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Autore: Moonage Daydreamer    12/08/2012    1 recensioni
19 settembre 1964.
I Beatles sono ospiti nel ranch di Reed Pigman.
Il loro arrivo riuscirà forse a sconvolgere la vita di una ragazza troppo innamorata dei cavalli per aprirsi ad altri tipi d'amore...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wild Horses.
 


 

Starry-eyed an' laughing as I recall when we were caught
Trapped by no track of hours for they hanged suspended
As we listened one last time an' we watched with one last look
Spellbound an' swallowed 'til the tolling ended
Tolling for the aching ones whose wounds cannot be nursed
For the countless confused, accused, misused, strung-out ones an' worse
An' for every hung-up person in the whole wide universe
An' we gazed upon the chimes of freedom flashing.(1)

 

19 settembre 1964

Il sole non era ancora sorto e il ranch era immerso nel silenzio.
Uscii di casa e mi strinsi nella giacca a vento, tentata dall'idea di tornare di sopra, infilarmi il pigiama e nascondermi sotto le coperte.
Per quanto fossi abituata ad alzarmi presto, infatti, in genere non uscivo di casa prima delle sei, ma sapevo che l'unico modo per combinare qualcosa prima che loro arrivassero era buttarsi giù dal letto molto prima del solito.
Percorsi il tragitto dalla casa alla scuderia principale cercando di scostare dal viso gli innumerevoli ricci rossi che il vento mi portava davanti agli occhi. Guardai per qualche attimo il cielo terso che cominciava a schiarirsi solo in quel momento; sarebbe stata una giornata soleggiata e calda, non appena il sole fosse sorto e avesse cominciato a scaldare il Missouri.
Molte persone, quando mi recavo ad Alton, mi chiedevano se non mi desse fastidio lavorare nel ranch di mio padre, Reed Pigman, come fossi una normale dipendente stipendiata, ma a me non interessava chi fosse il mio datore di lavoro: i cavalli erano la mia vita, e avrei preferito lavorare in una scuderia in cambio di soli vitto e alloggio piuttosto che avere uno stipendio da capogiro in città come New York o San Francisco.
Spalancai la grande porta scorrevole della scuderia, ancora immersa nel buio, e accesi le luci. I cavalli sbuffarono messi in allarme: era presto persino per loro e non tutti erano già in piedi.
- State tranquilli, sono io. - dissi. Gli animali riconobbero il mio odore e la mia voce e si calmarono. - Scusate per l'ora, belli, ma oggi va così. -
Uscii di nuovo dalla scuderia e feci il giro all'esterno per aprire le finestre dei box che permettevano ai cavalli di mettere il muso fuori e guardarsi un po' intorno.
Passai di fianco all'unico box esterno del ranch, coperto da una tettoia collegata direttamente al tetto della scuderia, e mi appoggiai allo steccato che lo chiudeva, osservando il meraviglioso quarter baio che era ancora sdraiato al suo interno. Il cavallo sollevò la testa, drizzando le orecchie, ma mi dovetti imporre di allontanarmi, poiché in quel momento  non avevo tempo per fargli le coccole.
Andai a portare l'acqua ai paddock delle fattrici e dei puledrini nati in primavera, che ancora dormivano beatamente tra l'erba alta. Dopo il secondo giro con i secchi pieni d'acqua mi tolsi la giacca e la lanciai sul recinto.
Sospirai. L'unica cosa che speravo era che a loro non venisse la brillante idea di fare un giro a cavallo.
Non che a me non piacessero, ma il ranch era il mio angolo di paradiso privato e detestavo l'idea che qualcuno lo invadesse. Se proprio c'era bisogno che mio padre invitasse da noi una qualche celebrità, avrei preferito di gran lunga Bob Dylan o Joan Baez. Alcune delle loro canzoni mi piacevano, ma consideravo la maggior parte del resto stupide canzoni d'amore. (2)
Scossi la testa: era inutile lamentarsi poiché non avrebbe cambiato le cose. Mi misi all'opera e fui catturata dalla routine dei lavori di scuderia, che non mi lasciarono il tempo materiale per farmi dei viaggi mentali su quello che sarebbe successo. Diedi da mangiare ai cavalli e riuscii a pulire più della metà dei quindici box, poi medicai un cavallo che si era  fiaccato in modo piuttosto evidente il garrese.
Le ore passarono senza che me ne accorgessi e quando mia madre mi venne a chiamare, in compagnia del mio adorato fratellino, non ero riuscita a portare al prato i quattro puledri ancora in fase di addestramento.
- Maggie, saranno qui tra poco. Va' a darti una sistemata. - disse mia madre mentre uscivo dal box del cavallo che avevo appena medicato e mi pulivo le mani sporche di crema per le fiaccature direttamente sulla t-shirt già con i segni delle leccate di uno dei cavalli.
- Non farei in tempo. - risposi - E poi dopo torno qui a lavorare. -
- Ma papà ti ha dato un giorno libero apposta!- disse Reed Jr. Lo fulminai con lo sguardo, facendogli capire che non era il momento di ricordare quella circostanza a mamma.
- Sei impresentabile così. - puntualizzò la donna.
Sbuffai, poi, per farla felice, liberai i jeans scoloriti dalla polvere e legai i capelli già pieni di nodi con uno degli elastici che portavo al polso a mo' di braccialetto.
- Non sei contenta che arrivino?- chiese mio fratello. - In genere le adolescenti normali non impazziscono solo al sentirli nominare? Ah, già, tu non sei normale. -
Sorrisi e gli scompigliai i capelli, provocando i suoi lamenti.
- E sono fiera di non esserlo, Jr. -
- A me non dispiace che vengano. Finalmente incontreremo qualcuno di famoso. - disse il ragazzino.  Scossi la testa e lasciai cadere la conversazione.
Non avevo niente contro di loro e mi sarei comportata come mio padre si aspettava che mi comportassi, ma non se provavano a toccare i cavalli.
Procedetti a passo di carica sino all'entrata del ranch, talmente veloce che mamma e Jr. dovettero quasi mettersi a correre per starmi dietro.
In lontananza si vedeva già la polvere sollevata dalle auto. Quando queste si avvicinarono, mi accorsi che erano delle limousine nere.
"Ovviamente." pensai. Respirai, pensai a tutto il lavoro che avevo ancora da fare e mi stampai in faccia un sorriso che gridava "falsità". Le limousine si fermarono e le portiere si aprirono.
I quattro musicisti, il loro manager e qualcun'altro del loro staff misero piede nel ranch.  Mio padre si avvicinò a me e a mio fratello, precedendo i suoi ospiti.
- Maggie, Jr., loro sono...- iniziò, ma i quattro lo interruppero.
- John. -
- George. -
- Paul. -
- Ringo.-
Mi presentai, strinsi educatamente la mano di Harrison e Starr, ma non battei ciglio quando gli altri due si chinarono per baciarmela.
- E' un piacere fare la tua conoscenza, darlin'. - disse Lennon, con la più che evidente intenzione di affascinarmi.
Non avrebbe funzionato.
- Anche per me. - risposi sbrigativamente. - Spero vi troverete bene qui. Vogliate scusarmi, adesso, ma ho lasciato a metà parecchi lavori che dovrei affrettarmi a terminare. -
- Ma certo. Non vorremmo rubarti tempo prezioso. E poi noi rimarremo qui sino a domattina. - disse di nuovo Lennon strizzandomi l'occhio.
Finsi un altro sorriso, poi mi voltai prima che mio papà riuscisse a trovare una scusa per trattenermi.
Appena fui certa di non essere più nel campo visivo dei Beatles, cominciai a correre e mi precipitai di nuovo nella scuderia.
L'odore del legno e del fieno mi avvolse e, come sempre, riuscì a rilassarmi.
Terminai di pulire qui pochi box che mi mancavano, poi feci una sessione d'addestramento alla corda lunga con Chenoa, una puledra appaloosa di tre anni, portandola nel tondino dietro la scuderia.  
Per tutta la mattina i Beatles non si fecero vedere, così riuscii a finire prima di quanto avessi previsto.
Mi asciugai il sudore dalla fronte, poi mi recai presso il box esterno. Secondo il mio modo di vedere le cose, il più grande vantaggio di lavorare per mio padre era che il mio cavallo era stato messo nel box più spazioso di tutto il ranch. Il quarter era in piedi, completamente rilassato e gli occhi semi-chiusi, ma ogni tanto scuoteva la coda e faceva vibrare la pelle per scacciare le mosche. Il sole ormai vicino allo zenit illuminava il lucido mantello baio. Come avvertì che mi avvicinavo, portò le orecchie in avanti e si accostò alla staccionata.
- Ciao, splendida creatura. - mormorai facendogli una piccola carezza sul naso proteso verso di me. - Arrivo subito. -
A fianco del box c'era uno spazio ampio, anch'esso coperto dalla tettoia, che veniva usato per sellare o per fare la doccia ai cavalli,dove avevo collocato un paio di cassoni perché fungessero da selleria privata.
Recuperai la cassettina contenente le mie spazzole e un sacchetto di carote, poi tornai dallo stallone. Presi una striglia e aprii la porta del box completamente, poiché il cavallo sembrava più interessato ad annusare e a mordicchiare la mia povera maglietta piuttosto che ad architettare una fuga. Lo pulii a lungo, finché il mantello non fu splendente e tutti i nodi della coda e della criniera districati.Cominciai ad accarezzargli il collo e il muso.
- Molte delle mie amiche ammazzerebbero per essere qui oggi, lo sai? - sussurrai guardandolo negli occhi. Era incredibile come quello sguardo mi desse l'impressione di riuscire a vedere fin dentro la mia  anima. - Io temo che possano fare del male a te o qualcun altro dei cavalli. In genere le celebrità si credono onnipotenti....-
Il quarter mi toccò la spalla con il naso, sbuffando appena. Appoggiai la fronte contro quella dell'animale.
- Meno male che ci sei tu, amore mio.- 
Il cavallo cominciò ad annusarmi insistentemente e allungò pian piano il muso fino alla cassettina, raggiungendo le carote.
-  E uno crede che l'amore di un cavallo sia disinteressato!- esclamai ridendo. Allontanai il sacchetto dalla sua bocca golosa. - Eh, no, caro. Queste te le darò dopo che abbiamo lavorato, non prima!-
Lo stallone mi guardò per qualche secondo, implorante, ma poi capì che non l'avrebbe spuntata e si mise a brucare il fieno nel suo box.
- Ti lascio tranquillo ancora per un po', va bene? - dissi mentre uscivo e richiudevo la porta. - Vado a dare la pappa agli altri e poi torno. -
Stavo rovesciando il contenuto dell'ultimo secchio di mangime, quando un rumore improvviso mise in allarme tutti i cavalli. I Beatles e Brian Epstein, accompagnati da mio papà, fecero il loro ingresso in scuderia, ridendo e parlando a voce altissima.
Mi avvicinai a loro il più velocemente possibile senza mettermi a correre.
Qualche cavallo nitrì spaventato.
- Non si urla vicino ai cavalli. - sibilai, poi mi avvicinai al box di Eresseie, una giumenta che sembrava particolarmente turbata. - Va tutto bene, piccola. Non è successo niente, vedi?-
- Scusaci, non era nostra intenzione fare tutto questo casino. - disse McCartney.
Scrollai le spalle:- Ai cavalli non interessa se una persona fa una cosa volontariamente o meno. Ciò che loro importa è se la fa o no. -
Papà si schiarì rumorosamente la voce:- Tesoro, non ti sembra di esagerare? -
Pronunciò quella frase con un tono che stava a significare: "cambia comportamento o ti trascino via di qui e ti porto in un posto dove sarai circondata a vita dall'asfalto."
Il che era assurdo, perché io avevo diciannove anni, e potevo fare della mia vita ciò che volevo. Alla fine, però, dovetti riconoscere che mio padre aveva ragione.
- Vi chiedo scusa. - dissi poi - Non era mia intenzione trattarvi male. E' che quando si tratta di cavalli tendo a diventare molto protettiva. -
McCartney sorrise:- Figurati. Si vede che ci tieni. In genere non incontriamo ragazze così appassionate; è una cosa fantastica. -
Abbassai lo sguardo, imbarazzata soprattutto dallo sguardo e dal sorriso che Lennon mi rivolse.
- Volete vedere i cavalli?- chiesi per uscire da quella situazione.
- Sarebbe fantastico!- rispose Harrison con entusiasmo.
- Muovetevi pure liberamente, basta che non apriate i box, non provochiate rumori forti e non facciate movimenti veloci e bruschi. -
Andai ad aprire tutte le finestre interne ai box, così che i cavalli si affacciassero sul corridoio della scuderia e per i quattro musicisti britannici fosse più facile osservarli e interagire con loro.
All'inizio si mossero in gruppo, ma dopo un'occhiata veloce a tutti i cavalli, si divisero e si fermarono ciascuno davanti ad un box diverso. McCartney si fermò ad osservare Eresseie. La cavalla era una bella baia con una stella bianca in fronte e delle focature su tutte e quattro le zampe. Aveva davvero un carattere d'oro: era amichevole e docile, anche se tendeva a spaventarsi facilmente, ed era davvero portata per il lavoro con il bestiame. In genere passava inosservata, poiché al suo fianco c'era una paint davvero splendida, ma McCartney ne sembrò affascinato.
- Mi dispiace che ti abbiamo spaventata. - stava mormorando il bassista, mentre la giumenta continuava a guardarlo, dapprima con lieve sospetto. Tuttavia non si ritrasse quando il ragazzo allungò la mano per accarezzarle il collo.
Sorrisi; i cavalli avevano la straordinaria capacità di riuscire a tirare fuori il meglio di chiunque venisse a contatto con loro.
- Scusami. - mi chiamò Starr. - Ho visto che c'è un altro box fuori, posso andare a vedere?-
- Ma certo. - risposi - Come ho già detto, potete andare dove volete, a patto che non facciate niente che possa danneggiare i cavalli. -
Il batterista sorrise, mi ringraziò e uscì, mentre continuavo a controllare quello che succedeva nella scuderia.
Nonostante all'inizio non mi avessero fatto una buona impressione, adesso stavano recuperando punti a loro favore.
Harrison si era accostato al box di Iye, un quarter sauro con una grande lista bianca e quattro calzette, ma continuava a guardarlo da lontano.
- Può chiamarlo, se vuole. - dissi.
- Ma sta mangiando. - disse Harrison. - Non lo voglio disturbare. -
- Fosse per lui mangerebbe tutto il giorno!- replicai.
Il Beatle sorrise:- Allora abbiamo una cosa in comune. -
Ridacchiai, poi feci schioccare la lingua, richiamando l'attenzione di Iye, il quale si avvicinò alla porta e annusò con curiosità il chitarrista. Lasciai Harrison in compagnia del quarter, di buonumore.
Forse non erano così male, dopotutto.
Uscii dalla scuderia e mi avvicinai a Starr, che era appoggiato allo steccato che chiudeva il box del mio stallone.
- E' bellissimo. - disse il batterista quando si fu accorto della mia presenza.
- Si chiama Aerandir. - mormorai.
- E' un nome molto strano. -
- Significa "colui che erra sul mare". Non ha molto senso per un cavallo, ma mi piaceva. - spiegai. Starr mi guardò curioso.
Incrociai i suoi occhi e rimasi completamente spiazzata. Non avevo mai visto delle iridi così blu.
- E' un nome che ho preso dal Silmarillion...- mormorai. - Ha presente...Tolkien? -
