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Autore: simonama    11/08/2012    0 recensioni
Un avvenimento e poi, improvvisamente, ti ritrovi a vivere il tuo più bel sogno; meraviglioso ed emozionante, ma talmente perfetto da sembrare irreale...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ You have to wake up.



Il cielo era colmo di stelle, quella sera. E non c'era nemmeno una eterea nuvola a coprire un qualsiasi lembo di cielo. Pareva quasi finto, come se quell'immenso capolavoro fosse stato un semplice disegno fatto da un dolcissimo bambino. E c'era un'assoluta pace nell'aria: nessun rumore urbano né baccani giovanili. Gli unici suoni udibili erano i versi di qualche grillo nascosto fra le verdi siepi e qualche auto di passaggio. C'era una pace immensa, sembrava davvero tutto irreale. Sembrava un sogno. Simona, presa dall'avida voglia di rilassarsi, si distese sul freddo pavimento del giardino di casa Leto. La sua pallida e fragile pelle rabbrividì a contatto col freddo marmo. Ma Simona sorrise, ignorando quella sensazione. Sapeva benissimo che ne valeva la pena. Dinanzi i suoi occhi verdi c'era il più maestoso panorama del Mondo: quel cielo stellato limpido e scuro allo stesso tempo e quelle stelle grosse e brillanti. Simona si chiedeva se provasse tutte quelle sensazioni mozzafiato per un motivo preciso o se, magari, si trattasse del luogo in cui era finalmente capitata. Era accaduto tutto estremamente in fretta: era uscito uno strano contest in cui, il primo classificato, avrebbe vinto una giornata in compagnia dei 30 Seconds to Mars. Simona non voleva manco parteciparvi poiché non credeva di poter essere mai scelta, ma poi, il suo migliore amico, riuscì a farle vincere quella giornata da strapazzo. E così era volata sino a Los Angeles per incontrare il suo gruppo preferito, i suoi idoli, i suoi salvatori. Era atterrata in quella città da sogno nel primo pomeriggio ed aveva passato mezza giornata in compagnia di tutti e tre: Shannon le aveva subito donato un abbraccio dolce e confortante e le aveva insegnato alcuni trucchi con la batteria; Tomo l'aveva fatta ridere così tanto che, se pensava alle battute ascoltate, sentiva ancora mal di pancia; e Jared le aveva mostrato il suo lavoro con la sua solita austera freddezza; si era divertita tanto. Soprattutto quando Shannon le aveva fatto miriadi di complimenti sui suoi occhioni verdi ed i suoi capelli lunghi e rossi e quando Tomo era cascato nel suo tranello.
"Allora, Tomislav, cosa manca fra questi ingredienti per fare una torta di mele? Burro, farina, uova..." Aveva cominciato con aria da saputella consapevole che il croato avrebbe sbagliato la risposta. Di nuovo.
"Ah, la cannella!" Era stata la risposta errata che aveva destato risate a gogò. Simona sentiva che quella era stata la più bella giornata della sua vita, dopo aver partecipato ad un loro concerto a Roma. Verso ora di cena, però, Tomo e Shannon erano fuggiti via, lasciando Simona e Jared da soli in casa. Simona si sentiva parecchio intimidita e scossa dal suo comportamento che pareva sempre un po' freddo e distaccato. Sembrava quasi che Jared fosse incazzato col Mondo. La suoneria frizzante e giovanile di Jared, ruppe il silenzio caduto fra i due. E così, Simona, decise di uscire fuori al giardino per starsene un po' sola. Voleva riflettere ed immagazzinare per bene tutte le belle sensazioni vissute. Ed ora si trovava a fissare quel cielo stellato con un sorriso felice sul volto. Si sentiva scoppiare.
