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Autore: Lady A    10/08/2012    4 recensioni
[…] «Goku… » mormorò, con voce flebile. «Io… aspetto un bambino…» aggiunse lentamente, boccheggiando per qualche secondo, stringendosi ancora più forte a lui. […] Gli occhi del saiyan nell’udire l’ultima frase, istintivamente sgranarono, il cuore cominciò a pulsare con più insistenza in petto, la bocca si spalancò di colpo, un sorriso radioso solcò il suo volto.
«Diventerò di nuovo papà!» esclamò pieno d’entusiasmo, stringendola quasi in maniera possessiva, baciandola sulla fronte e carezzandole i morbidi capelli lasciati insolitamente sciolti. «Non vedo l’ora di conoscer…» aggiunse raggiante con voce altisonante, per poi fermarsi tutto d’un tratto.
No, lui non avrebbe mai conosciuto suo figlio.
No, quel bambino non avrebbe mai avuto un papà.
Uno strano contorcimento alle viscere lo attanagliò improvvisamente, l’aria allegra e gioiosa lasciò posto ad una seriamente dispiaciuta.
Lo sguardo diventò vagamente cupo.
Era questo il prezzo che doveva pagare per la sua scelta?
Era questo il lato negativo dell’essere eroe?
Perché per la prima volta in vita sua si stava amaramente pentendo?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chichi, Goku | Coppie: Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My family… my love


 
Era un’afosa serata di agosto, i rami dei sinuosi alberi e l’erba dei rigogliosi e verdi prati, ondeggiavano grazie ai sporadici soffi di una leggere brezza estiva. sul Monte Paoz vi era una gran quiete a tratti interrotta dal brusìo dei grilli e dai svariati versi degli animali del bosco, che quella notte sembravano essere particolarmente allegri; il cielo terso, accoglieva quasi con grazia la sfarzosa luna piena, che con il suo bagliore argenteo, illuminava costantemente gli abitanti della Terra: attorno ad essa, vi erano migliaia di stelle luminose che quella notte, la notte del dieci agosto, fungevano da protagoniste.
Il suono dell’orologio a pendolo di casa Son che segnò le ventuno e trenta, echeggiò tra le pareti, Chichi era ancora in cucina intenta ad asciugare accuratamente le ultime stoviglie, i lunghi e setosi capelli corvini le ricadevano come una cascata lungo le spalle, incorniciandole il volto d’avorio, le labbra rosse e soffici erano semiaperte, lo sguardo era spento e cupo; chiunque avrebbe letto negli occhi di quella donna all’apparenza così irrimediabilmente caparbia, severa e battagliera, la sofferenza che l’attanagliava, anche se da buon orgogliosa qual era cercava spesso, seppure invano, di nasconderlo: perché lei era la moglie di un eroe e come tale, doveva essere forte, cercando in qualche modo di euguagliare.
Una volta terminato di asciugare il tutto, si recò in soggiorno, sulle sue labbra si increspò un sorriso intenerito nel notare il suo piccolo Gohan rannicchiato sul divano. Gli si avvicinò a passi lenti e stando attenta a non svegliarlo, gli carezzò amorevolmente la testa, la luce seppur fiacca di una lampada, gli permetteva di avere un’ ottima visuale, il bambino dormiva tranquillamente con un braccio sotto il capo e una gamba penzolante.
Il suo cuore, quasi istintivamente venne scosso da forti emozioni nel menzionare che fino a tre mesi fa, anche suo marito dormiva in quel modo, nel letto accanto a lei.
Quel letto che ora, era costretta a veder sempre vuoto.
Quel letto che anche ora che era estate e la temperatura superava i quaranta gradi, le sembrava irrimediabilmente freddo.
Un altro repentino suono del pendolo, la riscosse dai suoi pensieri; si portò una mano alla fronte, scostandosi una ciocca di capelli ricadenti sul viso e si affacciò alla finestra, puntando il suo sguardo in cielo; poggiò i gomiti sul davanzale, come soleva far spesso da bambina, quando aspettava e sperava che un giorno il suo principe azzurro venisse a prenderla per portarla via con sé.
Avrebbe dovuto odiare, detestare Goku per quello che le aveva fatto, per quella sua dannata decisione di restare nell’aldilà, ma proprio non ci riusciva.
Era sì arrabbiata con lui, solo Kami-Sama sapeva quanto la stesse facendo soffrire, eppure nonostante tutto lo amava ancora con tutta se stessa e mai avrebbe smesso di farlo.
Delle lacrime amare irrorarono il suo pallido volto, ricadendo lungo il collo e andando a morire sulla candida camicia da notte di lino; con un gesto deciso le asciugò con le dita, sospirando in maniera impercettibile e accarezzandosi dolcemente il ventre appena accennato, ove vi cresceva una nuova Vita.
Avrebbe tanto voluto che Goku in quel momento fosse lì con lei, avrebbe voluto abbracciarlo, specchiarsi nuovamente in quello sguardo così languido e innocente, lo stesso che la face  innamorare da bambina, lo stesso che nonostante la repentina scoperta di appartenere ad una stirpe di guerrieri sanguinari, era rimasto sempre uguale e puro come il suo cuore.
Avrebbe voluto riascoltare la sua voce, così calda, amichevole e pacata: quella voce che anche a distanza di anni era in grado di farle scalpitare forte il cuore.
Sì, quella notte desiderava con tutta se stessa riaverlo accanto, anche per poche ore, era il suo unico desiderio.
Una stella cadente in quel preciso istante attraversò l’oscuro e infinito cielo, lasciando dietro di se una luminosa scia.
 
