Serie TV > Teen Wolf
Ricorda la storia  |      
Autore: lunatica365    12/08/2012    3 recensioni
Salve gente :) questa è una Derek/nuovo personaggio, che mi è stata richiesta da una ragazza, e il nome del nuovo personaggio è il suo, mentre visto che non mi ha detto nulla del suo carattere, beh, ho usato il mio :D all'inizio l'avevo pensata come una one-shot corta, poi come una mini long, e alla fine mi sono trovata a scrivere 8 pagine di Word come nulla, quindi ho deciso di lasciare la storia per intero in un solo capitolo :) spero che vi piaccia :D
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I wish my life were like a book

 
È da anni che ci prepariamo a questo giorno, ma non pensavo sarebbe mai arrivato. Certo, essendo lui il più alto dirigente della filiale italiana di un’azienda americana, probabilmente prima o poi sarebbe successo, ma per me è ancora incredibile solo pensare il fatto che mio padre è stato trasferito da Brescia in America! Più precisamente in una filiale della sua azienda in California, molto vicina ad una cittadina di nome Beacon Hills, nella quale da li a qualche giorno ci saremmo trasferiti io, mia mamma, mio papà e il mio cane Zeus, un cocker nero con gli occhi azzurrissimi.
Forse può sembrare strano che una diciassettenne non sia triste o arrabbiata all’idea di un trasferimento di tale importanza, ma essendo che non mi sono mai considerata una normale diciassettenne, la cosa poteva starci, soprattutto quando le amiche da salutare sono solo due. E non che me ne lamenti eh, come si dice, meglio pochi ma buoni! In realtà il trasferimento non mi pesava per nulla, anzi, la possibilità di cambiare finalmente e seriamente aria mi dava una certa euforia, e non ero nemmeno preoccupata per la lingua, perché mio padre ci aveva sempre obbligati a parlare in inglese a casa, in vista di questo evento che da tanto tempo desiderava.
                                                                           ****
Era una mattina di metà luglio quando finii di preparare le mie tre valigie: due con i miei vestiti e le scarpe e una con i libri che più amavo. Tra questi ultimi scelsi i miei preferiti da mettere nel bagaglio a mano, come svago per il lungo viaggio che mi attendeva. Mentre davo un ultimo sguardo alla libreria ancora mezza piena della mia stanza sentii la voce di mia madre chiamarmi dal piano di sotto
- Roberta, scendi! Lo sai che dobbiamo arrivare ore prima per fare il check-in! - sarebbe stato un viaggio molto, molto lungo.
Portai giù le due valigie con i vestiti e per ultima quella con i libri, la più pesante. Nonostante non mi sembrasse affatto, sentivo di starmi dimenticando qualcosa di importante.
- Roberta dove sono i tuoi occhiali? - mi sbattei una mano sulla fronte. Ero piuttosto miope, e se me li fossi dimenticati a casa sarebbe stato un disastro, perché avrebbe voluto dire niente libri!
- Oddio, grazie mamma! - feci una corsa di sopra e li recuperai sul mio comodino, sul quale avevo lasciato anche un elastico. “Ottimo!” pensai. Inforcai i grandi occhiali con la montatura nera della RayBan che mi ero comprata da poco, al posto di un paio di occhialetti rettangolari che facevano molto segretaria, e mi legai i capelli in una crocchia disordinata. Mi guardai allo specchio attaccato alla parete di fianco al mio letto: la frangetta lunga mi sfiorava la montatura, e gli occhi azzurri brillavano da dietro le lenti. Sorrisi. Erano la parte di me che preferivo.
Scesi di corsa le scale e caricai i macchina le mie valige. Partimmo e in un’ora circa fummo all’aeroporto di Milano. Lasciammo la nostra macchina al personale autorizzato a caricarla sull’aereo e attendemmo qualche ora prima di partire, durante le quali mangiammo al bar una brioche e parlammo della cittadina dove saremmo andati a vivere. Mio padre mi disse che aveva trovato una bella casa in periferia, molto vicina ad una foresta. Sorrise vedendo la mia reazione gioiosa alla parola foresta. Sapeva quanto mi piacesse andare a leggere nei parchi, quindi per me una foresta dove leggere in pace era una specie di Santo Graal.