Il volto di Starr si illuminò di un sorriso divertito.  Aerandir si avvicinò alla porta del box. Il Beatle allungò la mano in direzione del cavallo, proprio verso i suoi occhi, ma il quarter indietreggiò.
- Deve lasciargli il tempo di conoscerla. - dissi gentilmente. - Gli permetta di annusare la sua mano. In questo modo. -
Aprii il palmo e lo avvicinai leggermente al naso di Aerandir, senza toccare il cavallo, che allungò il collo di sua spontanea volontà e cominciò a leccarmi le dita. Ritrassi la mano e guardai Starr imitarmi.
- Non lo forzi. - dissi ancora - Se vuole entrare a contatto con lei, lo farà; così comincerà a fidarsi di lei.-
Aerandir annusò la mano del batterista, poi allungò il muso e cominciò a mordicchiarla.
Gli altri Beatles si avvicinarono ai noi, mentre Ringo ritraeva la mano. Accarezzai  il collo del cavallo, mormorandogli sottovoce delle lodi. Il batterista non riusciva a smettere di sorridere, e guardare la felicità che traspariva dai suoi occhi mi scaldò il cuore.
- E' stato davvero bravo, signor Starr.-
- Non avrai realmente intenzione di andare avanti a chiamarci "signori Beatles" ancora a lungo, vero?!- esclamò Lennon. - Nemmeno quando avrò cinquant'anni accetterò di essere chiamato in quel modo!-
- Ciò che Johnny sta cercando di dire con" molta" gentilezza è che vorremmo che tu ci dessi del tu. - disse McCartney dando una gomitata all'altro.
Annuii, mentre i due cominciavano a punzecchiarsi; l'occhiata che Ringo mi rivolse mi fece capire che dovevo rassegnarmi e mi fece ridere.
Mia madre giunse subito dopo per avvertirci che era pronto il pranzo.
Ci dirigemmo tutti insieme verso casa, e io riuscii a chiacchierare con John, Ringo, Paul e George, cercando in tutti i modi di farmi perdonare la scortesia immeritata di poco prima.
La loro compagnia, scoprii, era molto piacevole.
Quando entrammo in sala da pranzo, la tavola era già apparecchiata e mentre gli ospiti si accomodavano, mi recai in cucina per dare una mano a mia mamma a portare le pietanze, che non erano molto diverse da quello che mangiavamo di solito. Sebbene mia mamma fosse un'eccellente cuoca, infatti, non amava i pranzi alla "Giorno del Ringraziamento" se non il quarto giovedì di novembre o a Natale.
Mi sedetti fra mio padre e mio fratello, il quale cominciò subito a parlare, come se fosse una macchina, fermandosi solo per riprendere fiato.
- Spero abbiate trascorso una mattinata piacevole. - dissi.
- Oh, sì, molto. - mi rispose Paul. - Il signor Pigman ci ha portati a pescare sul lago. -
- E Jr. ci ha fatto fare un giro sui go-kart. - aggiunse John.
Smisi di mangiare, spostando lo sguardo da loro a mio fratello, sorpresa. I go-kart attualmente rappresentavano per lui quello che rappresentavano per me i cavalli, ma poi mi ricordai che, per sua fortuna, il ragazzino era molto meno possessivo. Il pranzo trascorse in un lampo, poiché John, George, Ringo e Paul continuavano a scherzare e a far battute, coinvolgendo tutti quanti, persino mia madre, che invece di solito era più introversa di me.
- I nostri ospiti vorrebbero fare una cavalcata. - mi informò mio padre, all' improvviso. - Mi aspetto la tua completa disponibilità.-
- Sicuramente - risposi, poi mi rivolsi ai quattro ragazzi. - Siete mai stati su un cavallo?-
La risposta, come c'era d'aspettarsi, fu un "no" pronunciato all'unisono.
- Io veramente sì. - disse invece il signor Epstein. Spostai una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio, riflettendo e visualizzando nella mia mente tutti i cavalli della scuderia. - Bene, allora. John può prendere Jos, Paul...-
- Maggie - mi interruppe papà - saranno i ragazzi a scegliersi i cavalli. -
Mi morsi il labbro inferiore e strinsi i pugni, mortificata.
Calò un silenzio a dir poco imbarazzato nel quale io non potei fare altro che abbassare gli occhi. Durò solo qualche secondo, ma bastò per farmi desiderare di non essere mai nata.
Il telefono cominciò a squillare. Tirai un sospiro di sollievo e mi alzai da tavola, facendo bene attenzione a non incrociare lo sguardo di nessuno.
Andai in salotto e chiusi la porta, in modo da non udire le voci dei quattro inglesi nell'altra stanza. Presi la cornetta in mano , ma non feci  in tempo a dire "pronto" che un urlo mi investì.
- Se quando sarò vecchia non sentirò niente da un orecchio ti farò causa, sappilo. - dissi, intuendo con facilità l'identità del mio interlocutore.
- Ti prego, dimmi che non ci sono i Beatles nel tuo ranch!- gridò ancora Michelle, la mia migliore amica dai tempi delle elementari.
- Non ci sono i Beatles nel mio ranch. - risposi sarcastica.
- Sì, invece. Ci sono!- esclamò l'altra ragazza. - O mio Dio! Ci sono i Beatles nel tuo ranch! -
- L, datti una calmata o davvero mi assordi!-
- Non hai idea di quanto io ti stia odiando! Ti ucciderei in questo momento.-
- Buono a sapersi. - dissi, senza riuscire a condividere l'entusiasmo dell'amica.
- Dove sono in questo momento?-
- Credo stiano sellando. Vogliono fare una passeggiata. -
- E perché cavolo non sei con loro?-
- Perché una pazza furiosa mi ha chiamata!- replicai ridendo, ma dopo poco tornò seria e non udì nemmeno l'amica mormorare qualcosa.
- E poi se li scelgono da soli i cavalli. - sibilai.
- Che cosa? -
- Niente, lascia stare.- dissi, poi mi affrettai a cambiare argomento. Chiacchierare con Michelle mi aiutò a ritrovare il buonumore.
- Ti lascio andare, adesso, ma promettimi che mi aggiornerai tra un po'. - disse la mia amica con tono implorante.
- Sta' tranquilla. Registrerò ogni loro mossa e farò rapporto.-
- Molto bene, soldato!- mi resse il gioco - Qui è Pentesilea, passo e chiudo. -
Scossi la testa e riattaccai il telefono.
Incerta su cosa fare, mi avvicinai alla finestra che dava sui paddock e mi appoggiai al vetro. Vidi  che mio padre stava tornando a casa dalla scuderia, anche se non mi ero nemmeno accorta che lui o gli altri fossero usciti di casa.
Quanto diavolo ero rimasta al telefono? Guardai l'orologio per recuperare la concezione del tempo e scoprii che erano quasi le quattro.
I Beatles dovevano essere già andati in passeggiata.
Alla fine, mi convinsi ad andare in scuderia, con una mezza idea di sellare Aerandir e fare un po' di lavoro in piano; uscendo incrociai mio padre, al quale non rivolsi nemmeno uno sguardo.
Quando raggiunsi la porta della scuderia, non resistetti alla curiosità ed entrai. Come era scontato, erano vuoti i box dei cavalli che avevano colpito di più gli ospiti quella mattina.  Non senza provare una certa soddisfazione mi accorsi  che anche Jos mancava all'appello, e immaginai che John avesse seguito il mio consiglio, mentre George doveva aver scelto Iye, Epstein Yuma, mentre  Paul Eresseie. Scandagliai con lo sguardo la scuderia, alla ricerca del quinto box vuoto, ma con orrore mi accorsi che non c'era. Un atroce sospetto si insinuò nel mio cuore. Corsi fuori, ma inciampai su una cavezza che era stata lasciata sul pavimento.
Il disappunto e la delusione si dipinsero sul mio  viso quando mi accorse che il quinto box era quello esterno. Era la prima volta che qualcuno montava Aerandir, il mio Aerandir, e non mi era neanche stato chiesto il permesso per farlo. Tuttavia presto quei sentimenti furono sostituiti dalla preoccupazione per Ringo: per quanto il quarter fosse tranquillo, era comunque stallone, e ciò non lo rendeva adatto ad un principiante.
A causa di quelle emozioni il mio  cervello fece fatica a fare quel collegamento logico che in condizioni normali mi sarebbe riuscito in automatico.
Paul aveva scelto Eresseie, Ringo Aerandir. Eresseie e Aerandir.
"Oh, no!" pensai.
Corsi di nuovo  verso casa, chiamando a gran voce mio padre.
- Che succede, Maggie? Mi hai fatto prendere un infarto!- esclamò lui raggiungendomi nell'ingresso.
- Dimmi  che non hanno preso Aerandir ed Eresseie!- gridai.
- Calmati. - le disse suo padre. - So che è il tuo cavallo, ma Starr lo adora, lo tratterà bene non ti preoccupare. E credo sia stato McCartney a prendere la giumenta. Perché?-
- Perché lei è in calore. E Aerandir è stallone. Collega le due cose. - risposi passandomi una mano tra i capelli. - Che sentiero hanno preso? -
- Quello a nord. - mi rispose mio padre  mentre io  mi precipitavo di nuovo fuori.
- La prossima volta decido io quali cavalli si prendono, chiaro?-
Feci sbattere la porta, attraversai come una furia il ranch e sellai in fretta e furia Fantasy, la paint che si trovava a fianco del box di Eresseie. Era piccolina, ma quando ci si metteva era in grado di correre quasi più veloce di Aerandir.
Il sentiero nord era un percorso piuttosto semplice e largo, adatto a delle lunghe galoppate. Se non altro, non ebbi problemi nel far correre Fantasy. La spinsi al limite delle sue capacità per raggiungere in meno tempo possibile i Beatles e Epstein. Presi una scorciatoia, che secondo i miei calcoli, avrebbe dovuto permettermi di intercettare il loro percorso. Infatti, quando li scorsi, ero più avanti di loro.
- Fermatevi!- gridai nello stesso momento in cui li scorsi. Man mano che mi avvicinavo, feci rallentare Fantasy, fino a farla passare ad un trotto sostenuto. Gli altri cinque obbedirono, sorpresi dal vedermi lì e si fermarono, tuttavia Ringo sembrava ad aver problemi con Aerandir, il quale continuava a scalpitare agitato. Smontai in fretta da Fantasy.
- Ringo, è meglio se scendi. - gli consigliai, ma era già troppo tardi.
Aerandir si impennò e subito dopo sgroppò. Ringo non riuscì a tenersi e cadde, mentre il cavallo cominciava a galoppare senza una meta precisa, sgroppando a ripetizione.
Corsi verso lo stallone. Con la coda dell'occhio vidi con sollievo che Ringo si stava già rialzando. Riuscii a intuire la direzione di Aerandir e lo intercettai. Mi misi di fronte a lui allargando le braccia e guardandolo negli occhi. Il cavallo fece un alt e mi diede la possibilità di afferrargli una redine prima che ripartisse. Tenendolo stretto cominciai a farlo girare in tondo intorno a me, come se fosse alla corda lunga,  anche se Aerandir continuava a sgroppare e a cercare di dirigersi verso Eresseie. Gli altri cavalli, per fortuna, non si erano fatti trascinare dal comportamento dello stallone ed erano abbastanza tranquilli.
- Dovete portar via quella cavalla. - dissi . - Tornate indietro. Ringo, per favore, prendi la giumenta bianca e nera. -
I quattro ragazzi e il loro manager obbedirono e in poco tempo rimasi sola con Aerandir, che cominciò a rallentare il galoppo e passò al canter, anche se ogni tanto sgroppava ancora.
Ben presto, però, iniziò a stancarsi e irruppe al trotto. Fischiai per farlo rallentare ancora. Aerandir abbassò la testa e portò di nuovo le orecchie in avanti. Finalmente si fermò al passo e poi fece un altro alt.  Mi avvicinai a lui e gli accarezzai il collo sudato.
- Bravo ragazzo. - mormorai, mentre facevo passare di nuovo la redine oltre il collo,incrociandola con l'altra. - Torniamo a casa. -
Montai e percorsi al passo il sentiero che portava al ranch. Aerandir era stanco e ansimava, non volevo sfiancarlo ulteriormente spingendolo ad un'andatura più veloce. Ci misi venti minuti buoni, poi legai il cavallo accanto al suo box, e gli feci una doccia fredda, insistendo soprattutto sulle gambe, in modo da scongiurare un'infiammazione ai tendini.
Cominciai a canticchiare per tenermi compagnia. Sentii dei passi, ma non mi voltai, poiché immaginai con facilità di chi si trattasse.
- Se sei qui per dire che questo cavallo è pericoloso puoi pure tornare indietro. - dissi mentre cominciavo a pulire gli zoccoli di Aerandir. - Lui è stallone e una delle giumente che avete montato è in calore. Ha semplicemente fatto quello che in natura avrebbe dovuto fare. -
Ringo si accostò al cavallo e gli accarezzò il mantello bagnato.
- In verità sono venuto a farti le scuse mie e degli altri. -
- Cosa c'è, sono troppo orgogliosi per venire di persona?-
- No. E' solo che è pronta la cena e quando George comincia a mangiare è praticamente impossibile fermarlo. - rispose il batterista. - Avremmo dovuto ascoltarti. Scusaci, Maggie. -
Mi guardò con un'espressione dispiaciuta che mandò in pezzi il mio risentimento.
- E' stato mio padre a sbagliare. - mormorai, cercando di essere incoraggiante. - L'importante è che nessuno di voi si sia fatto male. -
- E nemmeno il cavallo. -
Le sue parole ebbero un effetto inaspettato. Le mie labbra si allargarono nel sorriso più ampio che avessi mai fatto e il cuore cominciò a battermi più forte. Diedi una pacca sulla spalla di Aerandir.
- Questo bambinone sta che è una meraviglia. - dissi - Oggi si è divertito come un pazzo a fare il cretino in giro. -
- Mi ricorda qualcuno di mia conoscenza. - ridacchiò il batterista. - Comunque sono venuto anche a chiamarti: tua madre si sta già lamentando che sei in ritardo. -
Annuii in silenzio e cominciai a tracciare dei piccoli cerchi sul collo di Aerandir e continuai fino a che fui sicura che il cavallo era rilassato ma anche attento.
Sgancia la corda dalla cavezza di Aerandir e mi diressi verso la porta spalancata; il quarter mi seguì tenendo il naso appoggiato sulla mia spalla ed entrò nel box. Quando lo chiusi incrociai lo sguardo incredulo di Ringo.
- Ma come hai fatto?- chiese.
Scrollai le spalle:- Aerandir mi conosce da quando è nato e sa che può fidarsi di me, perché non l'ho mai forzato a fare cose che andassero contro la sua natura. -
Ci incamminammo verso casa.
- E' sempre stato tuo?-
- Sì: è nato qui il giorno del mio tredicesimo compleanno, così mio padre me l'ha regalato. Da allora non ci siamo mai lasciati e non ho mai permesso che qualcun altro lo addestrasse o lo montasse. - risposi, senza pensare all'effetto che le mie parole potevano avere su Ringo.
- Sono contenta che l'abbia cavalcato tu, però. - mi affrettai ad aggiungere.
- E' stata una giornata davvero fantastica. Non ti ringrazierò mai abbastanza. -
- E' un sollievo sapere che la caduta non te l'ha rovinata. -
- Oh, no. - disse lui e dalla luce che illuminava i suoi occhi blu capii che quella non era solo una frase di circostanza. Una volta a casa, informai mia madre che sarei andata a farmi una doccia.
L'acqua calda lavò via definitivamente, oltre che allo sporco e al sudore, anche ogni traccia della tensione di quel pomeriggio.
Mi portai una mano al volto, con fare pensoso, mentre l'acqua faceva appiccicare i miei capelli alla schiena.
C'era stato un momento, quando avevo visto Ringo a terra e il ragazzo non si era ancora rialzato, in cui la preoccupazione per il batterista aveva superato quella per il cavallo. Era durato soltanto per un breve, brevissimo istante, tuttavia non mi era mai successo prima di allora.