Qualcuno da lassù, con tanto di antenne, ascoltò la sua richiesta.
 
I sporadici e lievi soffi del vento, lasciarono posto ad una tempesta, i rami degli alberi cominciarono ad ondeggiare con più insistenza, coinvolgendo anche l’erba in una ritmica danza, l’ululato di un lupo echeggiò tra le alture dove un bagliore luminoso ammantò la sagoma di un ragazzo dai capelli a palma che con tanto di stupore ed espressione ingenua apprese di essere sul Monte Paoz.
«Urca!» si ritrovò ad esclamare acchito, schiudendo leggermente la bocca; fece vari giri su se stesso, grattandosi goffamente il capo. «Grazie mille Re Kaioh!» esclamò subito dopo, con quel tono di voce allegro che da sempre lo caratterizzava,  puntando per pochi istanti lo sguardo in cielo.
Senza indugiare oltre, prese un profondo respiro e si avviò verso la sua abitazione. Aveva solo quattro ore a disposizione per stare con loro, dopodiché sarebbe dovuto ritornare nell’aldilà.
Giunse davanti la veranda, dove la fiacca luce di una lampada, illuminava una parte della casa; non sapeva con esattezza quale sarebbe stata la reazione di Chichi, avrebbe potuto perfettamente rincorrerlo armata della solita padella per tutto il monte o anche inseguirlo lanciandogli il matterello e altri oggetti vari, che già svariate volte, aveva avuto la sfortuna di provarne la consistenza .
A quelle “dolorose” congetture, rabbrividì  lievemente; in fin dei conti sua moglie aveva tutte le ragioni del mondo per essere davvero arrabbiata con lui, di questo ne era ben consapevole; ma se aveva deciso di restare nell’aldilà era soprattutto per proteggere la sua famiglia.
Avanzò di qualche altro passo e vicino la finestra del soggiorno gli parse di scorgere una figura molto familiare, sbatté le palpebre a più riprese e si grattò nuovamente il capo, era lei, non c’erano dubbi!
Sul suo volto si insinuò un sorriso da trentadue denti: eh sì, quella era proprio la sua donna!
Senza altri inutili indugi, si avvicinò verso la finestra.
Il bagliore lunare e stellare irradiarono quasi come per magia la figura del saiyan, mettendo in risalto le sue fattezze; gli usignoli presero stranamente a cinguettare armoniosi, fecero la loro comparsa anche dei cervi e degli scoiattoli; sembrava una cosa strana, ma era come se la natura del suo amato monte, quella notte fosse venuta a salutarlo.
 
