La luce della luna si rifletteva
tremolante nell’acqua.
Faceva freddo.
Quasi paradossalmente, mentre di
giorno la temperatura era dolce e piacevole, di notte la temperatura si
abbassava a tal punto, che già si poteva vedere il fiato condensare.
La sabbia era gelida, e una brezza
ghiacciata soffiava controvento.
Due occhi tanto gelidi fissavano
il soffitto.
Nel caldo confortevole delle sue
coperte, 18 era rimasta immobile, con lo sguardo perso.
Aveva sentito mormorare qualcosa,
fuori dalla finestra,
ma non aveva capito bene cosa.
Forse non aveva semplicemente
ascoltato bene, o forse il rumore del mare era troppo forte, nemmeno lei sapeva
dirlo con certezza.
Non riusciva a dormire.
Ancora, e ancora, e ancora, e
ancora, si tormentava con tanti pensieri,
stando bene attenta a non
esprimerli tramite i muscoli facciali e gli occhi.
Detestava manifestare le sue
emozioni, ma non si ricordava quasi più il motivo.
Forse si vergognava di mostrare
agli altri il proprio parere,
o forse aveva semplicemente paura
di ricevere un qualsiasi commento, positivo o negativo che fosse.
“ Se io ho paura…non sono degna di
esser una macchina…” mormorò, mettendosi a sedere con lentezza.
“ Forse…sono ancora umana, in
fondo?” si domandò, stringendo debolmente le coperte.
Improvvisamente, scese dal letto.
“In fondo non ci perdo niente, ad
andare a parlargli…non riesco a dormire, tra l’altro…” pensò, infilandosi delle
pantofole.
Non aveva capito bene la
situazione, né quello che aveva in mente il ragazzo, e ancora non aveva capito
il motivo per cui si sentiva particolarmente confusa.
Ma stavolta era determinata a
scoprirlo, anche se non sapeva bene cosa avrebbe potuto dire.
“Andiamo dall’idiota…” bofonchiò,
scendendo le scale.
Nonostante l’ora tarda, nel
salotto era accesa una piccola luce,
segno palese della presenza di
qualcuno.
18 quindi entrò nella stanza,
sfruttando la sua peculiarità di androide, ossia la capacità di muoversi senza
produrre il minimo rumore.
Il ragazzo era raggomitolato in
una semplice coperta, rannicchiato in un angolo del divano e illuminato solo
dalla luce di una lampada da tavolo.
Dai suoi occhi chiusi, dava
l’apparenza di essersi addormentato.
“ Certo che questo tizio…non dorme
mai in un letto come si deve…” pensò non troppo seriamente lei, avvicinandosi.
Le scocciava svegliarlo, quindi si
sedette nello spazio libero del divano, e si mise ad osservarlo per bene.
L’orologio segnalava al buio,
tramite una flebile luce rossa, le ore tre.
“ Chi me lo fa fare, di aspettare
che si svegli…” bofonchiò a voce bassa, dandogli un leggero colpo sul polpaccio.
Dopo alcuni istanti, Lui sussultò
leggermente, mettendosi a sedere, ma non aprendo ancora gli occhi.
“ Ahia…la mia povera testa…” si
lamentò flebilmente stringendosi con una mano le tempie, e coprendosi gli
occhi.
La voce di 18 lo fece sussultare
un'altra volta, come un sibilo di un serpente nell’oscurità.
“ Ehi, Bel addormentato…”
Lui si voltò di scatto verso di
lei, e si stupì parecchio nel vederla seduta vicino a lui.
“ Che…che ci fai qui??!” mormorò.
“ In tutto questo tempo non ti ho
mai visto dormire nella tua camera da letto…eppure hai detto di averne una,
no?...” rispose lei, vagamente.
Il piccoletto iniziò a squadrarla
come solito, e voltò lo sguardo.
“…mentivo.” rispose semplicemente,
sorprendendo 18.
Voleva dire che ogni notte dormiva
in quel modo?
Ciò significava un'altra premura
nei confronti di lei…e un altro fastidio.