Finalmente ci imbarcarono e il viaggio, anche se estremamente lungo. Nelle 13 ore non dormii quasi mai, e mi finii un libro da 350 pagine che avevo già letto tre volte, ma che amavo ogni volta e che non mi annoiava mai.
Quando arrivammo all’aeroporto di San Francisco per fortuna non dovemmo aspettare moltissimo per avere la nostra auto. Una volta saliti in macchina accendemmo il navigatore e digitammo il nome della cittadina, e poi partimmo. Dopo due/tre ore di viaggio, mio padre parcheggiò di fronte ad una grande casa bianca a due piani, che a quanto avevo visto negli ultimi minuti di viaggio era piuttosto isolata, e che aveva dietro di sé l’inizio della foresta di cui mi aveva parlato mio padre.
Quando entrammo vidimo che era già stata arredata delle cose essenziali, come mio papà aveva richiesto all’agenzia. Quella sera non scaricammo la macchina, andammo solo a dormire, stremati dal viaggio. Oltre alla camera dei miei genitori ce n’erano due. Mia madre mi chiese di scegliere quella che preferivo per me stessa, mentre l’altra l’avrebbe tenuta per eventuali ospiti, nel caso qualche parente volesse venire a trovarci dall’Italia.
Scelsi la stanza più grande, che aveva una maestosa libreria di legno scuro che copriva due pareti e che aveva incorporata una scrivania. Ottimo, avrei potuto metterci tutti i miei ninnoli e i miei libri, e visto tutto lo spazio che c’era, avrei potuto comprarne molti altri. C’era anche un armadio e un cassettone coordinati, anch’essi di legno scuro, e ovviamente il letto. Ero stanchissima, però, quindi ebbi solo la forza di togliermi le scarpe e gli occhiali, prima di buttarmi sullo spazioso letto da una piazza e mezza a dormire.
                                                                           ****
Quando mi svegliai, vidi sul display del cellulare che era mezzogiorno passato. Mi tirai su di scatto dal letto, e quando vidi che le mie valige erano già in camera capii che i miei genitori avevano preferito non svegliarmi mentre scaricavano la macchina. Allora misi su un po’ di musica col cellulare e iniziai a mettere in ordine le mie cose. Quando ebbi finito la stanza mi sembrava molto più mia. Notai con un sorriso che la mia camera aveva un bagno privato. Non avevo mai avuto un bagno tutto mio! Vi entrai e vidi che era un bagno piccolo ed essenziale, ma carino nel complesso. Aveva un grande specchio sopra il lavandino con una mensola sulla quale avrei potuto appoggiare i miei trucchi, una doccia piuttosto spaziosa e ovviamente un water.
Appoggiai la mia trousse sulla mensola e sistemai shampoo, balsamo e bagnoschiuma nella doccia. Dopo aver deciso che per adesso la mia area vitale (cioè la mia camera e il mio bagno) era abbastanza in ordine, decisi di esplorare il resto della casa, in attesa che mia madre mi chiamasse per il pranzo. La mia stanza si trovava nello stesso corridoio della camera dei miei e dello studio, mentre al piano terra, appena scese le scale ci si trovava davanti il grande soggiorno, con un bel divano di pelle chiara e una gigantesca TV al plasma e una bella cuccia per Zeus, che se ne stava lì a dormicchiare, evidentemente stanco anche lui dal viaggio in aereo. A destra del soggiorno stava la cucina, e a sinistra la sala da pranzo, mentre un corridoio perpendicolare alle scale portava da una parte alla stanza degli ospiti e dall’altra alla porta d’ingresso.
- Roberta! Sveglia! È ora di mangiare! - come mio solito, quando accadeva che mi svegliassi senza che lei se ne accorgesse, andai dietro di lei e gridai “Arrivo!” e lei come suo solito si prese un mezzo infarto. Io scoppiai a ridere e andai a sedermi in sala da pranzo, dove mio padre stava finendo di preparare la tavola. Mangiammo con calma e dopo pranzo dissi ai miei che sarei andata a portare Zeus a fare una passeggiata.
- Attenta a non perderti! - mi disse mio padre, intento a leggere il giornale locale, che aveva evidentemente comprato quella mattina - E attenta agli animali selvatici, ci sono stati molti attacchi ultimamente. - borbottai un “Si, papà.” E corsi di sopra a prendere un libro e il guinzaglio di Zeus. Mi misi le mie Vans e mi portai dietro un cardigan, visto che sembrava essere piuttosto freschetto, nonostante fosse luglio.
