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Autore: ririn666    13/08/2012    0 recensioni
Università di Kyoto.
Sho odia il suo nome, è un ragazzo ironico che ama sentirsi superiore agli altri.
Ryuuki, per metà americano, è il rappresentante dispotico e viziato degli studenti.
Yumi è una ragazza decisa ed esuberante, le rimangono pochi mesi di vita.
Tutti loro hanno una cosa in comune: non sanno cosa sia l’amore. Eppure le loro storie sono destinate ad intrecciarsi e presto scopriranno che voler bene a una persona non è facile come credevano.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Scolastico, Universitario
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Sarà la sezione giusta? Non lo sarà? Questo è il dilemma! Hamleto a parte (lasciamolo pure nella tomba poverino)... per il momento direi che romantico è la sezione migliore, per come ho in mente il seguito. È una strana sensazione, io non scrivo mai niente di romantico °-° io evito il genere come la peste, eppure eccomi a scrivere una storia d’amour! *non ci crede manco lei* ok… probabilmente ieri notte ho sbattuto la testa e sono impazzita, sarebbe l’unica spiegazione possibile sul perché qualcosa del genere è stato partorito dalla mia mente malsana °^°
Avvertenze: odio dal profondo del cuore i finali “e vissero per sempre felici e contenti” u.u tirate voi le conclusioni u.u
Inoltre per il momento il rating è arancione perché prevedo di essere volgare e potrebbero esserci descrizioni non adatte ai piccini – ma visto che non ne ho mai fatte potrebbe essere un falso allarme XD
Questa ff nasce in un mio momento di profonda crisi spirituale in cui ho perso ogni fiducia nelle mie capacità di scrittrice, è una prova visto che al presente non ho mai scritto, inoltre ho paura di non riuscire a descrivere i personaggi a dovere >.< quindi si accettano volentieri anche le critiche costruttive perché se volete solo scrivere che fa schifo vi prego di astenervi, sono già abbastanza depressa di mio al momento ç_ç


 