“…Pur di farti star bene, ho
rinunciato alla mia camera…ma non mi lamento…” mormorò.
18 rimase in silenzio per un po’,
a riflettere.
Quella sera Lui era parecchio
strano, qualcosa in lui le era nuovo.
“…certo…non sono uno scemo, a far
così?” domandò il piccoletto, con una risatina amara.
“Sì. Sei proprio un idiota.”
rispose inaspettatamente 18, con un tono crudele.
Il ragazzo la osservò di striscio,
e poi abbassò lo sguardo, come sorpreso e deluso al contempo dalla risposta.
“…Ecco come si finisce, se ci si
preoccupa troppo per il prossimo, e non di se stessi…”
commentò 18, stavolta in una
tonalità ne premurosa ne distaccata.
“Hai ragione…” mormorò Lui,
atterrito.
“Ti domanderai perché sono venuta
qui…” cominciò lei, avendo come risposta un flebile “sì”.
“…Non era mia intenzione dire
quello che ho detto fino adesso, quello che devo dirti inizia da qui in poi…”
lo avvertì, e Lui come risposta si voltò lentamente verso di lei, con sguardo
insicuro.
“…Non capisco perché tutte queste
premure verso il mio conto…
eppure tu hai affermato di non
…volere il mio corpo, non è così?”
Il piccoletto rimase in silenzio
per un po’, poi rispose, sorprendendola.
“…Esatto…non sono un perfetto
sfigato?”
“ E cosa c’entra…” ribatté lei non
troppo seriamente “…non è questo il nocciolo…”
“…Beh…” cominciò Lui
“…semplicemente mi rende felice
aiutare gli altri, renderli felici…se non altro, è l’unica cosa che riesco a
fare, se non esser un rifiu…”
18 sbarrò gli occhi minacciosa, e
troncò la frase con un “ PIANTALA!” che lo zittì all’istante.
“ …I vittimismi non funzionano su
di me, spiacente!”
Lui rimase in silenzio a fissarla,
e poi si alzò in piedi, dandole le spalle.
“ Per me il bene più grande è
vederti felice, 18… al punto che ‘me stesso’ non è più divenuto importante…”
18 ebbe un flash del viso
sorridente di numero 6, in quella immensa distesa bianca.
Chiuse gli occhi in silenzio,
inspirando profondamente.
Quel ragazzo parlava proprio come
lui.
E non sapeva se questo le dispiaceva
o meno.
La cosa strana, inoltre, era che
in quel momento si sentiva tranquilla, e la nausea non aveva lasciato alcuna traccia,
dentro di lei.
Ma comunque, per quanto avesse
voluto bene a 6, quel ragazzo parlava proprio come lui; quello che l’aveva
ingannata, che le aveva nascosto una triste verità, che viveva solamente per
lei, non dando la minima importanza a se stesso, più o meno come stava facendo
Lui in questo momento.
Ciò significava che probabilmente
c’era qualcosa che non le stava dicendo.
18 sorrise amaramente, ripensando
alla misteriosa e confusa conclusione che
aveva tratto qualche ora prima.
“Il bene più grande, eh?” ribatté
lei.
“ Ma non ti rendi conto che così
fai soffrire perfino chi stai coccolando con tutte quelle premure??!”
Lui non capì subito il significato
della frase, e si limitò a dire un “Eh?” poco convinto.
Poi guardò 18 negli occhi, come se
avesse capito.
“ 18…stai bene? Non è da te…dire
certe cose…” mormorò.
La donna non rispose, e si limitò
a continuare.
“…Hai capito, insomma. Vederti in
questo modo mi fa soffrire…”
Il ragazzo rimase
pietrificato,confuso.
Poi sull’angolo del suo occhio
sinistro, apparve una piccola luce.
“ Mi dispiace, 18. Non è mia
intenzione farti soffrire, assolutamente…però…”
La luce iniziò a scendere lungo la
guancia, per poi cadere sul tessuto del divano, spezzandosi in mille frammenti
liquidi.
Il ragazzo si girò sorridendo, ma
al contempo, in lacrime.