Uscii dalla porta sul retro che stava in cucina, e dopo una decina di metri di giardino iniziò la foresta. Gli alberi non erano particolarmente fitti, quindi permettevano abbastanza alla luce di illuminare il sottobosco. Ad un certo punto trovai un grande albero, che aveva una radice sporgente che sembrava avesse scritto: siediti su di me e leggi qualcosa! Io, ovviamente, non resistetti alla tentazione. Tolsi il guinzaglio a Zeus e lo lasciai libero di esplorare, e io mi accomodai su quella bella radice e iniziai a leggere.
                                                                            ****
(N.B.: le parti dette in italiano sono in corsivo mentre quelle in cui si parla in inglese sono normali)
Ero arrivata circa a pagina 30 quando sentii Zeus da qualche parte lì vicino che cominciava ad abbaiare e ringhiare.
- Zeus? Vieni qui, bruttone! - vedendo che non arrivava, mi alzai per cercarlo. Iniziai a girare un po’ fino a quando non lo trovai. Stava ringhiando ad un ragazzo, che decretai essere estremamente figo. Mi avvicinai a Zeus e mentre lo coccolavo gli dissi questo per calmarlo
- Smettila, Zeus! Non si ringhia ai bei ragazzi! - adoravo l’idea di poter dire quello che pensavo della gente, perché tanto non avrebbero mai capito. Dopo avergli rimesso il guinzaglio mi alzai e mi rivolsi al ragazzo.
- Scusa, mi dispiace tanto. Di solito non fa mai così. -
- Tranquilla, tutti gli animali reagiscono in modo strano quando mi avvicino. - il ragazzo aveva una bella voce. Mi misi il libro nella mano con il guinzaglio e gli tesi l’altra per presentarmi.
- Comunque, piacere. Mi chiamo Roberta Frau. - accennai un sorriso timido. Il ragazzo sembrò tentennare, ma alla fine mi strinse la mano e si presentò.
- Io sono Derek Hale. - non sembrava voler continuare a parlare. In effetti sembrava proprio un ragazzo di poche parole, ma avevo voglia di stringere amicizia, quindi attaccai discorso.
- Sei di Beacon Hills? -
- Si, ma non abito nella città, abito qui nella riserva. In realtà abito proprio a due passi da qui, e tu sei nella mia proprietà. -
- Questo posto è tuo? Ma è magnifico! È la prima volta che ci vengo, ma ci passerei giornate intere! - sembrava piuttosto contrariato alla mia ultima affermazione.
- Non credo, sai? Anzi penso proprio che tu debba andartene. -
- Io… ok. Scusa se ti ho disturbato. - Mi voltai sconsolata, trascinandomi dietro Zeus che continuava a ringhiare verso Derek.
- Sai, Zeus, forse hai fatto bene a ringhiargli contro, è proprio uno scorbutico. - dopo pochi metri mi resi conto che non sapevo in che direzione andare. Sbuffai e borbottai cose poco gentili nei confronti di angeli e santi. Avevo due modi per tornare a casa, entrambi piuttosto imbarazzanti, ma uno molto meno dell’altro: o tornavo da Derek e gli chiedevo se poteva darmi le indicazioni per tornare a casa, o chiamavo mio padre e gli chiedevo di chiamare una squadra dei soccorsi. La prima opzione era nettamente meno imbarazzante, così optai per quella. Mi voltai verso la zona dove poco fa si trovava il ragazzo.
Vidi che mi stava osservando. Evidentemente stava aspettando che me ne andassi. Mi diressi a passo veloce verso di lui, ostentando una sicurezza non mia. Mentre mi avvicinavo sentii un suono simile ad un ringhio. Il mio cane era tranquillo adesso, e Derek non poteva essere stato. Dovevo essermi sbagliata. Una volta arrivata da lui gli dissi
- Scusa se ti disturbo ancora, ma ho perso l’orientamento e non so in che direzione andare… puoi aiutarmi? - sembrava scocciato.
- Dove abiti? - mi sentii una stupida, ma non c’era altra risposta che potessi dargli.