 «Sacchan!» Un grido sferza la silenziosa aria mattutina, rompendone la quiete. In lontananza una figura longilinea, dai morbidi capelli neri si gira lentamente, sul volto un sorriso paragonabile a quello di un angelo.
Per strada non c’è nessun altro oltre i due ragazzi, l’unico rumore che si sente sono le cicale, che instancabili continuano a fare baccano nonostante l’estate sia finita. Il sole è ancora basso all’orizzonte e tinge il cielo con colori caldi che sfumano dal rosa fino al giallo, passando per ogni tonalità immaginabile di arancione e rosso. Anche le poche nuvole in cielo non sono del solito bianco slavato, indossano invece il viola per celebrare l’alba, mentre conservano il rosso, che è dedicato al tramonto.
La figura rimane immobile, inondata da raggi delicati e acerbi che nascondono con ombre i gentili occhi, dello stesso colore del grano maturo, le labbra appena socchiuse come in cerca di una risposta. 
«Usa ancora una volta quel soprannome e ti faccio ingoiare le palle, dolcezza.» La risposta arriva repentina, il tono tagliente, mentre le labbra si incurvano con arroganza e ironia in un sorriso che si potrebbe descrivere con un solo aggettivo: sadico. E l’angelo abbandona il travestimento per mostrare la sua vera natura demoniaca.
Sacchan odia quel soprannome, ancora più di quanto detesta Sakura.
In Giappone esistono migliaia di ragazze con quel nome, e già questo basterebbe a smuovere i nervi a chiunque dal momento che non appena viene pronunciato si mobilita una folla peggiore di quella accalcata davanti ai negozi la vigilia di Natale, nella speranza di rimediare qualche regalo all’ultimo secondo, perché se ne sono scordati o non sapevano semplicemente che prendere.
Il problema è, però, molto più radicale, perché Sacchan è un ragazzo.
«Andiamo amico, ti ho sempre chiamato così… come sei irritabile stamattina!» Yuu – come sempre – sorride e una volta affiancato gli tira un’amichevole pacca sulla spalla.
Se c’è qualcosa che tutti sanno è che Sakuragi Sho non è irritabile, è lui che fa saltare i nervi alla gente con quel suo fare ironico, mai il contrario. Quell’argomento, dall’estate scorsa, è però l’eccezione che conferma la ragola, questo significa che deve assolutamente cambiare discorso se non vuole toccare argomenti spiacevoli.
«E tu sei stupido, facciamo una bella coppia no?» Nonostante il tono ostile, Yuu scoppia a ridere, lo conosce troppo bene per prendersela, sa benissimo che il suo migliore amico sta scherzando, come sempre, non vuole offenderlo sul serio, solo che non sa essere gentile, è un disturbo psico-fisico, non appena ci prova scoppia in un attacco convulso di tosse.
«Lo so.» Risponde semplicemente, con una scrollata di spalle. «Me lo ripeti in continuazione.» Così spesso che anche lui aveva iniziato a nutrire il dubbio che poteva essere vero, magari era davvero stupido, alla fine comunque era arrivato alla conclusione che se anche fosse stato così non gli importava molto, lo era abbastanza da fregarsene.
«Ricordami ancora perché siamo amici… sai, non sei per nulla divertente.» Si lamenta Sho, mettendo il broncio. Sa perfettamente perché sono amici, ed è la stessa ragione per cui si sta lamentando, infatti Yuu è una delle poche persone che non si incazza mai per i suoi scherzi, anche se ce la mette tutta per fargli perdere le staffe, con tutti gli altri compagni di corso scoppiano liti in continuazione proprio per via del suo caratteraccio, anche se ama dare la colpa a loro e all’assoluta mancanza di senso dell’umorismo che dimostrano.
«Eppure mi adori
Si, è vero.
Sho si morde appena le labbra, soffocando quello schifo di inutile pensiero mentre sul viso si dipinge un’espressione ironica. Il labbro si allunga appena e sulla guancia si forma una piccola fossetta.
«Che fervida immaginazione Yuu.» Commenta con più entusiasmo del necessario.
«Però devi ammettere che ti sono mancato.»
Non sai quanto.
Fanculo! La sua mente ha deciso di ammutinarsi contro di lui, si ripromette di smetterla con i telefilm sdolcinati e i libri troppo sentimentali, altrimenti rischia di diventarlo pure lui, d’ora in avanti solo sangue e azione.
«Forse un pochino…» Rimane sul vago, eppure quella risposta sembra essere sufficiente all’amico che gli concede un sorriso raggiante. Sho non lo ammette apertamente, fatica a farlo anche con se stesso, eppure Yuu gli è mancato da morire. L’anno prima era stato investito da un ubriaco che non si era nemmeno fermato a dargli soccorso, aveva passato molti mesi in coma, i dottori non sapevano se si sarebbe svegliato, erano pessimisti e le statistiche davano loro ragione. Sho aveva odiati quei fottuti dottori, che ne sapevano loro se si sarebbe ripreso? Dopo aver accuratamente – e nei modi più fantasiosi immaginabili – mandato al diavolo medici e statistiche, aveva passato le prime settimane in quella maledetta camera d’ospedale dormendo solo quando il sonno lo coglieva impreparato. Era rimasto accanto a lui finchè durante il sonno i suoi genitori l’avevano portato a casa, non sopportavano più di vederlo in quella sorta di stato vegetativo e probabilmente gli avevano salvato la vita visto che aveva praticamente smesso di mangiare, per non parlare del suo aspetto, era orribile, le guance erano scavate e aveva profonde occhiaie che gli conferivano un’aria cadaverica. Aveva dormito per tre giorni di fila… dopo quell’episodio le visite erano state drasticamente ridotte a una la settimana.
Quando Yuu si era svegliato era stato il giorno più bello della vita di Sho.
E ora camminavano affianco verso l’università, come ai vecchi tempi. Era qualcosa che Sho aveva sempre dato per scontato, alzarsi presto la mattina in un appartamento vuoto, scendere le scale di fretta, saltando agilmente gli ultimi gradini e poi incontrare un sorridente Yuu ad attenderlo sotto la porta. Era una routine banale, eppure, quando era venuta a meno, il ragazzo si era sentito perso e si era reso conto di quanto realmente fosse stata importante per lui, del significato che aveva.