Solo dopo cena scoprii che si festeggiava il compleanno del signor Epstein.
John  aveva da subito adocchiato il giradischi in un angolo della stanza, posto di fianco al mobiletto su cui era appoggiato il telefono. Buona parte della libreria che si trovava a poca distanza da lì era occupata da dischi ( per la maggior parte di Bob Dylan e Joan Baez, ma anche qualcosa di Elvis Presley, Bill Haley & His Comets, Johnny Cash, Little Richard, Chuck Berry...).
- Sebbene teoricamente sia la festa di Brian, io ho il diritto di veto sulla musica che si mette su. - mise subito in chiaro John.
- Come sempre, Johnny...- sbuffò Paul, esagerando l'aria rassegnata che assunse.
- Trattatemeli bene, quei dischi. - li implorai mentre mi sedevo sul divano. - Me li sono guadagnati con il duro lavoro. -
- Sta tranquilla, darlin': mi assicurerò che non accada loro niente di male. Questi tre scaricatori di porto non li sfioreranno nemmeno con un dito. - disse, cominciando a scorrere con un dito le copertine dei dischi.
Io risi:- Oh, ma sei tu quello che mi spaventa! -
John mi si avvicinò con un'espressione maliziosa. Si appoggiò al bracciolo del divano per chinarsi appena verso di me.
- Fai bene. - sussurrò quasi al mio orecchio, ad un tono abbastanza alto perché si sentisse - Certe volte mi viene difficile contenere i miei istinti più reconditi. -
Lo guardai, scioccata dalle sue parole. Lui e gli altri scoppiarono a ridere e io arrossii violentemente, pur essendo sollevata nell'accorgermi che stava scherzando.
John tornò sui suoi passi, scelse un disco e lo mise su. Elvis Presley, ovviamente.
In quel momento, però, il telefono cominciò a squillare insistentemente.
- Scusatemi un secondo. Non posso proprio non rispondere. - dissi, poiché sapevo benissimo che la telefonata era per me. Mi alzai dal divano e raggiunsi il telefono.
- Pronto?-
- Qualcuno non doveva aggiornarmi sugli sviluppi? Spiare ogni mossa e fare rapporto?! - esclamò Michelle con un certo disappunto.
- Scusami, è stato un pomeriggio... un po' impegnato. -
La mia amica sbuffò:- Ti perdono solo perché oggi c'erano i Beatles a casa tua. Dove sono adesso?-
- Qui.- risposi rimanendo sul vago,cercando di non far capire ai quattro ragazzi che la conversazione trattava di loro.
- "Qui" in che senso?- insistette Michelle, esaltata come non lo era mai stata.
- In salotto. -
Al successivo grido della ragazza dovetti allontanare la cornetta dall'orecchio.
- Chi è?- chiese Paul.
- Una mia amica che è un po' cissata, al momento. - risposi sorridendo, poi tornai alla conversazione con Michelle.
- Tu sei nella stessa stanza in cui ci sono John Lennon, Paul McCartney e George Harrison!- gridò lei. Il fatto che avesse escluso dalla lista Ringo mi diede i nervi.
- E anche Ringo. - sbottai, rendendomi solo il secondo dopo di quello che avevo appena detto.
E tanti saluti al fare in modo che non sapessero che si stava parlando di loro.
I quattro Beatles mi guardarono curiosi.
- Che cavallo ha montato John?- chiese Michelle, sempre più entusiasta.
- Non te lo dico! Ci mancherebbe che mi chiedessi che cosa hanno mangiato per cena!-
Stavo peggiorando la mia situazione, ma ormai non avevo più via d'uscita.
- Intendi darci delle spiegazioni?- chiese John con un sorriso divertito stampato in faccia.
- Be'... non si può dire che a questa mia amica non piacciate.- mormorai, ma Michelle mi impedì di aggiungere altro.
- Quella era la sua voce, vero? La voce di John Lennon! Oddio! Perché non sono nata Maggie Pigman?!-
- Perché sei nata Michelle Wood. - risposi con sarcasmo. I quattro ragazzi cominciarono a parlarmi, mentre Michelle vaneggiava qualcosa che non riuscivo a capire .
- Dille di venire. - disse ad un certo punto John, ma non me ne accorsi.
- Senti, L, ci possiamo sentire dopo? Tu e loro mi state parlando contemporaneamente e non capisco più niente.
Paul mi si avvicinò:- Passami il telefono. -
- Che cosa?- chiesi, stupita.
- Cosa? - ripeté Michelle, confusa quanto me da quel sovrapporsi di conversazioni.
Paul sventolò la mano aperta sotto il mio naso, poi fece un cenno del capo a qualcuno che si trovava alle mie spalle. Ringo mi afferrò per i fianchi e cominciò a farmi il solletico. Mi ritrovai piegata in due a implorarlo di fermarsi. Paul mi sfilò facilmente la cornetta dalle mani.
- No, non sono Meg. Al momento lei è occupata a... - mi guardò di sottecchi mentre cercavo di divincolarmi dalla presa del batterista. - liberarsi da un attacco di ringhite acuta. -
- Per favore, basta. - sussurrai senza respiro. Ringo si fermò e mi lasciai cadere sul pavimento, ansimante.
- Sì, sono proprio io. -disse Paul. A Michelle doveva essere venuto un attacco di cuore. - Be', sai, siamo tutti qui e non è che la valchiria sia tanto di compagnia. -
Risi. Da quand'è che aveva preso a chiamarmi "valchiria"?
- Quindi io e gli altri ci siamo chiesti se ti va di venire qui. - continuò Paul.
"Se me la fa morire prima ci sono poche speranze che possa arrivare. " pensai rialzandomi e andandomi a sedere di fianco a Ringo.
- Perfetto, allora! Ti aspettiamo. - concluse il bassista e riattaccò il telefono. Raccolsi un cuscino da terra e glielo lanciai in faccia.
- Questo è per aver premeditato un assalto alle mie spalle. - dissi.
- Ehi, è Ringo quello che ti ha attaccata, non io!- replicò lui.
- Sei tu la mente diabolica, però!- replicai. Ridemmo e chiacchierammo per una decina di minuti, poi qualcuno bussò alla porta. Mi alzai e andai ad aprire.
- Non... sono in... ritardo, vero?- ansimò Michelle, appoggiandosi alla porta.
- Mi spieghi a quale velocità hai guidato per arrivare in così poco tempo?-
- Meglio che tu non lo sappia. E soprattutto che non lo sappia mia madre. - rispose la ragazza facendomi l'occhiolino. Si rassettò rapidamente i capelli biondi e lisci, che tante volte in vita mia le avevo invidiato.
- Sono a posto?- chiese. Io sorrisi e annuii, poi mi scostai dalla porta per farle cenno di entrare.
- Comportati bene. - sussurrai mentre Michelle entrava.
- In che senso?- chiese lei.
- Non dare in escandescenze. - risposi ridacchiando.
Sebbene conoscesse a memoria la strada per il salotto, la precedetti nella stanza.
Percepii che la mia amica trattenne il respiro quando si accorse che lì c'erano veramente i Beatles. Per tutta la durata delle (pressoché superflue) presentazioni, Michelle rimase quasi sempre con lo sguardo basso, quasi non osasse guardare davvero i quattro ragazzi, per paura che scomparissero.
- E noi che speravamo che tu fossi di maggior compagnia della cowgirl. - sospirò John, dopo averla salutata con il consueto baciamano.
- Ma Meg sa essere davvero di compagnia. - replicò Michelle. Inizialmente pensai che avesse l'intenzione di difendermi, ma quando il Beatle le rivolse uno sguardo scettico, la leggendaria estroversione di Michelle ritrovò il modo di uscire allo scoperto. - Certo, prima bisogna farla bere come una pigna, ma poi diventa all'improvviso simpaticissima. - esclamò la mia amica ridendo.
- Io non bevo "come una pigna". - borbottai dandole uno spintone. Mi ero sempre chiesta quale fosse il significato di quella similitudine, che Michelle usava più o meno sin da quando c'eravamo conosciute.
- Forza, ammettilo: ti abbiamo scoperta. - disse Ringo reggendo il gioco di Michelle. - Non puoi più tenere nascosto il tuo lato oscuro. -
- Ebbene sì, mi arrendo. - alzai le mani - Non volevo che veniste a conoscenza del mio lato da ubriacona, ma ogni tentativo è stato vano. -
Ridemmo tutti, poi John tornò verso i dischi e fece per sceglierne uno, ma Paul lo precedette e gli porse un LP. L'amico lo squadrò per un momento, poi fece un segno d'approvazione con il capo e lo mise sul giradischi.
Maybellene di Chuck Berry. Mi si illuminarono gli occhi.
- Scommetto che è una delle tue canzoni preferite!- esclamò Paul quando si voltò e mi vide.
Annuii, entusiasta, cominciando a muovere la testa a tempo.
- Allora, per ringraziarmi, che ne dici di concedermi un ballo?- mi chiese Paul porgendomi la mano.
- Va bene, ma uno solo, altrimenti rischio di azzopparti. - risposi.
- Sta' tranquilla, non c'è nessuno peggio di Macca a ballare. - disse John.
Io e Paul, insieme a John e Michelle, cominciammo a ballare, mentre Ringo e George chiacchieravano con Jr. e il signor Epstein parlava con mio padre.
- Non balli affatto male. - mormorò Paul alla fine della canzone.
- Sì, certo. - borbottai. - E magari ho pure un futuro da ballerina di danza classica davanti a me. -
- Vado fuori a prendere una boccata d'aria. - disse Ringo, alzandosi dal bracciolo del divano su cui era seduto e allontanandosi in direzione della porta d'ingresso. Feci per andare a sedermi di nuovo su una delle due poltrone, ma Paul mi fermò prendendomi il polso:- Dai, un altro ballo non ti costa niente. -
Sbuffai, ma poi annuii lentamente. Alla fine, gliene concessi molti di più e ballai anche con George e John, tuttavia il tempo passava e cominciavo ad essere un po' in ansia per Ringo.
Così, dopo che le note di una canzone di Dylan si furono spente, presi un maglione che avevo abbandonato sul davanzale della finestra un tempo imprecisato prima.
- Che stai facendo?- chiese Michelle.
- Vado a fumare una sigaretta. - spiegai. 
La sera era tranquilla e tiepida anche se c'era vento. Mi accesi una Malboro e cominciai ad aspirare lentamente il fumo, lasciando che il mio sguardo si perdesse fra le stelle.
- Non ne ho mai viste così tante in vita mia. - disse una voce alle mie spalle.
Sussultai, colta alla sprovvista e aprii la bocca.
- Non gridare: sono Ringo. - disse il batterista affiancandosi a me.
- Scusa. Non avrei dovuto spaventarmi in questo modo. -
- Ti spiace se rimango qui?- chiese gentilmente e io scossi la testa.