18 rimase in silenzio ad
osservarlo.
“…però…” continuò Lui
“…non capisco il perché, ma…sono
così testardo da sperare che tu un giorno possa ricambiare…capire come la
penso…credere che in fondo al tuo cuore ci sia rimasto ancora un lato umano…è
da idioti, lo so…però non riesco a smettere.
E ora che so che il mio
comportamento ti fa star male…mi dispiace ancora di più…
non è…mia intenzione…”
Ci furono alcuni attimi di
silenzio, e poi Lui proseguì.
“…Io non ti merito, 18. Un tipo
come me, che pur di far felice la gente, è disposto a ridicolizzare se stesso,
non è degno di stare con una persona come te…
anzi…non è degno di avere niente
altro, se non pietà…”
18 rimase zitta, a fissare il
vuoto.
“ Però, ti devo ringraziare…so che
ti faccio soffrire con i miei comportamenti idioti, e so che non valgo nulla
come persona, e come combattente…però mi hai comunque reso felice, con la tua
presenza qui…”
Ci fu di nuovo silenzio.
Il ragazzo rimase zitto, a fissare
l’androide, come in cerca di una qualsiasi risposta.
18 non gli rivolse lo sguardo.
L’immagine di 6 che la salutava
nella distesa bianca, l’aveva ipnotizzata.
Un sorriso apparve sul suo volto.
Aveva capito.
“ Sì…forse è così.” rispose infine
al ragazzo, senza farsi vedere.
“…Però vedi…anche io ho fatto un
errore.”
“ Eh? Di cosa parli?” mormorò Lui,
confuso.
“Io” cominciò lentamente “ Non sono tipo da fare due volte lo stesso
errore…però, stavolta, ci sono cascata di nuovo…ora ne sono certa…che stupida
che sono…”
Il ragazzo rimase fermo davanti a
lei, senza capire.
18 quindi si alzò inaspettatamente.
“…Tempo fa, mi ero promessa che
non avrei mai fatto una seconda volta lo stesso errore…
ma, a quanto pare…la promessa è
infranta…
ci sono caduta un'altra volta…”
così dicendo, si avvicinò a Lui.
“ Vuoi sapere di cosa sto
parlando…?” domandò, giuntagli ad appena mezzo metro di distanza.
“…C’entro io, per caso?” chiese
ingenuo Lui.
18 si voltò verso di lui, svelando
il suo sorriso.
“ Sei tu, il mio errore…l’errore
che però non rimpiango…”
Prima che Lui potesse chiedere
qualsiasi cosa, l’androide si avvicinò ancora di più,
e accostò le sue labbra sulle sue.
Nel buio che seguì, causato
dall’aver chiuso gli occhi, lei cercò di avvicinare il suo petto contro il suo.
Quando ci riuscì, iniziò a sentire il battito del cuore del ragazzo accelerare
lentamente.
Si allontanò un attimo, aprendo
gli occhi.
Lui la stava fissando, con gli
occhi spalancati. La sua espressione era un misto di stupore, incomprensione,
confusione, e timore.
Cercava di balbettare qualcosa, invano,
ed era arrossito leggermente.
“M…ma…” mormorò, senza staccarle
gli occhi di dosso.
L’androide provò quasi tenerezza,
nel vederlo. Cercò di avvicinarsi di nuovo, ma
stavolta il piccoletto fece un
passo indietro, timoroso.
“ Ehi…” lo richiamò a voce bassa
lei “ …hai per caso paura di me…?” domandò.
Il ragazzo esitò un attimo, poi
rispose flebilmente “ …sì…”.
18 per un attimo sentì un filo di
amarezza in bocca.
Davvero era così temibile, anche
quando non aveva alcuna intenzione ostile?
“Non devi.” fu la prima frase che
mormorò a bassa voce.
Aprì le braccia e si avvicinò,
cercando di non dare alcuna impressione ostile, nell’intento di acchiappare
qualcosa nella sua stretta.
Lui si lasciò abbracciare senza
storie.
Le parve strano… abbracciare
quella persona, le stava dando una sensazione totalmente diversa da quella che
aveva memoria di aver provato tempo prima.
