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Autore: xingderella    13/08/2012    1 recensioni
Premetto che non è nulla di buono, almeno credo. C'è un pairing, sì, ma non lo rivelerò, poiché rovinerei tutto.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Thanks to Se ne stava lì, seduto su un muretto, a fissare il vuoto. Le iridi scure ferme su un punto non preciso del buio che aveva di fronte. Era una sera invernale, quella, per lui normale come le altre. Stava spesso lì, su quel lungo pezzo di cemento rotto in piu' punti, senza pensare a nulla di preciso. Sul volto dai tratti leggermente femminili e delicati c'era un'espressione neutra. Era come se fosse morto internamente, e il suo corpo si muovesse solo grazie al cuore che debolmente pulsava nel suo petto. Le spalle coperte da un felpone nero, almeno tre volte la sua usuale taglia. Gli piaceva stare dentro quei grossi indumenti, così caldi e comodi. Inoltre quella felpa era speciale, l'aveva comprata insieme a qualcuno d'importante, e aveva anche due orecchie da gatto. I suoi capelli erano di un castano chiaro, ed erano lunghi. Tante ciocche ondulate ricadevano sulla sua fronte pallida, alcune coprivano gli occhi, altre si spostavano insieme al leggero e fresco venticello che si era creato. Le mani erano strette insieme, con le dita incrociate, e appoggiate sulle gambe. Quelle gambe snelle, ora fasciate da dei jeans neri e stretti, che ‘lui’ diceva di amare tanto. I suoi piedi non sono mai stati molto grandi, nemmeno allora, nonostante fosse un uomo. A ‘lui’ piacevano, anche se lo prendeva spesso in giro, per quelli, e anche perché era solito portare degli anfibi neri, quelli che indossava anche durante quelle fresche sere invernali, passate tutte in quel posto, su quel muretto.
Era un bel luogo. Era stato ‘lui’ a portarcelo, lo avevano dichiarato 'loro'. Non era nulla di che; c'era una grossa villa abbandonata e malandata, poi un lungo muro di cemento, ormai ricoperto d'edera, erbacce, e in alcuni punti rotto. Però aveva qualcosa di  speciale. Il tramonto.
‘Lui’ andava spesso lì, quando si sentiva triste, o quando aveva bisogno di stare in pace. Sotto al muretto c'era un pezzo di terra, poi nulla. Era un punto alto e nascosto di una collina, e la vista da lì era stupenda. Si vedeva la città, di notte, tutta illuminata. Di giorno si potevano scorgere dei campi e d'estate il grano che li ricopriva si muoveva ritmicamente insieme al vento, raro, che spesso faceva la sua comparsa in quelle giornate afose. Era uno spettacolo stupendo, perché lì vicino c'erano anche altri campi, dove crescevano però solo dei girasoli. E se di giorno era stupendo, allora al tramonto era meraviglioso. Si poteva vedere il sole scendere dietro le montagne alla destra della grande città, e il cielo di colori così caldi e belli, che quasi sembravano innaturali. Una sfumatura di blu e viola, poi arancione e rosso, e un po' di giallo in prossimità del sole.
Hyunseung aveva amato quel posto fin dal primo momento che l'aveva visto. Anche se all'inizio non sembrava nulla di speciale, anzi. Gli era piaciuto lo stesso, perché era stato ‘lui’ a portarcelo. Gli era piaciuto tanto, perché l'altro ragazzo si rifugiava lì quando non voleva vedere nessuno, eppure ce lo aveva portato, e lo aveva fatto con l'intenzione di condividere quel luogo insieme a lui.

 Hyunseung si era sentito amato.