- Vuoi?- domandai porgendogli il pacchetto di sigarette. Ringo mi ringraziò, ma declinò l'offerta.
Si sedette sull'erba, appoggiandosi sui gomiti per guardare meglio le stelle. Mi misi a gambe incrociate di fianco a lui. Strappai qualche filo d'erba.
- Probabilmente te l'avrà chiesto un minimo di un miliardo di persone - dissi, per rompere il silenzio - ma mi devi spiegare la storia del tuo soprannome. -
- E se fosse il mio nome di battesimo?- replicò lui ridacchiando.
- Bisognerebbe arrestare chi l'ha scelto. -
Ringo rise ad alta voce, poi mi mostrò la mano piena di anelli.
- Oh, ma certo...- mormorai - E qual è il tuo vero nome? -
Il batterista tornò a guardare le stelle, lasciando cadere la mia domanda.
- Hai perso la capacità di parlare?!- chiesi scherzosa dandogli una pacca sulla spalla.
- Prima ti ho sentita canticchiare. - disse, cambiando argomento. - Non sei male. -
- Oh sì,invece. Lo stai dicendo solo per gentilezza. - replicai, cercando di mascherare l'imbarazzo. Aveva toccato un tasto dolente per me. Avevo sempre sognato di avere una voce come quella di Joan Baez, invece me ne trovavo una stridula, incapace di andare sia troppo in basso che troppo in alto.
- Cosa cantavi?- mi chiese ancora Ringo.
- A Hard Rain's A-Gonna Fall. - risposi - Bob Dylan. -
- Lo abbiamo conosciuto, lo sai? -
- Sul serio?- chiesi, meravigliata.
- Ad agosto. -
- E com'è stato?- Avevo lo stesso entusiasmo, anche se più contenuto, che Sarah aveva avuto quella mattina, quando mi aveva telefonato.
- Abbiamo passato la serata a fumare erba. E' stato fantastico. - rispose Ringo. - A John piace molto.-
Annuii, poi decisi che gli avevo permesso di cambiare argomento troppo facilmente.
- Non hai risposto alla domanda di prima. - osservai.
- Come mai se qui fuori a tormentare me quando dentro ci sono John e Macca?-
- Sono sicura che Michelle sarà in grado di badare a tutti e due, e anche a George. E poi, per quanto siano avvenenti, non sono proprio il tipo di ragazzi adatto a me. - risposi tornando seria. Feci un ultimo tiro, poi spensi la sigaretta sfregandola contro il terreno. Sentii gli occhi stupefatti di Ringo su di me.
- E qual è il tipo di ragazzo adatto a te?-
Scrollai le spalle:- Non ne ho idea. Non l'ho ancora incontrato.-
- Davvero?!- esclamò il batterista.
- La cosa ti sorprende tanto?- domandai guardandolo negli occhi. Anche nella semi-oscurità non era difficile scorgere l'incredibile colore delle sue iridi.
Ringo si scompigliò i capelli, in imbarazzo:- Be'... Tu sei una così bella ragazza, e hai moltissime qualità. -
- E un carattere insopportabile, un mucchio di lentiggini e gli occhi troppo grandi. - aggiunsi, per mascherare il mio imbarazzo. Sperai che Ringo non si accorgesse del rossore che era salito alle mie guancie.
Mi appoggiai sui gomiti, mentre lui si sollevava e si sedeva nella stessa posizione che avevo avuto io fino a poco prima, dandomi le spalle.
- Be', tutti hanno i propri difetti. Cosa dovrei dire io?-
Istintivamente, posai la mano sulla sua.
- A me non dispiace, il tuo naso. E poi hai gli occhi e il sorriso più belli che io abbia mai visto. -
Ringo si girò e mi guardò meravigliato, poi sorrise dolcemente.  Riuscivo a vedere riflessi nelle sue pupille i miei occhi verde scuro, grandi come quelli di una cerbiatta, ma un po' sproporzionati rispetto al mio viso, tanto da sembrare sempre spalancati.
Il mio cuore cominciò ad accelerare e io annegai nel mare dei suoi occhi. Lasciò la mia mano e spostò la sua per appoggiarsi meglio.
Cominciò a chinarsi lentamente su di me, esitando, come se temesse che mi accorgessi improvvisamente che lui non era John né Paul e che lo rifiutassi.
Io sapevo perfettamente chi era, né avrei voluto che ci fosse qualcun altro al suo posto.
Chiusi gli occhi e mi protesi verso di lui finché sentii le labbra di lui, morbide e delicate, sulle mie. Le sue mani mi strinsero delicatamente il volto e Ringo mi attrasse a sé.
La porta di casa si aprì sbattendo, facendomi trasalire. Ringo mi fece sdraiare a terra, in modo che nell'oscurità John, George, Paul e Michelle non riuscissero a vederci. I quattro uscirono sul portico ridendo.
- Sono fuori da un secolo, comincio a preoccuparmi. - disse Michelle, anche se dal suo tono era chiaro che non lo era affatto.
- Hai capito Ringo? Fa tanto il timido e il coccoloso, poi va ad imboscarsi con la valchiria. - affermò Paul ridendo.
- Tu lo biasimeresti?- chiese John - Insomma, lei è una cowgirl, dovrebbe essere piuttosto brava a mont...-
- Ragazzi, per piacere!- li rimbeccò Michelle - Fate i gentiluomini: è comunque la mia migliore amica!-
- Vieni, ma belle, qui fuori fa freddo. - mormorò Paul.
Con la coda dell'occhio vidi che Michelle metteva a braccetto di John e Paul contemporaneamente.
Quando i quattro se ne andarono, Ringo si alzò e mi porse la mano, che accettai, esitando appena.
Non riuscivo a guardarlo negli occhi, a causa di quello che il cantante e il bassista avevano detto. Era quella l'opinione che avevano di me?
- Non ascoltare tutto quello che dicono quei due. - sussurrò Ringo intuendo i miei pensieri. - Sparano tante di quelle cazzate nell'arco di una giornata che abbiamo imparato ad ascoltare metà di quello che dicono. -
Ridemmo, poi il batterista cominciò ad incamminarsi verso il portico.
- Immagino tu voglia tornare dagli altri, ora. - mormorò. Mi chiesi per quale motivo avesse così poca considerazione di sé da credere ancora che io non provassi niente per lui. Gli presi la mano, costringendolo a fermarsi. Lo guardai negli occhi.
- Se quel bacio non ha significato niente per te, dimmelo, ti prego. Insomma, tu sei uno dei Beatles, capirò perfettamente se mi dirai che tutto questo è stato solo un gigantesco trip mentale che mi sono fatta...- sussurrai, ma lui interruppe quel discorso assolutamente privo di senso.
- Ma io credevo che per te non...- balbettò.
Sorrisi e gli circondai il collo con le braccia. Sfiorai il suo naso con il mio.
- Lascia che te lo dica, Ringo Starr: sei uno stupido. - dissi e i suoi occhi meravigliosi si illuminarono di felicità.
Mi baciò di nuovo con dolcezza. Intrecciai le dita fra i suoi capelli, mentre lui mi cingeva i fianchi. Sentii la sua lingua insinuarsi fra le mie labbra e dischiusi la bocca.
Ero completamente inebriata. Non sentivo alcun rumore al di fuori del mio cuore che batteva impazzito contro il suo. Non mi ero mai sentita così prima di allora.
Quando quel bacio terminò appoggiai la testa contro la sua spalla e Ringo mi strinse a sé. Sorrisi.
- Che c'è?- mi chiese dolcemente il batterista.
- Niente, stupidate. - risposi nascondendo il viso contro il suo collo, ma lui si scostò per potermi guardare negli occhi.
- Ho la sensazione che non lo siano. - disse. Sbuffai, ma alla fine cedetti, anche perché nessuna creatura vivente avrebbe potuto resistere allo sguardo che mi rivolse.
- Sono solo tanto felice. E' la prima volta che... - esitai - bacio qualcuno. E non vorrei aver dato il mio primo bacio a qualcun altro che non fosse un batterista meraviglioso chiamato universalmente Ringo Starr. -
- Non hai mai baciato nessuno?- ripeté lui a dir poco meravigliato.
Scossi la testa:- No, te l'ho già detto. Nessuno, se si esclude Aerandir!-
Ringo rise, poi mi baciò di nuovo.
- Ci vuoi venire in un posto insieme a me?- chiesi al suo orecchio quando ci separammo.
- Dipende. Che posto?-
-  Eh,no, mi dispiace! Sarebbe troppo facile così. - replicai, rivolgendogli un sorriso scaltro. - Ti devi fidare di me. Sì o no, non è difficile.-
- Sì. - rispose lui sorridendo. Lo presi per mano e trotterellai fino alla scuderia.
- Cosa hai intenzione di fare?- mi chiese Ringo mentre aprivo la porta scorrevole.
- Certo che sei impaziente!- esclamai - Aspetta cinque minuti. -
Accesi la luce, poiché sapevo che, data l'ora, i cavalli erano ancora tutti svegli. Mi avvicinai al box di Fantasy e lo aprii. Feci cenno a Ringo di avvicinarsi e gli diedi la testiera della cavalla.
- Mettile solo questa. Ti aspetto fuori, vicino al box di Aerandir. - dissi e lo lasciai lì senza dargli il tempo per ribattere qualcosa. Uscii velocemente e mi recai dal mio cavallo, che riposava in piedi in un angolo del suo box.
- Prometto che domani ti lascio tranquillo tutto il giorno. - mormorai facendogli qualche carezza sulla schiena. Aerandir mi guardò e sbuffò.
- Lo sai che tu sei il mio unico vero amore, vero?- soffiai divertita vicino alle sue orecchie. Gli diedi un buffetto sul naso, poi gli infilai la testiera, incrociando le redini sul collo. Feci uscire il cavallo dal box e Ringo mi raggiunse subito dopo. Gli sorrisi, poi mi appoggiai alla schiena di Aerandir per darmi la spinta e salire a pelo. Il ragazzo mi fissò, sbigottito.
- Se hai problemi a salire, puoi usare lo steccato del box di Aerandir. - gli dissi reprimendo le risate.
Alla fine, dopo un paio di tentativi, riuscì a montare su Fantasy con ben poca della grazia che si attribuisce solitamente al Principe Azzurro che sale sul proprio cavallo bianco.
"Meno male che Fantasy è una giumenta d'oro." pensai mentre anche Ringo scoppiava a ridere. Si affiancò a me.
- Partiamo con calma. - dissi. - Devi dirmi tu quando ti senti di accelerare, va bene? -
Il batterista annuì e incitammo i cavalli al passo. Erano da poco passate le dieci, tuttavia la luna era alta e quasi piena. La sua luce chiara e incredibilmente forte rischiarava i paddock e i prati del ranch. Ringo fece schioccare la lingua e Fantasy cominciò a trottare. Nel tempo che ci misi a riprendermi dalla sorpresa, il ragazzo riuscì a distanziarmi e potei osservarlo mentre montava. Seguiva bene il movimento del cavallo e non rimbalzava sulla sua schiena, sebbene fosse la prima volta che montava a pelo. Incitai Aerandir a passare dal passo al trotto e lo feci accelerare per affiancarmi di nuovo agli altri due.
