spalancati. La sua espressione era un misto di stupore, incomprensione, confusione, e timore.

Cercava di balbettare qualcosa, invano, ed era arrossito leggermente.

 

“M…ma…” mormorò, senza staccarle gli occhi di dosso.

L’androide provò quasi tenerezza, nel vederlo. Cercò di avvicinarsi di nuovo, ma

stavolta il piccoletto fece un passo indietro, timoroso.

“ Ehi…” lo richiamò a voce bassa lei “ …hai per caso paura di me…?” domandò.

Il ragazzo esitò un attimo, poi rispose flebilmente “ …sì…”.

18 per un attimo sentì un filo di amarezza in bocca.

Davvero era così temibile, anche quando non aveva alcuna intenzione ostile?

 

“Non devi.” fu la prima frase che mormorò a bassa voce.

Aprì le braccia e si avvicinò, cercando di non dare alcuna impressione ostile, nell’intento di acchiappare qualcosa nella sua stretta.

Lui si lasciò abbracciare senza storie.

Le parve strano… abbracciare quella persona, le stava dando una sensazione totalmente diversa da quella che aveva memoria di aver provato tempo prima.

Aspettò che facesse qualcosa.

Ma ancora confuso e timoroso, il ragazzo non fece nulla.

 

Fu allora che 18 cominciò a comprendere…

atteggiarsi da persona fredda e insensibile era inutile.

Fino a quando lei avrebbe proseguito nel comportarsi in tal mondo fuori e dentro di lei…

…non sarebbe stata diversa da qualunque persona sola.

 

Anche se stava stretta al ragazzo, sentì il gelo della sua solitudine divenire quasi palpabile, e fu come se improvvisamente le si rivoltasse contro.

“Se nemmeno lui si fida di me…allora non ho speranze? Sono destinata a rimanere sola??!”

Quel pensiero le stritolò il petto, come una lunga corda irta di spine.

Tutta la sua sicurezza era stata spazzata via con un soffio, ora non si sentiva meno debole di un comune umano…lei, che ormai possedeva il mostruoso potere di una macchina assassina.

 

---Più cerchi di sfuggire alla solitudine, cancellando i tuoi sentimenti, più questi ti affliggono, supplicandoti di recuperarli ad ogni costo…---

 

Sentì improvvisamente il desiderio di venir stretta forte.

La ragazza posò la testa sulla spalla di Lui, tenendo gli occhi chiusi.

“ Ti prego…abbracciami…” pensò.

 

18 tenne chiusi gli occhi, ormai sfiduciata. Ma poi, il suo cuore ebbe come un’iniezione improvvisa di calore, sentendo le braccia di Lui cingerle lentamente la schiena, e le sue mani posarsi delicatamente sulle spalle.

Si sentì meglio…molto meglio.

Sprofondando il viso nell’incavo del collo del ragazzo, cercò di godersi quel flebile abbraccio. Era tantissimo tempo che nessuno la stringeva. Le parevano passati almeno mille anni, dall’ultima volta.

Ad un certo punto sentì le mani di lui allontanarsi con lentezza.

“NO!!!” esclamò con decisione, paralizzandolo.

“Resta qui…così…” mormorò dunque, facendo sfumare nel nulla la voce.

 

Rimanendo in silenzio, Lui sfiorò con la sua mano la guancia di 18.

La ragazza l’afferrò al volo con entrambe le mani, e se la portò sul viso.

Era davvero calda e morbida.

Quindi, il ragazzo si fece forza e mormorò qualcosa.

“18…le tue mani…” sussurrò, con un espressione ancora confusa, ma già meno timorosa.

“Cos’hanno le mie mani…?” domandò semplicemente lei.

“…ah, ho capito…sono fredde?...non è colpa mia se sono così, vedi, io…”

 

“…Sono così tiepide…” rispose Lui, senza lasciarla finire.

18 rimase ferma un attimo, giusto per capire la risposta, poi provò a mettersi una mano sul viso. Un calore sconosciuto le scaldò la guancia.

Era strano…lei aveva sempre avuto le mani gelide.

Nelle buie notti, mentre si rotolava ancora e ancora tra le coperte, teneva le mani strette l’una all’altra, ma non c’era proprio nulla in grado di riscaldarle.

“…Forse era solo una mia impressione…” mormorò con un filo di voce lei.

“Eh?” fece Lui, non comprendendo la sua frase.