- Mmm… rideresti tanto se ti dicessi che non lo so? Mi sono appena trasferita e… -
- Forse non saresti dovuta uscire. - adesso stavo iniziando a scocciarmi anche io.
-Ma come ti permetti di rispondermi così? Ok, magari non ho proprio fatto una genialata ad uscire così a caso, però per caso la buona educazione è diventata un’optional mentre passeggiavo?! E poi sei tu che mi hai detto di andarmene, quindi ci guadagneresti e basta a dirmi da che cavolo di parte andare! Non importa, come non detto. Ciao. - detto questo mi voltai nella direzione opposta e provai a vedere con le mappe del cellulare, ma visto che la connessione wifi di casa mia non arrivava fin lì, non si aprì un bel nulla. Irritata gettai il cellulare a terra e mi sedetti sul terreno polveroso. Mi presi la testa tra le mani e Zeus, il mio bravo cagnolone, si mise di fianco a me.
Passò qualche minuti, e io rimasi lì come una cretina.
- Tirati su… per favore. - sembrava quasi che non dicesse le ultime due parole da molto tempo, e che quella che mi stava facendo fosse una specie di concessione divina. Mi allungò una mano, che io accettai volentieri. Mi alzai e Derek mi disse
- Mi descrivi casa tua, così vediamo se posso aiutarti? - accennò un lieve sorriso. “Dio, che sorriso stupendo…” non riuscii a fare a meno di ricambiarlo.
- È una grande casa bianca a due piani, a pianta rettangolare e si trova a una decina di metri dall’inizio della riserva. - gli dissi le poche cose che sapevo riguardo alla mia nuova casa. Rimase un attimo a pensare e poi mi disse
- Ho capito qual è casa tua. - e indicandomi con il braccio la mia destra - Devi andare dritto da quella parte per arrivarci. -
- Grazie. - gli feci un sorriso e prima di andarmene gli rivelai il frutto dei miei pensieri mentre stavo seduta senza sapere dove andare - Sai, credo di aver capito perché mi vuoi cacciare. Tu hai un segreto. - lo vidi irrigidirsi quando gli dissi questo, ma continuai - Anche io ho un segreto, sai? Non lo sa nessuno, ma visto che mi hai evitato di essere data per dispersa alla polizia, te lo rivelerò. Vorrei che la mia vita fosse come un libro. - gli sorrisi, ma mi pentii subito di averglielo detto. Mi avrebbe di sicuro preso per pazza, e figurarsi se poi mi avrebbe mai più rivolto la parola. Invece, stupendomi, e facendomi incuriosire a dismisura mi disse
- Beh, diciamo che la mia vita è un po’ come in un libro. - e con un sorriso aggiunse - Ma non ti dirò di che genere. -
- Misterioso il ragazzo! - mi chinai a raccogliere il cellulare e me lo misi in tasca. Quando mi tirai su però mi ero già scordata da che parte dovevo andare, ma per fortuna Derek era ancora lì, così attirai la sua attenzione con un movimento della mano e con sguardo interrogativo indicai la direzione che mi sembrava di ricordare fosse giusta. Lui fece una risatina e mi indicò la direzione opposta. Mimai un grazie con le labbra e mi incamminai in quella direzione. Non mi accorsi che Derek mi seguì da lontano per controllare che arrivassi a casa.  
                                                                         ****
Passarono i giorni, e io feci come mi aveva detto, ed evitai di tornare nella foresta, ma quando portavo a passeggio Zeus, mi ci addentravo sempre di qualche metro, sperando di rincontrare Derek.
Una sera però non resistetti alla tentazione di entrare nella riserva. C’era una così bella luna, talmente luminosa, che sarebbe stato un peccato non approfittarne per fare una passeggiata. Per l’occasione però decisi di attrezzarmi, e dopo cena presi con me una torcia e una bussola. Dissi ai miei che andavo a fare una passeggiata al chiaro di luna, e che sarei tornata per le undici.
