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Autore: LaMicheCoria    14/08/2012    1 recensioni
-Dove…dove siamo?- America dovette fare uno sforzo immane per mettere insieme quella domanda. La voce grattò la gola, facendo ruscellare altro sangue lungo i polmoni, e il petto vibrò per la troppa acqua che stagnava nelle vie respiratorie.
-Siamo in Alaska-
-Descrivimela..-

[RusAme] [Post-Apocalittica]
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cold War Pair [OTP]'
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Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono
Ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
E io sono una persona orribile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Just When The Earth :.
.: Is Ill With Pain :.

 

 

 

Russia sapeva che per America non avrebbe fatto differenza, pur tuttavia continuò nella propria ricerca, le ginocchia lise per l’essere rimasto a terra troppo tempo, il volto arrossato per il ruggito gelido della landa.
Si chinò su un di rocce e vi affondò il dito, cominciando a scavare; il pietrisco graffiò in più punti il tessuto dei guanti, lasciandogli in mano brandelli neri e sfilacciati. La pelle incrostata di piaghe marroni finì col lacerarsi: gli slabbri trasudarono sangue, pus e altri umori dall’olezzo insostenibile, ma la sola espressione che Russia si concesse fu un rigido contrarsi della mascella. Poi più nulla, fino a quando non avvertì il bacio fresco dell’acqua.
Raddrizzò la schiena, rovistò tra le tasche interne del pastrano e ne estrasse una fiaschetta di metallo, la superficie un tempo lucida, graffiata e macchiata di giallo sul tappo e sui fianchi.
Non sapeva quanto effettivamente quell’acqua potesse definirsi pura. Le possibilità che fosse già stata contaminata da un agente esterno o interno alla falda di provenienza –Uno dei tanti cadaveri che marcivano con le bocche enfi ancora affondate nel fango? Liquami provenienti dalle rachitiche fabbriche in disuso? Scorie?- erano al di là dell’immaginabile. Ma non puzzava. Era già un buon segno.
Quando ebbe finito l’opera di raccolta, Russia si alzò in piedi e il vento gli ululò nelle orecchie; sembrava proprio il verso di un lupo, uno di quei tanti che avevano abitato la vecchia foresta. Sarebbe stato interessante confrontare i due suoni..fossero rimasti ancora dei lupi sulla faccia della Terra con cui fare il paragone. I lupi si erano estinti, gli uccelli avevano abbandonato il cielo, i pesci il mare.
Anche quella distesa si era ridotta ad uno scheletro di viticci e rami ritorti, gonfia di polvere e gas. Nemmeno la baracca verso cui Russia si stava dirigendo era riuscita a salvarsi, e sì che un tempo era stata un rifugio di caccia dalle pareti tanto solide da sfidare l’inverno.
Ma i muri erano crollati, divelti dalla deflagrazione, di loro non era rimasto che qualche mucchietto grigio; dove un tempo c’era la canna fumaria si ergeva solo una montagnola nera, gibbosa, di materiali disciolti e ripiegatesi più volte gli uni sugli altri fino alla completa solidificazione.
Ormai era tutto fuorché un luogo accogliente, ma Russia non aveva trovato altro posto dove poter nascondere America. Da chi o da che cosa, non era importante. Tutto quello che contava era portarlo via. Aveva sentito un bisogno fisico di metterlo in salvo. Il terrore, la paura, l’urgenza, un rimescolarsi destabilizzante cui aveva dato il falso nome di speranza.
Speranza.
Credeva di non averne più.
Non dopo la faglia di Sant’Andreas. Non dopo il maremoto che aveva inghiottito la Florida, la California e ogni fascia costiera incontrata sul cammino.
Doveva averne ancora un po’, da qualche parte. O forse se l’era costruita da solo, per sé…e per l’America in ginocchio. Non riusciva ancora a capacitarsi di tutto quello.
Non del baratro, non della guerra, non dei disastri. Le Nazioni si erano alzate le une contro le altre in una ghironda di bombe e aerei e mitraglie, facendo acrobazie su un traballante palco di cadaveri e alleanze. E più andavano avanti in quella danza sfrenata, meno riuscivano a sentire un rumore di fondo, un crepitio che in un crescendo di disastri erano esploso nel grido di ribellione della stessa Terra.
I soldi e le armi avevano perso ogni senso, gli uni incapaci di comprare la vita, le altre senza riuscire a conservarla.
Le Nazioni avevano cominciato a cadere.
E quello di America era stato il rombo più forte.
Ma che fosse o non fosse vera speranza, Russia lo aveva portato via con la stessa determinazione e follia con cui Romano (Romano dal volto butterato di vesciche e ustioni dell’Etna e del Vesuvio, Romano con le labbra cianotiche e la pelle livida degli annegati Siciliani) si era gettato nel Canal Grande a recuperare il corpo di Veneziano. Che avrebbe messo in salvo il fratello lo aveva promesso a Seborga prima che Imperia e l’altipiano venissero sommersi in un ruggito di spuma.
-Siamo arrivati?-
Russia, in ginocchio accanto ad un mucchio di sterpi, si voltò; da sotto il bozzolo stantio di coperte e giacche strappate, America aveva aperto gli occhi –Troppo grandi e lucidi per il volto smagrito e grigiastro.