“Accarezzami di nuovo…” rispose lei semplicemente, sorprendendo il piccoletto, che iniziò a guardarsi attorno imbarazzato, senza però fare domande.

 

Mentre Lui le passava il dorso della mano sul viso, con una dolcezza e una lentezza incredibili, 18 osservò il viso di Lui, che era diventato completamente rosso.

La pelle che stava accarezzando era morbida, perfetta.

Fin troppo perfetta. 18 lo trovò ironico.

La pelle che il ragazzo stava gentilmente carezzando con una mano, probabilmente non era proprio quella che possedeva un tempo.

Carezzava un icona, un qualcosa di fittizio, che dà piacere solo ad esser contemplato e toccato.

Ad un certo punto, l’androide udì una risatina provenir dal ragazzo.

“Eh, eh…” mormorò Lui a bassa voce, probabilmente rivolto a se stesso.

“…Ce l’hai tra le braccia solo, deficiente…smettila…”

“Che c’è?” si intromise 18,perplessa.

 

Come risposta, il ragazzo scostò la mano dal suo viso, allontanandola abbastanza da potergliela mostrare per intero. 18 si accorse che era in preda a dei fremiti prima violenti, poi lievi.

“…Cavolo…s-sono così teso…che…le mani…” ridacchiò amaramente.

 

Mentre lei stava ancora a fissare la mano tremante, poté udire un sussurro dal piccoletto:

“Mi piaci da morire.”

 

In quel breve istante, quando la frase venne finalmente analizzata e capita dal suo cervello,18 sorrise.

Sentire una frase simile la faceva sentire strana: lo sapeva.

Ne era al corrente da tempo, eppure ora si sentiva estremamente sollevata,anche se al contempo aveva un filo di rammarico, per quel amore che ora non c’era più. Ma non ci pensò più di tanto.

 

Prese quindi la mano del ragazzo, che in breve tempo smise di tremare, e si lasciò baciare, poiché stavolta Lui era stato impavido abbastanza da avvicinarsi.

 

Prima di approfondire il bacio, al ragazzo parve di udire una flebile ma ferma risposta dalla ragazza:

“Anche tu”

 

                                                             ***********************************************

 

Era stato tutto molto più semplice di quanto si fosse aspettata:

Quel bacio, in breve, si era moltiplicato in altri baci, molto più decisi ed espansivi.

Quindi lei, venendo presa in braccio, si era ricordata delle forti braccia che l’avevano raccolta da terra: riconobbe in Lui quella stretta salda e rassicurante che l’aveva fatta cadere nel sonno con un sorriso, come se in quel momento ogni suo pensiero maligno fosse stato scacciato via.

Le pareva proprio strano comparare quella presa, quella stretta, con un ragazzo a prima vista così debole ed insicuro.

Mentre Lui la stava portando di sopra, salendo lentamente le scale ben vedendo da non farla cadere, 18 provò a guardarlo in faccia, ma il buio le precluse la vista.

Tuttavia,sentiva lo stesso una certa tensione attraverso le sue mani.

Era davvero tenero: le faceva una tenerezza immensa, vederlo così agitato, imbarazzato, per causa sua.

L’aveva posata sul letto con molta delicatezza baciandola un ultima volta.

 

“Non è proprio necessario che finisca in questo modo…” mormorò, alludendo ad un argomento che 18 capì all’istante.

“…in fondo, a me basta anche solamente averti vicino…” sorrise, sedendosi a bordo del letto. 18 rimase in silenzio, osservando la sua schiena in controluce.

Finalmente aveva capito cosa non andava in lei: soffriva nel veder soffrire quella persona, che ora a lei era così cara.

E la vista della sua schiena già la stava rendendo ansiosa: non voleva rimanere sola!

Quello che voleva, l’unica cosa che voleva al momento, era averlo vicino, solo quella era la via per non farla soffrire. Solo insieme a Lui poteva esser felice!

 

18 si avvicinò di spalle al ragazzo, prendendolo delicatamente per le braccia.

La voce che le uscì dalla bocca parve quasi irriconoscibile, un rantolo doloroso di una bambina la cui innocenza già era sparita da un pezzo, ghermita dall’orco cattivo:

 

“…Non mi lasciare sola…resta con me!”

 

Lui si voltò lentamente,rispondendo a quella così palese richiesta di affetto con un altro bacio.

“Non mi permetto…” sussurrò, stringendola ancora abbastanza cautamente.