- Hai provato a lasciarmi indietro, vero?- chiesi ridendo.
- Ebbene sì, mi hai scoperto. Speravo di liberarmi di te una volta per tutte. - replicò Ringo.
- Senza di me ti perderesti irrimediabilmente e rischieresti l'osso del collo!-
- Hai ragione, e questo è l'unico motivo per cui non sono fuggito. - disse il batterista. - Però adesso dimmi che sai dove stiamo andando e che non stiamo vagando alla cieca nella notte. -
- Stai tranquillo: ho fatto questa strada ottomila volte, anche di sera. - lo informai.
- E fu così che si scoprì che Maggie Pigman era in realtà una pazza con istinti omicidi. -
- Solo nei confronti di insetti che decidono che nella loro vita vogliono suonare la batteria. -
- Ah, be', allora sono a posto. - mormorò, poi diede una pacca sul collo di Fantasy. - Bella, che ne dici se senza farci notare ce ne torniamo a casa a fare la nanna? -
- Bel tentativo, signor Starr, ma vorrei vederla a tornare indietro da solo. -
Ringo sbuffò sorridendo, poi ammutolì.
Si levò un vento proveniente da ovest. Aerandir cominciò ad accelerare e all'inizio faticai a farlo rimanere al trotto.
- Un po' esaltato il tipo, non è vero?- osservò Ringo. Annuii fischiando per far rallentare il quarter.
- Be', non sarebbe male galoppare un po' ora. - continuò.
- Sei sicuro?- chiesi.
- Sì. - 
Gli sorrisi e aspettai che fosse pronto, poi smisi di trattenere Aerandir, che partì praticamente da solo. Fantasy imitò subito lo stallone, senza lasciarsi distanziare. I due cavalli ingaggiarono una specie di gara amichevole, ma continuai a mantenere il controllo della situazione, in modo che non mi sfuggisse di mano.
- Le senti?- chiesi a Ringo.
- Sentire cosa?- replicò lui, concentrato a mantenersi in equilibrio sulla schiena della paint e a inforcarsi nel movimento della cavalla.
- Le campane della libertà. - dissi.
Ringo mi guardò, accigliato:- Questa citazione al volo di Bob Dylan non l'ho capita. -
Sospirai, poi feci rallentare Aerandir, che irruppe al trotto. Gli feci fare una transizione al passo, imitata da Ringo e Fantasy.
 - Cosa c'è?- chiese il batterista.
- Niente. - risposi. - Voglio provare a fare una cosa. -
- Bene, se il tuo scopo era terrorizzarmi, ci sei riuscita. - disse Ringo con l'intenzione di prendermi in giro.
- Passami le redini di Fantasy. - gli ordinai e allungai la mano nella sua direzione per rimarcare le mie parole. Ringo inarcò le sopracciglia, sorpreso, ma poi obbedì. Presi in mano le redini.
- Sai quello che stai facendo, vero?-
Annuii:- L'ho fatto altre volte, non ti preoccupare. -
Ringo mi guardò con sospetto, ma poi si rassegnò, anche perché capì che niente mi avrebbe convinta a mollargli di nuovo le redini.
- Attaccati alla sua criniera. - gli mormorai. - chiudi gli occhi. Lascia che sia lei a sostenerti e a guidarti. Fidati di lei. -
Ringo fece come gli avevo detto di fare e feci allungare il passo ai due cavalli. Tenevo le redini di Fantasy nella mano sinistra, lunghe abbastanza perché la giumenta si posizionasse, per il momento, dietro ad Aerandir. Dolcemente, li feci passare al trotto e poi al canter. Controllai che Ringo continuasse a tenere gli occhi chiusi. I due cavalli accelerarono il galoppo e Fantasy mi si affiancò di nuovo. Il quarter e la paint si spingevano a vicenda ad aumentare sempre di più l'andatura. Il terreno scorreva sotto di noi talmente velocemente che sembrava di volare. Il rumore degli zoccoli contro la terra dura spezzava l'immobile silenzio che alleggiava tra i prati.
Sapevo che eravamo ormai giunti molto vicino alla nostra destinazione, così cominciai a far rallentare la corsa dei due cavalli e li feci fermare di nuovo al passo.
Ringo aprì gli occhi e incrociò i miei. Dal suo sguardo intuii che aveva compreso il significato della "citazione al volo di Bob Dylan".
Senza dire niente gli passai le redini. Ringo continuò a guardarmi anche quando riprendemmo a camminare. Feci un alt e gli indicai con il capo il paesaggio che si era aperto davanti ai nostri occhi. Un piccolo laghetto circondato dagli alberi si trovava ai piedi della collinetta sulla quale ci trovavamo, che declinava dolcemente verso le acque scure sulle quali la luna si rifletteva. Su una sponda del laghetto c'era un salice davvero maestoso i cui rami si chinavano a sfiorare le acque. Poco distante dall'albero avevo costruito un recinto di piccole dimensioni, nel quale potevano stare al massimo due o tre cavalli, abbastanza vicino al lago perché gli animali potessero bere. Io e Ringo ci avvicinammo al lago e mettemmo Aerandir e Fantasy nel recinto, togliendo loro la testiera e appoggiandola allo steccato.
A causa della galoppata ero piuttosto accaldata, quindi mi tolsi la maglia. Mi fermai insieme ai due animali per assicurarmi che stessero bene e feci loro delle carezze, per ringraziarli e ricompensarli per quello sforzo fuori programma; Ringo, invece, si avvicinò all'acqua, contemplando il luogo in cui ci trovavamo. Rimasi a guardarlo da lontano. Il ragazzo alzò il viso al cielo per ammirare la stellata e io sorrisi, intenerita da quello spettacolo. Uscii dal recinto e mi avvicinai a lui.
- Allora, ti piace?- gli chiesi sfiorando la sua mano con le dita.
- E' stupendo. - rispose, assorto.
Mi sedetti sull'erba.
- E' il posto in cui vengo quando ho bisogno di stare da sola e di pensare. Non ho mai portato nessuno qui, nemmeno Michelle. -
- Perché hai portato me, allora?-
Scrollai le spalle. Mi tolsi gli stivali e arrotolai un po' i jeans, poi misi i piedi nell'acqua. Ringo si sedette di fianco a me e mi cinse la vita con un braccio; appoggiai la testa contro la sua spalla.
- Non lo so. - dissi - Forse voglio che non ti dimentichi di questa serata, di me, quando te ne sarai andato domattina. -
Il batterista non rispose, ma mi strinse più forte a sé, poi mi sollevò il mento e mi accarezzò la guancia, asciugando quella piccola lacrima sfuggita al mio controllo. Mi strinse delicatamente il viso e fece scendere le sue labbra sulle mie. Posai le mani sulle sue spalle, mentre cominciavo a ricambiare il bacio con sempre più ardore.Ringo mi strinse a sé, poi cominciò a darmi dei piccoli baci sulla fronte, sulle guancie, sul mento e infine sul collo, all'altezza della giugulare. Affondai le mani fra i suoi capelli; sentii dei brividi risalire lungo la mia schiena.
- Ringo...- sussurrai accarezzandogli la nuca.
- Richard. - mi corresse soffiando sul mio collo. Rialzò la testa e intrappolò i miei occhi nei suoi. Trattenni il respiro. La luna riusciva quasi a riflettersi su quegli oceani d'acqua cristallina.
- Mi chiamo Richard. -
Mi baciò di nuovo, mentre le sue mani mi accarezzavano il corpo e scivolavano sino al ventre. Sfilò la camicia a quadri dai jeans.
Mi scostai e mi rimisi a sedere, ansimando appena.
- Che succede?- mi chiese subito Ringo, allarmato.
- Io... non...- non riuscii a formulare una frase che avesse un senso compiuto e mi limitai a passarmi una mano fra i ricci. Ringo mi cinse, facendomi appoggiare la schiena contro il proprio petto.
- Hai paura?- sussurrò.
- No. - mi voltai per guardarlo, ma poi mi ritrovai a fissare le mie mani - Io... non voglio essere una delle tante. - 
Il ragazzo sorrise dolcemente:- Tu non lo sei, Maggie. Fidati di me, come io mi sono fidato di te poco fa. -
Mi baciò l'angolo della bocca, con delicatezza, come se quello fosse il tentativo di consolare una bambina che si era sbucciata il ginocchio.
Chiusi gli occhi, incapace di resistere alla dolcezza dei modi di lui. Ringo mi accarezzò la schiena, mentre posava le labbra sopra il mio cuore. Mi strinsi a lui e mi sdraiai sull'erba umida, rabbrividendo appena quando la mia schiena venne a contatto con  il suolo.
Ringo, tuttavia, si allontanò un po'.
- Meg, io non voglio che tu ti senta obbligata...- mormorò, arrossendo violentemente.
Sorrisi, toccata dalle sue parole. Gli baciai la punta del naso, poi, non so in che modo, ribaltai le posizioni e mi ritrovai sopra di lui. Ringo ricambiò il mio sorriso.
Non c'era niente che volessi in quel momento più di quanto desiderassi lui. Sapevo quello che avrebbe comportato andare fino in fondo, ma ero più che risoluta: avrei donato la mia verginità a lui, non perché era il famoso Ringo Starr, ma perché in quel momento il mio cuore batteva per un giovane batterista di nome Richard. Gli sbottonai i primi bottoni della camicia e gli baciai il petto, sfiorando la pelle con i denti.
Ringo mi accarezzò i fianchi e giocherellò un po' con la mia camicia, prima di decidersi a slacciarla.
Me la fece scivolare lungo le spalle, poi rimase a guardarmi qualche secondo. Nonostante  fossi solo in reggiseno, non mi sentivo per niente imbarazzata e mi chinai sulla sua bocca.
Il batterista mi fece sdraiare di nuovo, intrappolando le mie gambe fra le sue.
Mi tolse il reggiseno e mi baciò il ventre, per poi risalire con le labbra sino al seno.
- Ti farà male. - sussurrò quindi al mio orecchio.
- Non mi importa. - risposi guardandolo negli occhi, per mostrargli la mia decisione. Lo baciai e gli mordicchiai il labbro inferiore. Ringo ricambiò il bacio, poi fece scivolare la punta delle dita lungo il mio collo, sui seni e sul ventre, fino ad incontrare il bottone dei jeans. Me li sfilò, poi, senza smettere di baciarmi, insinuò una mano fra le mie gambe.
Spostò le labbra sul mio collo mentre cominciavo a sospirare e gli graffiavo la nuca.
I miei ansiti sempre più forti lo convinsero a liberare sia me che lui degli ultimi indumenti e ad annullare qualsiasi distanza si frapponesse fra i nostri corpi.

