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Autore: Elbereth    27/02/2007    3 recensioni
Sapeva che lo stava perdendo.
D'altronde, che pretendeva? Non era forse colpa sua? Non era stata lei ad allontanarlo, lei e quella sua irrazionale volontà di forzare la mano ad un uomo già prostrato dal peso di tre matrimoni falliti?
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Wilson, Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Cuore Sacro





James Wilson era pienamente consapevole di essere un bell'uomo.
Ben lungi dal mostrarsi compiaciuto, certamente, nel suo intimo, lo era. Sapeva che effetto faceva alle donne, e non solo a loro, constatò ben presto. Vantava uno stuolo di conquiste interminabile, che con gli anni non accennava minimamente a diminuire e anzi, faceva registrare un numero sempre maggiore di vittime.
Vittime, si, era questo il termine appropriato.
Tuttavia, Wilson era perlomeno abbastanza modesto da non vantarsene. Se doveva essere sincero, questo suo spropositato successo lo metteva a disagio. Non che non provasse una sorta di infantile soddisfazione ogni qualvolta un paio d'occhi indugiava sul suo corpo con più lascività ed insistenza del dovuto, ma c'erano dei momenti in cui tutto ciò lo infastidiva.
Come quella mattina, ad esempio.
Da che era stato assunto al Princeton, tutti sapevano che la sua pausa pranzo era sacra. Cinquanta minuti di irrinunciabile ed agognato relax in compagnia della sua comoda poltrona di pelle e il cibo che, salvo imprevisti, non mancava mai di portarsi da casa, frutto di un primo mattino di allegro e rilassante spadellamento.
Nessuno aveva mai osato interromperlo, violando così apertamente il suo sancta sanctorum senza possedere almeno tre buoni motivi per farlo.
A parte House, ovviamente.
Ma Edith non era House. Edith era un'infermiera. Una delle tante che i maligni ficcanaso lo avevano accusato più volte di essersi portato a letto. Il che, per inciso, non era vero. Era forse questo il motivo per cui alle volte, nei suoi riguardi, si mostrava comprensivo: si sentiva in colpa. Di cosa, poi, se lo chiedeva pure lui.
Tutto, però, aveva un limite. E quando la ragazza era entrata in ufficio senza bussare e, fatto persino peggiore, senza un reale motivo per disturbarlo, Wilson se n'era reso conto con estrema chiarezza.
Un passo, poi due, tre. Edith era di fronte alla scrivania. Lui l'aveva guardata con quella che si augurava fosse l'espressione del più educato disappunto, aspettando una spiegazione. Chi era? Il signor Damien Rice? L'anziana signora Birch della 301? John, il suo giovane paziente con l'hobby degli scacchi?
La risposta evasiva aveva avuto l'effetto di portarlo subito a temere il peggio. L'occhiata che lei gli stava lanciando, pericolosamente carica di false speranze, l'aveva prontamente confermato.
Ancora.
Pensava sarebbe stato quantomai inappropriato da parte sua lasciarsi sfuggire un gemito di frustrazione. Tuttavia, dopo gli avvenimenti degli ultimi mesi si stupiva nel rendersi conto di quanto effettivamente l'avrebbe desiderato. Nonostante la sua consumata bravura nel comunicare cattive notizie era ancora in estremo imbarazzo ogni qualvolta sapeva di dover stroncare sul nascere le aspettative di una donna. E questa, per l'appunto, era una di quelle volte.
Aveva cercato di essere il più delicato e gentile possibile. Evidentemente, non lo era stato abbastanza.
Quando la porta, chiudendosi con un colpo secco, lo aveva lasciato solo con i suoi pensieri e gli ultimi bocconi del suo pranzo, gli era già da un pezzo passata la fame.


° § °




Lisa Cuddy era ebrea. Non era ortodossa nè assidua praticante, ma i comandamenti di Dio contenuti nella Torah li conosceva a memoria: non pronuncerai invano il nome del Signore; ricordati del giorno di Sabato per santificarlo; onora tuo padre e tua madre; non uccidere; non pronunciare falsa testimonianza; non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare il marito/la moglie del tuo prossimo.
Soprattutto quest'ultimo comandamento le aveva dato non pochi problemi.
Doveva infatti ammettere che era oltre ogni umana possibilità guardare James Wilson senza infrangerlo seduta stante.
C'era stato un tempo non troppo lontano, tuttavia, in cui aveva ragionevolmente potuto pensare di aver indirizzato male i suoi sentimenti. Un tempo in cui House e Wilson si erano scambiati il posto che spettava loro nel suo cuore. Maldestramente, con desiderio di provocare una reazione d'orgoglio più che con volontà di ferire, aveva fatto di House un ostacolo che Wilson avrebbe dovuto superare.
Solo che James non l'aveva superato. E da quel giorno di quasi sei mesi prima, ogni volta che la incrociava in ospedale sembrava non desiderasse altro che voltarle le spalle ed andarsene.
Oh, certo, apparentemente era l'uomo cordiale di sempre: salutava, si informava della famiglia, soddisfaceva con la consueta puntualità e precisione ogni compito assegnatogli. Eppure, lo faceva da una distanza incolmabile.
Sorrideva, ma in quel sorriso non c'era alcun calore. Scherzava, eppure nessuna scintilla di gioia raggiungeva i suoi occhi. Il suo rapporto con lei era equiparato ad un dovere, un obbligo, una pura necessità professionale, e Cuddy se ne rendeva conto fin troppo chiaramente.
Sapeva che lo stava perdendo.
D'altronde, che pretendeva? Non era forse colpa sua? Non era stata lei ad allontanarlo, lei e quella sua irrazionale volontà di forzare la mano ad un uomo già prostrato dal peso di tre matrimoni falliti?
Probabilmente avrebbe tratto più conforto dal suo rancore. Odio, rabbia, frustrazione: avrebbe saputo come gestirli. Non era preparata all'indifferenza, e quanto più ne era oggetto, tanto più annaspava alla vana ricerca della sua mano tesa verso di lei, del suo perdono, della sicurezza delle sue braccia.
Anche quel giorno aveva tentato.
Anche quel giorno aveva perduto.
"Dr. Wilson."
"Dr. Cuddy."
Quei caldi occhi color cioccolato che un tempo sentiva appartenere a lei sola l'avevano fissata, inespressivi.
"Io.."
Le parole le erano morte in gola.
Lui non le era venuto in aiuto.
"Questa è la relazione che mi hai chiesto."
Wilson le aveva allungato una cartellina, limitandosi ad aggiungere "Il sommario dell'intervento di giovedì prossimo alla Clinica Universitaria sarà pronto per domani pomeriggio."
Poi se n'era andato.
Ancora.
Sospirando, Lisa si chiese per quanto tempo avrebbe potuto resistere.

  
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