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Autore: Maya98    12/08/2012    2 recensioni
Poesia sul suicidio. Versi alternati esa ed ennasillabi. Mai regolari. Rime sempre alternate. Quattro versi per strofa. Diciassette strofe. Nessuna pretesa.
Riassunto: Un bel casino.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
- Questa storia fa parte della serie 'Morire è un'altra cosa'
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Suicidio

La lama fredda del pugnale
sfiora la mia gola.
Sono pronta a naufragare
in silenzio e tutta sola.

Che ebrezza dona
danzar sul filo del rasoio
con in testa una corona
di irte spine d'oro

E diventa una droga,
una dolce follia.
Presa dalla foga
di sedar l'anima mia.

Il dolore, il dolore!,
mi fa sentire forte
e del sangue il sapore
deciderà la mia sorte.

Che bellezza fuggire
da questa mera pena:
meglio morire
che l'esistenza terrena.

I gemiti in un soffio,
la scossa e la ferita:
è un tentativo goffo
di scappare dalla vita.

Una rosa tra i denti,
le spine aguzze irte
ed i piedi dolenti
nella danza della morte.

Finché non sento il suono,
il battito del cuore.
Vi metto la mia mano
e sento il suo calore.

È davvero viva carne,
o del cuore una prigione?
Non potrebbero farne
solo l'illusione?

E la consapevolezza
"Sono viva, viva, viva"
diventa la certezza,
del fiume la mia riva.

E nell'impeto, burrasca!
Nell'inferno tra le braci.
Tengo il mondo in una tasca
per ragioni audaci?

E la letale morsa
mi stringe in un abbraccio:
è finita la mia corsa.
Attorno al collo ho un laccio.

È masochismo, questo?
Coraggio o codardia?
Il mio tono è mesto?
La mia figura pia?

Un istante basta,
dire addio alla fama,
ai conflitti di casta...
e affondar la lama.

E colei che taglia e cuce,
il mio filo spezzerà.*
Andrò verso la luce?
Tutto finirà?

È l'ultima immagine,
frammento di fotografia:
si apre la voragine
che mi trascina via.

Maya

Angolino della Skizzata:
Non che io ne sappia qualcosa, del suicidio. Prendetelo come un esperimento. O una schifezza.
Critiche accette!

*Riferimento alle tre Parche, mitologia greco-romana. Le Parche sono la personificazione del DESTINO. Sono tre: una tesse il filo che rappresenta la vita dell'uomo, l'altra cuce e supervisiona il filo, e quindi fa accadere gli avvenimenti di quell'uomo, e l'ultima a sua volta taglia il filo, facendo morire l'uomo stesso.
  
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