Aprii lentamente gli occhi, ma dovetti socchiuderli subito dopo. Il sole si rifletteva sulle minuscole gocce di rugiada che bagnavano i fili d'erba che mi circondavano, accecandomi.
Stavo tremando: il mio corpo era in gran parte bagnato a causa dell'umidità della notte, sebbene fossi coperta in parte dalle camicie mie e di Ringo. Il ragazzo, addormentato, mi stava ancora stringendo contro il proprio petto caldo.
Lo guardai a lungo, imprimendo nella mia memoria ogni tratto di quel viso. Gli sfiorai la guancia con la punta delle dita. Ringo aprì gli occhi, illuminati dal sole e dallo sguardo pieno di dolcezza che mi rivolse. 
- Buongiorno. - mormorò sorridendo. Ricambiai il sorriso e mi allungai a baciarli delicatamente le labbra sottili. Appoggiai la testa contro la sua spalla, facendomi cullare dal movimento del suo petto, che si alzava e abbassava lentamente.
Il batterista mi accarezzò i capelli umidi, senza dire una parola. Cominciai a tracciare dei disegni immaginari sopra il suo cuore. Rimanemmo lì per un tempo imprecisato, ma fui io la prima ad alzarsi.
- E' ora che torniamo indietro. - dissi, seria. - Gli altri si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto.-
Andai a recuperare i miei abiti e mi rivestii tenendo lo sguardo basso. Non aspettai che Ringo facesse lo stesso e mi diressi verso i cavalli, che erano già svegli.
Aerandir si avvicinò subito, non appena fui entrata nel recinto, mentre Fantasy continuò a brucare tranquillamente. Accarezzai il mantello del baio e tentai con poco successo di districare i nodi della criniera con le dita. Aerandir non mosse un muscolo, ma continuò a fissarmi, come se percepisse il mio stato d'animo. Appoggiai la fronte contro la sua e chiusi gli occhi. Volevo solo tornare indietro il prima possibile, in modo che Ringo e tutti gli altri potessero abbandonare in fretta il ranch.
- Maggie. - mormorò il ragazzo avvicinandosi e sfiorando la mia schiena.
- E' tardi. -
- Maggie. - ripeté con un tono che mi convinse a voltarmi e a guardarlo negli occhi velati di tristezza. Sentii le lacrime offuscarmi la vista.
Ringo mi accarezzò la guancia, con tenerezza, poi mi baciò. Mi aggrappai a lui e ricambiai il bacio con una foga che rasentava la disperazione.
Ero stata una stupida a sperare che quella notte durasse per sempre.
In quell'attimo cercai di concentrare tutte le emozioni che lui mi aveva fatto provare  e a trasmettergliele.
Quando Ringo si scostò di nuovo, eravamo entrambi sull'orlo delle lacrime.
- Dobbiamo tornare indietro. - dissi in un sussurro, passandomi una mano sugli occhi per scacciare la voglia di piangere.
Il ragazzo annuì e si allontanò per andare a salutare Fantasy. Mettemmo ai due cavalli le testiere e li montammo di nuovo a pelo, prendendo la strada di casa.
Per tutto il tragitto procedemmo al passo, poiché sia Aerandir sia Fantasy non erano caldi, e io e Ringo non dicemmo una sola parola. Il sentiero, che di solito si percorreva in venti minuti, sembrò durare ore intere.
A metà strada, per fortuna, incontrammo Paul, il quale era uscito con Eresseie per una passeggiata mattutina.
- Ah, guarda un po' chi si vede. - disse il bassista sorridendo.
- Ciao, Paul. - lo salutai, cercando di mostrarmi allegra.
- Spero non ti dispiaccia che io abbia fatto un'ultima cavalcata, questa mattina. Ti avrei chiesto il permesso, ma tu ti sei volatilizzata. -
- Non ti preoccupare. - lo rassicurai.
Aerandir cominciò ad agitarsi per la presenza della giumenta. Sgroppò un paio di volte, nitrendo, ma non mi fu difficile contenerlo.
- Scusa, mi sono completamente dimenticato del problema. - disse Paul - adesso me ne vado. -
- No. - ribattei con un tono che non ammetteva repliche. - Torna pure insieme a Ringo. Mi allontano io. -
Aerandir sgroppò di nuovo, abbassando la testa. Sbuffai, poi provai ad incitarlo con più decisione, ma il quarter, con una sorta di balzo in avanti, cominciò a girare su se stesso.
- Se avessi voluto fare reining ti avrei addestrato allo scopo. - dissi trattenendo un'imprecazione. Presi una delle redini e gliela diedi, a mo' di frusta, sulle natiche. Il cavallo, finalmente, cominciò a galoppare in avanti, allontanandosi dai due inglesi. Lo spinsi a galoppare finché percepii che si era dato una calmata. Aerandir irruppe al trotto, poi lasciai che si fermasse al passo.
Gli diedi qualche pacca sulla spalla, mentre la scuderia compariva davanti ai nostri occhi.
Misi il cavallo nel suo box, ma fui raggiunta da Michelle.
- Eccoti finalmente!- esclamò la mia amica. - Tua madre ti sta cercando ovunque. -
- Sono qui. - mormorai scrollando le spalle.
- Non l'avrei mai detto! - disse Michelle con sarcasmo, ma non riuscii a ridere della sua battuta.
- Che diavolo hai fatto? Sei in uno stato pietoso.- osservò ancora la mia amica. Andai a riporre la testiera di Aerandir in uno dei cassoni posti di fianco al suo box, riuscendo a far cadere l'argomento.
- Mi spiace averti abbandonata così all'improvviso. - le dissi tornando da lei.
- Non farlo. - replicò mentre cominciavamo a dirigerci verso casa. - E' stata la serata più esaltante della mia vita! -
Le rivolsi uno sguardo malizioso, ma lei mi diede uno spintone.
- Dai, Meg! Va bene che sono i Beatles, ma non sono una tipa così facile! - esclamò, fingendosi scandalizzata, poi sospirò - Non mi sono mai divertita così tanto. Ad un certo punto si sono messi persino a suonare! Non hai la minima idea di quello che ti sei persa. Peccato solo che anche Ringo fosse sparito. -
Michelle si fermò di colpo, fissandomi sconcertata.
- Oh - mormorò - Tu e lui vi siete volatilizzati quasi nello stesso momento, non dirmi che... -
- Non ne voglio parlare. - sbottai, facendo per allontanarmi. La ragazza, però, mi fermò per il polso.
- No, bella, non credere di riuscire a cavartela così. Tu e lui avete... -
Annuii, con le lacrime agli occhi. Mi morsi un labbro e le ricacciai indietro a forza e quando Michelle mi abbracciò, mi scostai quasi subito.
- Mi dispiace, tesoro. - sussurrò lei . Normalmente sarebbe stata estasiata da quella notizia, ma il suo pensiero, così come il mio, correva all'imminente partenza dei Beatles.
- Non mi pento di averlo fatto. Era esattamente ciò che desideravo e ho sempre saputo che questa mattina se ne sarebbe dovuto andare, quindi non c'è niente per cui dispiacersi. Fine della discussione su questo argomento. - dissi, anche se dentro di me non pensavo neanche una di quelle cose.
Tuttavia, poiché non sopportavo l'idea di apparire vulnerabile e debole agli occhi di altre persone, soffocai le lacrime e cercai di comportarmi normalmente per tutta la mattina.