Aspettò che facesse qualcosa.
Ma ancora confuso e timoroso, il
ragazzo non fece nulla.
Fu allora che 18 cominciò a
comprendere…
atteggiarsi da persona fredda e
insensibile era inutile.
Fino a quando lei avrebbe
proseguito nel comportarsi in tal mondo fuori e dentro di lei…
…non sarebbe stata diversa da
qualunque persona sola.
Anche se stava stretta al ragazzo,
sentì il gelo della sua solitudine divenire quasi palpabile, e fu come se
improvvisamente le si rivoltasse contro.
“Se nemmeno lui si fida di
me…allora non ho speranze? Sono destinata a rimanere sola??!”
Quel pensiero le stritolò il
petto, come una lunga corda irta di spine.
Tutta la sua sicurezza era stata
spazzata via con un soffio, ora non si sentiva meno debole di un comune umano…lei,
che ormai possedeva il mostruoso potere di una macchina assassina.
---Più cerchi di sfuggire alla
solitudine, cancellando i tuoi sentimenti, più questi ti affliggono,
supplicandoti di recuperarli ad ogni costo…---
Sentì improvvisamente il desiderio
di venir stretta forte.
La ragazza posò la testa sulla
spalla di Lui, tenendo gli occhi chiusi.
“ Ti prego…abbracciami…” pensò.
18 tenne chiusi gli occhi, ormai
sfiduciata. Ma poi, il suo cuore ebbe come un’iniezione improvvisa di calore,
sentendo le braccia di Lui cingerle lentamente la schiena, e le sue mani
posarsi delicatamente sulle spalle.
Si sentì meglio…molto meglio.
Sprofondando il viso nell’incavo
del collo del ragazzo, cercò di godersi quel flebile abbraccio. Era tantissimo
tempo che nessuno la stringeva. Le parevano passati almeno mille anni,
dall’ultima volta.
Ad un certo punto sentì le mani di
lui allontanarsi con lentezza.
“NO!!!” esclamò con decisione,
paralizzandolo.
“Resta qui…così…” mormorò dunque,
facendo sfumare nel nulla la voce.
Rimanendo in silenzio, Lui sfiorò
con la sua mano la guancia di 18.
La ragazza l’afferrò al volo con
entrambe le mani, e se la portò sul viso.
Era davvero calda e morbida.
Quindi, il ragazzo si fece forza e
mormorò qualcosa.
“18…le tue mani…” sussurrò, con un
espressione ancora confusa, ma già meno timorosa.
“Cos’hanno le mie mani…?” domandò
semplicemente lei.
“…ah, ho capito…sono fredde?...non
è colpa mia se sono così, vedi, io…”
“…Sono così tiepide…” rispose Lui,
senza lasciarla finire.
18 rimase ferma un attimo, giusto
per capire la risposta, poi provò a mettersi una mano sul viso. Un calore sconosciuto
le scaldò la guancia.
Era strano…lei aveva sempre avuto
le mani gelide.
Nelle buie notti, mentre si rotolava
ancora e ancora tra le coperte, teneva le mani strette l’una all’altra, ma non
c’era proprio nulla in grado di riscaldarle.
“…Forse era solo una mia
impressione…” mormorò con un filo di voce lei.
“Eh?” fece Lui, non comprendendo
la sua frase.
“Accarezzami di nuovo…” rispose
lei semplicemente, sorprendendo il piccoletto, che iniziò a guardarsi attorno
imbarazzato, senza però fare domande.
Mentre Lui le passava il dorso
della mano sul viso, con una dolcezza e una lentezza incredibili, 18 osservò il
viso di Lui, che era diventato completamente rosso.
La pelle che stava accarezzando
era morbida, perfetta.
Fin troppo perfetta. 18 lo trovò
ironico.
La pelle che il ragazzo stava
gentilmente carezzando con una mano, probabilmente non era proprio quella che
possedeva un tempo.
Carezzava un icona, un qualcosa di
fittizio, che dà piacere solo ad esser contemplato e toccato.