«Ehi, sei qui.» La voce di Jared interruppe quell'attimo di pace interiore. L'uomo si spostò dall'ingresso e si distese accanto a Simona, poggiando una mano sotto la propria testa. Lei annuì.
«E dove dovrei essere, sennò?» Chiese timidamente con un filo di voce.
«Perché te ne stai qui fuori a guardare le stelle? Hai vinto una giornata con noi e te ne stai da sola?» Le domandò curioso e divertito. Lei arrossì, oltremodo sorpresa dal suo leggero cambiamento d'umore nei propri confronti.
«E' una lunga storia.» Lo liquidò lei. Era davvero troppo lunga la storia. Cosa avrebbe dovuto dirgli, poi? Che la sua telefonata l'aveva messa a disagio più di quanto lo fosse già?
«Raccontamela. Soffro d'insonnia quindi potrei ascoltarti per tutta la notte» sorrise continuando a guardare il cielo. Sapeva benissimo che avere grandi doti persuasive e sapeva  altrettanto bene che avrebbero funzionato anche su di lei.
«Non ne vale la pena.» Si mise a sedere lei, portandosi le ginocchia al petto.
«Tu raccontamela, poi sarò io a decidere se ne è valsa o no la pena.» La incalzò lui. Simona gli sorrise, completamente sconvolta dalla sua testardaggine.
«Io... Sono... Lascia stare. Sono parole che avrei sentito tipo... Hm, centocinquanta milioni di volte?» Simona cominciò ad irritarsi con se stessa. Poteva mai sentire quelle sensazioni per lui? Manco lo conosceva!
«Dai.» Le sorrise. E Simona si sentì sciogliere: finalmente riuscì a vedere il suo sorriso sincero, quello che riservava solo agli Echelon durante i concerti. Così la ragazza prese coraggio.
«Io sono innamorata di te. Credevo fosse amore platonico legato, sai, alla tua bellezza ma non è cosi. Io amo tutto di te, mi credi? La tua acidità quando ti danno un abbraccio, il modo in cui accavalli le gambe, il tuo sorriso, il modo in cui chiudi gli occhi durante i servizi fotografici per apparire più misterioso, la tua logorroicità, la passione che impieghi nel farci sognare, il tuo essere diva. Tutto.» Elenco tutto d'un fiato. «So bene che appare una sciocchezza ma è davvero tutto ciò che amo di te. E' come se io... Sai... Ti conoscessi realmente quando in realtà amarti realmente è come inseguire uno spettro.» Terminò triste, scostandosi una ciocca di capelli dal viso. I loro sguardi continuavano a non incrociarsi. Simona sapeva che se fosse successo, sarebbe scoppiata in lacrime. Jared si irrigidì all'udire quelle parole. Ma Simona faceva sul serio?
«Si tratta di infatuazione. Gli Echelon mi vedono come un dio greco, mi sopravvalutano. Io sono un uomo normale, come tutti. Con i propri piaceri e le proprie debolezze.» Ammise sincero.
«E' anche per questo che mi piaci: sembri un ologramma ma in verità, sei il più reale tra gli uomini.» Si morse il labbro mentre cercava di non scoppiare in lacrime.
«Sono semplicemente un uomo qualunque, magari con degl'occhi più belli del normale.» Si pavoneggiò rimanendo serio. Lei sorrise: vederlo atteggiarsi sembrava avesse alleggerito l’aria.
«Dire che sono belli è un eufemismo. I tuoi occhi sono di più. Sono pezzi di cielo o di mare. Sono ciò che di più bello c'è al Mondo, credimi. Quando ti guardo negl'occhi, attraverso lo schermo di un pc, ci vedo il Mondo in quelle iridi azzurre. E, soprattutto, ci vedo un giovane bambino indifeso bisognoso d'affetto.» Si sforzò di terminare quei complimenti: si sentiva patetica. Lui si sciolse in un dolcissimo sorriso e la guardò.