L’improvviso suono del pendolo distrasse per pochi istanti la corvina che volse un’occhiata amorevole al figlio che dormiva ancora sul divano; prima di raggiungerlo per svegliarlo e condurlo nella cameretta, guardò nuovamente fuori e fu così che il suo cuore prese a palpitare come una furia, le sue labbra istintivamente si schiusero, i suoi occhi d’ebano si sgranarono; deglutì a fatica e sbatté le palpebre a più riprese; dentro di lei in quel momento vigeva il caos.
Era ferma, immobile, non riusciva a percepire nient’altro sennò il battito sordo del suo cuore che continuava ad attanagliarla senza sostanza, rimbombando con un’insistenza asfissiante nelle orecchie.
«Goku … » sussurrò con voce quasi afona e con labbra tremuli, cominciando ad avvertire un fastidioso pizzicore agli occhi.
Improvvisamente, nella frazione di pochi secondi, si precipitò fuori casa; respirò a pieni polmoni l’aria aperta, chiuse le palpebre e strinse i pugni, sperando con tutta se stessa che quella non fosse solo una stupida illusione, ma davanti a lei ci fosse davvero lui, l’amore della sua vita.
 Il saiyan osservò attentamente la reazione della moglie; appena la vide raggiungerlo fuori, gli si avvicinò amichevolmente, non appena vide quegli occhi così profondi socchiudersi, sorrise con il suo solito fare ingenuo e le poggiò una mano sulla spalla, sentendola sussultare. 
«Chichi, tesoro mio… » disse con voce rassicurante, imprigionandole il volto tra le mani in modo da poterla guardare negli occhi.
Questa, avvertendo le mani prenderle il volto e udendo quel timbro di voce tanto amato che mai si sarebbe stancata di ascoltare, spalancò gli occhi e dilatò le pupille, delle lacrime irrorarono il suo volto d’avorio; lo fissò restando in silenzio, dentro di lei vigevano maree di domande e migliaia di perché.
Perché non trovava la forza di mollargli un ceffone?
Perché stava cercando con tutta se stessa di non buttargli le braccia al collo e di baciarlo?
Perché non correva in cucina per lanciargli tutto  il servizio dei piatti di porcellana e i coltelli contro?

Perché… e ancora perché!
Si sentiva fragile, volubile, ma quello sguardo, quel suo modo di sorriderle, irrimediabilmente le riscaldò il cuore; sì, il suo cuore finalmente era avvolto da un’ondata di calore che solo suo marito con la sua spontaneità e con i suoi gesti, sapeva trasmetterle.
Era incredibile come Goku a volte, fosse in grado di soggiogarla, di farle abbandonare le spoglie di donna dura e severa per rivestire quelle di bambina timida e follemente innamorata che era stata anni addietro, per ritornare se stessa, abbandonando quello stupido scudo che si era dovuta costruire durante tutti quegli atroci anni, forgiati dalla sofferenze e dai patimenti, quello scudo che però era indispensabile per permetterle di andare avanti. Sbatté nuovamente le palpebre, nonostante tutto era felice.
Era bellissimo vederlo sorridere e sentirlo nuovamente così vicino; respirò il suo profumo silvestre; un sorriso le si increspò sulle labbra, le sembrava quasi un sogno, il suo desiderio era stato realizzato ed ora erano finalmente insieme, anche se sapeva che ciò sarebbe durato poco.
Senza inutili indugi, sentendone ampiamente bisogno, si strinse forte a lui, affondando il viso imperlato di lacrime contro quel petto così muscoloso, cercando riparo, sostengo, amore.
Il saiyan ricambiò l’abbraccio, ridacchiando goffamente mentre le sue gote istintivamente si imporporarono; nonostante undici anni di matrimonio, ogni volta che Chichi gli rivolgeva particolari e amorevoli attenzioni, non poteva non imbarazzarsi.
La sentì singhiozzare, gli bastò poco per capire che la causa era lui.
Gli carezzò i lunghi e setosi capelli, poggiando la testa sulla sua spalla, dopo poco la scostò da sé, le diede un bacio sulla fronte e uno sulle labbra, per poi stringerla nuovamente cingendola per i fianchi. 
 
Gli occhi della ragazza riacquistarono vita, lucentezza.
 
«Oh tesoro mio, sono così felice di rivederti…» si ritrovò a dire con voce flebile, tra un singhiozzo e l’altro, tempestandolo di baci pieni d’amore. Il suo cuore per la gioia infinita le sembrò quasi che le uscisse dal petto; in quel momento tutto il resto del Mondo era estraneo; si liberò del tutto dalle vesti di madre e moglie severa, ritornando bambina interiormente, lasciandosi finalmente andare, mettendo da parte anche l’orgoglio, perché in quel momento sarebbe stato solo un inutile ostacolo e loro di ostacoli ne avevano fin troppi. 
Sospirò intensamente, ripose una ciocca di capelli dietro l’orecchio, si asciugò le lacrime birichine che le irrorarono il pallido viso e lo prese per mano, conducendolo dentro la loro casa.
Quella casa dove avevano condiviso tanti fantastici momenti.
Quella casa che in parte aveva ispessito il loro amore.
Quella casa che ora senza di lui era vuota. 
 