Mi inoltrai tra gli alberi, che devo dire, alla luce della luna avevano un aspetto molto più lugubre, ma che ai miei occhi risultava misterioso ed affascinante. Amavo sentire intorno a me i suoni della natura e null’altro. In lontananza udii lo stridio di una civetta. Sperai di vederla, così mossi la torcia intorno a me, ammirando la bellezza del luogo incontaminato che era quella riserva, fatta eccezione per casa di Derek, che comunque non ero ancora riuscita a trovare. Continuando a guardarmi intorno ad un, certo punto, la potente luce della torcia che avevo con me si riflesse su… degli occhi? Si erano proprio gli occhi di un animale, che a guardarlo bene era un puma! Mi prese un colpo, e quasi feci un salto per la paura. Mi diedi mentalmente della stupida e mi chiesi perché diamine ero uscita lo stesso, nonostante mio padre mi avesse detto che c’erano stati attacchi di animali. Feci un respiro profondo e provai a calmarmi, ma il mio cuore non ne voleva sapere di smettere di battere all’impazzata. Provai ad allontanarmi lentamente, camminando all’indietro, per mantenere gli occhi addosso a quel gatto gigante che mi stava osservando famelico. Ogni passo che facevo, lui avanzava con me. Decisi di provare il tutto per tutto, e iniziai a correre. Non molto tempo dopo inciampai, e il puma iniziò a girarmi intorno, in attesa di attaccare.
Proprio quando sembrava che stesse per saltarmi addosso, fra me e l’animale si frappose una persona, credo. Osservai meglio la giacca e vidi che era proprio come quella di Derek. Mentre mi chiedevo se fosse lui o meno, lo sentii ringhiare al puma, che scappò impaurito. “Aspetta, aspetta! Una persona ha ringhiato? Mi sono persa qualcosa?”. La “persona” (non sapevo come definirla a quel punto) si girò verso di me, e vidi stupita che era effettivamente Derek, solo che era… diverso.
Probabilmente dopo essersi accertato da un’occhiata che stavo bene, Derek corse via. Io mi alzai e gli corsi dietro per seguirlo, ma andava dannatamente veloce. Ad un certo punto non lo vidi più, ma provai ad andare dritta, sperando di trovarlo. Improvvisamente gli alberi si aprirono e si aprì una grande radura, al centro della quale stava una casa mezza distrutta, da quello che dedussi essere stato un enorme incendio, con parcheggiata davanti una bella macchina nera.
Sperai che Derek fosse lì dentro, così mi avvicinai alla casa. Girai la maniglia della porta d’ingesso, che quando la spinsi si aprì con un cigolo.
- Derek? Derek, sei qui? - entrai in quello che supposi essere stato un soggiorno, un tempo.
Lo trovai lì, seduto su una poltrona annerita dal fumo, ma che sembrava miracolosamente sopravvissuta. Si teneva la testa tra le mani. Accompagnata da un ringhio mi disse questa parola.
- Vattene. -
- No. - sollevò la testa e mi fissò dritto negli occhi.
- Ti ho detto di andartene. - brillavano di una luce rossa, sembravano quasi braci ardenti.
- E io ti ho detto di no. -
- Che cosa vuoi? - non riuscivo a comprendere perché non capisse il motivo per cui l’avevo seguito.
- Voglio ringraziarti, ovvio. -
- Perché? - incominciavo seriamente a pensare che avesse qualche problema di comprensione.
- Perché mi hai salvato la vita! - si alzò dalla poltroncina e incominciò a camminare per la stanza.
- Tu non hai paura di me. - non era una domanda. Sembrava più una constatazione.
- No, infatti. - si voltò dall’altra parte, girandomi le spalle, e mi disse
- Nemmeno così? - quando si voltò di nuovo verso di me era tornato come prima, al momento dell’aggressione del puma. Trovavo affascinanti quei tratti ferini, mi ricordavano un…
- Sei un lupo mannaro? - non vi era timore nella mia domanda, solo mera curiosità.
- Si. Ma non capisco. perché non hai paura di me… così? -
- Perché facendo così mi hai salvata. - lo osservavo affascinata. Non riuscivo a credere di avere di fronte ai miei occhi una creatura che aveva popolato i miei romanzi preferiti. Mi avvicinai a lui, e allungai una mano per toccargli il volto, come per assicurarmi che fosse tutto vero. Lui si scostò, per non farsi toccare da me, ma io allungai ancora il braccio e gli sfiorai una guancia.