-Da- gli sorrise.
Si avvicinò e gli mise una mano sulla fronte: la febbre si era alzata ancora e lingue di sudore freddo colavano lungo le tempie; fece passare le dita tra la ciocche stoppose, in un accenno di carezza. Non fosse stato costretto a farvi l’abitudine, Russia si sarebbe persino stupito di non sentire Nantucket solleticargli il palmo. Anche gli occhiali del Texas si erano rotti da tempo.
Assottigliò le labbra.
Non era stato facile giungere fino lì. Era dovuto sfuggire al controllo dei Superiori e chiedere a Francia –col corpo devastati dall’esplosione delle centrali, i capelli radi e la pelle grinzosa- di intercedere presso Inghilterra, perché gli prestasse un mezzo di trasporto per arrivare in America. Forse era stata la perdita del piccolo Sealand, spazzato via dalle onde, la notizia che i monsoni avevano trascinato via India nel fango, o ancora la fine di ogni contatto con Australia… Inghilterra aveva accettato.
Trasportare poi America oltre il nuovo stretto che lo separava da Canada non era stato così difficile: beni di lusso quale farina muffita e pane nero avevano pagato il traghettatore; l’amore fraterno aveva dato loro rifugio.
America ebbe un tremito e Russia si fece scivolare il pastrano dalle spalle, per poi posarlo sopra le coperte.
-Prenderai freddo, Nasone-
-Non è poi un clima troppo diverso da quello di casa mia, da-
America non replicò.
-Sei dimagrito- mormorò, invece.
Russia non rispose, portandosi d’istinto un mano al petto. Da sotto la maglia cadente poteva indovinare le costole senza difficoltà e il sangue marrone impiastricciava il tessuto altrimenti bianco; la pelle era tesa sulle braccia, quasi traslucida, il ventre era incavato, gli occhi infossati entro le orbite violacee.
-Dove…dove siamo?- America dovette fare uno sforzo immane per mettere insieme quella domanda. La voce grattò la gola, facendo ruscellare altro sangue lungo i polmoni, e il petto vibrò per la troppa acqua che stagnava nelle vie respiratorie.
-Siamo in Alaska-
-Descrivimela..-
Un sorriso si sollevò sugli zigomi affilati di America. La guerra aveva reso slavati i suoi occhi, le scorie avevano portato via loro ogni colore.
Russia sollevò lo sguardo, umettandosi le labbra pastose con la punta della lingua: una distesa arida e secca si apriva fin dove l’occhio riusciva a guardare; dalle fenditure e dalle spaccature della terra si attorcigliavano viticci, spine e scheletri morsi dal vento, mentre monconi neri di alberi disseminavano l’orizzonte grondante di luce oleosa, grezza, gonfia di cenere. Il cielo grigio ferro vomitava ovunque pastoni roboanti di gas e polveri.
-E’ quasi la notte. C’è ancora dell’oro sulla cima degli alberi, ma già sui rami più bassi stanno colando lacrime rosse; il cielo sta lentamente scivolando nel buio e le prime stelle si accendono a segnare il cammino della luna. Costoni di ghiaccio e di neve brillano e scintillano e palpitano sotto il velo del tramonto, come un filo di gemme o una rete di perle di corallo-
Russia abbassò lo sguardo e prese la mano di America. Rimase in silenzio, senza sapere più cosa dire, cosa inventare, quasi la carestia della steppa gli avesse inaridito anche l’anima. Tutti i ricordi, le immagini, i colori..erano davvero svaniti? Perché richiamarli alla memoria era tanto difficile?
Non riusciva più a ricordare il profumo della neve o il sapore del vento, né la voce degli alberi e degli uccelli. Di che colore erano gli occhi di America? Erano azzurri una volta, caldi come il sole. Era una sicurezza intrinseca nel cuore di Russia, ma non sapeva più da dove derivasse. Perché gli occhi di America avevano il colore smorto della sabbia e i raggi del sole erano lame gelide conficcate nel braccio.
Avevano percorso la landa a cavallo tante di quelle volte, che Russia era sicuro l’avrebbe ricordato per sempre. Ma che rumore facevano gli zoccoli? E le bisacce sui fianchi della sella? Diventavano bianche le froge del cavallo quando il galoppo si faceva troppo veloce?
No, non ricordava più nulla. Linee sfilacciate di una composizione dimentica della forma originaria. Chiasso di voci indistinte, girandole grottesche di sfumature dense come liquami.
Non gli era rimasto altro.
-Tanti anni in Alaska con te e non abbiamo mai visto l’alba assieme- considerò America. Chiuse gli occhi con un sospiro fioco –Dimmi com’è l’alba, Nasone-
-Il sole sorgerà domani- mormorò -Per entrambi-
-..Non so se sarò in grado di vederla-
Russia strinse più forte la mano di America.
Le dita di America si abbandonarono contro il suo palmo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Ecco, ora ripetiamo tutti insieme: Nemeryal è una persona orribile.
Questa idea mi girava in testa da un po’. E se qualcuno di voi ha letto “La Strada”, può capire il perché. Il titolo è un verso della canzone "Sword and Shiled" (Sister Hazel)...che poi tutta intera è anche il significato portante della Fan fiction. Melt into me, don't you wanna be the one who last forever? I will be your everlasting.
…Bene, vado ad impiccarmi col cappio del Cluedo.

   
 
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