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Autore: Nancy17    16/08/2012    1 recensioni
Periodo Edo, o quasi. Due ragazzi legati da qualcosa, un nome greco, missioni impegnative, strane conoscenze, sentimenti forti...può tutto ciò, creare una storia?
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spiegando

Astrea, è una figura femminile appartenente alla mitologia greca. Era la dea della giustizia, che aveva come padre Zeus, il re dell'Olimpo e Temi come madre, una titanide.
Temi, in realtà, significa “irremovibile” e forse è per questo che viene considerata non tanto come dea, ma quanto la personificazione dell'ordine, della giustizia e del diritto.
La dea Temi, fu anche madre di Prometeo.
Sulla Dea Astrea, non sono molto chiare le informazioni. La dea della giustizia, in greco, veniva definita “ Dike ” (giustizia), ovvero una delle tre Ore (personificazione delle stagioni greche). Le Ore avevano il compito di tenere sotto controllo gli esseri mortali.
Dike, è la giustizia, colei che doveva far rispettare le leggi. In latino, veniva chiamata "Iustitia" la quale diffondeva giustizia e virtù.
Astrea, venne narrata in molte storie e cantata in molti sonetti, nonché il nome della costellazione della Vergine inoltre è Astrea, anche la vergine di cui parla Virgilio nella quarta ecloga delle Bucoliche, dove si annunciava la venuta del bambino che avrebbe rigenerato il mondo.

Per quanto riguarda l'ambientazione della storia, è completamente incentrata nell'antica Edo, che va dal 1603 al 1868. Questo venne definito periodo Edo o, periodo Tokugawa.
Con la battaglia di Sekigahara del 1600, l'imperatore Ieyasu Tokugawa conobbe il suo trionfo. Ma il vero periodo Edo, nacque nel 1603, quando Tokugawa assunse il titolo di Shōgun. Il bakufu si insediò ad Edo, mentre l'imperatore rimase a Kyoto, nel castello di Chiyoda.
Sebbene la capitale ufficiale del Giappone fosse Kyoto, non che residenza dell'imperatore, Edo divenne la città più grande del Giappone, cosicché entro la fine del XVII secolo, si contavano già un milione di abitanti. Dopo esser cresciuta ancora di più, l'imperatore decise di trasferirsi con la sua sede politica, nella città di Edo, facendola diventare capitale del Giappone.
L'odierna Tōkyō, era l'antica Edo.
Lo shogun Tokugawa conobbe momenti di crisi. Il primo, fu quello di porre dei freni allo strapotere dei daymiō. Il Bakufu, emanò una legge che obbligava tutti i daymiō a possedere solo due residenze una a Edo e l'altra negli Han natii. Questi, erano poi obbligati a lasciare mogli e figli in città, trascorrendo un anno con loro e un altro nei territori gentilizi. Inoltre, quando un daymiō doveva traslocare, era tenuto a portarsi con sé tutta la corte spendendo così moltissimo denaro.
Nel 1853, apparvero fregate americane nel porto di Nagasaki i quali, costrinsero il capo militare, a firmare accordi commerciali che suggellarono la riapertura di tutti i porti giapponesi, al commercio con gli Occidentali. Nel 1858, un malcontento generale esplose e l'ormai antiquato Bakufu, dovette cedere alla pressione delle forze imperiali, terminò così l'era Edo, mentre andava affermandosi sempre più il ruolo dell'imperatore che dette inizio al periodo Meiji.
Se il periodo Edo fu preceduto da aspri combattimenti, lo shogunato divenne l'autorità politica più importante, mentre i daymiō conservarono il ruolo di governatori locali, completamente soggetti al potere centrale. Il sistema introdotto, chiamato baku-han si basò su una federazione di duecentosettanta feudi.
La società subì la suddivisione in quattro classi: samurai, contadini, artigiani, e mercanti.
I samurai, pur rappresentando solo il cinque per cento dell'intera popolazione, mantennero una posizione sociale dominante. Essendo privilegiati portavano due spade, un cognome e possedevano il diritto di uccidere ed allontanarsi (kirisute gomen). Occuparono, soprattutto, cariche burocratiche e amministrative.

Diciamo che mi sono dilungata abbastanza sulla spiegazione, ma l'ho fatto per cercare di darvi un'idea sull'ambientazione e il periodo in cui ho incentrato questa storia di pura fantasia.
Il titolo è ancora provvisorio, per ilf atto che non riesco a trovarne uno adatto...speriamo che il colpo di genio, mi arrivi quanto prima!
Ebbene, come sia finito un nome greco su una bambina, nata durante il periodo Edo (che significa, foce del fiume), non si sa. Ma questa, è la storia di una giovane samurai.