Si era reso conto che, per quanto pensasse di essere solo, in realtà non era così, Yuu era sotto la porta di casa sua, sempre, come a voler dire “ci sono io per te, quindi non preoccuparti, va tutto bene”. Sho si era fidato, gli aveva creduto e quando scendendo la mattina aveva smesso di vedere quella rincuorante figura si era sentito tradito, sapeva – razionalmente – che non era colpa dell’altro, eppure non poteva fare che incolparlo.
Da perfetto idiota.
«Devi raccontarmi tutto. Mi sono perso un sacco di cose! Cos’è successo mentre ero via? Com’è andata a scuola? Fuori? Non dirmi che hai trovato la ragazza e non me l’hai detto!…» Dopo una decina ininterrotta di domande Sho decide di spegnere il cervello, lasciando che l’amico parli a ruota libera nonostante fosse assurdo, avrebbe dovuto essere il contrario, sembrava che fosse stato lui in coma e l’altro avesse un anno da raccontargli.
«Facciamo che tu la smetti di fare domande e io rispondo?» Propone, ormai sull’orlo dell’esasperazione. In realtà non aveva nessuna voglia di parlare, voleva sentire la voce allegra di Yuu, le parole non avevano alcuna importanza, poteva anche mettersi a cantare per quel che gli interessava, tutto quello che voleva era poter godere di quel suono ancora una volta.
L’unica nota positiva è che ormai sono arrivati, un centinaio di metri davanti a loro si apre un cancello di ferro battuto pitturato in verde smeraldo, anche se sono ben visibili chiazze di ruggine e tratti grigi dove la vernice ha ceduto.
Una domanda o due, se lo ripete di continuo Sho così da tranquillizzarsi.
«Hai la ragazza?» La dice con tono serio, come solo lui riesce a fare con le cazzate. Sho scoppia a ridere, quasi gli vengono le lacrime agli occhi per l’adorabile stupidità dell’amico.
«Torni dopo un anno di coma e la prima cosa che vuoi sapere è se ho la ragazza?» Chiede, incredulo. Insomma… chi se ne frega! Con tutto quello che può essere successo, da guerre mondiali all’invasione degli alieni lui vuole sapere della sua vita sentimentale, la sua schifosa, inutile ed inesistente vita sentimentale.
«Nulla di serio…» Perché se uno ti chiede della tua vita privata le sveltine di una notte le ometti a prescindere, soprattutto se non ricordi i nomi delle persone con cui sei stato.
«Non è molto carino da parte tua Sacchan… nascondere cose così importanti al tuo amichetto.» Segue una risata.
Yuu è il primo a girarsi per vedere chi ha parlato, Sho non ne ha bisogno, riconoscerebbe quel tono stridulo tra cento: Kirito. Frequentano lo stesso anno ed è uno dei tanti che Sho si è divertito a mettere in ridicolo, cosa che, inutile dirlo, non gli è mai andata giù. Il moro lo guarda con genuina perplessità. Forse avrebbe dovuto accennargli a Yuna, eppure non era così importante, erano usciti solo un paio di volte prima che lei lo scaricasse lanciandogli addosso una birra, a quanto pare si era sentita molto offesa dalle sue parole e dal fatto che facesse apprezzamenti sul seno perfetto della sua migliore amica… ma non era mica colpa sua se lei non ce l’aveva!
«Non capisco di cosa parli.» Conviene infine con un sorriso raggiante, quando vuole sfottere è l’unico momento in cui li concede, nemmeno Yuu l’ha mai visto apparire spontaneo sul viso dell’amico.
«Eddai Sakura-chan ~» Ghigna, seguito a ruota dai suoi amici. Yuu guarda preoccupato l’amico, sa quanto detesti quel soprannome, eppure quello continua a sorridere, come se nulla fosse, come se avesse usato un qualunque altro nome invece che quello. Perché Sho non si può permettere di far capire a quei bastardi quanto in realtà lo irriti, non stringe i pungi né serra la mascella, semplicemente sorride, incurante dell’impellente bisogno di spaccare qualche naso.
«Se hai finito…» Parla con voce disinteressata, come se fosse una semplice constatazione sul bel tempo, probabilmente avrebbe messo più entusiasmo del dire che il sole splende e gli uccellini cinguettano. Si gira e riprende a camminare, idioti di quel genere non sono degni del suo malumore.
«Quanti te ne sei fatto quest’estate? Scommetto che ti piace farti sbattere come una cagna, immagino tu stia sotto.» Tutto accade molto velocemente. Kirito scoppia a ridere, Sho si blocca, Yuu stringe i pugni ed è lui a fare la prima mossa. Sa bene che il suo amico non si offende per insinuazioni senza fondamento del genere, sa che non ha alcuna intenzione di difendersi e se lo fa, sarà a parole, eppure non riesce a resistere all’impulso di fare del male fisico a quello stronzo. Si getta in avanti senza pensare e con un pugno ben assestato alla mascella fa cadere il ragazzo. È una bella sensazione, eppure non abbastanza, vuole colpirlo ancora, ancora e ancora finchè l’altro non perderà i sensi, alza ancora il pugno ma viene bloccato dal tempestivo intervento di Sho, che lo afferra per un polso.
Guarda il ragazzo a terra e sorride beffardo.
Le tue parole non mi hanno fatto nulla, bastardo!
Ecco cosa suggeriscono i suoi occhi.
«Non ne vale la pena. Infondo è solo geloso perché nessuno se lo fila…» Sorride beffardo, come suo solito, mentre lo guarda dritto negli occhi. Poi si gira con indifferenza.
«Andiamo prima che ci contagi con la sua stupidità.» Lascia il polso di Yuu e con la mano gli fa cenno di sbrigarsi, a momenti nella sala grande si sarebbe tenuto il discorso del rappresentate degli studenti.
Sono ormai qualche metro avanti quando torna a guardare indietro, su un Kirito che fatica ad alzarsi.
«Se fossi in te non ci andrei, sarei già a casa a preparare le valige, presto non vorrai restare in questa città…» Ghigna con sadico divertimento.
 
«Si può sapere che cavolo intendeva Kirito?» Ormai hanno preso posto tra la massa di studenti, ormai sono solo due visi anonimi in mezzo a una folla confusionaria.
«Sai com’è fatto! È dal primo giorno del primo anno che cerca la sua vendetta, ogni giorno ne inventa una nuova.» Sho ride, i vani sforzi del suo nemico lo divertono infinitamente, questo perché sa fin dall’inizio che sarà lui ad uscirne vincente.
«La prossima volta farà meglio ad inventare qualcosa di più convincente allora.» Ride anche Yuu e l’amico lo segue, dandogli ragione con un semplice cenno del capo.
Intanto, dentro di lui, qualcosa nel suo cuore si è incrinato.
Odia mentire al suo migliore amico, lo odia con tutto se stesso… eppure non ha il coraggio di dirgli che non c’è davvero nulla di inventato.
 

 
 
  
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