«Nessuno mi aveva mai detto questo.» E cosi Simona rispose a quel dolce sorriso che, francamente, la faceva impazzire.
«Vieni qui.» Le sussurrò Jared, cercando di abbracciarla. Lei lo guardò un attimo perplesso ma poi si strinse fra le sue magre ma muscolose braccia. Simona si sentiva al sicuro in quel momento: era tra le braccia del suo idolo, dell'uomo che credeva di amare dal profondo del suo cuore. Aveva appoggiato la testa sul suo petto e sentiva il battito del suo cuore. E, assieme alla sensazione di pura dolcezza, sentiva anche il suo profumo: fresco, puro, SUO;  rimasero stretti per una decina di minuti ma a Simona sembrò un'eternità. Poi l'abbraccio si interruppe e rimasero a fissarsi per un po', stupiti. Lei non credeva che un uomo potesse essere bello ed affascinante allo stesso tempo e lui, invece, non poteva credere che lei si dichiarasse innamorata di lui. Simona si morse il labbro e fissò quelle sottili di lui: voleva baciarlo. Cercò di avvicinarsi ma lui la respinse.
«Questa non è una fiaba con un adorabile lieto fine. Non sei una principessina che necessita un bacio da un principe azzurro. Questa è la realtà.» Le disse facendo scivolare via le sue braccia che, un attimo prima, la stavano stringendo forte.
«Non sarò una principessina, ma tu sei un principe.» Scherzò lei, sperando di alleggerire la situazione. Ma non fu così.
«Sbagli. Sono il pirata, il lupo cattivo, uno stronzo.» mormorò Jared con un filo di voce. Simona non pensava potesse essere così severo nei propri confronti. Si sentiva a disagio più di prima, più di sempre, più di quella volta in cui la insultarono in pubblico. Si alzò dal freddo pavimento.
«Dove vai?» Le chiese lui. Simona sorrise. «Lontano da qui. Lontano da te. Magari se continuo a starti lontana, smetto di fare figure di merda.» Scoppiò a ridere e rientrò dentro. Attraversò il salotto e raccolse la sua fidata borsa. Stava cominciando a sentirsi strana e delusa. Sì, sapeva benissimo che le sue parole apparivano assurde a chiunque. Figuriamoci, poi, al diretto interessato. Voleva sparire dalla sua vista, per sempre. Voleva piangere, urlare, ritornare indietro nel tempo. Aveva quasi diciotto anni ma ciò che aveva fatto era troppo infantile. Non era un comportamento da lei. Ricacciò indietro le lacrime ed uscì di nuovo fuori, per dirigersi verso l’uscita di quella maestosa casa. Jared era ancora seduto a terra, con lo sguardo perso nella piscina perfettamente illuminata dalle luci notturne. Simona sorrise: era così dolce che sembrava un piccolo bambino. Sospirò e salì le scale. I passi di Simona sulle scale, fecero sobbalzare Jared, il quale decise di raggiungerla. Salì due gradini e l’afferrò per il braccio e Simona fu costretta a voltarsi.
«Ehi, piccoletta, aspetta.» mormorò pacato. Lei rimase perplessa ma non ebbe modo di replicare, poiché le sottili e fresche labbra di lui l’avevano fugacemente raggiunta. E così si scambiarono un dolcissimo bacio. Uno di quelli fragili e pacati. Dato senza sentimento sì, ma comunque bello. Quando Simona riaprì gli occhi vide che tutto  intorno a lei stava sparendo: la piscina, gli alberi, le palme, la casa, l’intero giardino. Tutto stava diventando bianco. Jared le afferrò la mano.
«Svegliati, piccola. E’ ora di ricominciare.» le sussurrò all’orecchio. Simona lentamente vide sbiadire e scomparire anche la figura dell’uomo dinanzi a sé e si lasciò andare, chiudendo gli occhi. Stava scivolando in un oblio di oscurità.


