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Autore: Trottola__5    16/08/2012    7 recensioni
Questa storia non è una storia, questa storia è 23 storie. Questa storia è la storia dei settantaquattresimi Hunger Games, che noi conosciamo, raccontati dalle parole di Katniss; però non dimentichiamoci che, insieme a lei c’erano altri ragazzi: come hanno vissuto questi ragazzi la loro partecipazione al reality? Scopritelo. Ogni capitolo sarà un momento di questa edizione, vissuta da uno dei 23 tributi “dimenticati”. Perché, anche se quella di Katniss è sicuramente la storia più interessante e, probabilmente, la più importante, ci sono anche altre 23 campane che, possono, che devono, che meritano di essere ascoltate.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao amici miei ( Ma chi ti conosce’ NdTutti?).
Io sono Trottola__5.

In questo bellissimo giorno d’estate, a causa di una stupidissima gamba “ingessata” non mi posso muovere da casa (è una vera ingiustizia, non pensate?), ad ogni modo, ho letto, per la sesta-settima volta il libro di S.Collins, Hunger games, e mi sono accorta, che sapevo quasi a memoria ogni gesto, ogni pensiero, ogni situazione, però solo quando hanno coinvolto Katniss. Eh già! Di tutti gli altri tributi nessuno sa niente! Poverini! Anche loro stavano combattendo per sopravvivere! No problem, ho pensato, ci penso io! Quindi ecco a voi la storia dei settantaquattresimi Hunger Games: la storia di tutti i settantaquattresimi Hunger games!

 
Questa storia è per tutti i tributi dimenticati,
questa storia è per ogni comparsa di questo libro,
per ogni comparsa di ogni libro, di ogni film,
questa storia è per tutti coloro che hanno una vita normale,
per tutti coloro di cui non si parla,
per tutti coloro che non vengono mai nominati, ma che hanno tanti più meriti di molti altri,
questa storia è per chi si è visto strappare dalle mani la propria vita.
Forse questa storia è anche per te, che stai leggendo,
perché, sicuramente anche a te è capitato, almeno una volta, di sentirti invisibile.
Questa storia è per mostrare a tutti che non si può essere  invisibili,
questa storia è per mostrare che c’è sempre qualcuno che si curerà di voi!

 

 DISTRETTO: 4
SESSO: Maschio

MIETITURA:

 

 


Destroy, today my place is destroy.

Calda, oggi la piazza è terribilmente calda, ed è strano, perché da noi il caldo, quello vero e asfissiante, che ruba al corpo la voglia di muoversi, arriva solo negli ultimi mesi estivi, quando i pescatori portano i loro figli nel profondo cuore del mare, perché nei punti di pesca, dove sono abituati a lavorare, non arrivano più pesci. Io vado sempre con papà, a pescare, perché sono “eccezionale”, almeno così dicono, ed, effettivamente, da quando ho imparato, non sono mai tornato a casa senza due o tre pesci, lunghi una quarantina di centimetri l’uno.  Però oggi fa dannatamente caldo: forse a causa di quei terribili stendardi viola scuro, raffiguranti lo stemma di Panem: sembrano voler catturare ogni dorato e fresco raggio di sole primaverile, per trasformarlo in una tremenda presenza insopportabile, e insostenibile, un po’ come fa il Capitol con i ragazzi dei distretti.

“Buongiorno, distretto 4…

La voce dell’accompagnatrice che ci è stata assegnata, Deffany Linky, mi riporta alla realtà in modo brusco. Guardo, per un momento il palco e colgo la figura della donna che si muove tutta eccitata, formulando il solito discorso annuale. Indossa un vestitino ridicolo, azzurro con della macchie rosse, che dovrebbero rappresentare pesci, almeno credo, però sono pesci decisamente troppo piccoli, impossibili da mangiare, quindi privi di qualsiasi utilità.

“È con oggi che iniziano i settantaquattresimi  Hunger Games, giochi istituiti dalle autorità di Panem, non appena terminarono i giorni bui, con la distruzione del
tredicesimo distretto….


Stretta, oggi la piazza è terribilmente stretta, ed è strano, perché  non è stretta come la barca dove spesso lavoro con mio padre, che, sebbene sia larga solo pochi metri, ospita una trentina di marinai; no, è diverso: è come nei miei incubi, quando, mi ritrovo in una stanza tutta bianca e, improvvisamente le pareti iniziano a stringersi, e io cerco  di scappare, me non posso, perché non esiste nessuna porta, e quando me ne accorgo urlo, ma nemmeno urlare serve a qualcosa, perché è un incubo e nessuno mi può sentire, e allora vengo pervaso da una strana  angoscia, poi…mi sveglio, nel mio letto, con la testa sul cuscino, i ricci biondi davanti agli occhi, e il letto disfatto. Anche ora ho voglia di scappare, di correre verso il mio mare e tuffarmici dentro, ma so che , anche se ci sono quattro diverse uscite, scappare da questa piazza, in questo momento, sarebbe impossibile, e, allora, proprio come nei miei più tremendi incubi, mi sale dalla gola un urlo disperato, che mi muore in bocca, proprio tra le labbra; un urlo straziato e terrorizzato che implora “No, ti prego, no, non farlo! Voglio tornare a casa! Voglio tornare a casa…ti prego!”