Fa sempre di testa tua, ma usa il cervello!

Ha sempre vissuto da sola, fin da quando aveva cinque anni. Dei suoi genitori, ricorda poco e niente. Sapeva che erano morti, all'inizio della nascita di Edo e si sa: Edo, capitale del Giappone più imperatore Tokugawa, uguale casini.
Per casini, Astrea intendeva i conflitti che c'erano con altre nazioni straniere, ma non s'interessava più di tanto, anzi, non glie n'era fregato mai nulla.
Erano passati vent'anni, dall'ultima guerra a cui aveva partecipato e la sorte volle, che ne uscisse viva. Ma Astrea, non credeva più di tanto al fato, diceva sempre che “il proprio percorso di vita, lo decidiamo noi. Se voglio e quando voglio, cambio il destino che qualcun'altro ha scritto.”
Fin da piccola, Astrea si era rivelata forte, una che sapeva quello che faceva ma soprattutto, una che non ubbidiva mai!
Tante volte il nonno, le aveva raccontato la storia della divinità greca Astrea, la dea della giustizia, colei che faceva rispettare la legge; niente. Astrea, non ne voleva sapere anche se conosceva la dea a memoria. Sapeva anche come rappresentarla: in una mano una spada nell'altra la bilancia.
Amava fare di testa sua, perchè sapeva fin dove si sarebbe potuta spingere. Conosceva bene il suo corpo e le sue potenzialità, per questo cercava sempre di sfruttarle al meglio. Ma se c'era una cosa che più gli piaceva al mondo, era la libertà. Non avere regole o leggi che la bloccassero. Libera, come una farfalla o un uccello.
La Dea Astrea, non le piaceva tanto se non per una cosa: la spada.
Adorava spiare i samurai, allenarsi al dojo di suo nonno. Quei sguardi decisi, qui movimenti perfetti, quella lama luccicante, la decisione nello sferrare un attacco; tutto era stupendo. La prima volta che chiese a suo nonno, d'insegnarle l'arte della katana, scoppiò a ridere. Poi un giorno, si accorse che in realtà, la piccola mostrava delle potenzialità e che non era poi tanto male.
È forse, anche grazie al suo addestramento che Astrea, riuscì a sopravvivere alla guerra.
Quando morì anche suo nonno, la ragazza fu costretta ad abbandonare la casa. Era appena uscita dalla guerra e non riusciva a mantenere un abitazione grande come quella, con tanto di dojo non più frequentato dagli allievi nel nonno.
E così, girovagava per la città, in cerca di piccoli incarichi. Bastavano ad assicurargli almeno, un pasto al giorno.
Portava sempre con sé, la katana regalatagli dal nonno e un anello di oro bianco della madre, che portava nell'anulare destro. Non era nulla di sfarzoso, piccolo e con qualche taglietto in modo da creare, un effetto in stile “luccicoso” ovvero, tutta scena.

Era seduta al tavolo di un bar, quando un cliente piuttosto strano, entrò.
Astrea, lo squadrò subito: stivali e pantaloni neri, ampio mantello marrone mezzo ciancicato con un cappuccio. Ma il dettaglio che più attirava la sua curiosità, erano i capelli: argentanti. Per di più mossi, come se non si pettinasse da quando era nato. Una delle caratteristiche di Astrea, è che era curiosa e non vedeva l'ora, che lo strano individuo si girasse, per potergli osservare il viso.
Mentre, il tizio dai capelli color strano, se ne stava seduto al bancone a bere, Astrea fantasticava sul suo aspetto. Come poteva essere il suo viso?
Visto il corpo slanciato e ben formato, pensava che si trattasse sicuramente di un bell'uomo, anche se, secondo lei, non avrebbe superato i 25 anni.
Dunque passò subito agli occhi, il colore poteva essere qualunque, ma decise che avrebbe avuto gli occhi di color azzurro e in più, una cicatrice sull'occhio...occhio sinistro.
Astrea, sorrise tra sé e sé. Si sentiva scema, ma le piaceva fantasticare sulle persone.
Il tale, ringraziò gentilmente il barista, lasciò qualche moneta sul bancone e si alzò. Prese la katana che aveva posato accanto a sé, e finalmente si girò.
Sul colore degli occhi, aveva totalmente fatto cilecca. Erano verdi, di un verde strano. Si sarebbe voluta avvicinare, per definirli meglio. Mentre sulla cicatrice, aveva solo sbagliato il posto: era sulla guancia sinistra e un po' obliqua, mentre sotto il mantello portava una maglia stile kimono blu, stretta da una cintura nera sui fianchi.
Il ragazzo, passò accanto al tavolo dov'era seduta Astrea e mentre camminava, posò il suo sguardo sulla ragazza, poi uscì.