 

Bip. Bip. Bip. Bip. Bip.



Era tutto ciò che Simona riusciva a sentire, oltre ai lamenti di una donna. Aprì lentamente gli occhi e la forte luce che aleggiava nella stanza glieli fece chiudere in due fessure. Sentiva alcuni  dolori alla testa, alle braccia, al torace e non ricordava assolutamente nulla. Si guardò un po’ intorno e le bianche pareti della stanza in cui giaceva, le fecero capire di essere in ospedale. E quella donna che prima sentiva piangere era sua madre. Non ricordava, però, che cose fosse successo. Rimembrava solo il sogno che aveva fatto e che le era sembrato tutto reale.
«Mamma.» mormorò incerta. La donna alzò il volto che, un attimo prima, teneva nascosto tra le mani e sorrise.
«Oh, piccola mia! Ti sei svegliata! Come stai?» si avvicinò a prenderle la mano e cominciò a piangere di gioia. Simona continuava ad essere perplessa.
«Mi fa male tutto. Che cos’è successo? » domandò perplessa. Sorridendo per via del trucco completamente sbavato sul volto della mamma. Quest’ultima le strinse ancor di più la mano.
«Sei stata in coma per cinque giorni, Simo. Dopo che…» la sua risposta fu strozzata da altre lacrime. «Hai fatto quell’incidente.» terminò. Simona di colpo ricordò tutto: il viaggio di cui parlava tanto animatamente con la sua migliore amica, il litigio prima di partire, quella macchina che era loro finita addosso. Momenti tremendi.
«E Rita?» domandò ma sapeva già la risposta. La mamma scoppiò a piangere nuovamente e si alzò per abbracciarla. Simona sentiva tutte le sue sicurezze crollare. La sua migliore amica non c’era più e si sentiva incredibilmente sola. Il sogno, poi, non era stato niente di assolutamente coerente con la realtà. La sua pseudo-dichiarazione d’amore, la vergogna, le risate interminabili con quei tre matti. Non aveva senso. Ma poi, finalmente, capì il nesso logico fra tutti quegli avvenimenti e la perdita della sua amica: con quel sogno Simona era andata in un mondo parallelo, in cui tutto ciò che contava era la sua felicità. Era per questo che si era trovata a casa dei suoi idoli. Per un attimo pensò che fosse stata Rita ad indirizzargli quel sogno, consapevole di quanto quei tre matti la facessero stare bene. Poi abbracciò ancor più forte la mamma.
«Ti voglio bene.» le sussurrò.  




 

Simo's corner:
Tadan, eccoci alla fine! :3
Questa è una delle storie che più tengo a cuore poichè parla di me, dei miei idoli, di un'esperienza passata e di Rita: una delle mie migliori amiche. <3
(Luv u, dear.)
Scusa se ti ho fatta morireee! çwç
Vorrei cominciare col dire che non voglio che mi giudichiate in malo modo, magari dandomi dell'immatura ragazzina che segue i Mars solo per Jared. Vi posso assicurare che non è così. Mi sento davvero platonicamente innamorata di lui  e quando lo guardo negl'occhi, nonostante siano un po' sproporzionati, riesco a perdermici. E' qualcosa che va' oltre l'essere 'bimba-minchia'.  I Mars sono la mia fottutissima vita e, se non fosse stato per loro, non sarei qui oggi. (:
Sì, esatto, e non avrei rotto con le mie squallidissime storie AHHAAH
Bene, spero davvero che vi siate piaciuta e che lasciate una piccola recensione. *^*
Piccola, innocente e coccolosa. (?)
<3

Ah, giusto per chiarire, io all'anagrafe mi chiamo Simona, ma sarei dovuta essere Giulia. ò.ò
Dopo un breve litigio tra i miei, fu scelto il nome Giulia, ma quando quello stolto di babbo andò all'anagrafe, registrò Simona e non Giulia.
Mamma dixit, eh. Può tranquillamente essere una bugia, come quella che babbo natale esiste. -.-
Scusate se parlo troppo. :C
Ciao!<3 


 

  
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