La prima volta che ‘lui’ lo aveva portato lì, era inverno. Avevano ammirato il sole che tramontava fino a sparire dietro alle montagne, e si erano abbracciati, coccolati, baciati. Ed avevano passato lì, insieme, quasi tutto il tempo che avevano. Era bello come un luogo così, a prima vista brutto, potesse rivelarsi tanto perfetto.
Ma parliamoci chiaro, era perfetto perché era composto da quel muretto, dalla splendida vista che comprendeva tramonto, città e montagne, e poi da loro.
E loro erano così felici, insieme. Nessuno avrebbe potuto dividerli. Niente. Sarebbero riusciti a riunirsi anche se uno dei due si sarebbe dovuto trasferire, partire, andare via. E loro sapevano, sapevano che niente poteva dividerli. In qualche modo si sarebbero stretti ancora, avrebbero di nuovo giocato, scherzato, riso insieme. Avrebbero fatto l'amore. Gli era capitato, qualche volta, di farlo lì.
Quella villa, anche se trasandata, si reggeva ancora in piedi. Spesso si erano rifugiati lì, quando qualche improvviso acquazzone interrompeva le loro risate. E si erano scaldati a vicenda, su uno dei letti di quella stanza, che avevano etichettato come 'loro', proprio come avevano fatto con quel luogo. E così facendo, fra una coccola e l'altra, erano finiti per fare l'amore.
Entrambi avevano ritrovato quella voglia di vivere, quando si erano incontrati per caso, scontrandosi nell'autobus che li avrebbe portati entrambi all'università dove avevano deciso di iscriversi. L'intenzione di entrambi era quella di visitarla per vedere come si svolgevano le lezioni, com'era l'ambiente, i professori. Non si conoscevano, non si erano mai visti, o forse non si erano semplicemente mai notati, ma avevano deciso di andare alla stessa università. Questa scelta fu l'invito che entrambi si diedero per cominciare una conversazione. E cominciarono a conoscersi, ad uscire insieme, finché non si scoprirono innamorati. Passavano tanto tempo insieme anche a scuola, nonostante Hyunseung fosse piu' grande di un anno; riuscivano a vedersi durante la pausa pranzo, all'entrata e uscita, e di tanto in tanto anche alle lezioni d'educazione fisica, che decidevano di saltare per vedersi, quando l'avevano alla stessa ora.
Una volta erano addirittura scappati, correndo e tenendosi per mano, facendo preoccupare praticamente tutti. E il giorno dopo li avevano trovati su un grandissimo prato pieno di fiori, insieme, addormentati. Non aveva alcun senso quello che avevano fatto, anche perché non volevano veramente andarsene, ma si erano divertiti. I genitori di entrambi erano a conoscenza della loro relazione, ed a vederli così felici insieme, non avevano avuto nulla per cui ribattere. Ovviamente si erano arrabbiati quando avevano fatto quella specie di sciocchezza, ma infondo erano felici anche per quello.. Perché se non fossero stati insieme, non l'avrebbero mai fatto. Ognuno se ne stava la maggior parte del tempo chiuso in casa, a navigare su internet, mangiare, guardare tv. Occasionalmente uscivano, e quando l'avevano fatto, intenti a dirigersi all'università, si erano trovati. E si erano amati dal primo momento, solo che ancora non lo sapevano. Perché erano timidi, riservati, avevano bisogno di conoscersi, di scoprirsi. E piano piano lo avevano fatto.
Ed erano diventati così uniti, così felici. E convinti, fermamente convinti che nulla avrebbe potuto separarli.

.... Ma non avevano mai preso in considerazione la morte.

---

Lentamente alzò la mano e spostò uno degli auricolari dall'orecchio, da cui si sentiva provenire una parte rap. Era probabilmente la sua canzone preferita 'Thanks to', che cantavano due tipi di un gruppo di cui ricordava vagamente il nome; B2ST, forse. Si era perso di nuovo fra i suoi pensieri, i bei ricordi, i brutti ricordi. Una lacrima solitaria gli solcò una guancia, mentre finalmente sbatteva le palpebre e si riprendeva del tutto da quella specie di trance. Era buio e doveva tornare a casa, ma non voleva, non poteva. Qualcosa lo tratteneva lì, in quel posto. Tutti i bei momenti che aveva passato insieme a ‘lui’, ecco cosa. Quando andava lì tante immagini gli passavano davanti agli occhi, tanti spezzoni di tutto quello che era successo. Quando si fermava e osservava il muretto riusciva a scorgere i loro corpi, di poco piu' giovani, che si toccavano, si abbracciavano e insieme ammiravano il tramonto. Quando osservava la villa, invece, poteva vedere chiaramente le ‘sue’ mani scorrere sulla sua pelle, le sue labbra percorrergli il collo, il petto. Poteva vederlo quando, una volta sfinito, si accoccolava sul suo petto e si lasciava stringere dalle sue braccia. E tutto ciò, a Hyunseung, faceva male e bene.
Gli faceva male, male da morire, perché ‘lui’ non era piu' lì, con lui, non poteva piu' toccarlo, abbracciarlo, baciarlo. Non poteva sentire piu' il suo calore, non poteva piu' nascondere il viso sulla sua spalla quando aveva voglia di piangere. Non poteva piu' ridere insieme a lui, non poteva piu' parlarci. Non poteva piu' fare sciocchezze, come la loro piccola fuga.
Ma gli faceva bene, da una parte, perché il periodo in cui stavano insieme è stato il piu' bello della sua vita. Perché scavare fra i ricordi e trovare il suo splendido sorriso lo faceva sentire felice come non mai.
Eppure gli mancava da morire. Aveva deciso che non si sarebbe innamorato piu' di nessun altro, aveva deciso che avrebbe vissuto col suo ricordo nel cuore. Si era totalmente rifiutato di farsi toccare da altre mani, da mani non ‘sue’. Aveva accettato il fatto che non ci fosse piu', ma non aveva accettato il 'doverlo dimenticare per avere una nuova vita'.
Lui aveva deciso che non voleva una nuova vita. Quel ragazzo era tutto per lui, era addirittura piu' importante della sua famiglia stessa. Lo aveva salvato dalla depressione che aveva addosso, lo aveva salvato dalle mura di casa sua, lo aveva fatto sentire vivo, ma soprattutto lo aveva fatto sentire ‘suo’.
Stava malissimo quando doveva separarsi da lui per tornare a casa, quando doveva lasciarlo, a scuola, per tornare in classe. Avrebbe voluto passare ogni minuto del giorno insieme a lui, anche solo osservandolo, magari in silenzio.
Quando è morto, il mondo per lui è crollato.
Si è rifiutato di mangiare e uscire per settimane intere, ed era tornato ad ingurgitare cibo solo quando si era accorto di essere tanto debole da potersi spezzare in due con un soffio di vento.
A dir la verità ci aveva pensato a lasciarsi morire, così, magari per smettere di soffrire e tornare da ‘lui’. Solo che lui non credeva a cose come il paradiso e non voleva morire solo perché aveva paura che non avrebbe piu' potuto ricordarlo.
Solo un mese dopo aveva trovato la forza per mettere piede fuori di casa. La scuola l'aveva praticamente abbandonata, e usciva soltanto per andare in quel luogo. Si sentiva meglio e peggio.
I ricordi lo distruggevano e lo rasserenavano insieme. Piangeva, urlava, si sfogava, perché tanto quella collina era loro, loro soltanto, nessuno la conosceva, nessuno avrebbe potuto sentirlo.
Si disperava, si sentiva morire dentro ogni volta che si avvicinava a quel luogo. Eppure era masochista da far schifo, e ogni giorno ci tornava. Dopo un po' è riuscito a calmarsi, a sopportare in parte quel luogo. Ogni tanto ci torna e qualche lacrima solitaria cade sulle sue guance, come quella sera.