Odiavo con tutto il cuore gli addii. In effetti, odiavo tutte le scene strappalacrime da film romantico di serie B. La mia sensibilità poteva benissimo paragonarsi a quella di un masso erratico.
Salutai John, Paul e George con affetto, anche se velocemente, tuttavia, quando fu il turno di Ringo, il mio cuore ebbe un sussulto.
Gli altri tre, insieme al signor Epstein, salutarono la mia famiglia e Michelle, poi salirono sulle loro limousine.
Io e Ringo rimanevamo in silenzio, senza avere il coraggio di guardarci.
Vidi con la coda dell'occhio che Michelle faceva cenno ai miei genitori e a Jr. di allontanarsi un poco, in modo da lasciarci un po' di intimità.
Sorrisi appena, ma poi tornai seria.
Ringo mi prese timidamente la mano, tracciando dei disegni immaginari sul dorso.
Mi morsi il labbro inferiore, sentendo la mia determinazione e le mie difese vacillare. Non volevo piangere, non di fronte a lui.
- Io... - mormorò il batterista, ma io lo interruppi.
- Non devi dire niente, Ringo. - dissi.
- Chiamami Richard, per favore. - sussurrò.
Trattenni all'ultimo il singhiozzo che stava per sfuggirmi e riuscii a ignorare la sua frase.
- Non c'è niente che debba essere detto. Sapevamo entrambi che si trattava solo di una notte. Una botta e via. - continuai, ostentando una calma che non avevo affatto.
Mi passai una mano tra i capelli.
- La verità è che io sono una delle tante, ed è giusto che sia così. E' stato un bel sogno, ma è tempo di svegliarsi. Tu devi tornare alla tua vita, io alla mia. La cosa finisce qui. -
Ringo mi fissò, incapace di dire qualcosa. Il labbro inferiore gli tremava appena. Annuì e sorrise.
- Non ti dimenticherò. - disse.
Scossi la testa, anche se ricambiai il suo sorriso:- Probabilmente lo farai, ma non fa niente. Va bene così. Tu sei stato il primo per me e non riuscirò a dimenticarti, anche perché il tuo nome compare almeno una volta al giorno su tutti i giornali. -
Io e Ringo ridacchiammo, poi il ragazzo mi abbracciò. Mi tenni stretta a lui.
- Ma non credere di essere riuscito a convincermi a diventare la fan più sfegatata del vostro gruppo.- sussurrai.
Ringo sorrise malinconicamente e mi lasciò andare. Salutò velocemente Michelle e il resto della mia famiglia, poi salì sulla limousine nella quale John, Paul e George lo stavano aspettando.
Prima di chiudere la portiera mi rivolse un ultimo sguardo. Mi parve che quelle iridi del colore del mare fossero appannate, ma poteva benissimo essere un gioco di luci. L'auto partì sollevando una nuvola di polvere.
"E' stata solo una botta e via." pensai, cercando di auto-convincermi.
Se fossi stata in un film sarei corsa dietro alla limousine fino a che avessi avuto fiato.
E invece rimasi immobile.
Le auto stavano sparendo oltre il mio campo visivo.
- Io credo di essermi innamorata di te, Richard. - sussurrai, troppo a bassa voce perché qualcun altro potesse udirmi.
"Sei davvero patetica, lo sai?" mi dissi. "Mi spieghi come fai ad avere il coraggio di dire che ti sei innamorata di lui dopo che siete stati insieme meno di quarantotto ore? Sembri una di quelle adolescenti con gli ormoni alle stelle che odi tanto. "
La nuvola di polvere si diradò, rivelando una strada deserta e desolata.
Sentii la mano di Michelle posarsi sulla mia spalla.
- Sto bene. - ringhiai, scostandola.
Mi voltai, asciugandomi con stizza le lacrime che erano scivolate lungo le mie guancie. Non avevo tempo per piangere.
La vita andava avanti, con o senza Richard.
Mi legai i capelli sulla nuca, prima di buttarmi a capofitto nei lavori da sbrigare in scuderia.
"Solo una botta e via." continuavo a ripetermi.

