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Autore: _Dark Side    15/08/2012    4 recensioni
Nella mia piccola città non c'era nulla che potesse realizzare uno dei miei tanti sogni, ossia vivere in prima persona un'esperienza incredibile come visitare una casa infestata, ritrovarmi in un luogo sperduto e riuscire a cavarmela da sola...insomma, vivere un'avventura paurosa come quelle nei racconti horror che mi piacevano tanto. Vivevo in un paesino del tutto normale, con una famiglia iper protettiva, ma filava tutto liscio come l'olio. O almeno sembrava. Finchè un giorno tutto cambiò e mi ritrovai a vivere un' esperienza talmente paurosa che nemmeno potevo immaginare. O sognare.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho sempre avuto, sin da bambina, una passione indescrivibile per tutto ciò che non conoscevo e che anche gli altri non ne erano a conoscenza. Tutte le cose misteriose, esoteriche, paranormali…insomma, ogni Mistero.
Proprio questo è sempre stato la causa di ogni mio errore, come quella volta che a sette anni sono scappata di casa per andare a visitare una villa che per tutti era “infestata”, nonostante i miei genitori non volessero. Hanno sempre avuto un amore per me quasi morboso, anzi, proprio soffocante. Per loro ero sempre la bambinetta che doveva rimanere a giocare nel cortile della nostra casa, senza allontanarmi mai troppo dalla gonna di mia madre e se uscivo con delle amiche dove guardare bene negli occhi di quest’ultime, perché dagli occhi si vede l’anima delle persone.
 
I miei mi hanno fatta crescere nel terrore di una pugnalata improvvisa da qualcuno, quell’ipotetico qualcuno che prima o poi sarebbe arrivato per darmi una vera pugnalata. Forse il mio essere figlia unica è stato per loro un motivo per questa asfissia durata per sedici anni. Sì, perché un mese dopo aver compiuto il mio sedicesimo compleanno me ne sono andata via di casa nel bel mezzo della notte e senza avvertire nessuno. Ho camminato tanto, fino a che dalla pianta dei miei piedi non uscì quel fluido rosso, che avrei visto e rivisto milioni di volte nei giorni a seguire. Ho attraversato campagne di cui, nella nebbia, non si intravedeva la fine e ho rischiato persino la vita, quando un automobilista ubriaco stava per investirmi su un incrocio; ma in fondo, da quel momento in poi la mia vita sarebbe stata tutta un “temere la morte”.
 
Camminavo, camminavo, ma nemmeno io sapevo dove sarei andata, qualora fossi arrivata da qualche parte. Ad un certo punto vidi una tettoia e compresi che di lì a dieci metri c’era la fermata dell’autobus. Aveva iniziato a piovere, così affrettai il passo raggiungendo quella stazioncina. Mi sistemai lì per la notte, non sapevo di certo dove andare e in più la pioggia scendeva a catinelle. La mattina seguente, al mio risveglio, non vidi il grosso cartello degli orari del tram, né stavo sdraiata sulla fredda panchina sulla quale mi ero addormentata. Mi trovavo in una stanza chiusa, senza finestre e con le pareti completamente bianche. A fare luce era un faretto posto sopra la porta metallica, ovviamente chiusa. Se avevo paura? Beh, sì. Trovarsi nel bel mezzo di una stanza sconosciuta, legata ad una sedia e avere ai piedi una bacinella d’acqua con un’anguilla viva, era abbastanza insolito e…pauroso, molto pauroso.
 
Cercai di slegarmi, fino a quando i polsi non iniziarono a sanguinare, così urlai, sospendendo per un minuto quell’ansimare. Nessuno. Urlai ancora, ancora e ancora, fino a quando l’anguilla nella bacinella ai miei piedi iniziò a saltare fuori dal suo contenitore e salì sul mio corpo strisciando viscidamente. Tentai di spostarmi per cacciare via quel pesce e gridai, questa volta più forte. Ero sicura di impazzire, perché un’anguilla non poteva salire su un corpo e non poteva star lontano dall’acqua…ma tutto sembrava così reale. Infatti era vero. Il lungo pesce stava quasi per arrivarmi sul collo, quando dalla porta metallica in una frazione di secondo apparve mia madre.
 
Aveva un’espressione rilassata e il fatto di trovarsi davanti sua figlia legata, sembrava non sconvolgerla affatto, anzi, le sue labbra si piegarono formando un sorriso maligno, come un ghigno. Un misto tra paura e sorpresa mi bloccò e no riuscii più nemmeno a gridare. « Sorpresa di vedermi, Safyria? » Furono le parole di mia madre, e la sua voce totalmente calma.
  
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