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Non aveva voglia di tornare a casa, quindi si stese sul muretto e strusciò un dito sotto al naso, sospirando. Poco dopo le dita lunghe e affusolate tornarono a nascondersi sotto le maniche di quella felpa troppo lunga e larga, per lui. Osservava il cielo stellato, con un lieve sorriso a incurvargli le labbra. Si era ormai fatta notte, mentre si perdeva fra un pensiero e l'altro. Quando ‘lui’ c'era ancora, si trovavano spesso a guardare il cielo così. E ‘lui’ lo stringeva, dopo avergli messo la sua felpa sulle spalle. Una felpa nera, larga, con un unico particolare interessante e carino: due orecchie da gatto.
A Hyunseung quella felpa piaceva un sacco, tant'è che ‘lui’ finì per regalargliela. La indossava tutte le volte che poteva, quando stavano insieme. Gli piaceva sentire ed avere il suo odore. Lo faceva sentire piu' suo di quant'era già.

Scrollò la testa e socchiuse gli occhi: stava tornando di nuovo a ricordare. In quel momento non aveva voglia di fare nemmeno quello, gli bastava stare al fresco, in quel posto, ad ascoltare un po' di sana e buona musica. Era novembre, la neve fortunatamente non si era ancora fatta vedere, ma il freddo sì, eppure lui stava bene, si sentiva così al caldo dentro quella felpa. Aveva appena deciso che per la notte non sarebbe tornato a casa. Voleva restare lì, e al massimo sarebbe andato alla villa. Per questo si scomodò a prendere il cellulare e mandare un messaggio a sua  madre. Le disse semplicemente di non aspettarlo, perché avrebbe fatto tardi e si sarebbe addormentato a casa di un amico.
Ma chi voleva prendere in giro? Non aveva nessun'altro. ‘Lui’ era il suo tutto. E l'aveva perso. Com'era morto se lo ricordava bene, anche se non era presente.
Era il classico giorno piovoso, con il cielo grigio, che ti toglie subito il buon umore. ‘Suo’ padre stava tornando da un lungo viaggio ma ‘lui’ non lo sapeva, perché nessuno si era dato pena di avvertirlo. Era uscito di casa correndo, per arrivare in aeroporto, senza prendere un ombrello, un cellulare, una giacca, nulla. Aveva il fiatone ma continuava a correre sotto quella pioggia fitta e incessante, finché non successe. Fu investito da una macchina, che girava tranquillamente senza fari accesi, veloce.
Quando aveva sentito di aver preso qualcosa, però, si era fermata e non appena visto il ragazzo a terra, il guidatore lo aveva soccorso, dopo aver chiamato un'ambulanza. Era stato tutto inutile, il ragazzo era morto pochi minuti dopo esser arrivato in ospedale. I suoi genitori erano distrutti, come lo erano quelli di Hyunseung. Lui dal canto suo aveva capito che c'era qualcosa che non andava, ma mai si sarebbe aspettato una cosa del genere.