Percorsero il lungo corridoio fino ad entrare nel soggiorno, dove Gohan dormiva beatamente, adagiato sul divano.
Improvvisamente uno strano ma non insolito rumore proveniente dall’insaziabile stomaco di Goku, echeggiò tra le pareti di casa Son.
«He, he, he, he! Scusami Chichina è che sai, non mangio da parecchie ore e poi a dirla tutta Re Kaioh non cucina bene come te!» si giustificò, ridacchiando e grattandosi irrefrenabilmente il capo com’era sua indole quando si imbarazzava.
La corvina di tutta risposta si portò una mano alla fronte assumendo un’espressione teatralmente esasperata, salvo poi sorridergli e carezzare i contorni di quel viso così fanciullesco che amava e bramava con tutta se stessa. 
«A dirla tutta, anche io ho ancora fame!» ammise ridacchiando e stringendogli amorevolmente il braccio. «Intanto che io preparo qualcosa, porta Gohan nella sua camera» aggiunse sottovoce, alzandosi sulle punte per baciare nuovamente il marito e poi dirigersi in cucina. 
Il saiyan si avvicinò al figlio, gli scompigliò amorevolmente i capelli, spense la luce della lampada  - che al suo forte tocco minacciò di cadere infrangendosi rumorosamente sul pavimento - e prendendolo in braccio lo portò nella stanzetta, stendendolo sul morbido letto; Gohan immerso tra le braccia di Morfeo, mosse involontariamente un braccio e sferrò al genitore un potente pugno in pieno volto.
«Ahia!» piagnucolò il saiyan mezzo stordito, gonfiando le guance e poggiando le mani sul naso dolorante, salvo poi scrollare il capo e ridacchiare divertito. Si avvicinò nuovamente al bambino tenendosi in allerta nello schivare un altro doloroso pugno, e gli rimboccò amorevolmente le coperte, restando a fissarlo per un po’.
Non poteva che essere pienamente orgoglioso di lui, il suo unico figlio.
Gli rivolse un’ultima dolce carezza, chiuse la porta e si diresse con fare puramente pimpante in cucina, più affamato che mai, sfregandosi le mani e strofinandosi lo stomaco brontolante.
Si sedette  raggiante e sorridente  intorno il tavolo e senza lasciarselo ripetere due volte, cominciò a divorare le cibarie con la sua solita e indiscutibile “raffinatezza” che da sempre lo distingueva .
«Urca! Che buono!» esclamò, ingurgitando come un forsennato un’intera fetta di carne.
La moglie quella sera non fu da meno; anche lei infatti, divorò con un’insolita foga svariate portate, e ciò alla vista del marito risultò una cosa molto insolita, la sua Chichi abitualmente mangiava sempre poco.
La osservò attentamente con un’espressione ingenua, sbattendo le palpebre a più riprese, improvvisamente la vide alzarsi dal tavolo per correre vero il bagno a vomitare, per poi far nuovamente ritorno dopo pochi minuti; il volto era più pallido del solito e a tratti sembrava quasi barcollare, forse non si sentiva bene?
Cosa le prendeva? 
Con fare realmente preoccupato, si alzò dal tavolo e le si avvicinò poggiandole una mano sulla spalla, specchiandosi in quello sguardo così familiare che amava con tutto se stesso. 
«Tesoro, va tutto bene? Cos’hai ?» domandò. La ragazza eluse per pochi istanti il suo sguardo, salvo poi sospirare e ritornare a guardarlo con occhi lucidi ma luminosi al tempo stesso. 
Delle lacrime ricaddero nuovamente, irrorando il suo viso d’avorio; sospirò per l’ennesima volta, ripose un’altra ciocca di capelli dietro l’orecchio e afferrò debolmente la mano del marito poggiandosela sul ventre.
Il ragazzo osservò con curiosità il gesto, inclinò il volto da un lato e si grattò il capo.
«Oh, ti fa male? » chiese ingenuamente, fissandola con occhi peni di una dolcezza che le fecero scalpitare violentemente il cuore.
Con lo sguardo ancora bagnato di lacrime, sorrise intenerita e si strinse forte a lui, venendo cullata dal calore di quel possente corpo che in quel momento la proteggeva da tutto e da tutti.
«Goku… » mormorò, con voce flebile. «Io… aspetto un bambino…» aggiunse lentamente,  boccheggiando per qualche secondo, stringendosi ancora più forte a lui. 
 