- Cacchio! -


Pensò, spalancando le pupille turchesi. Quegli occhi, l'avevano incuriosita.
Senza sapere il perchè, decise di uscire dal bar e seguirlo.
Si cinse nel suo mantello nero e, senza destare alcun sospetto, segui il ragazzo argentato per le vie di Edo.
Si nascondeva bene, tra la gente che affollava il mercato mattutino. Ogni tanto, il tale, si fermava a qualche bancarella, smuoveva un po' quello che c'era sopra, si rigirava tra le mani un oggetto, poi lo riposava sul bancone e proseguiva.
Finito il mercato, il ragazzo girò a sinistra per una vietta. Astrea, si sbrigò a passare tra la gente, non voleva perderlo di vista. Ma, una volta imboccata la viuzza, della persona con quei strani capelli non c'era più neanche l'ombra. Tirò un sospiro di delusione.

- Perchè mi segui?-


Astrea saltò dallo spavento e si spostò, velocemente, da lui. Si girò e vide che, colui che stava seguendo, gli era apparso dietro le spalle.

- Allora? Ti serve qualcosa? -


Ora che l'osservava meglio, il ragazzo sembrava avere, più o meno, la sua stessa età. Forse erano coetanei. Con il buio della vietta, non riusciva bene a decifrare il colore dei suoi occhi e la cosa, la incuriosiva ancora di più.

- Ehi...mi stai ascoltando? -


- Si, che c'è? -


- Che c'è? Sono io che lo chiedo a te! Mi segui, da quando sono uscito dal bar. Che vuoi? -


- Ah...nulla. -


Rispose, con aria disinvolta e indifferente.

- Nulla...? -


- Be, in realtà volevo dirti di....di lavare quel cencio che ti porti sulle spalle. -


- Perchè? -


- Puzzi. -


Disse, infine, disinteressata.
Il tizio la guardò strano, poi allungò lentamente il naso, come se non volesse farsi scoprire, alla mantella marrone e, alla fine, si tirò indietro con una smorfia.

- Visto? Con quel fetore, hai fatto scappare tutta la gente del mercato. -


- Ma tu senti questa!! E mi ha seguito, per tutto questo tempo, solo per dirmi che puzzavo? -


- Uhm....si! -


- Ma che... -


Il ragazzo, bofonchiò qualcosa. Era evidente che si era un po' infastidito, dal canto suo Astrea, se la ridacchiava in segno di vittoria.

- Sei proprio una tipa antipatica! -


- E tu hai la faccia da scemo! -


- Ehi! Che fai, primi dici che puzzo e ora te la prendi con la mia faccia? -


- Mh? Oh! Anche tu hai una katana? - chiese, allungando un po' il collo, come se la vedesse per la prima volta.


- Ehi, mi stai ascoltando? -


- Bella! Da quant'è che la usi? -


- Non mi ignorare!!! -


- Ma la sai usare? -


- Perchè continui a prendermi in giro???? -


- Il tizio, scoppiò. Aveva il formicolio alle mani per il nervoso, ma cercava di trattenersi.

- Calmati. - disse, tranquillamente.


- Calmati, un accidente!!!! - urlò – Dovresti portarmi rispetto, tappa! -


- Ma quale tappa?! Sono poco più bassa di te!! E perchè dovrei portarti rispetto, quanti anni hai?? - esclamò.


- 22, perchè??? -


- Teoricamente, dovrei portarti rispetto perchè sono più piccola di un anno, ma...praticamente no!! - concluse, incrociando le braccia e mettendo il broncio.


- Ma guarda, quanto sei acida! Dì un po', sei nel periodo in cui a tutte le donne girano per una settimana? -


- No!! Non sono in quel periodo!!! -


- Allora, prenditi una camomilla!! -


- Non mi piace!!! -


- E chissene frega!!! -


- Ehi! Prendetevela tutti e due la camomilla e piantatela di urlare!!! - sbottò un signore, che si era affacciato alla finestra.


- Ci...ci scusi. - risposero in coro, i due ragazzi mortificati.

   
 
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