... Perché loro erano inseparabili.

---

Lentamente si trascinò su per le scale sporche, ma resistenti, della villa. Sentiva un dolore insopportabile al petto, ed era la prima volta che gli capitava -in quel modo.-
Perché il dolore al petto che aveva provato quando aveva saputo della ‘sua’ morte era stato indescrivibile, ma non forte e doloroso come quello che lo costringeva a piegarsi, addirittura, mentre con una mano reggeva il cellulare, facendosi luce, e con l'altra si appoggiava al muro. Sentì quel dolore affievolirsi quando tirò giu' la maniglia della 'loro' stanza, e lo sentì scomparire completamente quando si stese su quel letto, probabilmente l'unica cosa pulita di quella casa, dove si erano uniti per le prime volte. Dove si erano completati.
Se ne stava steso lì al centro, con le mani appoggiate sul petto, reggendo il cellulare che aveva come sfondo la foto che si erano scattati mentre si baciavano. Il petto si alzava e abbassava insieme al suo respiro, che si faceva sempre piu' debole. Gli succedeva sempre, quando si addormentava. Respirava debolmente, tanto da farlo sembrare morto, eppure era così da sempre.
Prima di addormentarsi aveva dato un'ultima occhiata a quella stanza. Tornava sempre in quel luogo, anche dopo la sua morte, ma non aveva messo piu' piede nella villa. Ovviamente nulla era cambiato e forse questo lo faceva stare meglio e peggio, come i suoi ricordi. Meglio, perché se fosse cambiato qualcosa allora avrebbero distrutto uno dei posti dove avevano passato piu' tempo insieme. Ma peggio, proprio perché li ricordava tutti, come se fossero successi il giorno prima. Le pareti erano di un giallo chiaro e caldo, il letto era al centro della stanza, di fronte ad esso c'era un grosso armadio in ebano, rifinito e splendido. Due comodini si facevano spazio ai lati del letto matrimoniale, e poi una grossa finestra sulla parete destra. La stanza era enorme, e questo la rendeva bella. Ma la cosa speciale di quella stanza, era il soffitto. Non era giallo come le altre pareti, ma era tutto blu scuro, pieno di puntini bianchi, alcuni allungati. Era un cielo stellato, era perfetto. Quando era buio, come quella sera, sembrava che il soffitto in realtà non ci fosse.

Hyunseung finalmente riuscì ad addormentarsi. Aveva un sorriso dolce sulle labbra, uno di quei sorrisi che rivolgeva solo a ‘lui’. Da quando era morto, non aveva piu' fatto una cosa del genere -davanti agli altri-, ma anzi, aveva sorriso solo per se stesso, quando quei ricordi tornavano puntualmente a rasserenarlo, in momenti di solitudine che gli prendevano ogni giorno.
Il suo respiro era debole, ma lo era fin troppo. Lui lo sapeva. Era l'ultima volta che vedeva quella stanza, quel luogo. Era l'ultima volta che poteva ricordarlo. E si era addormentato mentre faceva scorrere il periodo in cui si erano amati nella mente. Aveva capito cos'era quel dolore al petto, e non aveva fatto nulla. Aveva paura della morte, eppure si era lasciato morire. L'aveva fatto con un sorriso sulle labbra. L'aveva fatto su quel letto, dove si erano completati a vicenda. E chissà, magari si sarebbero anche potuti riunire.
Chiuse per l'ultima volta gli occhi, mentre qualche lacrima scendeva lungo le sue guance. Le sue guance arrossate e morbide, che tante volte erano state vittime delle ‘sue’ labbra. Magari lo avrebbe rivisto. Aveva cominciato a crederci, al paradiso. E lo aveva fatto solo perché sperava con tutto il cuore di poterlo stringere di nuovo.
Non ce la faceva a rifarsi una vita, davvero.
Non ce la faceva a dimenticarlo.
... E quell'assurdo dolore finalmente lo aveva spento. Finalmente sarebbe andato in paradiso, avrebbe potuto vederlo.

.... Avrebbe potuto rivedere Dongwoon.  




[ Buonsalve a tutti! Ebbene, dopo la OnTae sono tornata qui. Sono tornata qui con questa coppia random, che sinceramente mi ispira tanta, ma tanta tenerezza.
A dir la verità non so perché l'ho scritta, so solo che avevo una voglia assurda di parlare di Hyunseung. Perdonatemi, perdonatemi davvero. Infondo devo dire che sono abbastanza contenta di ciò che è uscito, anche se è corto, e non ha molto senso. -Ma contenta cosa, ha pianto fino ad ora, mentre la scriveva. Spero vi sia piaciuta, anche se non è nulla di che. Grazie a chi la leggerà e criticherà, e grazie anche a chi piacerà.
.. Grazie a tutti. ♥ -Lancia baci.- ]
  
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