Ad un certo punto, l’androide udì
una risatina provenir dal ragazzo.
“Eh, eh…” mormorò Lui a bassa
voce, probabilmente rivolto a se stesso.
“…Ce l’hai tra le braccia solo,
deficiente…smettila…”
“Che c’è?” si intromise 18,perplessa.
Come risposta, il ragazzo scostò
la mano dal suo viso, allontanandola abbastanza da potergliela mostrare per
intero. 18 si accorse che era in preda a dei fremiti prima violenti, poi lievi.
“…Cavolo…s-sono così teso…che…le
mani…” ridacchiò amaramente.
Mentre lei stava ancora a fissare
la mano tremante, poté udire un sussurro dal piccoletto:
“Mi piaci da morire.”
In quel breve istante, quando la
frase venne finalmente analizzata e capita dal suo cervello,18 sorrise.
Sentire una frase simile la faceva
sentire strana: lo sapeva.
Ne era al corrente da tempo,
eppure ora si sentiva estremamente sollevata,anche se al contempo aveva un filo
di rammarico, per quel amore che ora non c’era più. Ma non ci pensò più di
tanto.
Prese quindi la mano del ragazzo,
che in breve tempo smise di tremare, e si lasciò baciare, poiché stavolta Lui
era stato impavido abbastanza da avvicinarsi.
Prima di approfondire il bacio, al
ragazzo parve di udire una flebile ma ferma risposta dalla ragazza:
“Anche tu”
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Era stato tutto molto più semplice
di quanto si fosse aspettata:
Quel bacio, in breve, si era
moltiplicato in altri baci, molto più decisi ed espansivi.
Quindi lei, venendo presa in
braccio, si era ricordata delle forti braccia che l’avevano raccolta da terra:
riconobbe in Lui quella stretta salda e rassicurante che l’aveva fatta cadere
nel sonno con un sorriso, come se in quel momento ogni suo pensiero maligno
fosse stato scacciato via.
Le pareva proprio strano comparare
quella presa, quella stretta, con un ragazzo a prima vista così debole ed
insicuro.
Mentre Lui la stava portando di
sopra, salendo lentamente le scale ben vedendo da non farla cadere, 18 provò a
guardarlo in faccia, ma il buio le precluse la vista.
Tuttavia,sentiva lo stesso una
certa tensione attraverso le sue mani.
Era davvero tenero: le faceva una
tenerezza immensa, vederlo così agitato, imbarazzato, per causa sua.
L’aveva posata sul letto con molta
delicatezza baciandola un ultima volta.
“Non è proprio necessario che
finisca in questo modo…” mormorò, alludendo ad un argomento che 18 capì
all’istante.
“…in fondo, a me basta anche
solamente averti vicino…” sorrise, sedendosi a bordo del letto. 18 rimase in
silenzio, osservando la sua schiena in controluce.
Finalmente aveva capito cosa non
andava in lei: soffriva nel veder soffrire quella persona, che ora a lei era
così cara.
E la vista della sua schiena già
la stava rendendo ansiosa: non voleva rimanere sola!
Quello che voleva, l’unica cosa
che voleva al momento, era averlo vicino, solo quella era la via per non farla
soffrire. Solo insieme a Lui poteva esser felice!
18 si avvicinò di spalle al
ragazzo, prendendolo delicatamente per le braccia.
La voce che le uscì dalla bocca
parve quasi irriconoscibile, un rantolo doloroso di una bambina la cui
innocenza già era sparita da un pezzo, ghermita dall’orco cattivo:
“…Non mi lasciare sola…resta con
me!”
Lui si voltò lentamente,rispondendo
a quella così palese richiesta di affetto con un altro bacio.
“Non mi permetto…” sussurrò,
stringendola ancora abbastanza cautamente.
“Non mi permetto…”
La prima luce del giorno illuminò
la stanza: i due avevano dormito assieme, e ora stavano riposando abbracciati.
La ragazza rimase per molto tempo con gli occhi chiusi, posata sul petto di
Lui, contando ogni lento respiro:
Non avrebbe mai più voluto
perderlo.