- Wow. - non seppi dire altro, ma questo lo sbloccò. Feci per togliere la mano, ma con la sua mano artigliata la trattenne. Si detrasformò e tornato umano continuò ad accarezzarmi la mano. Immaginai quanta solitudine e quanta sofferenza dovesse aver patito negli anni, timoroso di legarsi a qualcuno per via del suo segreto. Tolsi la mano dalla sua guancia, ma solo per avvicinarmi a lui e stringerlo in un abbraccio. Evidentemente non se lo aspettava, perché all’inizio non ricambiò la mia stretta, ma dopo qualche secondo mi strinse anche lui.
Con la testa appoggiata al suo petto dissi
- Beh, ora il mio sogno segreto è diventato realtà. - fece una risatina e poi mi disse
- Beh, credo che sia ora che torni a casa, e suppongo che sia meglio che io ti accompagni. -
Mi staccai da lui, e tutta orgogliosa tirai fuori dalla mia borsa la bussola e gli dissi che potevo cavarmela da sola. Lui alzò un sopracciglio e mi chiese
- Ah si? E in che direzione è casa tua? - mi sbattei una mano sulla fronte e gli dissi
- Santa Madonna! Ma quanto scema sono? Mi sono dimenticata di controllare prima di partire… - lui fece una risatina prima di chiedermi
- Ma che lingua è quella che parli oltre all’inglese? Sembra simile al francese. - io mi feci una grassa risata pensando che io non trovavo affatto simili italiano e francese, prima di dirgli
- È italiano, sai mi sono trasferita da là. - sembrava stupito.
- Wow, da così lontano? -
- Eh già… - guardai un attimo l’ora sul display del cellulare e vidi che erano le dieci e venti.
- Mi sa che dobbiamo partire… devo essere a casa per le undici, e la strada è lunga. - uscimmo da quella casa e ci incamminammo. Derek mi chiese ancora dell’Italia, e gli dissi qualche parola in italiano. Fu molto divertente sentirlo parlare la mia lingua madre con quell’accento strano che hanno gli inglesi e gli americani quando provano a parlare in italiano. Arrivammo al confine della foresta, e davanti a noi stava casa mia.
- Beh, eccoci arrivati! - ero piuttosto imbarazzata, non sapevo come salutarlo dopo quello che era successo tra noi nella casa bruciata. Lui mi accarezzò una guancia e mi disse con un mezzo sorriso
- Se vuoi venire a trovarmi qualche volta, vieni pure. Tu potresti insegnarmi un po’ di italiano e io potrei insegnarti qualcosa sui veri lupi mannari, e non su quelli descritti nei libri. -
- Sarebbe fantastico! Letteralmente un sogno che si avvera! - lui scosse la testa e fece uno sbuffo divertito. Suppongo fosse strano per lui sentire qualcuno tanto entusiasta all’idea di saperne di più su ciò che era. Si chinò su di me e mi diede un leggero bacio a stampo e mi disse
- Nord-Ovest - prima di andarsene. Evidentemente era in quella direzione la casa. Entrai in casa e guardai sull’orologio della cucina che erano le undici spaccate.
“Quando si dice la puntualità!”
Smangiucchiai un avanzo della cena, un po’ sfiancata dalla lunga passeggiata e  augurai la buona notte ai miei. Salii in camera mia e trovai uno dei miei post-it attaccato alla lampada. C’era scritto: Tanto per essere sicuro che non ti dimentichi anche di questo! NORD-OVEST.
Non avrei mai potuto dimenticarmene, ma per sicurezza lo lasciai là.
Nei prossimi giorni sarei andata a fare molte più passeggiate.
 


Salve gente :)
so cosa state pensando "ma che trip assurdi si fa sta tipa?" beh, se lo state pensando non avete tutti i torti XD spero che la storia vi sia piaciuta, perchè come ho scritto nella presentazione della storia ho messo il mio carattere là dentro, quindi è come se una piccola me con il nome di un'altra stia passeggiando per i boschi di Beacon Hills :) ditemi che ne pensate, che mi fa sempre piacere leggere cosa vi è piaciuto di più <3 per quelli che stanno seguendo la mia long di Teen Wolf, vi dico che questa è solo una piccola eccezione a quello che ho detto alla fine dell'ultimo capitolo pubblicato, ma l'ho fatto perchè me l'aveva richiesta una persona :D beh, quindi come già sanno coloro che seguono la long, ritornerò a pubblicare a settembre :D 
lunatica365
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: lunatica365