“ Io… spetto un bambino… “
 
Gli occhi del saiyan nell’udire l’ultima frase, istintivamente sgranarono, il cuore cominciò a pulsare con più insistenza in petto, la bocca si spalancò di colpo, un sorriso radioso solcò il suo volto.
«Diventerò di nuovo papà!» esclamò pieno d’entusiasmo, stringendola quasi in maniera possessiva, baciandola sulla fronte e carezzandole i morbidi capelli lasciati insolitamente sciolti. «Non vedo l’ora di conoscer…» aggiunse raggiante con voce altisonante, per poi fermarsi tutto d’un tratto.
 
No, lui non avrebbe mai conosciuto suo figlio.
No, quel bambino non avrebbe mai avuto un papà.

 
Uno strano contorcimento alle viscere lo attanagliò improvvisamente, l’aria allegra e gioiosa lasciò posto ad una seriamente dispiaciuta.
Lo sguardo diventò vagamente cupo.

Era questo il prezzo che doveva pagare per la sua scelta?
Era questo il lato negativo dell’essere eroe?

Perché per la prima volta in vita sua si stava amaramente pentendo?
 
 
Improvvisamente molti pensieri attraversarono la sua mente, era stata una notizia bellissima, ma al tempo stesso una pugnalata al cuore, una pugnala che si era inflitto –seppur involontariamente – da solo.
Chichi notò immediatamente il repentino cambio d’umore del marito, lo sentì irrigidirsi, non lo aveva mai visto così, neppure nei giorni precedenti a quel maledettissimo Cell Game; ispirò intensamente, gli carezzò una guancia e gli depositò un bacio.
Doveva essere forte; no, non poteva lasciarsi abbattere, anche questa volta ce l’avrebbe fatta! 
Gli scostò una ciocca di capelli ribelli dal viso e lo baciò dolcemente sulle labbra.
«Ce la farò!» gli bisbigliò con tono deciso, a quelle parole lo sentì rilassarsi, ritornò a guardarla con quel suo sguardo limpido e felice.
E in quel momento non poteva desiderare altro.
«Ne sono certo, tesoro» rispose lui con tono da eterno giocherellone. «Ecco perché mangi quasi quanto me!» aggiunse sbarazzino, grattandosi il capo e ridacchiando.
La corvina di tutta risposta inarcò un sopracciglio, aggrottò la fronte e si portò le mani lungo i fianchi, guardandolo con occhi lampeggianti.
«Ma guarda che sfacciato che sei!» borbottò con finto tono offeso e irritato. «Per tua norma, io devo mangiare per ben due persone, al tuo contrario, ingordo!» sbottò, portando le braccia al petto e dandogli le spalle .
Questi, l’abbracciò da dietro, facendo echeggiare tre le pareti della loro abitazione, la sua risata cristallina, senza indugi cominciò a tempestarla di baci, la ragazza ricambiò immediatamente; di volta in volta le loro effusioni diventarono sempre più calde e passionali, finché giunsero in camera da letto, lasciando momentaneamente da parte tutti quegli ostacoli che li attanagliavano, senza tener conto di niente e nessuno.
In quel momento Goku non era né un eroe e né un saiyan, ma semplicemente un normale ragazzo innamorato.
In quel momento Chichi non era la severa signor Son, ma una semplice ragazza follemente innamorata .
In quel momento, erano delle semplicemente persone, con dei sentimenti, delle paura e dei rimorsi.
Quegli aspetti che entrambi spesso, cercavano quasi di nascondere agli altri, che erano troppo occupati a pensare a se stessi per accorgersi di loro, di quello che erano in realtà.

Si sa, tutte le cose belle hanno una fine, allo scoccare della quarta ora, il saiyan come stabilito da Re Kaioh, ritornò nell’aldilà, ma giurò a se stesso che un giorno, Chichi, Gohan e il nuovo arrivato, sarebbero stati nuovamente una famiglia.
Una famiglia seppur diversa dalla altre… 
Una famiglia un po’ insolita e a volte stramba…
Una famiglia di teppisti…
Una famiglia che nonostante tutto sarebbe rimasta unita per sempre.
 
 
 

 
  
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