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Il sonno di 18 venne bruscamente
interrotto da qualcosa: un qualcosa di morbido e tiepido si era posato sulla
sua guancia, risvegliandola.
Lei aprì lentamente gli occhi, e
tutto quello che vide dinnanzi a lei fu bianco.
Il soffitto non c’era più.
“Che diavolo…?” mormorò, confusa,
ma restando sdraiata.
Guardò quello che stringeva nella
mano: era un petalo blu.
Un ricordo indelebile le tornò
ancora in mente, legato a quel colore.
Dove era finita?
Sotto di lei sentiva un tappeto di
morbidi e freschi“qualcosa”, che la
facevano sentire proprio a suo
agio.
Voltò leggermente lo sguardo verso
terra, e vide che questo tappeto era fatto di fiori.
Non fece tempo a domandarsi nulla,
che vide quello che doveva esser una coperta, ma che in realtà non lo era:
Il suo corpo nudo era coperto da
un lungo mantello rosso, morbidissimo al tatto.
“Un mantello” mormorò lei, prima
di seguire con gli occhi il percorso della stoffa.
Fu allora che vide un'altra
persona, sdraiata al suo fianco.
Una maschera di gatto celava
l’identità di colui che aveva davanti.
Era lui.
Il principe delle favole.
Immobile come una statua, stava ad
una ventina di centimetri da lei, coprendola quasi del tutto con il suo caldo
mantello.
Il viso mascherato era rivolto
verso di lei, ma attraverso i due fori a forma di mandorla della maschera, si
potevano vedere le palpebre chiuse : pareva addormentato.
“Sei tu…”
pensò 18, stupefatta.
“E così, dopo tanto tempo…ti vedo dal vero…incredibile, credevo non
esistessi!”
Il “gatto” rispose inaspettatamente
a suo modo, sorridendo leggermente.
“Ma chi sei…?” domandò 18, voltandosi completamente.
“…arrivi un po’ tardi per salvarmi, sai…l’orco è già morto da
parecchio…” concluse,con
un filo di tristezza nella voce.
Il principe non disse nulla, e le
porse una mano: tra il pollice e l’indice teneva un anello dalle perle rosse,
lo stesso che 18 indossava tempo fa.
“Il mio anello…ma come…” mormorò
lei, allungando la mano per prenderlo.
Il principe si decise finalmente a
parlare.
“L’ho recuperato per lei, principessa…” mormorò con un alito di voce lui.
“ L’ho vista la notte, mentre dormiva triste, e poco, e sola…spero che
questo le faccia almeno tornare un po’ di sorriso…”
18 non ribattè,continuò a fissare
quella maschera.
“…Ora che ti ho incontrato…posso
vedere chi sei?”
Il “gatto” rimase in silenzio un
attimo, per poi rispondere:
“ Se lei desidera, principessa…se lei desidera.”
Mentre ancora il “gatto” parlava,
18 afferrò i bordi della maschera, pronta a sollevarla.
Moriva dalla curiosità.
Prima che 18 iniziasse a
sollevare, il principe mormorò un’ultima cosa, sorridendo.
“…Però deve farmi un favore…si svegli, ora!”
La maschera a forma di gatto cadde
a terra, come al rallentatore.
In un secondo, si spezzò, e si
sparpagliò ovunque.
18 aprì gli occhi di scatto,
mettendosi subito a sedere sul letto .
Era…un sogno?
La ragazza fissò la porta della
camera, chiusa, e sospirò, confusa.
Poi si voltò, e lo vide.
Lui.
Era sdraiato vicinissimo a lei, le
stava stringendo una mano, dormendo tranquillamente.
18 rimase a fissarlo, senza parole,
sdraiandosi di nuovo di fronte a lui.
Il suo respiro era lento e dolce,
il suo addome si alzava ed abbassava lentamente,
segno del suo sonno tranquillo.
18 rimase muta a contemplarlo, per
poi posare di nuovo la testa sul suo cuore.
La persona di cui si era
innamorata era lì, accanto a lei. Ancora.