“Non mi permetto…”

 

 

La prima luce del giorno illuminò la stanza: i due avevano dormito assieme, e ora stavano riposando abbracciati. La ragazza rimase per molto tempo con gli occhi chiusi, posata sul petto di Lui, contando ogni lento respiro:

Non avrebbe mai più voluto perderlo.

 

 

 

                                                      **********************************************************

 

 

Il sonno di 18 venne bruscamente interrotto da qualcosa: un qualcosa di morbido e tiepido si era posato sulla sua guancia, risvegliandola.

Lei aprì lentamente gli occhi, e tutto quello che vide dinnanzi a lei fu bianco.

Il soffitto non c’era più.

“Che diavolo…?” mormorò, confusa, ma restando sdraiata.

 

Guardò quello che stringeva nella mano: era un petalo blu.

Un ricordo indelebile le tornò ancora in mente, legato a quel colore.

Dove era finita?

Sotto di lei sentiva un tappeto di morbidi e freschi“qualcosa”, che la

facevano sentire proprio a suo agio.

Voltò leggermente lo sguardo verso terra, e vide che questo tappeto era fatto di fiori.

Non fece tempo a domandarsi nulla, che vide quello che doveva esser una coperta, ma che in realtà non lo era:

Il suo corpo nudo era coperto da un lungo mantello rosso, morbidissimo al tatto.

“Un mantello” mormorò lei, prima di seguire con gli occhi il percorso della stoffa.

Fu allora che vide un'altra persona, sdraiata al suo fianco.

 

Una maschera di gatto celava l’identità di colui che aveva davanti.

Era lui.

Il principe delle favole.

Immobile come una statua, stava ad una ventina di centimetri da lei, coprendola quasi del tutto con il suo caldo mantello.

Il viso mascherato era rivolto verso di lei, ma attraverso i due fori a forma di mandorla della maschera, si potevano vedere le palpebre chiuse : pareva addormentato.

 

“Sei tu…” pensò 18, stupefatta.

“E così, dopo tanto tempo…ti vedo dal vero…incredibile, credevo non esistessi!”

 

Il “gatto” rispose inaspettatamente a suo modo, sorridendo leggermente.

 

“Ma chi sei…?” domandò 18, voltandosi completamente.

“…arrivi un po’ tardi per salvarmi, sai…l’orco è già morto da parecchio…” concluse,con un filo di tristezza nella voce.

 

Il principe non disse nulla, e le porse una mano: tra il pollice e l’indice teneva un anello dalle perle rosse, lo stesso che 18 indossava tempo fa.

 

“Il mio anello…ma come…” mormorò lei, allungando la mano per prenderlo.

 

Il principe si decise finalmente a parlare.

“L’ho recuperato per lei, principessa…” mormorò con un alito di voce lui.

“ L’ho vista la notte, mentre dormiva triste, e poco, e sola…spero che questo le faccia almeno tornare un po’ di sorriso…”

 

18 non ribattè,continuò a fissare quella maschera.

“…Ora che ti ho incontrato…posso vedere chi sei?”

Il “gatto” rimase in silenzio un attimo, per poi rispondere:

 

“ Se lei desidera, principessa…se lei desidera.”

 

Mentre ancora il “gatto” parlava, 18 afferrò i bordi della maschera, pronta a sollevarla.

Moriva dalla curiosità.

Prima che 18 iniziasse a sollevare, il principe mormorò un’ultima cosa, sorridendo.

 

“…Però deve farmi un favore…si svegli, ora!”

 

La maschera a forma di gatto cadde a terra, come al rallentatore.

In un secondo, si spezzò, e si sparpagliò ovunque.

 

 

18 aprì gli occhi di scatto, mettendosi subito a sedere sul letto .

Era…un sogno?

La ragazza fissò la porta della camera, chiusa, e sospirò, confusa.

Poi si voltò, e lo vide.

Lui.

Era sdraiato vicinissimo a lei, le stava stringendo una mano, dormendo tranquillamente.

18 rimase a fissarlo, senza parole, sdraiandosi di nuovo di fronte a lui.

 

Il suo respiro era lento e dolce, il suo addome si alzava ed abbassava lentamente,

segno del suo sonno tranquillo.

18 rimase muta a contemplarlo, per poi posare di nuovo la testa sul suo cuore.

 

La persona di cui si era innamorata era lì, accanto a lei. Ancora.

 

  
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