E, prima che la giornata terminasse, finii con il convicermene.        


I know I've dreamed you
A sin and a lie
I have my freedom
But I don't have much time
Faith has been broken
Tears must be cried
Let's do some living
After we die

 
Wild horses
Couldn't drag me away
Wild, wild horses
We'll ride them some day (3)  

 
(1) Bob Dylan, Chimes of Freedom.
(2) Riferimento alla canzone Silly Love Songs di Paul McCarney.
(3) The Rolling Stones, Wild Horses.           
           
 
__________________________________________________

Salve a tutti!
Premettendo che ogni cosa che ho scritto è nata dalla mia fantasia e non è mai accaduta (anche perché non so nemmeno se Reed Pigman avesse un altro figlio oltre a Jr.) e che nessuna delle persone citate nella storia mi appartiene, posso passare a commentare questo scritto.
A causa di una crisi d'ispirazione, mi sono messa a scrivere qualcosa di diverso dalla mia prima fan-fiction della sezione "Beatles", ed è uscita questa storia, che unisce molti dei miei più grandi amori: i Beatles, i cavalli, Tolkien, Bob Dylan e Joan Baez, la musica e tanti altri piccoli pezzettini della mia vita. (Forse è per questo motivo che mi sono ritrovata con una protagonista che ha un nome così simile al mio, anche se per lei mi sono ispirata a Maggie's Farm di Bob Dylan.)       


Grazie a tutti i lettori.

Peace n Love.
 
 

  
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