…Felici Hunger Games, e possa sempre la fortuna essere a tuo favore”

Scomoda, oggi la piazza è scomoda, ed è strano perché , di solito mi piace moltissimo venire in piazza a giocare con i miei amici, però ora mi risulta davvero scomoda, proprio come la camicia che mia madre mi costringe ad indossare per la mietitura. Ogni volta che la metto mi dice che sono cresciuto, che ormai sono un ometto, tra poco un uomo. Io ribatto sempre la stessa cosa, perché secondo me, diventerò un vero uomo, solo dopo che sarò sopravvissuto alle sei mietiture che sono costretto ad affrontare, lei alza gli occhi al cielo e mi sorride.

“Prima le signore…

Triste, oggi la piazza è triste, ma non è strano, perché è proprio i questa piazza che l’anno scorso ho visto mia cugina salire su quel palco, insieme a Deffany; perché è proprio in questa piazza che ho visto mia cugina morire per mano del suo alleato, che, con un colpo beffardo l’ha strappata via dal mondo gridando, “No, ti prego, no, non farlo! Voglio tornare a casa! Voglio tornare a casa…ti prego!

…bene  cara, e ora vediamo il tributo maschile…

Tesa, oggi la piazza è tesa, ed è strano, perché, in fondo nessuno crede davvero che tra centinaia di nomi, possa essere estratto proprio il proprio, però, di fatto, ora è come se tutta la parte destra della piazza, quella occupata dai ragazzi, trattenesse il fiato, proprio come quando si sta in apnea. Mio padre mi ha insegnato come affrontare l’apnea: occhi chiusi, bocca serrata e pugni stretti: un metodo infallibile. Io provo spesso, con Kemy, a verificare chi riesce a trattenere di più il fiato sott’acqua, modestamente, vinco sempre, perché lei non riesce a non respirare per più di dieci minuti, poi, quando vede che non riemergo inizia a strillare come una pazza “Sevyll! Sevyll! Sevyll! Torna su! Torna su! Sevyll! Vieni dai! Avanti  Sevyll…

…Sevyll, forza Sevyll, dai, vieni caro”

Silenziosa, la piazza oggi e stranamente silenziosa, ed è strano, perché non lo è mai stata; ed è strano, perché  so che non è così, perché so che ci sono, anche se non li sento, ci sono: i sospiri di sollievo , le pacche sulla spalle di amici e familiari che hanno scampato la mietitura anche quest’anno, e poi gli sguardi fissi su di me, e un briciolo di tristezza che si insinua nei cuori dei presenti, perché non è mai bello vedere un tredicenne salire su quel palco. Deffany mi fa segno di raggiungerla ed io, come un automa, eseguo gli ordini. Mi alza la mano, in segno di vittoria, e io non capisco il senso di questo gesto; poi mi indica la mia compagna di distretto: sembra più grande di me, ha uno sguardo molto dolce e accenna un sorriso: dovremmo ammazzarci, tra meno di una settimana, perché sorride? Ci voltiamo verso il pubblico e vedo Kemy, scorgo nei suoi occhi una rassegnazione che non le appartiene; evito di guardare i miei amici, perché verrebbero avvolti da un senso di colpa che non meritano. Cerco tra la folla i pescatori, compagni di mio padre, che mi guardano sconsolati, hanno perso il loro uomo migliore: è comprensibile. Mia madre e mio padre sono distrutti, devastati: glielo si legge in faccia: hanno paura a sollevare lo sguardo, forse non pensano di poter reggere, io non potrei. Quando mia madre solleva gli occhi marroni vedo che ha realizzato, dentro di sé, una terribile idea: il suo bambino non diventerà mai un “ometto”. Mi fa  male vedere i miei concittadini da quassù, mi fa male sentirmi gettata in faccia la cruda realtà: sto per partire e, quasi sicuramente, non tornare.

Vuota, oggi la piazza è vuota, ed è strano perché qui, nella piazza del distretto 4, almeno un po’ di speranza c’è sempre stata, allora: perché io non la sento? Perché è vuota, oggi la piazza è vuota.
 

 



 
NDA: WOW! Siete arrivati alla fine! Ottimo!
Primo: la mietitura. Avevo pensato di scrivere di Cato, o di Rue, però esistono anche altri tributi. Lui lo conoscevate? A me fa  tanta tenerezza, carino lui!
 Le due foto: una all’inizio e una alla fine, simboleggiano il tributo prima dell’arena ( carino, bellino!) e durante i giochi: vedete la differenza? Non sapevo il su nome, quindi l’ho inventato!
Potete scommettere, quale sarà il prossimo evento? Quale tributo prenderemo sotto esame? Fatemi sapere cosa pensate della mia idea, oppure del mio capitolo, però ditemi qualcosa.

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